La rilevanza paesaggistica delle risorse identitarie (nella fattispecie una corte interna)

04 Lug 2019 | giurisprudenza, amministrativo

di Roberto Gubello

T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. II – 26 aprile 2019, n. 932 – Pres. Caso, Est. Cordì – L.D.G. e C.L. (avv.ti Tanzarella e Napoli) c. Comune di Milano (Avvocatura Comunale).

La nozione di paesaggio, come delineata dalla Convenzione europea sul paesaggio del 2000, ratificata con la legge 9 gennaio 2006, n. 14, non può essere ridotta alle sole bellezze naturali in sé o alle testimonianze storico-artistiche di eccezionale valenza, ma ricomprende necessariamente anche tutte quelle risorse identitarie alle quali sia attribuibile valenza estetica; sulla base di tale assunto, il TAR Lombardia, Milano, ha ritenuto la legittimità di un parere negativo rilasciato dalla commissione per il paesaggio rispetto ad un intervento edilizio di recupero per fini abitativi dei sottotetti che, seppur limitato a modificare esclusivamente l’aspetto della porzione di edificio prospiciente il cortile interno, interveniva comunque a produrre un impatto negativo su quella peculiare risorsa identitaria identificata con la c.d. corte interna.

I proprietari di un plesso immobiliare ubicato nel centro di Milano ed edificato negli anni trenta secondo la tipologia edilizia definita “a corte” presentavano istanza di permesso di costruire per la realizzazione di un intervento di recupero per fini abitativi del sottotetto, consistente nella modifica delle sole falde prospicienti il lato cortile e, quindi, in alcun modo percepibile all’esterno.

In particolare, l’edificio risultava costituito da due corpi di fabbrica che si succedevano con ordine longitudinale, ognuno dotato di proprio cortile, e confinava con altro immobile di coeva realizzazione e anch’esso caratterizzato dalle medesime tipologie costruttive (c.d. edifici “a corte”).

La commissione per il paesaggio, competente a rendere il parere sull’impatto paesistico previsto dal Piano territoriale paesistico regionale (ai sensi dell’art. 64, comma 8, l.r. 12/2005[i]), valutava negativamente l’intervento prospettato, in quanto “la parzialità della proposta rispetto ad un impianto architettonico unitario (che interessa due civici della via) ha un impatto negativo sulla sobria qualità architettonica ancora non compromessa“.

In coerenza con il predetto parere, seppur non vincolante, l’amministrazione comunale rigettava l’istanza di permesso di costruire.

Contro il predetto provvedimento di rigetto nonché avverso il parere espresso dalla commissione per il paesaggio i proprietari dell’immobile presentavano ricorso al TAR, affermandone l’illegittimità alla luce di due circostanze di fatto:

– il progetto prevedeva esclusivamente il recupero delle falde prospicienti il lato cortile, cioè quello interno del fabbricato, e, dunque, non era in alcun modo percepibile dall’esterno[ii];

– l’immobile oggetto dell’intervento non risultava sottoposto ad alcun tipo di vincolo paesaggistico.

Secondo l’impostazione dei ricorrenti, la posizione comunale non poteva essere in alcun modo condivisa: fondare il rigetto della pratica edilizia sulla parzialità dell’intervento, nella misura in cui non investiva anche i sottotetti dell’immobile confinante in quanto caratterizzato dalla medesima qualità architettonica, finiva di fatto per subordinare l’intervento proposto alla preventiva acquisizione dell’assenso dei proprietari dei sottotetti dell’edificio confinante a provvedere contestualmente alla medesima modifica proposta.

In maniera ancor più pregnante, poi, il collegio veniva investito della questione se, con il parere seppur non vincolante impugnato, la commissione per il paesaggio non avesse, a ben vedere, travalicato lo specifico ambito di competenze attribuito dalla l.r. 12/2005, esibendosi in realtà in un apprezzamento di vera e propria compatibilità paesaggistica, e se, nello svolgimento di tale attività consultiva, fosse consentito valutare una modifica estetica degli edifici assumendo come tertium paragonis la conformazione morfologica dell’edificio vicino.

All’esito di una complessa vicenda – articolatasi, dapprima, in una nuova istruttoria eseguita dalla commissione in ottemperanza a un approfondimento istruttorio disposto dal TAR[iii] e, poi, nel rigetto da parte della medesima commissione di una diversa soluzione architettonica presentata dai ricorrenti[iv] – la seconda sezione del TAR Milano rigettava tutti i gravami, confermando la legittimità della valutazione operata dall’Amministrazione.

In tal senso la pronuncia in commento finisce per ri(con)durre le censure ad un nucleo sostanziale: se la collocazione dell’intervento nel solo cortile interno è di per sé sufficiente ad escludere una sua rilevanza ai fini della tutela del paesaggio.

A tal fine il Collegio muove dall’assunto che la nozione di paesaggio, come desumibile dall’evoluzione ordinamentale più recente, non possa essere limitata soltanto alle c.d. bellezze naturali[v] o al solo patrimonio storico, archeologico e artistico[vi], o ancora ai c.d. beni ambientali[vii].

In realtà, si tratta di un concetto che necessariamente travalica le sovrapposizioni – spesso presenti nella legislazione interna – tra ambiente, paesaggio e beni culturali[viii] e che, in nome di una autonomia tutta propria[ix], finisce per descrivere un patrimonio di risorse identitarie non riducibili alle sole bellezze naturali in sé o alle testimonianze storico-artistiche di eccezionale valenza, ma assume rilievo ogni qual volta sussistano elementi morfologici a cui sia attribuibile una valenza estetica[x].

Una vera e propria vis attractiva alla quale non rimane estranea nemmeno la materia del governo del territorio che, al contrario, costituisce uno degli strumenti attraverso il quale la Repubblica realizza la tutela del bene in esame[xi].

Una tale nozione ampia di paesaggio trova fondamento giuridico nelle disposizioni della Convenzione europea del 2000[xii].

Già l’articolo 1 definisce il paesaggio come “una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni[xiii].

E ancora più esplicitamente laddove statuisce che il paesaggio è “elemento importante della qualità della vita delle popolazioni nelle area urbane e nelle campagne, nei territori degradati, come in quelli di grande qualità, nelle zone considerate eccezionali, come in quelle della vita quotidiana“.

Declinando i principi esposti al caso di specie, il Collegio ritiene che il parere espresso dalla commissione per il paesaggio abbia correttamente attribuito una rilevanza paesaggistica meritevole di tutela al peculiare contesto che l’intervento in esame sarebbe stato idoneo a compromettere.

In altri termini, la corte interna, quale carattere architettonico proprio del contesto in cui sorge l’immobile oggetto di intervento, viene riconosciuta come vera e propria risorsa identitaria, meritevole della massima tutela accordata dall’ordinamento positivo ai beni paesaggistici.

Senza in alcun modo soffermarsi sui profili dell’eventuale limite incontrato dal sindacato giurisdizionale rispetto alla valutazione tecnica propria dell’attività consultiva scrutinata[xiv], il TAR ha concluso nel senso che il prospettato progetto di recupero del sottotetto presentato dai ricorrenti si ponesse in contrasto con il predetto vincolo, nella misura in cui avrebbe finito per alterare la linea architettonica unitaria degli immobili finitimi, a nulla rilevando la sua collocazione all’interno del cortile medesimo e la sua inidoneità ad essere percepito esclusivamente da chi abbia titolo particolare all’ingresso.

In tal senso la sentenza qui annotata si inserisce all’interno di quell’orientamento giurisprudenziale che, oltre a riconoscere una nozione ampia di paesaggio, ha finito altresì per riconoscergli un rilievo certamente primario e assoluto[xv], in grado evidentemente di comprimere lo ius aedificandi pur a prescindere da una previa identificazione tassativa del vincolo da parte di una fonte normativa.

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato

Gubello_Tar Mi 932-2019

SCARICA L’ARTICOLO IN VERSIONE PDF

Gubello_ART_Tar Mi 932-2019 rev rt

[i] Il comma 8 dell’articolo sopra menzionato prevede che “i progetti di recupero ai fini abitativi dei sottotetti, che incidono sull’aspetto esteriore dei luoghi e degli edifici e da realizzarsi in ambiti non sottoposti a vincolo paesaggistico, sono soggetti all’esame dell’impatto paesistico previsto dal piano territoriale paesistico regionale. Il giudizio di impatto paesistico è reso dalla commissione per il paesaggio di cui all’articolo 81, ove esistente, anche con applicazione del comma 5 del medesimo articolo, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla richiesta formulata dal responsabile del procedimento urbanistico, decorso il quale il giudizio si intende reso in senso favorevole“.

[ii] In questo senso i ricorrenti impugnavano altresì il c.d. “Manifesto degli indirizzi e delle linee guida della Commissione per il paesaggio del Comune di Milano (I aggiornamento)“, approvato dalla predetta commissione nella seduta del 21 luglio 2016, nella parte in cui prevedeva che “ciò che la Commissione si prefigge di salvaguardare è la qualità del paesaggio nel suo insieme; quindi, non solo valutando la visibilità/percezione degli interventi dallo spazio pubblico, che pure rimane elemento di giudizio fondamentale, ma anche dagli spazi privati che costituiscono la “scena fissa” della vita quotidiana dei cittadini; valutando quindi gli effetti degli interventi sulle parti anche nascoste, sui cortili, sui retri ecc., senza trascurare la visione dall’alto, che è ormai entrata a pieno titolo a far parte della nuova dimensione dell’esperienza della vita urbana“.

E ancora, considerando la copertura come una sorta di facciata orizzontale e introducendo un concetto di “paesaggio alto“, il Manifesto precisa che “gli interventi che interessano solo una porzione di copertura esistente producono quasi sempre il rischio di alterare l’equilibrio compositivo e i caratteri architettonici dell’edificio. La loro ammissibilità sarà quindi valutata soprattutto tenendo conto del loro contributo migliorativo, ad esempio riordinando eventuali elementi incongrui già presenti, o completando interventi già attuati in precedenza seguendo le stesse logiche, se considerate qualitativamente adeguate“.

[iii] In particolare, con ordinanza n. 243 del 2018, il TAR onerava l’amministrazione comunale di verificare l’alterazione dell’equilibrio di contesto “mediante una valutazione di tipo complesso“.

[iv] La nuova soluzione prospettata prevedeva esclusivamente l’innalzamento della sola linea di gronda e, quindi, con soluzioni costruttive visivamente meno impattanti e con l’utilizzo di materiali di qualità.

[v] Al pari di quanto avveniva, in precedenza, in forza della previsione di cui all’articolo 1 della legge 29 giugno 1939, n. 1497; nella giurisprudenza di legittimità costituzionale; si veda Corte Costituzionale, 29 maggio 1968, n. 56; Id., 24 luglio 1972 n. 141; Id., 3 agosto 1976 n. 210.

[vi] Come potrebbe inferirsi dalle previsioni contenute nella legge 26 aprile 1964, n. 310.

[vii] Come emergerebbe dal d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, laddove il paesaggio viene collocato nel pur ampio crinale tra l’ambiente e il governo del territorio.

[viii] In questo senso, già Cons. Stato, Sez. VI, 5 agosto 2013, n. 4079 aveva affermato che, anche alla luce dell’individuazione dei beni paesaggistici contenuta negli artt. 136 e segg. del d.lgs. n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali), con il termine paesaggio il legislatore ha inteso designare una determinata parte del territorio che, per le sue caratteristiche naturali e/o indotte dalla presenza dell’uomo, è ritenuta meritevole di particolare tutela; nozione che non può ritenersi limitata al mero aspetto esteriore o immediatamente visibile dell’area vincolata, così che ogni modificazione dell’assetto del territorio, attuata attraverso qualsiasi tipo di opera, è soggetta al rilascio della prescritta autorizzazione.

[ix] Sul punto si veda E. GIARDINO, Il carattere unitario della tutela paesaggistica e l’ineludibilità del procedimento amministrativo, in Giornale Dir. Amm., 2019, 1, 102, con nota a Corte cost., 30 marzo 2018, n. 66. La Corte costituzionale, in linea con un consolidato orientamento, ha ribadito il valore unitario e la concertazione necessaria della tutela paesaggistica, così da assicurare un agire uniforme, che si realizza nel rispetto della legislazione di tutela dei beni culturali e paesaggistici.

[x] Cons. Stato, Sez. VI, 29 gennaio 2013, n. 533 aveva già sostenuto che la nozione di paesaggio non deve essere limitata a quella di bellezza naturale, ma va intesa come complesso dei valori inerenti al territorio; il termine “paesaggio” indica essenzialmente l’ambiente complessivamente considerato come bene “primario” e “assoluto”, necessitante di una tutela unitaria e supportata pure da competenze regionali, nell’ambito degli standards stabiliti dallo Stato. In questo senso, l’imposizione dei vincoli paesistici viene concepito addirittura come uno strumento di garanzia della tutela del paesaggio e, anche, dell’ambiente.

[xi] Ciò anche in forza dell’articolo 9 Costituzione, così come peraltro statuito sovente in giurisprudenza. Si veda, ex multis, TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 5 aprile 2017, n. 797; id., 13 luglio 2018, n. 1690. In tal senso anche Cons. Stato, Sez. VI, 25 febbraio 2013, n. 1129, secondo cui la tutela del paesaggio è principio fondamentale della Costituzione (art. 9) e ha carattere di preminenza rispetto agli altri beni giuridici che vengono in rilievo nella difesa del territorio, di tal che anche le previsioni degli strumenti urbanistici devono necessariamente coordinarsi con quelle sottese alla difesa paesaggistica. E ancora Cons. Stato, Sez. VI, 30 maggio 2014, n. 2806, per cui il paesaggio, come bene oggetto di tutela, non è suscettibile né di reintegrazioni, né di incrementi; ciò giustifica una disciplina particolarmente rigorosa (d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42), adottata anche per arginare esperienze pregresse, non pienamente rispettose del disposto dell’art. 9 Cost.

[xii] Entrata in vigore sul piano internazionale il 1° settembre 2006, la cui ratifica ed esecuzione è avvenuta in Italia in forza della legge n. 14 del 2006.

[xiii] A conferma della peculiare polisemia della nozione che necessariamente ricomprende in sé sia sostrati naturalistici (come, ad esempio, il territorio), sia elementi prettamente culturali. Tale interpretazione trova ulteriore conferma nelle stesse considerazioni inserite nel Preambolo della Convenzione ove si afferma che: a) il “paesaggio svolge importanti funzioni di interesse generale, sul piano culturale, ecologico, ambientale e sociale e costituisce una risorsa favorevole all’attività economica e che salvaguardato, gestito e pianificato in modo adeguato, può contribuire alla creazione di posti di lavoro“; b) “il paesaggio concorre all’elaborazione delle culture locali e rappresenta una componente fondamentale del patrimonio culturale e naturale dell’Europa, contribuendo così al benessere e alla soddisfazione degli esseri umani e al consolidamento dell’identità europea“.

[xiv] Sul punto si veda Cons. Stato, Sez. VI, 23 luglio 2015, n. 3652, in Giornale Dir. Amm., 2016, 1, 47, con nota di rinvio a L. DI GIOVANNI, Valutazione tecnica e potere discrezionale nella tutela del paesaggio. Il Consiglio di Stato, con la menzionata sentenza, ha confermato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui i pareri in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’intervento progettato siano da considerarsi atti espressivi di discrezionalità tecnica. Tuttavia, a parere del commentatore, la predetta posizione meriterebbe di essere rivista anche alla luce del nuovo concetto di paesaggio, come inaugurato dalla Convenzione europea, della nozione trasversale del valore ambiente secondo l’opinione della Corte Costituzionale, nonché dei principi e delle regole contenuti nei piani paesaggistici. In senso contrario, TAR Puglia, Bari, Sez. I, 19 marzo 2019, n. 403 ha ritenuto che il parere in ordine alla compatibilità paesaggistica non possa che essere un atto strettamente espressivo di discrezionalità tecnica.

[xv] Così Cons. Stato, Sez. VI, 11 gennaio 2013, n. 120 che, sulla base dell’art. 9 della Costituzione, ha riconosciuto il valore “primario e assoluto” della tutela del paesaggio, con la conseguente affermazione della prevalenza dell’impronta unitaria della tutela paesaggistica sulle determinazioni urbanistiche, pur nella necessaria considerazione della compresenza degli interessi pubblici intestati alle due funzioni. E ancora TRGA Trentino-Alto Adige, Bolzano, 21 dicembre 2007, n. 394, secondo cui la tutela del paesaggio è interesse prevalente su qualunque altro interesse pubblico e privato che non richiede alcuna comparazione con l’interesse del privato che abbia già dato avvio ad una costruzione in zona che l’amministrazione intende sottoporre a vincolo paesaggistico (conf. Cons. Stato, Sez. VI, 27 ottobre 1988, n. 1179).

 

Scritto da