La Cassazione sul concetto di “abusività” della condotta nel reato di inquinamento ambientale

01 Lug 2022 | giurisprudenza, penale

di Giulia Bellini e Francesca Procopio

CASSAZIONE PENALE, Sez. III – 21 dicembre 2021 (dep. 1° aprile 2022), n. 11998 – Pres. Di Nicola, Est. Zunica – ric. PM e A.M.A.P. s.p.a.

La condotta “abusiva” di inquinamento ambientale, idonea ad integrare il delitto di cui all’art. 452 bis c.p., comprende non soltanto quella svolta in assenza delle prescritte autorizzazioni o sulla base di autorizzazioni scadute o palesemente illegittime o comunque non commisurate alla tipologia di attività richiesta, ma anche quella posta in essere in violazione di leggi statali o regionali, ancorché non strettamente pertinenti al settore ambientale, ovvero di prescrizioni amministrative, con la conseguenza che, ai fini della integrazione del reato, non è necessario che sia autonomamente e penalmente sanzionata la condotta causante la compromissione o il deterioramento richiesti dalla norma; quel che conta, in definitiva, è la sussistenza del nesso causale tra le violazioni che rendono tipica la “causa”, qualunque esse siano, e l’evento prodotto.

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  1. Premessa.

Con la sentenza n. 11998 del 1° aprile 2022, la Terza Sezione della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi su un ricorso in materia di misure cautelari ex D.Lgs. n. 231/2001 in relazione al reato presupposto di cui all’art. 452 bis c.p., ha colto l’occasione per fare il punto sull’ormai consolidata interpretazione degli elementi costitutivi della fattispecie di inquinamento ambientale, soffermandosi, inter alia, sul significato da attribuire all’avverbio “abusivamente” che connota la condotta.

  1. La vicenda cautelare.

La vicenda cautelare posta all’attenzione della Suprema Corte muove dall’ordinanza con cui il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Palermo aveva applicato alla divisione “Servizio Ambiente e Depurazione” della Azienda Municipalizzata Acquedotto di Palermo s.p.a. (di seguito “A.M.A.P. s.p.a.” o “Società”) la misura cautelare del Commissariamento giudiziale (artt. 15 e 45, comma 3, D.Lgs. n. 231/2001) in relazione agli illeciti amministrativi di cui agli artt. 25 undecies, comma 2, lett. f) e 25 undecies, comma 1, lett. a) D.Lgs. n. 231/2001.

Secondo l’impostazione accusatoria, i soggetti apicali di A.M.A.P. si erano resi autori dei delitti di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e di inquinamento ambientale, rispettivamente previste agli artt. 452 quaterdecies e 452 bis c.p., perché, allo scopo di far conseguire alla Società un ingente risparmio sui costi di smaltimento dei fanghi prodotti all’interno dei depuratori adi acque reflue urbane di Palermo, a far data dall’agosto 2018 (e con condotta perdurante) avevano gestito abusivamente tali prodotti, lasciandoli depositati per più tempo del dovuto presso gli impianti di depurazione e scaricandoli poi sia in mare (peraltro in Area Marina Protetta) che in acque superficiali dolci.

Sia il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo che A.M.A.P. s.p.a. hanno proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza con cui il Tribunale del Riesame, previa riqualificazione del reato di cui all’art. 452 quaterdecies c.p. nel reato di cui all’art. 452 bis c.p., aveva rigettato l’appello della Società.

Il Pubblico Ministero ha censurato la decisione del Tribunale del Riesame di ricondurre le condotte di illecito stoccaggio dei fanghi nei depuratori e di successivo sversamento degli stessi in mare al reato di inquinamento ambientale invece che a quello di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti.

Il ricorso di A.M.A.P. s.p.a. si è invece articolato in quattro motivi.

Con un primo motivo, la Società ha principalmente criticato la valutazione dei giudici cautelari circa la sussistenza, nel caso di specie, del requisito dell’“abusività” della condotta ex 452 bis c.p., erroneamente ravvisata nel superamento di limiti soglia non cogenti e nella violazione dell’art. 127, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006. In particolare, secondo la ricorrente, ancorare il concetto di “abusività” a qualsiasi disposizione di legge, anche extra-penale, esporrebbe il delitto di inquinamento ambientale a censure di incostituzionalità per difetto di determinatezza.

Nella stessa ottica, A.M.A.P. s.p.a. ha censurato il giudizio di superfluità dei giudici precedenti rispetto alla consulenza richiesta dalla difesa dell’ente per verificare l’effettiva “misurabilità” del ritenuto deterioramento dell’ambiente, rilevando che solo una misurazione oggettiva e scientifica di tale requisito garantirebbe la costituzionalità della norma. Nel medesimo motivo la Società ha altresì rilevato come la diversa qualificazione giuridica data dal Tribunale del Riesame al reato di cui all’art. 452 quaterdecies c.p. le avesse impedito di difendersi dalla contestazione per il delitto di inquinamento ambientale e come, in ogni caso, gli elementi raccolti nel corso delle indagini escludessero il dolo in capo agli apicali.

Con il secondo motivo A.M.A.P. s.p.a. ha evidenziato come nel caso di specie fosse configurabile l’esimente dello stato di necessità di cui all’art. 45 c.p., in ragione dell’improvvisa ed imprevedibile indisponibilità delle discariche specializzate e dei siti di compostaggio nell’arco di tempo in contestazione.

Con il terzo e il quarto motivo la Società ha infine contestato la sussistenza, nel caso concreto, del requisito del “profitto di rilevante entità” richiesto dall’art. 13 D.Lgs. n. 231/2001 (anche) ai fini dell’applicazione delle misure cautelari all’ente, nonché la presenza di esigenze special-preventive che legittimassero la misura nei confronti dell’ente.

  1. La decisione della Suprema Corte e l’“abusività” della condotta prevista dall’art. 452 bisp.

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso promosso dal Procuratore della Repubblica per carenza di interesse, e infondato quello di A.M.A.P. s.p.a. rilevando la correttezza della decisione del Tribunale del Riesame rispetto a tutti i motivi di impugnazione.

Nel ritenere immune da censure la qualificazione giuridica dei fatti operata dai giudici cautelari, come accennato in premessa i giudici di legittimità si sono soffermati, inter alia, sull’evanescente concetto di “abusività” della condotta sanzionata dall’art. 452 bis c.p.

Come noto, il delitto di inquinamento ambientale[i] è una fattispecie introdotta dalla L. n. 68/2015 (c.d. Legge sugli ecoreati), che ha – tra l’altro – avuto il merito di inserire nel Codice penale un nuovo Titolo VI bis espressamente dedicato ai “Delitti contro l’ambiente”.

Trattasi di reato d’evento naturalistico e di danno per il bene giuridico ambiente (a differenza delle tradizionali fattispecie contravvenzionali previste dal D.Lgs. n. 152/2006, costruite sul paradigma del pericolo astratto), a forma libera, suscettibile di essere integrato da una condotta sia attiva che omissiva (ai sensi dell’art. 40 cpv c.p.).

Nonostante i pregevoli intenti sottesi alla sua introduzione[ii], la nuova fattispecie si è sin da subito rivelata inadatta – quantomeno rispetto alle attese – allo scopo di innalzare il livello della tutela penale apprestata al bene ambiente: la vaghezza della sua formulazione, aprendo a diverse interpretazioni  degli elementi costitutivi del fatto, non traccia infatti con sufficiente chiarezza il perimetro di punibilità del reato, ed ha ben presto generato in attenta dottrina dubbi di compatibilità con i principi costituzionali di precisione, tassatività e determinatezza[iii].

A suscitare perplessità interpretative è stata in primo luogo la condotta tipica, che il legislatore ha descritto facendo ricorso al laconico avverbio “abusivamente”.

Secondo alcuni commentatori, tale espressione assumerebbe il significato di “clandestinamente”, così circoscrivendo l’ambito di punibilità della fattispecie solo a quei deterioramenti o compromissioni della matrice ambientale cagionati al di fuori di attività autorizzate[iv]; sarebbe, infatti, illogico anche solo ipotizzare dei fatti di inquinamento autorizzati.

Altra dottrina ritiene, invece, in maniera condivisibile, che l’espressione “abusivamente” abbia una portata decisamente più ampia, attribuendo rilevanza penale anche a quelle condotte realizzate in costanza di un titolo abilitativo, ma in violazione di prescrizioni amministrative o di leggi[v].

Secondo tale impostazione, tale formula costituirebbe quindi una clausola di illiceità speciale[vi] volta ad attribuire rilevanza penale a tutte le condotte contra jus, cioè a quelle attività che cadono al di fuori della fisiologica area del “rischio consentito”[vii] che segna il punto di bilanciamento tra libertà di iniziativa economica e tutela dell’ambiente.

La giurisprudenza di legittimità – prendendo le mosse dalla consolidata interpretazione e portata operativa dell’analogo requisito previsto nel reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti di cui all’attuale art. 452 quaterdecies c.p.[viii] ha aderito a tale secondo orientamento.

La sentenza in commento, ponendosi nel solco delle precedenti[ix], ha dunque ribadito che la condotta abusiva idonea ad integrare l’art. 452 bis c.p. è quella: a) “svolta in assenza delle prescritte autorizzazioni o sulla base di autorizzazioni scadute o palesemente illegittime o comunque non commisurate alla tipologia di attività richiesta”; b) “posta in essere in violazione di leggi statali o regionali, ancorché non strettamente pertinenti al settore ambientale, ovvero di prescrizioni amministrative”.

Un’interpretazione ampia, quindi, che continua ad attrarre nel perimetro di tipicità del delitto in parola anche eventi di inquinamento eziologicamente collegati a violazioni di norme di natura non strettamente ambientale (si pensi, ad es., alle norme in materia antinfortunistica, urbanistica, di salute pubblica, di circolazione stradale[x] ecc.).

A sostegno di siffatta lettura, inoltre, gioca l’eziologia della formulazione di tale requisito: la prima versione della fattispecie, licenziata in prima lettura dalla Camera dei Deputati[xi], circoscriveva l’ambito delle condotte penalmente rilevanti a quelle realizzate “in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste a tutela dell’ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sé illecito amministrativo o penale”; il testo definitivo ha abbandonato tale locuzione, sostituendola con l’espressione “abusivamente”, evidente segno che il legislatore del 2015 volesse garantire alla fattispecie di inquinamento ambientale una maggiore “elasticità” applicativa[xii].

L’odierna pronuncia, come quelle che l’hanno preceduta, non ha, invece, ricondotto nell’alveo della condotta “abusiva” ex art. 452 bis c.p. la violazione dei principi generali del diritto ambientale, contenuti negli artt. 3 bis ss. D.Lgs. n. 152/2006 (segnatamente il principio di precauzione, di prevenzione e sviluppo sostenibile)[xiii], nonché i valori costituzionali dell’ambiente salubre e della salute, risultando tali principi palesemente inadatti a circoscrivere l’area del “rischio consentito”.

In definitiva, secondo la Suprema Corte, ai fini dell’integrazione della fattispecie incriminatrice di inquinamento ambientale non è necessario che la condotta causativa della compromissione o del deterioramento della matrice ambientale sia di per sé sanzionata in sede penale o amministrativa: ciò che conta è che tra la violazione posta in essere e l’evento dannoso verificatosi sussista il nesso di causalità[xiv].

Coerentemente con ciò, la sentenza in esame ha dunque ritenuto che il mancato superamento, nel caso concreto, di alcuni parametri tabellari non valesse ad escludere l’“abusività” della condotta dei vertici di A.M.A.P., atteso che, quando la lesione al bene ambiente è riconducibile a scarichi, ciò che conta non è la rilevanza penale di ognuno di essi, bensì che l’evento sia eziologicamente collegato ad una condotta non consentita, anche solo in virtù dello scostamento da valori tabellari non cogenti[xv].

  1.  Conclusioni.

La sentenza in commento ha avuto il merito di ribadire l’ormai consolidata interpretazione della giurisprudenza di legittimità in tema di “abusività” della condotta di inquinamento ambientale.

Nonostante l’intervento chiarificatore della Corte sia stato vitale per garantire alla fattispecie in esame una – per vero, sinora scarsa – applicazione, permangono dubbi sia in ordine alla legittimità costituzionale della disposizione in esame che alla conformità al principio della separazione dei poteri dell’azione creativa intrapresa dalla giurisprudenza in relazione a tale reato.

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nota a Cass 11998-2022 Bellini – Procopio

Per il testo della sentenza cliccare sul pdf allegato.

Cass. pen., III, 11998_2022 (Bellini – Procopio)

NOTE

[i] Per un commento di tale fattispecie si segnalano, tra gli altri, L. RAMACCI, Prime osservazioni sull’introduzione dei delitti contro l’ambiente nel codice penale e le altre disposizioni della legge 22 maggio 2015, n. 68, in www.lexambiente.it, 2015; C. MELZI D’ERIL, L’inquinamento ambientale a tre anni dall’entrata in vigore, in www.archiviodpc.dirittopenaleuomo.org; C. RUGA RIVA, Diritto penale dell’ambiente, Torino, 2016, p. 239 ss.

[ii] L’intervento del legislatore italiano nel diritto penale ambientale è scaturito dalla necessità di dare attuazione alla Direttiva 2008/99/CE (Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla tutela penale dell’ambiente), con cui il legislatore europeo aveva chiesto agli Stati membri di incriminare “lo scarico, l’emissione, l’immissione illeciti di un quantitativo di sostanze o radiazioni ionizzanti nell’aria, nel suolo o nelle acque che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone e danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora” (art. 3, lett. a) Dir. 2008/99/CE).

[iii] Sul punto, per tutti, C. RUGA RIVA, cit., p. 249, C. MELZI D’ERIL, cit., p. 38, nonché T. PADOVANI, Legge sugli ecoreati, un impianto inefficace che non aiuta l’ambiente, in Guida dir., 2015, n. 32, p. 13. Si evidenzia, in ogni caso, che Corte Cass. Pen., Sez. III, 23 marzo 2020, n.10469 ha recentemente dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 452 bis c.p. per contrasto con i principi di tassatività e determinatezza di cui all’art. 25 Cost. e all’art. 7 C.E.D.U.

[iv] In tal senso G. AMENDOLA, Delitti contro l’ambiente: arriva il disastro ambientale “abusivo”, in www.lexambiente.it.

[v] Così P. FIMIANI, La tutela penale dell’ambiente, Milano, 2015, p. 84.

[vi] In tal senso si veda P. FIMIANI, ibidem, p.87 nonché C. RUGA RIVA, cit., p. 246.

[vii] Sul punto si condivide, infatti, il rilievo di C. RUGA RIVA, cit., p. 244, secondo cui “Posto che ogni attività industriale inquina, tanto o poco, e che per la gran parte delle sostanze tossiche e cancerogene non è individuabile (o non è ad oggi noto) il livello sotto il quale possono escludersi effetti negativi sull’ambiente e/o la salute, il legislatore penale subordina la punibilità di condotte oggettivamente inquinanti alla violazione delle norme di legge o delle prescrizioni contenute nei titoli abilitativi”.

[viii] Un’espressa indicazione in tal senso si rinviene in Corte Cass. pen., Sez. III, 3 novembre 2016, n. 46170.

[ix] Per tutte Corte Cass. pen., Sez. III, 30 marzo 2017, n. 15865.

[x] Cita l’esempio di un inquinamento (colposo) causato dalla violazione delle regole del codice della strada da parte dell’autista di un autoarticolato adibito al trasporto di rifiuti C. RUGA RIVA, Commento all’art. 452 bis c.p., in AA.VV., Codice Penale Commentato, E. DOLCINI e G. MARINUCCI (fondato da), Milano, 2021.

[xi] Per un commento di tale versione della norma si rimanda a C. RUGA RIVA, Commento al testo base sui delitti ambientali adottato dalla Commissione Giustizia della Camera, in Diritto Penale Contemporaneo, 22 gennaio 2014. I profili di criticità sollevati da tale formulazione sono stati evidenziati, tra gli altri, da P. MOLINO, Relazione N. III/04/2015 sulla Legge n. 68 delle 22 maggio 2015, recante “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”, in www.cortedicassazione.it, 2015.

[xii] In tal senso P. MOLINO, ibidem.

[xiii] Così P. FIMIANI, La tutela penale dell’ambiente, cit., p. 87. Ritiene, invece, che la violazione dei principi in parola si presti ad integrare la condotta tipica del delitto di inquinamento ambientale G. AMENDOLA, La prima sentenza della Cassazione sul delitto di inquinamento ambientale, in ww.lexambiente.it, 15 novembre 2016.

[xiv] Sul punto si era già soffermata Corte Cass. pen., Sez. III, 3 marzo 2017, n. 10515, in www.lexambiente.it, 28 marzo 2017.

[xv] In tal senso, Corte Cass. pen., Sez. III, 30 marzo 2017, n. 15865.

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