Bonifica dei siti contaminati: valori di concentrazione per sostanze non tabellate

04 Lug 2019 | giurisprudenza, amministrativo

di Claudia Galdenzi e Federico Boezio

CONS. STATO, Sez. V, 10 aprile 2019, n. 2346 – Pres. Caringella – Est. Grasso – Regione Lombardia (Avv. Cederle) c. C. S.r.l. (Avv.ti Lirosi, Capria, Marocco).

Ai fini della determinazione della soglia di concentrazione rilevante per le sostanze inquinanti non tabellate (formaldeide ed esametilentetrammina) non appare arbitrario utilizzare limiti fissati per sostanze con caratteristiche analoghe, né valorizzare il parere dell’Istituto superiore di sanità. Non occorre neanche un’apposita motivazione, trattandosi di stabilire parametri di accettabilità che hanno lo scopo di rintracciare nell’ambiente le sostanze inquinanti e non quello di stabilire la necessità dell’intervento di bonifica.

Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato ha affrontato il tema dell’individuazione e dei criteri di applicazione delle concentrazioni soglia di contaminazione (“CSC”) per sostanze non esplicitamente indicate nelle Tabelle 1 e 2 dell’Allegato 5 del Titolo V della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006.

L’introduzione di CSC per “sostanze non tabellate” è una questione già aperta prima dell’emanazione del D. Lgs. n. 152/2006 e tuttora ampiamente dibattuta, anche perché dalla sua risoluzione possono derivare oneri significativi a carico dei soggetti tenuti alla bonifica.

Sul punto si deve ricordare che in base all’art. 242 D. Lgs. n. 152/2006, l’accertato superamento delle CSC comporta sempre la necessità di predisporre e attuare il piano di caratterizzazione del sito “potenzialmente contaminato”. Sulla base delle risultanze della caratterizzazione, inoltre, deve essere attivata la procedura di analisi di rischio sito-specifica per la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (“CSR”) e, in caso di superamento delle CSR, il sito è definito “contaminato”, con conseguente obbligo di eseguire la bonifica e/o la messa in sicurezza.

Per sostanze inquinanti non tabellate, rinvenibili nel suolo e sottosuolo, la normativa prevede espressamente un meccanismo di individuazione per via analogica dei valori soglia accettabili, prescrivendo in questi casi di ricorrere alle CSC dettate per la “sostanza tossicologicamente più affine”. Infatti, in nota alla Tabella 1 (riferita alle CSC nel suolo e nel sottosuolo) è stabilito che “In Tabella sono selezionate, per ogni categoria chimica, alcune sostanze frequentemente rilevate nei siti contaminati. Per le sostanze non esplicitamente indicate in Tabella i valori di concentrazione limite accettabili sono ricavati adottando quelli indicati per la sostanza tossicologicamente più affine”.

Con questa disposizione è stato esplicitamente delegato all’autorità amministrativa il potere di integrare i valori tabellari di cui all’Allegato 5 della Parte IV del D. Lgs. n. 152/2006. Una scelta legislativa apprezzabile, in quanto consente di colmare possibili vuoti normativi nella definizione delle CSC dovuti al fatto che l’evoluzione tecnico-scientifica in questa materia esige tempi e modalità di aggiornamento incompatibili con quelli propri della produzione di norme di fonte primaria.

La disposizione legislativa risulta però inadeguata allo scopo, in quanto disciplina in modo impreciso e lacunoso il potere mediante il quale le CSC possono essere integrate mediante atti amministrativi. In particolare, si rileva che l’individuazione per via analogica delle CSC è stata prevista espressamente solo per la contaminazione del suolo e del sottosuolo e non anche delle acque; non è stata indicata l’autorità amministrativa cui compete il potere di integrare le CSC; più in generale, non è indicato il tipo di atto amministrativo con cui questo potere può essere esercitato (atto generale e astratto o di natura provvedimentale?), né si tiene conto dell’eventualità di sostanze che, pur non “tossicologicamente affini” ad alcuna delle sostanze tabellate, potrebbero cionondimeno risultare inquinanti.

L’assenza di tassatività e l’ampia indeterminatezza/imprecisione del dettato legislativo lasciano, in ultima istanza, ai giudici il compito di stabilire, caso per caso, se l’integrazione in via amministrativa dei valori limite accettabili sia stata attuata nel rispetto dei principi dell’ordinamento giuridico.

L’orientamento giurisprudenziale prevalente ritiene che i valori tabellari di cui all’Allegato 5 possano essere sempre integrati in via amministrativa, sia in forza del criterio analogico espressamente previsto nella Tabella 1, sia – per gli aspetti non considerati dalla previsione legislativa – in applicazione del principio comunitario di precauzione, da parametrare nel caso concreto in base al principio di proporzionalità tra livello di protezione e rischio potenziale.

In questa prospettiva, la giurisprudenza amministrativa ha ripetutamente affermato che la sostanza MTBE (non tabellata) può essere integrata in via amministrativa e ciò malgrado questa sostanza non sia elencata nella Tabella 2 (riferita alle acque sotterranee) e non sia “tossicologicamente affine” ad alcuna delle sostanze tabellate. Sul punto si è espresso anche recentemente il Consiglio di Stato in sede consultiva, affermando che “… la mancata inclusione del parametro MTBE nella Tabella allegata al D. Lgs. 152 del 2006 non rappresenta ex se un elemento che precluda di affermarne la pericolosità. Il livello soglia considerato come limite dal parere dell’I.S.S., seppur privo di un puntuale riferimento normativo, deve essere dunque valutato alla luce del principio di precauzione, da considerarsi preminente nell’ambito sanitario delle funzioni di prevenzione ambientale (…). Alla luce del menzionato principio, deve ritenersi che sia l’amministrazione a scegliere, nell’ambito dell’esercizio del proprio potere discrezionale, quale è il grado di rischio che ritiene tollerabile. La giurisprudenza sopra richiamata ha chiarito sul punto che la scelta di ricorrere al principio di precauzione si correla strettamente al livello di protezione scelto dall’autorità competente nell’esercizio del suo potere discrezionale. Orbene, per poter valutare la ragionevolezza del livello di soglia considerato come limite, occorre fare riferimento al principio di proporzionalità quale criterio applicativo del principio di precauzione. Il criterio che guida nella scelta della misura da adottare in concreto[i].

Va tuttavia segnalato che proprio il ricorso ai principi generali di precauzione e di proporzionalità come confini del potere di integrazione in via amministrativa lascia ampi margini di incertezza applicativa: così, ad esempio, in alcune pronunce i limiti di tollerabilità definiti in via amministrativa per il MTBE sono stati ritenuti illegittimi, in quanto adottati in mancanza di idonea attività istruttoria e conseguente carenza di motivazione[ii], mentre in altre decisioni sono stati giudicati favorevolmente, escludendosi qualsiasi violazione del principio di proporzionalità[iii].

La sentenza in commento si inserisce in questo quadro, affermando che ai fini della caratterizzazione del sito sia logico e ragionevole fissare in via amministrativa per sostanze non tabellate (formaldeide ed esametilentetrammina) valori di CSC riferiti a sostanze con analoghe caratteristiche; ciò anche se la suddetta integrazione sia avvenuta in mancanza di un’adeguata istruttoria e di un’apposita motivazione, in quanto “la fissazione dei valori di CSC non ha per scopo la tutela della salute, ma solo la rintracciabilità nell’ambiente delle sostanze; per contro, la soglia di “intervento” (questa, beninteso, potenzialmente onerosa per il responsabile dell’inquinamento che vi fosse onerato) è fissata in un secondo momento, avuto riguardo ai limiti fissati, per la tutela della salute, dall’Organizzazione mondiale della sanità”.

Con questa sentenza il Consiglio di Stato ha quindi introdotto una nuova variabile nella disciplina delle sostanze non tabellate: in fase di caratterizzazione i valori di CSC possono essere senz’altro “abbassati” in via amministrativa, in quanto l’obbligo di bonificare il sito non dipende automaticamente dal loro superamento. È invece in fase di “analisi di rischio”, al fine di stabilire se il sito è contaminato, che la pubblica amministrazione deve attenersi ai limiti fissati per la tutela della salute.

L’iter argomentativo desta qualche perplessità, in quanto sembra voler slegare la definizione delle CSC per le sostanze non tabellate anche dai consolidati limiti derivanti dai principi di precauzione e di proporzionalità. Questa decisione pare quindi confermare la necessità di un “ripensamento” a livello legislativo delle modalità procedimentali con cui individuare i valori di accettabilità per le sostanze non tabellate, nell’ottica di perseguire un migliore contemperamento tra il principio di precauzione, da una parte, e i principi di proporzionalità e di certezza del diritto dall’altra[iv].

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato

CDS RG 2349-2019

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Galdenzi_Boezio Cons Stato V n 2346-2019

[i] Cons. Stato in sede consultiva, parere 10 aprile 2019, n. 763, con tutte le sentenze ivi richiamate.

[ii] T.A.R. Toscana, Sez. II, 15 maggio 2015, n. 787; 22 dicembre 2010, n. 6798.

[iii] T.A.R. Emilia Romagna, Parma, Sez. I, 30 aprile 2014, n. 121; T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 31 maggio 2013, n, 318T.A.R. Trento, 8 luglio 2010, n, 171.

[iv] In questo senso, cfr. L. PRATI, “Bonifica dei siti contaminati e sostanze non tabellate tra principio di precauzione e certezza del diritto”, in www.lexambiente.com. Sui limiti di inquinamento per le sostanze non tabellate, cfr. anche F. Bruno, “I limiti di inquinamento delle sostanze non menzionate nel codice dell’ambiente: il caso (apparentemente concluso) del METIL-TER-ETERE (MTBE)”, in RGA, 2011, pag 61.

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