Regolamento sul ripristino della natura

31 Ago 2024 | articoli, contributi

Nel giugno del 2024, dopo un iter legislativo tribolato[i], l’Unione europea ha finalmente approvato il Regolamento per il ripristino della natura (Regolamento (Ue) 2024/1991 del Parlamento europeo e del Consiglio sul ripristino della natura e che modifica il regolamento (Ue) 2022/869, 24 giugno 2024, pubblicato sulla G.U.U.E del 29 luglio 2024[ii]). Si tratta di una norma vincolante, immediatamente applicabile negli ordinamenti degli Stati membri, chiamati a loro volta a darvi esecuzione in concreto.

La norma in parola è importante sotto tre aspetti: le sue finalità e come esse si combinano con quelle del Green Deal europeo (GDE); le modalità attuative che, come altre politiche del GDE, poggiano sull’azione degli Stati e su una loro attività di pianificazione, da vagliare a livello europeo; le problematiche che la sua attuazione può produrre, relative al sacrificio di interessi concorrenti, ossia quelli relativi allo sviluppo economico, in modo specifico per il settore agro-alimentare.

Il ripristino della natura e il Green Deal: passi avanti verso la neutralità climatica

La relazione di accompagnamento della proposta del Regolamento sul ripristino della natura è chiara su quali siano le finalità da questo perseguite. Nelle prime righe si legge, infatti, che “la perdita di biodiversità e il degrado degli ecosistemi proseguono a un ritmo allarmante, danneggiando le persone, l’economia e il clima […]. Ecosistemi sani forniscono alimenti e sicurezza alimentare, acqua pulita, pozzi di assorbimento del carbonio e protezione dalle catastrofi naturali provocate dai cambiamenti climatici. Sono essenziali per la nostra sopravvivenza, il benessere, la prosperità e la sicurezza a lungo termine, in quanto sono alla base della resilienza dell’Europa. Il ripristino degli ecosistemi, unito agli sforzi per ridurre il commercio e il consumo di specie selvatiche, contribuirà anche a prevenire l’insorgere di malattie trasmissibili con potenziale zoonotico e rafforzare la resilienza alle stesse, riducendo di conseguenza il rischio di epidemie e pandemie, e concorrerà a sostenere gli sforzi compiuti dall’UE a livello mondiale per applicare l’approccio “One Health”, che riconosce il nesso intrinseco tra la salute umana, la salute degli animali e una natura integra e resiliente”[iii].

L’importanza di recuperare la biodiversità perduta e di ripristinare spazi naturali al riparo da attività inquinanti da parte dell’uomo è quindi un obiettivo multidimensionale, che ne contiene (e si collega ad) altri. Non riguarda quindi solo la preservazione della natura, ma anche il clima, il cibo, la salute, il benessere e la prosperità. Ciò è evidente nelle parole usate dalla Commissione, che riprende anche vari studi e rapporti di istituzioni scientifiche pronunciatesi su questi temi. In aggiunta, il ripristino della natura è strategico nel percorso disegnato dal Green Deal europeo[iv]. Come noto, questo si propone di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. A tali fini, stante la difficoltà di azzerare le emissioni climalteranti, è fondamentale incrementare la capacità di assorbimento della CO2 tramite pozzi naturali (nel testo vi è un riferimento esplicito ai considerando nn. 16 e 61) tramite l’afforestazione e il recupero di siti naturali e della biodiversità[v].

Quanto detto trova conferma proprio all’art. 1, comma 1, lett. b) del Regolamento in esame, che inserisce, tra le finalità principali della norma, quella di contribuire al “conseguimento degli obiettivi generali dell’Unione in materia di mitigazione dei cambiamenti climatici, adattamento ai medesimi e neutralità in termini di degrado del suolo”. La medesima disposizione cita inoltre, come obiettivi da raggiungere tramite le azioni di ripristino della natura, il recupero della biodiversità, la sicurezza alimentare e gli impegni internazionali.

Gli obiettivi del nuovo regolamento sono ambiziosi ed eterogenei e hanno il pregio di mostrare il carattere multidimensionale dell’ambiente: tutelare la natura non consiste solo nel proteggere determinate specie a rischio o vulnerabili, vuol dire ridurre l’inquinamento, diminuire l’impatto antropico sul clima, tutelare la salute e la sicurezza alimentare, intesa come accesso al cibo e come salubrità e qualità dei prodotti alimentari. Ma non è tutto, perché il Regolamento non si limita a tutelare, a preservare la natura[vi], ma ne prevede il recupero, appunto, il ripristino[vii]. Questo perché lo stato attuale di compromissione dell’equilibrio tra spazi naturali e spazi artificiali è in una situazione di squilibrio: il testo dell’Unione ci dice che abbiamo bisogno di più natura, per una serie di obiettivi di interesse comune[viii]. Tuttavia, come anticipato, recuperare spazi naturali significa sottrarli ad altri usi, per esempio all’intervento dell’uomo a fini di ricavare profitti, e questo rende tali azioni particolarmente difficili in sede di applicazione concreta.

Il ripristino della natura e la pianificazione ibrida: un piano europeo e tanti piani nazionali

L’art. 1 del Regolamento sul ripristino della natura, già citato, prevede, al comma 2 che venga istituito “un quadro nel cui ambito gli Stati membri attuano misure di ripristino efficaci basate sulla superficie allo scopo di coprire congiuntamente, in quanto obiettivo dell’Unione, nell’insieme delle zone e degli ecosistemi che rientrano nell’ambito di applicazione del presente regolamento, almeno il 20 % delle zone terrestri e almeno il 20 % delle zone marine entro il 2030, e tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050”.

Come si è già avuto modo di osservare, il Green Deal è sovranazionale ed è a tale livello che viene definita la linea d’azione, esplicitati gli obiettivi e indicati i tempi di attuazione; tuttavia, sono gli Stati a dover rendere effettivo il progetto europeo[ix]. L’art. 4 del testo in commento lo conferma: “gli Stati membri mettono in atto le misure di ripristino necessarie per riportare in buono stato le zone dei tipi di habitat di cui all’allegato I che non lo sono. Tali misure di ripristino sono attuate:

a) entro il 2030 su almeno il 30 % della superficie totale di tutti i tipi di habitat di cui all’allegato I che non è in buono stato, come quantificata nel piano nazionale di ripristino di cui all’articolo 15;

b) entro il 2040 su almeno il 60 % e entro il 2050 su almeno il 90 % della superficie di ciascun gruppo di tipi di habitat di cui all’allegato I che non è in buono stato, come quantificata nel piano nazionale di ripristino di cui all’articolo 15”.

Anche in questo ambito, quindi, l’efficacia delle politiche del Green Deal europeo dipende da cosa faranno gli Stati. Questi sono chiamati ad adottare apposite misure per il ripristino degli ecosistemi nelle diverse aree interessate: urbane, rurali, marine, ecc. (artt. 4-12). Tra le misure, anche in questo caso, a conferma di quanto disposto sinora in sede di GDE, vi sono le pianificazioni nazionali (artt. 14 e ss.): “ciascuno Stato membro prepara un piano nazionale di ripristino ed effettua il monitoraggio e le ricerche preliminari opportuni per individuare le misure di ripristino necessarie per conseguire gli obiettivi di ripristino e adempiere gli obblighi di cui agli articoli da 4 a 13 e contribuire agli obiettivi dell’Unione di cui all’articolo 1, tenendo conto delle evidenze scientifiche più recenti”.

Le politiche del GDE si confermano quindi comuni, con obiettivi condivisi e target da raggiungere entro un determinato periodo. Sono però gli Stati ad attuarle, a scegliere le misure più adatte e a seguirne lo sviluppo. Queste stesse misure sono contenute in pianificazioni che hanno lo scopo di anticipare, esplicitare e programmare gli interventi deliberati, sottoponendoli quindi al controllo da parte delle istituzioni europee.

Il ripristino della natura e i suoi conflitti: ecologia vs. sviluppo economico

Gli Stati dell’Ue saranno in grado di dare seguito alle prescrizioni indicate nel nuovo Regolamento sul ripristino della natura? L’obbligo giuridico è insito nella forma dell’atto ma la sua attuazione in concreto si scontra con una complessità di interessi da bilanciare. Va evidenziato, nondimeno, un aspetto importante: gli obblighi sono per gli Stati, non per i privati. Sono i primi, quindi, a dover trovare gli strumenti, le politiche e le misure più efficaci per raggiungere gli obiettivi comuni. Questi potranno incidere in modo diverso sui vari interessi che possono subire un pregiudizio dalle azioni per ripristinare la natura, ma sono chiamati in causa a mostrare la loro “capacità amministrativa”[x], ossia riuscire a scegliere strumenti efficienti, efficaci e poco costosi – oltre che non eccessivamente impopolari tra chi ne subirà le conseguenze – e a renderli effettivi.

Con riferimento ai potenziali conflitti tra le disposizioni per dare attuazione al Regolamento n. 1991 e altri interessi di natura concorrente, occorre soffermarsi su quelli legati alla produttività e ai profitti imprenditoriali e commerciali. A differenza di altri settori interessati dal Green Deal, infatti, le norme finalizzate a tutelare e a recuperare biodiversità ed ecosistemi, incontrano maggiori difficoltà a creare una sinergia tra crescita e ambiente, agendo invece come limiti, come barriere, che prevedono che alcune aree non siano sfruttabili dall’uomo, nemmeno per attività ecologicamente compatibili. Tra i vari elementi che compongono il GDE (politica industriale, economia circolare, decarbonizzazione dei settori strategici, sostenibilità sociale), quello a tutela degli ecosistemi presenta un grado d’intangibilità maggiore, si fonda su un approccio inevitabilmente radicale, che dice che gli stessi ecosistemi siano sostenibili, prescindendo dagli aspetti legati allo sviluppo. Ciò fa registrare maggiori resistenze, che spiegano le difficoltà nell’adozione del nuovo regolamento e la sua approvazione solo a seguito di alcune modifiche (ad es. lo stralcio dell’obiettivo di riduzione del 10% della superficie agricola produttiva, la previsione di utilizzare fondi esterni alla Politica agricola Comune (Pac) e l’introduzione del riferimento al rispetto de principio di reciprocità per i prodotti importati).

Il settore agricolo, in particolare, è quello che viene maggiormente influenzato dalle azioni a tutela della biodiversità perché va a condizionare le tecniche e i metodi produttivi, imponendo altresì obblighi su come gestire il suolo.

Ciò conferma un altro aspetto: il settore agroalimentare è uno degli snodi critici per la riuscita del Green Deal e, per tale motivo, anche un strategico, attraverso il quale passa la riuscita del Piano della Commissione europea. Per almeno quattro ordini di motivi: la quantità di emissioni climalteranti prodotte dal comparto agricolo è a oggi molto rilevante; le pratiche agricole trasformano, usano e condizionano la natura e le sue risorse, che vanno preservate, sia in un’ottica ecologica, sia economica, come assets da non esaurire; l’alimentazione incide, direttamente, sul benessere e sulla salute degli individui, che devono potersi approvvigionare di cibo sufficiente, di qualità e accessibile economicamente; si tratta di un comparto che contribuisce in modo significativo a finalità economiche e sociali, per lo sviluppo, l’occupazione e il mercato delle merci.

Vedremo se le iniziative per attuare il Regolamento 2024/1991 riusciranno a raggiungere gli obiettivi previsti senza compromettere le esigenze produttive, segnatamente quelle degli operatori del settore agroalimentare. Molto dipenderà dagli Stati e dalla loro capacità di puntare su un’agricoltura ecologica e di piccola scala. Quindi anche da una visione di lungo periodo e dalle abilità di promuoverla in modo efficace.

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NOTE:

[i] https://www.wwf.it/pandanews/ambiente/vittoria-storica-approvata-la-legge-per-il-ripristino-della-natura/

[ii] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=OJ:L_202401991

[iii] Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio sul ripristino della natura, Bruxelles, 22.6.2022 COM(2022) 304 final 2022/0195 (COD), https://eur-lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:f5586441-f5e1-11ec-b976-01aa75ed71a1.0019.02/DOC_1&format=PDF

[iv] Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni “Pronti per il 55%”: realizzare l’obiettivo climatico dell’UE per il 2030 lungo il cammino verso la neutralità climatica, Bruxelles, 14.7.2021 COM(2021) 550 final, https://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52021DC0550&from=HR. Ne ho già parlato, in questa sede, qui: https://rgaonline.it/focus/pronti-per-il-55-lobiettivo-climatico-dellue-e-gli-strumenti-per-raggiungerlo/.

[v] Sul tema si v. D- Bevilacqua e E. Chiti, Green Deal. Come costruire una nuova Europa, Il Mulino, 2024, p. 61 e ss.

[vi] In questo senso è interessante citare il Regolamento (CE) 2023/1115, denominato anche “Deforestazione zero”, sul quale si rinvia al commento di L. Pastorino, Comercio internacional y responsabilidad ambiental y climática. A propósito del Reglamento (CE) 2023/1115 contra la desforestación, in eurojus, n. 3/2024, https://rivista.eurojus.it/wp-content/uploads/pdf/COMERCIO-INTERNACIONAL-Y-RESPONSABILIDAD-MEDIOAMBIENTAL-Y-CLIMATICA-Pastorino.pdf

[vii] Una definizione si rinviene nel testo del Regolamento in esame, all’art. 3, comma 1, n. 3): “”ripristino”: processo volto ad aiutare, attivamente o passivamente, il ripristino di un ecosistema al fine di migliorarne la struttura e le funzioni, con lo scopo di conservare o rafforzare la biodiversità e la resilienza degli ecosistemi, migliorando una superficie di un tipo di habitat fino a portarla a un buono stato , ristabilendo la superficie di riferimento favorevole e migliorando l’habitat di una specie fino a portarlo a una qualità e quantità sufficienti”

[viii] “La protezione da sola non è sufficiente: per invertire la perdita di biodiversità sono necessari maggiori sforzi che riportino la natura in buona salute in tutta l’UE, all’interno e all’esterno delle zone protette. La Commissione si è pertanto impegnata a proporre obiettivi giuridicamente vincolanti per ripristinare gli ecosistemi dell’UE degradati, in particolare quelli potenzialmente più in grado di eliminare e stoccare il carbonio, e per prevenire e ridurre l’impatto delle catastrofi naturali”, Relazione di accompagnamento alla Proposta di Regolamento … ripristino della natura, cit., p. 2.

[ix] https://rgaonline.it/articoli/il-green-new-deal-e-globale-ma-lo-fanno-gli-stati/

[x] In tema di “capacità amministrativa” si vedano i contributi contenuti di F. Di Mascio e A. Natalini, M. Macchia, M. Bevilacqua e A. Sandulli, in Giornale di diritto amministrativo, n. 4/2023, pp. 436 – 469.

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