Piano cave e impianti produttivi

01 Mag 2022 | amministrativo, giurisprudenza

di Claudia Galdenzi e Federico Boezio

T.A.R. Lombardia – Brescia, Sez. I, 16 febbraio 2022, n. 146 – Pres. Gabbricci, Est. Zampicinini – Comune di Borgosatollo (Avv. Capretti) c. Provincia di Brescia (Avv.ti Donati, Poli, Rizzardi) + altri.

La realizzazione di un impianto per il recupero di rifiuti all’interno del Piano Cave è compatibile con la destinazione finale di tipo naturalistico prevista per il sito dal Piano.

In tema di VIA, se la realizzazione del progetto non comporta pregiudizi significativi, non è necessario approfondire l’alternativa zero, né prendere in considerazione delle alternative localizzative.

Il principio di precauzione impone alla pubblica amministrazione di scegliere alla luce dei presupposti di fatto emersi in sede istruttoria, uniformandosi ai principi di proporzionalità e ragionevolezza.

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Il contenzioso deciso con la sentenza in esame concerne l’impugnazione di un Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale (“PAUR”), contenente la dichiarazione di compatibilità ambientale e l’autorizzazione all’esercizio di tre impianti di recupero di rifiuti e produzione di calcestruzzo e conglomerato bituminoso, da insediare all’interno del Piano Cave della Provincia di Brescia.

Il TAR Brescia ha escluso l’incompatibilità tra il Piano Cave – che per l’area in questione prevede come “destinazione finale” il recupero a uso naturalistico e a verde pubblico attrezzato – e il PAUR, che per la medesima area conferma la sopra detta destinazione finale, “salvo diverse determinazioni della destinazione d’uso dell’area al termine della coltivazione del giacimento ex art. 4.2 L.R. 14/98 e s.m.i., ovvero altre decisioni della P.A. Competente (Comune)”. Secondo il TAR, infatti, il PAUR non avrebbe violato le previsioni di Piano perché “terminato il periodo di efficacia dell’autorizzazione, l’area, in attuazione degli obblighi di recupero ambientale, sarà convertita a verde naturalistico, in piena armonia con quanto previsto dal Piano Cave”.

La sentenza sul punto non sembra del tutto chiara, presumibilmente a causa della succinta motivazione. Va però detto che il TAR Lombardia aveva già affrontato il tema dei rapporti tra la “destinazione finale” (di tipo naturalistico e in ogni caso non produttivo) prevista per un’area estrattiva nel Piano Cave e la possibilità di mantenimento degli impianti produttivi insediati sulla medesima area, dopo l’esaurimento dell’attività estrattiva.  In particolare, il TAR Lombardia aveva affermato che, dopo l’esaurimento dell’attività estrattiva, i Comuni riacquistano per intero la propria funzione pianificatoria e quindi possono stabilire, per il futuro, una destinazione finale dell’ambito estrattivo diversa da quella indicata dal Piano Cave[i].

In questa prospettiva, le strutture produttive che sono insediate all’interno di un ambito estrattivo potrebbero permanere sul posto, se non sono in contrasto con la normativa urbanistica vigente al momento della chiusura della cava.

Con la sentenza in esame, il TAR Brescia ha poi escluso la violazione della prescrizione di cui all’art. 22, comma 3, lett. d), D.Lgs. n. 152/2006, secondo la quale lo studio d’impatto ambientale deve contenere “una descrizione delle alternative ragionevoli prese in esame dal proponente, adeguate al progetto ed alle sue caratteristiche specifiche, compresa l’alternativa zero, con indicazione delle ragioni principali alla base dell’opzione scelta, prendendo in considerazione gli impatti ambientali”.

Con specifico riferimento alla “alternativa zero”, il TAR ha infatti affermato che un approfondimento della stessa da parte del proponente nel caso di specie non era necessario, dato che la non realizzazione del progetto non determinava conseguenze e – all’opposto – la sua realizzazione non apportava impatti ambientali significativi. Sul punto il TAR ha anche espresso una considerazione più generale, rilevando come l’alternativa zero, da considerare nell’ambito del procedimento di VIA, consista nella descrizione dello scenario ambientale ante operam, cosicché – inevitabilmente – la sua valutazione si traduce nell’analisi delle conseguenze ambientali derivanti dalla realizzazione dell’opera, ponendole a confronto con lo status quo ante[ii].

Il TAR Brescia ha inoltre valutato che la localizzazione degli impianti all’interno del Piano Cave nel caso specifico appare compatibile con il principio dello sviluppo sostenibile: risulta infatti preferibile collocare impianti di gestione rifiuti in un sito già interessato da trasformazione antropica e funzionale all’attività svolta piuttosto che compromettere un nuovo territorio, tenuto anche conto che gli impianti sono destinati a essere dismessi al termine dell’attività estrattiva[iii]. Alla luce delle medesime considerazioni, il TAR ha anche ritenuto che nel caso di specie non fosse necessario prendere in esame delle alternative localizzative, la cui indagine avrebbe determinato un ingiustificato ritardo nella definizione del procedimento, con violazione del principio di non aggravamento dell’azione amministrativa.

Infine, nella sentenza in esame il TAR Brescia ha esposto quanto già in giurisprudenza affermato più volte in merito al principio di precauzione, in particolare precisando che le relative valutazioni “sono riservate all’amministrazione, mentre al giudice spetta il compito di verificare se tali valutazioni sono congruamente motivate, alla luce dei presupposti di fatto emersi in sede istruttoria e delle censure svolte in ricorso[iv]. In questa prospettiva, il TAR Brescia ha concluso che nel caso di specie la scelta operata dalla Provincia in materia di VIA è conforme al principio di precauzione, in quanto rispettosa dei parametri di proporzionalità e ragionevolezza[v].

Per il testo della sentenza (estratto dal sito di Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

Tar Brescia 146 del 2022

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TAR Brescia 146_2022 Commento

NOTE

[i] TAR Lombardia – Brescia, sez. I, 18/10/2019, n. 897, in questa Rivista, n. 10 – febbraio 2020; TAR Lombardia – Brescia, sez. I, 4/7/2018, n. 653; TAR Lombardia – Milano, sez. VI, 5/6/2014; sez. II, 26/3/2014, n. 303. Vedi anche TAR Lombardia – Milano, sez. VI, 28/05/2018, n. 1365, secondo la quale “la previsione di piano che indica la destinazione finale dell’area di scavo è da reputarsi vincolante ed efficace quanto meno fino alla scadenza del piano stesso”; Cons. Stato, sez. V, 22/12/2014, n. 6301, che – alla luce della normativa della Regione Campania – esclude la necessità di dismettere un impianto funzionale alla coltivazione della cava dopo l’esaurimento dell’attività estrattiva, se la sua presenza sul posto è compatibile con la normativa urbanistica.

[ii] Sull’alternativa zero, vedi anche Cons. Stato, sez. II, 8/3/2021, n. 1902, in questa Rivista, n. 20 – aprile 2021.

[iii] Sul tema dell’insediabilità degli impianti di gestione dei rifiuti all’interno dei Piani Cave, vedi anche TAR Lombardia – Brescia, sez. I, 18/10/2019, n. 897, in questa Rivista, n. 10 – febbraio 2020.

[iv] T.A.R. Lombardia – Brescia Sez. I, 11.11.2020, n.783; TAR Marche, 5/2/2018, n. 91.

[v] Sul principio di precauzione nel procedimento di VIA: Cons. Stato, Sez. IV, 1/6/2021, n. 4199, in questa Rivista, n. 23 – luglio 2021; TAR Lombardia – Brescia, sez. I, 22/10/2020, n. 718, in questa Rivista, n. 17 – gennaio 2021.

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