Zone vulnerabili ai nitrati e principio di precauzione

02 Apr 2023 | green new deal, giurisprudenza, amministrativo

di Claudia Pengue

T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V – 13 dicembre 2022, n. 7779 – Pres. Raiola, Est. Maffei, Confagricoltura Campania + altri (avv.ti Contieri e Paolo Rinaldi) c. Regione Campania (avv. Marzocchella) ARPAC (avv.ti Uccello e Renna).

In materia di inquinamento delle acque da nitrati trova applicazione il principio generale di precauzione che assurge a cardine interpretativo dell’intero sistema giuridico nonché elemento determinante per una compiuta tutela ambientale, e conseguente tutela della salute umana. Pertanto, in punto di perimetrazione delle Zone Vulnerabili ai nitrati ciò che rileva è la verifica, nei terreni scrutinati, della concentrazione complessiva di nitrati presenti, indipendentemente dalla loro origine antropica o agricola, ovvero che il suolo in esame sia o meno atto a poter sopportare un ulteriore carico di azoto proveniente da attività agricola.

Mediante la sentenza in commento il T.A.R. Napoli consente una riflessione sullo stato dell’arte e dell’applicazione nel nostro paese della Direttiva 91/676/CEE, la c.d. “Direttiva nitrati”, relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole.

La proliferazione di nitrati e nitriti nell’acqua irrigua è infatti un problema che ha assunto oggi notevole rilievo per le implicazioni che essa importa a livello di tutela ambientale per la sua dannosità non solo verso le coltivazioni ma altresì per la salute delle acque di falda e conseguentemente per la salute umana.

Come ricordato dalla sentenza infatti “i nitrati di origine agricola sono la causa principale dell’inquinamento proveniente da fonti diffuse che colpisce le acque comunitarie;…che per tutelare la salute umana, le risorse viventi e gli ecosistemi acquatici e per salvaguardare altri usi legittimi dell’acqua è pertanto necessario ridurre l’inquinamento idrico causato o provocato da nitrati provenienti da fonti agricole ed impedire un ulteriore inquinamento di questo tipo; che a tal fine è importante prendere provvedimenti riguardanti l’uso in agricoltura di composti azotati e il loro accumulo nel terreno e riguardanti talune prassi di gestione del terreno”, al dichiarato fine di “ridurre l’inquinamento delle acque causato direttamente o indirettamente dai nitrati di origine agricola” e di “prevenire qualsiasi ulteriore inquinamento di questo tipo”.

La Direttiva 91/676/CEE è stata dunque il primo baluardo normativo in materia volto a ridurre e prevenire questa forma di inquinamento delle acque causato direttamente o indirettamente da tali composti dell’azoto derivanti dall’attività agricola e/o dall’eutrofizzazione.

Per il raggiungimento di tali obiettivi la normativa comunitaria ha previsto due tipi di misure: da un lato la perimetrazione di porzioni del territorio che drenano queste acque chiamate Zone Vulnerabili ai Nitrati (c.d. ZVN) e dall’altra l’istituzione di programmi d’azione appropriati per prevenire e ridurre tale inquinamento.

Le ZVN, la cui definizione a livello nazionale si può ritrovare nell’art. 74 lett. pp) del D.lgs. 152/06, sono così tutte quelle aree, previamente individuate dagli Stati membri, che scaricano in acque inquinate o che possono essere inquinate e che concorrono all’inquinamento.

Molte sono le concause poste all’origine di tale perimetrazione, collegate in prima facie all’analisi delle caratteristiche intrinseche del suolo (condizioni dello stesso, tipo e pendenza) e successivamente alla verifica delle condizioni climatiche della zona di cui si stratta (con particolare riferimento alle precipitazioni registrate), dell’irrigazione e, da ultimo, dell’uso del terreno e delle practice agricole ivi esercitate, inclusi i sistemi di rotazione delle colture.

All’interno di tali ambiti spiegano la loro efficacia i programmi d’azione ovvero interventi da svilupparsi sulla base dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli apporti azotati sia di origine agricola che non, nonché delle condizioni ambientali dell’ambito di cui trattasi.

La direttiva consentiva agli Stati Membri di applicare i piani di azione indistintamente sull’intero territorio nazionale, senza necessità di specifica individuazione delle ZVN, ma l’Italia ha invece assegnato alle Regioni il compito di perimetrare tali ambiti, nonché le ha investite del dovere di un periodico riesame e, se necessario, di revisione delle designazioni delle ZVN, nonché dell’obbligo di adottare ed applicare all’interno delle stesse le misure contenute nei programmi d’azione, che devono essere rivisti quadriennalmente.

Tali programmi dettano misure vincolanti quali limitazioni temporali allo spandimento di determinati tipi di fertilizzanti, fissano la capacità dei depositi per effluenti di allevamento e dunque incidono in modo rilevante sul comparto zootecnico ed in particolare sull’agricoltura e l’allevamento intensivo.

Non stupisce dunque che primo promotore del ricorso conclusosi con la sentenza in esame sia proprio Confagricoltura la quale ha impugnato la delibera con cui Regione Campania ha approvato la nuova delimitazione delle Zone vulnerabili all’interno del proprio territorio censurando l’asserita violazione dei dettami dell’art. 92 del D.lgs. 152/06 e dei principi eurounitari di prevenzione e precauzione.

In ambito nazionale, la disciplina delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola, previamente contenuta nel D.lgs. 152/1999, è oggi dettata appunto dall’art. 92 del T.U.A., che rinvia all’Allegato 7/A-I, parte III per i criteri di individuazione delle zone vulnerabili, per poi rimettere con il comma 4 alle Regioni l’individuazione di ulteriori zone vulnerabili oppure, all’interno delle zone indicate nell’Allegato 7/A-III, le parti che non costituiscono zone vulnerabili.

Ex comma 5 compete sempre alle stesse Regioni la revisione o il completamento periodico delle designazioni delle zone vulnerabili. In tali zone debbono essere attuati i programmi di azione nonché le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola.

Tralasciando in questa sede l’analisi della fase istruttoria condotta da Regione Campania, in uno con ARPAC incaricata del monitoraggio dei corpi idrici, che ha portato ad una identificazione delle ZVN, ritenuta fondata e non contestabile dal Collegio, ciò che rileva è che la pronuncia in esame riconosca come il contributo da fonte urbana sia una semplice addizionale nei bacini esaminati, ove “i carichi agro-zootecnici rappresentano comunque l’aliquota più significativa, confermando così la necessità di sottoporre i corsi d’acqua a misure di tutela, rivedendo la perimetrazione delle ZVN dei corpi idrici superficiali”.

L’arresto è così conforme alle statuizioni della Corte di Giustizia UE Corte giustizia UE, sez. III, 8 settembre 2005, n. 416 che ha ritenuto come l’inquinamento di un suolo sia da considerarsi nel suo valore assoluto e dunque “non è necessario che i composti azotati di origine agricola contribuiscano in modo esclusivo all’inquinamento, ma basta che essi vi contribuiscano significativamente“.

L’amministrazione campana ha dunque fatto un buon uso della discrezionalità ad essa riconducibile pur in materia connotata da forte tecnicismo, tenuto conto che “nella materia della tutela ambientale, trova immediata applicabilità anche il principio di precauzione, ogniqualvolta sussistano incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, non occorrendo attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi; tale principio assume carattere di principio generale, di criterio interpretativo del sistema giuridico, e non consente, in sede di bilanciamento fra protezione della salute e libertà economica, di esonerare le imprese dall’adottare a loro spese le indispensabili misure di cautela”.

Ciò posto, come anticipato nell’incipt, la lettura di questa sentenza assume oggi rilievo quale volano per verificare lo stato di attuazione della Direttiva nitrati in Italia, direttiva che ha avuto, come noto, un andamento claudicante ed ancora oggi non è da ritenersi compiutamente trasposta ed è questione aperta sul tavolo della Commissione Europea.

La prima contestazione in materia al nostro paese giungeva infatti già nell’aprile del 2006, ove con nota n. 2006/2163, la Commissione avviava una prima procedura di messa in mora per la non corretta attuazione degli artt. 3 e 5 della Direttiva 91/676/CEE conseguente alla mancata designazione delle ZVN (in particolar modo nella Pianura padana) e per la mancata o non conforme adozione dei Programmi d’azione.

Tale procedura veniva archiviata nel giugno 2008 grazie alla estensione delle zone vulnerabili designate e all’adozione di primi programmi d’azione conformi alla normativa comunitaria.

Il lavoro svolto dal governo centrale e regionale però veniva nuovamente censurato nel novembre 2018 quando nuovamente la Commissione metteva in mora il nostro paese reo di non aver “designato le zone vulnerabili ai nitrati, non ha monitorato le proprie acque e non ha adottato misure supplementari in una serie di regioni interessate dall’inquinamento da nitrati” invitandolo così a garantire la stabilità della rete di monitoraggio dei nitrati, a procedere a un riesame e proseguire nella designazione delle ZVN nonché ad adottare misure supplementari in diverse regioni.

Le azioni intraprese dal governo non sono state ritenute risolutive, ed al contrario sono stati registrati ulteriori ragioni di criticità, come l’accorciamento del periodo di divieto continuativo per la distribuzione in campo degli effluenti zootecnici.

Pertanto, la Commissione europea nel dicembre 2020 ha inviato una lettera complementare di costituzione in mora all’Italia ove, per riconoscendo l’efficacia di alcune azioni intraprese, la stessa evidenziava le proprie “preoccupazioni riguardo ad altre violazioni in diverse regioni nelle quali la situazione nelle acque sotterranee inquinate dai nitrati non sta migliorando o si osserva un peggioramento del problema dell’eutrofizzazione delle acque superficiali”.

È notizia proprio dello scorso mese (febbraio 2023) come la Commissione, oggi più che mai focalizzata sul raggiungimento degli obiettivi fissati nell’alveo del c.d. Green Deal europeo, continui a nutrire preoccupazioni riguardo al fatto che la situazione delle acque sotterranee inquinate si sia aggravata unitamente a un peggioramento dell’eutrofizzazione delle acque superficiali.

Per tali ragioni la Commissione ha deciso di inviare un parere motivato all’Italia ha deciso di inviare (INFR(2018)2249), che dispone oggi di 2 mesi per rispondere e adottare le misure necessarie, ed evitare così l’avvio di una nuova procedura di infrazione.

Vedremo se vi riuscirà.

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Nitrati – Pengue[1]

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

Pengue Nitrati