Incertezze, problemi e rischi del PNRR

04 Nov 2021 | articoli, contributi, in evidenza 3, green new deal

Di Urbano Barelli

SOMMARIO: 1. Gli atti fondamentali dell’Ue sulla ripresa e resilienza. – 2. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano. – 3. L’applicazione al Pnrr del principio «non arrecare un danno significativo». – 4. La quota del 37% del Pnrr da destinare alla transizione verde. – 5. Le possibili conseguenze di tali incertezze o carenze. – 6. Le incertezze normative e il rischio di giudiziarizzazione del Pnrr. – 7. La visione del Green Deal europeo che manca all’Italia.

  1. Gli atti fondamentali dell’Ue sulla ripresa e resilienza.

Il 18 febbraio 2021 sono stati pubblicati sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea gli atti per la ripresa e resilienza e per il superamento della crisi Covid-19. Si tratta di due regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio (2021/240; 2021/241) e di una comunicazione della Commissione europea (Orientamenti tecnici sull’applicazione del principio «non arrecare un danno significativo» a norma del regolamento sul dispositivo per la ripresa e la resilienza) che costituiscono il quadro normativo sulla base del quale i singoli Stati devono redigere i Piani nazionali di ripresa e resilienza.

Il regolamento 2021/241 stabilisce che i Piani nazionali di ripresa e resilienza (Pnrr) dei singoli Stati devono essere sottoposti alla valutazione di «non arrecare un danno significativo» agli obiettivi ambientali e devono avere come primo e principale pilastro quello della transizione verde al quale deve essere destinato non meno del 37% della dotazione totale dello stesso Pnrr. Nel definire il contenuto della transizione verde, lo stesso regolamento oscilla però tra obiettivi ambientali (artt.18 e 19) e obiettivi climatici (art.16 e 31).

  1. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano.

L’Italia ha trasmesso il proprio Pnrr alla Commissione europea nel termine previsto dall’Ue del 30 aprile 2021.

Del Pnrr italiano esistono però più versioni: la prima è quella del sito del Governo italiano composta di 269 pagine, lo stesso numero di pagine del Pnrr pubblicato nel sito della Camera dei Deputati e nel sito del Ministero dello sviluppo economico; un’altra versione è quella pubblicata nel sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze e di “Italia Domani” composta di 273 pagine. Sembra quindi che il Pnrr sia stato modificato più volte ed anche integrato tanto da arrivare ad essere composto, in una ulteriore versione di quasi 2.500 pagine, prima di essere inviato alla Commissione europea, o dopo il suo invio  (https://www.agricolae.eu/pnrr-ecco-le-2-500-pagine-del-faldone-trasmesso-allue-influencer- pagati-per-far-diventare-italiani-eco-attivi-anche-su-nuova-agricoltura/).

  1. L’applicazione al Pnrr del principio «non arrecare un danno significativo».

Inoltre il Pnrr italiano nella versione approvata dal Parlamento non contiene indicazioni circa il rispetto del principio «non arrecare un danno significativo». A tale carenza sembra si sia rimediato con un successivo documento in word di sette pagine – senza intestazione, né data, ma che risulta caricato sul sito “Italia Domani” il 2 luglio 2021 – che contiene la valutazione del ricordato principio «non arrecare un danno significativo» (citato con l’acronimo inglese DNSH, Do Not Significant Harm), e intitolato “Il principio del Do Not Significant Harm (DNSH) nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”.

Lo stesso documento contiene in allegato una cartella (DNSH – Allegati (2).zip) che a sua volta raccoglie 17 fogli di lavoro Excel con la valutazione DNSH dei progetti del Pnrr: è solo in questo allegato che sono presentati in inglese i progetti del Pnrr italiano con l’esame del rispetto del principio “non arrecare un danno significativo” (cosiddetto principio DNSH”).

  1. La quota del 37% del Pnrr da destinare alla transizione verde.

Alla citata incertezza tra obiettivi ambientali e obiettivi climatici del regolamento 2021/241 da perseguire con il 37% della transizione verde, c’è da aggiungere che il Governo italiano ha dichiarato che la percentuale del Pnrr riservata alla transizione verde sarebbe pari al 40,8% del totale. Il 22 giugno 2021 la Commissione europea ha però consegnato al Governo italiano la “pagella del Pnrr” dalla quale si evince che l’Italia è arrivata al 37,5% (quindi di poco sopra alla condizionalità del 37% imposta dall’Ue) e non al 40,8% come dichiarato dal Governo: con questa correzione, il Pnrr italiano è stato poi approvato il 13 luglio 2021 anche dal Consiglio dell’Unione Europea.

L’incertezza dei numeri prosegue se si va a consultare il sito “Italia Domani” nel quale si legge, da una parte, che alla transizione ecologica è destinato il 37,5% dei fondi, mentre sulla stessa pagina si legge invece: “rivoluzione verde e transizione ecologica 31,05 del PNRR”. Ancora diversa è la percentuale destinata alla transizione verde che si legge nel documento a cura del Ministero dell’Economia e delle Finanze, pubblicato il 6 ottobre 2021 sullo stesso sito “Italia Domani”, nel quale si attribuisce alla transizione verde la quota del 32,05% sul totale del Pnrr. L’incertezza permane anche per l’intervento del Presidente del Consiglio Mario Draghi il quale, il 30 settembre 2021 allo Youth4Climate a Milano ha detto che “l’Italia ha stanziato il 40% delle risorse nel nostro Piano nazionale di ripresa e resilienza per la transizione ecologica”.

  1. Le possibili conseguenze di tali incertezze o carenze.

In Italia la verifica più importante del Pnrr sarà probabilmente quella degli appalti pubblici per i quali il Governo sta studiando varie possibilità di accelerazione e semplificazione, senza però che le istituzioni italiane possano derogare alla normativa eurounitaria che garantisce l’esplicarsi della libera concorrenza e la massima partecipazione nell’affidamento delle opere pubbliche.

Così come non si potrà derogare alla disciplina di tutela ambientale per la quale è necessaria la Valutazione DNSH, cioè la valutazione di “non arrecare un danno significativo”  e la Valutazione di impatto ambientale per tutti i progetti. Un problema particolare è poi quella della Vas che non risulta sia stata effettuata sul Pnrr. Al riguardo è bene ricordare che  nel caso  del c.d. “decreto Sblocca-Italia” che prevedeva la costruzione di nuovi inceneritori dei rifiuti, la Corte di Giustizia UE ha dichiarato tale piano in contrasto della direttiva sulla Vas (CGUE, 8 maggio 2019 in C-305/18).

La carenza della valutazione DNSH nel Pnrr trasmesso alla Commissione europea il 30 aprile 2021, e comunque la mancata indicazione dell’ente o commissione che l’ha elaborata solo successivamente e la carenza di VAS si aggiungono alle incertezze sulla quota del 37% da destinare alla transizione verde e costituiscono ragioni di criticità del Pnrr e degli atti successivi.

  1. Le incertezze normative e il rischio di giudiziarizzazione del Pnrr.

Con la sentenza della Corte Costituzionale tedesca del 26 marzo 2021 sembra si sia aperta quella che si può definire la “giudiziarizzazione” dei Pnrr. Con tale decisione la Corte Costituzionale tedesca ha bloccato la legge di adesione della Germania al Recovery fund, nello stesso giorno in cui il Bundesrat, la camera dei Laender, lo approvava all’unanimità, legge che in precedenza aveva avuto l’approvazione del Bundestag a maggioranza assoluta. A ricorrere alla Corte costituzionale è stata l’associazione Buergerwille con le firme di 2.281 cittadini tedeschi preoccupati che gli Stati deboli dell’Unione europea possano non essere in grado di ripagare la propria quota del pacchetto di bond comuni, con il rischio per i Stati forti di doversene poi fare carico.

Lo stop imposto dalla Corte costituzionale tedesca (poi superato con il rigetto del ricorso) si aggiunge alla diffidenza dei Paesi del nord Europa (e tra questi i cosiddetti “Paesi frugali” che sono quelli che per varie ragioni si sono inizialmente opposti al Recovery fund), nei confronti dei Paesi del sud Europa ritenuti prima incapaci di contenere il debito pubblico del passato, oggi ritenuti inadatti a gestire e forse a restituire il debito futuro.

I 750 miliardi di euro del Recovery fund possono fare la fortuna o sancire il declino di un territorio e delle sue istituzioni locali, oppure di imprese anche grandi ed il rischio maggiore di giudiziarizzazione del Pnrr sarà quello delle autorizzazioni e degli appalti pubblici dei progetti finanziati. In Italia i principali protagonisti di questa fase saranno sia i soggetti esclusi dai vantaggi del nostro Pnrr da circa 222 miliardi di euro, sia quelli che se ne riterranno danneggiati. Tra i primi, vista la persistente crisi economica e la notevole dotazione finanziaria a disposizione, ci saranno le imprese non aggiudicatarie degli stessi appalti pubblici, mentre tra i secondi ci sarà la variegata galassia del mondo della cosiddetta sindrome Nimby (Not In My Back Yard, ossia non nel mio giardino) e/o della sindrome Nimto (Not In My Terms of Office, cioè non durante il mio mandato elettorale).

  1. La visione del Green Deal europeo che manca all’Italia.

Il passaggio epocale che stiamo vivendo è ben descritto dal Consiglio dell’Unione europea quando l’11 dicembre 2020 ha sottolineato l’importanza di “ricostruire la nostra economia e la nostra società in modo sostenibile in seguito alla pandemia di Covid-19 e di tracciare il giusto cammino seguendo il Green Deal europeo quale tabella di marcia verso un’economia circolare e climaticamente neutra che sia resiliente, competitiva e sicura, che protegga, ripristini e utilizzi in modo sostenibile la biodiversità e produca zero inquinamento, in cui la crescita economica sia dissociata dall’uso delle risorse”.

Oltre alle incertezze, ai problemi e ai rischi cui si è fatto cenno, il problema maggiore sembra essere proprio questo: all’Italia e al suo Pnrr manca questa visione. Una visione che forse può essere recuperata, anche dopo e con tutti i limiti del Pnrr già approvato. La COP26, il vertice mondiale dell’ONU sul clima organizzato a Glasgow dal Regno Unito e dall’Italia dal 31 ottobre al 12 novembre, potrebbe essere l’occasione giusta.

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Incertezze problemi e rischi del Piano nazionale di ripresa e resilienza

* sintesi dell’articolo “Incertezze, problemi e rischi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il Green Deal che manca all’Italia e all’Umbria” in corso di pubblicazione sulla Rivista giuridica dell’ambiente.

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