di Eleonora Gregori Ferri e Davide D’Occhio
Cons. Stato, Ad. Plen. 20 febbraio 2020, n. 6 – Pres. Patroni Griffi, Est. Veltri – Codacons et al. (Avv.ti Giuliano e Rienzi) c. Banca d’Italia (Avv. Mancini, Di Pietropaolo e Messineo), Presidenza del Consiglio et al. (Avvocatura Generale dello Stato), Consob – Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Avv. Manto, Providenti, Sette e Musy) e n.c. di Nuova Banca Marche S.p.A., Nuova Banca dell’Etruria e del Lazio S.p.A., Nuova Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti S.P.A (Avv. Merola, Perfetti, Rumi, Romanelli) et. al.
Gli enti associativi esponenziali, iscritti nello speciale elenco delle associazioni rappresentative di utenti o consumatori oppure in possesso dei requisiti individuati dalla giurisprudenza, sono legittimati ad esperire azioni a tutela degli interessi legittimi collettivi di determinate comunità o categorie, e in particolare l’azione generale di annullamento in sede di giurisdizione amministrativa di legittimità, indipendentemente da un’espressa previsione di legge in tal senso.
La sentenza in esame ha ad oggetto la possibilità di riconoscere, in capo agli enti associativi esponenziali, una legittimità generale in ordine alla tutela degli interessi collettivi dinanzi al giudice amministrativo, anche in assenza di una previsione di legge che espressamente autorizzi l’esercizio dei relativi strumenti, compresa l’azione di annullamento.
La vicenda da cui prende le mosse la pronuncia in commento vede Codacons, un’associazione volta alla tutela dei consumatori, insieme a un gruppo di singoli risparmiatori, in veste di ricorrenti contro Banca d’Italia per l’ottenimento dell’annullamento dei provvedimenti risolutivi di alcuni istituti di credito in dissesto.
In primo grado, il ricorso veniva respinto nel merito e dichiarato inammissibile in relazione alla posizione di Codacons, avendo ritenuto il T.A.R. adito che l’anzidetta associazione di categoria non fosse legittimata ad esperire l’azione di annullamento, in applicazione del principio di tassatività, per cui la legittimazione ad agire degli enti esponenziali è eccezionale e sussiste solo nei casi previsti dalla legge (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, sentenza 21 luglio 2016, n. 3303).
Avverso tale pronuncia i ricorrenti hanno proposto appello, contestando il difetto di legittimazione.
Sotto il profilo normativo, nella vicenda in esame vengono in rilievo, da un lato, la disciplina consumeristica in materia di azioni a tutela dei consumatori, di cui agli artt. 137, 139 e 140 Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo)[i] e, dall’altro, il principio generale di divieto di sostituzione processuale di cui all’art. 81 c.p.c.[ii].
Il Codice del consumo prevede, infatti, che gli enti esponenziali in possesso dei requisiti di rappresentatività di cui all’art. 137 possano iscriversi nell’elenco delle associazioni rappresentative a livello nazionale, legittimate ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti (art. 139 Codice del consumo). Dette associazioni sono titolate ad invocare provvedimenti inibitori di comportamenti lesivi, nonché ad esercitare azioni riparative del danno subito (art. 140 Codice del consumo).
Il tema circa la legittimità di tali enti ad esperire l’azione di annullamento davanti al giudice amministrativo si è posto, in quanto la suddetta azione non rientra tra quelle elencate all’art. 140 Codice del consumo, tutte di competenza del giudice ordinario. A partire da tale dato letterale, si è sviluppato un orientamento giurisprudenziale che sostiene la tassatività sia delle ipotesi di legittimazione straordinaria degli enti esponenziali, sia delle azioni esperibili, in relazione alle quali, a detta di tale indirizzo, sarebbe sempre necessaria un’espressa previsione di legge.
La Sezione VI del Consiglio di Stato, adita in sede di gravame, si è anzitutto confrontata con le argomentazioni proposte dall’orientamento giurisprudenziale sopra richiamato e di recente affermazione. Presone atto, il Collegio ha tuttavia, a suo avviso, ribadito la perdurante attualità dell’indirizzo giurisprudenziale tradizionale, che riconosce la legittimazione a proporre ricorso in capo a tutte le associazioni che presentino un “effettivo e non occasionale impegno a favore della tutela di determinati interessi diffusi o superindividuali”, che abbiano nel loro statuto “una previsione che qualifichi detta protezione come compito istituzionale”, e che si trovino ad agire stante un “paventato pregiudizio agli interessi giuridici protetti posti al centro dell’attività dell’associazione”, e ciò anche indipendentemente da un’espressa previsione legislativa in tal senso.
Pur ritenendo maggiormente conforme ai valori della Costituzione[iii] tale orientamento il Collegio, ravvisando il contrasto, ha ritenuto di rimettere la questione all’Adunanza Plenaria.
La stessa ha innanzitutto affermato la necessità che il tema sia esaminato nell’ambito più generale della legittimazione ad agire nel giudizio amministrativo delle associazioni a tutela degli interessi collettivi, indipendentemente dal campo specifico di azione.
Ciò in quanto, da un lato, è dagli anni ’70 che agli enti dotati di determinate caratteristiche è stata riconosciuta la titolarità di interessi legittimi di natura collettiva e, dall’altro lato, ancora oggi si assiste ad una generale “entificazione” degli interessi diffusi, proprio in ragione del carattere non esclusivo del godimento o dell’utilità che i singoli traggono dal bene correlato all’interesse diffuso stesso (cfr. Cons. Stato, se. VI, 3 settembre 2010, n. 6554).
A tal proposito, nella pronuncia si legge che il legislatore ha tracciato un vero e proprio percorso di progressivo innalzamento della tutela degli interessi diffusi o “adespoti”. Ciò a partire dal riconoscimento, operato in via legislativa, della titolarità degli interessi diffusi in materia ambientale in capo alle associazioni ambientaliste, avvenuto con l’emanazione della Legge 8 luglio 1986, n. 349[iv].
Attraverso l’art. 18, comma 5, L. 349/1986, è stata infatti riconosciuta alle associazioni ambientaliste iscritte in un apposito elenco, la possibilità di “ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l’annullamento degli atti illegittimi”.
L’orientamento giurisprudenziale successivo ha poi affermato che sono ammesse all’esercizio dell’azione anche le associazioni non iscritte le quali, nel caso concreto, risultano effettivamente rappresentative, all’esito di una verifica condotta dal giudice[v], degli interessi collettivi che si assumono lesi (secondo il cd. criterio del “doppio binario”; ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, 2 ottobre 2006, n. 5760).
L’Adunanza Plenaria ha ritenuto che detta evoluzione, espressione dell’esigenza di protezione giuridica degli interessi diffusi che rinviene le sue basi nella Costituzione (cfr. artt. 2 e 118), sarebbe contraddetta laddove, viceversa, si voglia affermare che esiste nel nostro ordinamento un principio di tipizzazione ex lege sia degli enti legittimati ad agire, sia delle azioni dagli stessi esperibili.
Tale impostazione sembra emergere dal suesposto orientamento[vi], secondo cui la possibilità di esperire l’azione di annullamento avverso i provvedimenti amministrativi sarebbe preclusa agli enti esponenziali, in quanto non prevista dall’elenco dell’art. 140 Codice del consumo, che sarebbe dunque tassativo.
A parere della stessa, ciò comporterebbe una diminuzione della tutela, che invece non può esservi. In ragione di ciò, il disposto di cui all’art. 140, cit., in ambito consumeristico non può leggersi né come una delimitazione soggettiva della legittimazione degli enti esponenziali, né come una tipizzazione delle azioni esperibili in ambito processuale. Anzi, in detta norma si deve leggere una conferma del riconoscimento della rilevanza giuridica degli interessi collettivi anche in campo civilistico.
L’Adunanza Plenaria si sofferma inoltre sulla questione posta dal divieto di sostituzione processuale, di cui all’art. 81 c.p.c. Sul punto afferma, da una parte, la rappresentatività dell’ente iscritto nell’elenco di cui all’art. 137, cit. o che presenta i requisiti individuati dalla giurisprudenza per riconoscere la legittimazione delle associazioni non iscritte; dall’altra, ribadisce che la fonte della legittimazione ad esperire azioni a livello giurisdizionale da parte dell’associazione rappresentativa di categoria non risiede in una fictio, bensì “in un giudizio di individuazione e selezione degli interessi da proteggere, nonché nella rigorosa verifica della rappresentatività del soggetto collettivo che ne promuove la tutela”.
La risultante di tali due componenti conduce l’Adunanza Plenaria ad affermare, anche ai fini della risoluzione del caso di specie all’attenzione della Sezione rimettente, che gli enti esponenziali azionano una situazione giuridica propria, e non un diritto di altri, relativa a interessi di categoria, sguarniti di strumenti difensivi, finché diffusi.
Alla luce di quanto detto ne risulta uno spostamento in avanti della soglia di tutela in relazione a posizioni giuridiche collettive anche in ambito civilistico: alle stesse viene conferita la possibilità di esperire non solo azioni inibitorie o risarcitorie, bensì anche l’azione di annullamento, rendendole in grado di paralizzare atti e comportamenti sia di soggetti privati, sia di soggetti pubblici, suscettibili di ripercuotersi pregiudizievolmente sugli interessi collettivi protetti.
Per il testo della sentenza cliccare sul pdf allegato (estratto dal sito di Giustizia Amministrativa)
Ferri-Docchio_Cons. St., A.P., 6-2020
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Note:
[i] Per completezza si segnala che l’art. 140 D.Lgs. 205/2006 è abrogato a decorrere dal 19 novembre 2020, in virtù dell’art. 5, comma 1, L. 12 aprile 2019, n. 31, ai sensi di quanto disposto dall’art. 7, comma 1, della medesima L. 31/2019, come modificato dall’art. 8, comma 5, D.L. 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 2020, n. 8.
[ii] Art. 81 c.p.c., Sostituzione processuale: “Fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui”.
[iii] In particolare il riconoscimento delle formazioni sociali (art. 2), la libertà di associazione (art. 18) e il principio di effettività della tutela dei diritti (art. 24).
[iv] Legge 8 luglio 1986, n. 349 (in Suppl. ordinario alla Gazz. Uff., 15 luglio, n. 162). – Istituzione del Ministero dell’ambiente e norme in materia di danno ambientale (Impatto Ambientale).
[v] Verifica condotta circa la sussistenza di tre presupposti: “gli organismi devono perseguire statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale, devono possedere un adeguato grado di rappresentatività e stabilità e devono avere un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso” (Cons. Stato., IV, 16.2.2010, n. 885 nella sentenza in commento).
[vi] Vd. supra, Cons. Stato, VI, 21.7.2016, n. 3303.