di Claudia Galdenzi e Federico Boezio
Consiglio di Stato, Sez. V, 12 aprile 2021, n. 2991 – Pres. Santoro, Est. Gambato Spisani – S. I. S.p.a. (Avv. Calvieri) c. Provincia di Potenza, Regione Basilicata + altri.
In base agli articoli 182, comma 3, e 182 bis, comma 1, lettera a, del d.lgs. n. 152/2006, il principio di autosufficienza locale nello smaltimento dei rifiuti in ambiti territoriali ottimali si applica esclusivamente ai rifiuti urbani non pericolosi.
Il contenzioso deciso con la sentenza in commento concerne le iniziative giudiziali promosse avanti al TAR Basilicata da un’impresa al fine di ottenere l’autorizzazione ad ampliare il proprio impianto in modo da poter trattare anche quantitativi di rifiuti liquidi (speciali), pericolosi e non pericolosi, di origine extraregionale.
Nel dettaglio, con due distinti ricorsi l’impresa interessata all’ampliamento aveva impugnato avanti al TAR Basilicata, rispettivamente: 1) il Piano provinciale di gestione dei rifiuti, nella parte in cui – non prevedendo l’insediamento di nuovi impianti per il trattamento di rifiuti liquidi (speciali) pericolosi – precludeva l’ampliamento programmato per l’impianto; 2) il successivo provvedimento con il quale, richiamando e dando applicazione alle previsioni contenute nel Piano provinciale di gestione dei rifiuti di cui si è detto, la Regione aveva respinto la domanda di AIA riferita all’ampliamento richiesto dalla società.
Il TAR Basilicata aveva rigettato entrambi i ricorsi e con la sentenza in commento il Consiglio di Stato ha confermato le due pronunce di primo grado, intervenendo su temi che – come dimostrato anche dalla vicenda in esame – coinvolgono direttamente i rapporti tra tutela dell’ambiente e libertà di iniziativa economica. In particolare, il Consiglio di Stato si è soffermato sul principio di autosufficienza locale nello smaltimento dei rifiuti in ambiti territoriali ottimali.
Si tratta di un principio di derivazione comunitaria (oggi sancito dall’art. 16 della direttiva 2008/98/CE), recepito e declinato in diverse disposizioni del d.lgs. n. 152/2006, tra le quali assumono particolare rilievo: l’art. 182, che prevede il divieto di smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in Regioni diverse da quelle in cui sono stati prodotti (fatti salvi eventuali accordi regionali e internazionali oppure nel caso di situazioni di emergenza); l’art. 182 bis, che individua nella predisposizione di reti integrate e adeguate di impianti lo strumento per garantire l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti territoriali ottimali; l’art. 199, in base al quale i piani regionali di gestione dei rifiuti devono prevedere le attività e gli impianti necessari a garantire l’applicazione del criterio dell’autosufficienza nella gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all’interno degli ambiti territoriali ottimali.
Nella sentenza in esame, il Consiglio di Stato richiama gli articoli 182 e 182 bis del d.lgs. n. 152/2006 per riaffermare il principio, ormai del tutto consolidato, secondo il quale nel nostro ordinamento il criterio dell’autosufficienza locale nello smaltimento dei rifiuti in ambiti territoriali ottimali vale solo per i rifiuti urbani non pericolosi. Per gli altri tipi di rifiuti si applica invece il diverso criterio della vicinanza degli impianti di smaltimento appropriati.
Secondo il costante insegnamento della Corte costituzionale, infatti, per i rifiuti diversi da quelli urbani non pericolosi (urbani pericolosi e speciali, pericolosi e non pericolosi) non è possibile preventivare in modo attendibile la dimensione quantitativa e qualitativa del materiale da smaltire e ciò rende impossibile individuare per essi un ambito territoriale ottimale[1].
Muovendo da questa premessa, nella sentenza in esame il Consiglio di Stato ha escluso l’illegittimità del Piano rifiuti impugnato e del conseguente provvedimento di diniego di AIA: infatti, anche qualora l’impianto del genere programmato dalla ricorrente fosse risultato necessario per lo smaltimento dei rifiuti prodotti nel territorio di riferimento, in ogni caso le previsioni di Piano che ne precludevano la realizzazione non avrebbero violato il principio di autosufficienza, trattandosi di un criterio non applicabile alla gestione dei rifiuti speciali.
La decisione assunta dal Consiglio di Stato – seppur implicitamente, attraverso la conferma delle statuizioni dei giudici di primo grado – sembra far propri anche altri principi, meno consolidati rispetto a quello sull’autosufficienza bacinale nello smaltimento dei rifiuti urbani.
Sul punto si deve ricordare che la controversia concerneva l’insediamento (ampliamento) di un nuovo impianto per lo smaltimento di rifiuti speciali: di conseguenza, confermando che la mancata previsione nel Piano provinciale di questa tipologia di impianti ha legittimamente precluso il rilascio dell’AIA, la sentenza riconosce che i Piani di gestione dei rifiuti hanno efficacia vincolante anche nella parte in cui individuano i fabbisogni impiantistici riferiti al trattamento dei rifiuti speciali, oltre che di quelli urbani. Questo principio, tuttavia, potrebbe risultare incoerente con quanto afferma la Corte costituzionale in merito all’impossibilità di applicare il principio di autosufficienza ai rifiuti speciali in ragione della non predeterminabilità, in termini qualitativi e quantitativi, nella produzione di questa tipologia di rifiuti in un determinato contesto territoriale[2].
Va però evidenziato che, come ancora chiarito dalla Corte costituzionale e dalla giurisprudenza amministrativa[3], il d.lgs. n. 152/2006 prevede criteri (diversi dall’autosufficienza) anche per la corretta localizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti speciali: dall’art. 182 bis (comma 1, lett. b) e dall’art. 199 (comma 3, lett. g) si evince che per l’insediamento di questa tipologia di impianti deve essere assicurato il rispetto del criterio della “specializzazione” dell’impianto, integrato dal criterio della “prossimità” al luogo di produzione dei rifiuti, in modo da ridurne il più possibile la movimentazione.
In conclusione sembra quindi che, indipendentemente dall’efficacia più o meno vincolante delle previsioni di piano, rimane il fatto che nei procedimenti per autorizzare nuovi impianti di gestione di rifiuti speciali l’amministrazione competente deve in ogni caso verificare se l’iniziativa imprenditoriale rispetta l’esigenza ambientale di limitare i rischi legati al trasporto dei rifiuti, sia all’interno, sia all’esterno del territorio regionale.
Per il testo della sentenza cliccare sul pdf allegato.
Consiglio di Stato sez. V 12 aprile 2021 n. 2991
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Note:
[1] Sul punto, da ultimo Corte cost. 21/4/2021, n. 76, con nota di L. Butti “I movimenti di rifiuti tra le Regioni tra divieti incostituzionali e viaggi della speranza”, in RGA on line; inoltre, tra le molte, Corte cost. n. 244/2011; n. 10/2009; n. 505/2002 e n. 335/2001. Nella giurisprudenza amministrativa, sui principi di autosufficienza e di prossimità si segnalano: Cons. Stato n. n. 10/2013; n. 993/2013; n. 1556/2015; n. 5025/2021.
[2] Cfr. nota 1.
[3] Cfr. nota 1.