Ordinanze sindacali in materia di bonifica di aree inquinate

02 Apr 2023 | giurisprudenza, amministrativo

di Linda Gavoni

T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. III, 17 gennaio 2023, n. 167 – Pres. Bignami; Est. Cozzi – CBET (avv. Barra) c. Comune di Magenta (avv. Ferrari), Città metropolitana di Milano (n.c.), Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Lombardia (n.c.) e Ministero dell’Interno (n.c.) e nei confronti di TREN S.p.A. (avv. Moroni e Martino)

L’Amministrazione comunale non può intervenire con uno strumento extra ordinem (nello specifico, l’ordinanza contingibile ed urgente di cui all’art. 50, comma 5 del D.Lgs. n. 267/2000) quando esistono rimedi conseguenti all’esercizio di poteri tipici che l’ordinamento pone per far fronte a situazioni che riguardano la materia dei rifiuti e dell’inquinamento ambientale, a meno che non venga fornita un’adeguata e rigorosa motivazione in ordine ai presupposti che giustificano l’adozione del provvedimento straordinario.

Pertanto, qualora emerga la necessità di messa in sicurezza di un’area con contestuale rimozione e smaltimento di rifiuti, l’ente pubblico territoriale è tenuto ad applicare i rimedi (e le relative procedure/istruttorie procedimentali) di cui agli artt. 242, comma 1 e 245, comma 2 nonché 192, comma 3 e 242, comma 2 del D.Lgs. n. 152/2006.

La sentenza in esame, soffermandosi sulla problematica della rimozione e dello smaltimento dei rifiuti e della bonifica delle aree inquinate, consente di evidenziare da un lato il discrimen operativo tra i diversi poteri di ordinanza spettanti al sindaco (il quale – nelle vesti di organo esecutivo monocratico dell’ente territoriale – è al contempo legittimato ad emanare provvedimenti ordinari e provvedimenti contingibili ed urgenti nei casi individuati dal Legislatore)[i] e, dall’altro, l’obbligo cui la P.A. necessariamente soggiace qualora intenda esercitare poteri atipici pur esistendo strumenti e rimedi specifici previsti dall’ordinamento atti a fronteggiare una situazione di pericolo, come può essere quella derivante dalla presenza su una determinata area di materiale contenente amianto e dal rischio connesso di dispersione nell’ambiente di fibre nocive per la salute umana.

Nello specifico, mediante l’impugnazione dell’ordinanza sindacale che ha disposto la “messa in sicurezza, rimozione, smaltimento rifiuti e MCA (materiali contenenti amianto)” relativamente ad un’area sita nel Comune di Magenta, parte ricorrente ha presentato al G.A. in primis domanda di annullamento, dal momento che gli artt. 192, comma 3 e 242, comma 2 del D.Lgs. n. 152/2006 – dettando specifiche norme in caso di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti nonché di bonifica di aree inquinate – escludono la possibilità, per le PP.AA. di ricorrere al potere extra ordinem proprio delle ordinanze contingibili ed urgenti[ii], potere pertanto da considerarsi illegittimamente esercitato dal Comune e in secundis domanda risarcitoria, per i danni economici subiti a fronte della necessità di dare esecuzione all’ordine illegittimo impartito con il provvedimento impugnato.

Il giudice di prime cure ha accolto il ricorso, ritenendo fondate entrambe le censure evidenziate sulla scorta delle seguenti considerazioni.

Al di là della qualificazione formale del provvedimento impugnato attribuita dall’organo emanante[iii], il G.A. ha anzitutto sottolineato come in materia di rifiuti e di inquinamento ambientale la P.A. possa legittimamente intervenire sia mediante l’esercizio di poteri tipici, sia mediante l’esercizio di poteri atipici, quali sono appunto quelli preordinati all’emanazione delle ordinanze contingibili ed urgenti.

Posto che, tuttavia, in ambito di rimozione e smaltimento di rifiuti il provvedimento applicabile è, di norma, quello previsto dall’art. 192, comma 3 del D.Lgs. n. 152/2006, qualora l’Amministrazione intenda comunque ricorrere ad un provvedimento extra ordinem è necessario che questa fornisca una motivazione adeguata e rigorosa circa “l’inadeguatezza dello strumento ordinario a fronteggiare una situazione di pericolo”. Se ciò non viene fatto, l’àgere amministrativo – anziché conformarvisi – va infatti ad eludere il principio di legalità mediante la fuga dalle forme tipizzate[iv].

Nel caso di specie, non solo gli ordini contenuti nel provvedimento sindacale impugnato discendono dall’esercizio di poteri tipici il cui contenuto è specificamente determinato dalla legge[v] ma l’Amministrazione comunale – ferma restando la possibilità di intervento mediante la strumentazione emergenziale avente carattere eccezionale – si è mostrata inadempiente circa l’obbligo motivazionale che avrebbe giustificato il ricorso al provvedimento straordinario. Secondo il Collegio, infatti, “nonostante l’indubbia gravità della situazione della quale si è dato puntualmente conto nella motivazione del provvedimento [impugnato], è del tutto indimostrata, ed anzi è inverosimile, l’inadeguatezza degli ordinari poteri previsti dalle norme contenute nel d.lgs. n. 152 del 2006[vi].

Le disposizioni normative di cui agli artt. 192, comma 3 e 242, comma 2 del D.Lgs. n. 152/2006 risultano, pertanto, eluse mediante l’impiego illegittimo dello strumento atipico: l’Amministrazione comunale avrebbe, infatti, dovuto svolgere adeguate istruttorie procedimentali prima di ordinare al proprietario dell’area interessata di provvedere allo smaltimento dei rifiuti e alla presentazione dell’indagine preliminare volta ad appurare la sussistenza di un’eventuale situazione di inquinamento, evitando di prescindere da qualsivoglia accertamento in ordine alla sua effettiva responsabilità.

Infine, con specifico riferimento all’accoglimento dell’istanza risarcitoria di parte ricorrente, il G.A. ha ritenuto sussistente sia il requisito soggettivo della colpa (art. 2043 c.c.) in capo all’Amministrazione comunale alla luce delle argomentazioni suesposte, sia il nesso di causalità tra i danni subiti e la circostanza giuridico-fattuale scatenante[vii].

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Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

TAR Lombardia 167-2023

NOTE:

[i] Nell’ambito delle ordinanze contingibili e urgenti, vanno, infatti, distinti i provvedimenti emanabili dal sindaco quale Ufficiale del Governo e quelli emanabili nella sua qualità di Capo dell’amministrazione. Con riferimento alla prima ipotesi, il D.Lgs. n. 267/2000 (T.U.E.L.) individua due distinte fattispecie: quella contemplata dall’art. 54, comma 4, T.U.E.L. preordinata ad eliminare “gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana” e quella prevista dall’art. 54, comma, 6, T.U.E.L. concernente principalmente le materie dell’inquinamento atmosferico o acustico. Riguardo invece la seconda ipotesi (in base alla quale il sindaco agisce quale rappresentante della comunità locale), la fattispecie di riferimento è quella di cui all’art. 50, comma 5, T.U.E.L. avente quale presupposto fattuale una situazione di emergenza sanitaria o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale.

[ii] Ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 3 ottobre 2022, n. 6119. Come noto, le ordinanze contingibili ed urgenti non afferiscono a poteri di attuazione di prescrizioni contenute in leggi e/o regolamenti, essendo infatti preordinate a colmare le lacune dell’ordinamento in determinate materie (igiene pubblica, emergenze sanitarie, incolumità pubblica e sicurezza urbana, etc.), consentendo in tal modo al sindaco di adottare misure eccezionali per far fronte a situazioni imprevedibili e accidentali che possono concretare una minaccia immediata per la collettività. Quanto ai presupposti e agli elementi costitutivi di questa particolare tipologia di provvedimento amministrativo, giova ricordare (i) la competenza esclusiva del sindaco ad adottare tale atto (l’unica deroga ammessa è quella che prevede la surroga del sindaco, in ipotesi tipizzate, da parte dell’organo chiamato a farne le veci, ovverosia il vicesindaco); (ii) il contenuto liberamente modulabile e (iii) il carattere temporaneo e l’efficacia limitata nel tempo (se lo scopo perseguito attraverso l’ordinanza contingibile ed urgente dovesse eccedere la portata di un intervento temporaneo, questa sarebbe da considerarsi illegittima, poiché viziata da eccesso di potere). Peraltro, anche con riferimento alle ordinanze di rimozione dei rifiuti e di bonifica di siti inquinati il Legislatore prevede che tali provvedimenti debbano necessariamente essere emanati dal sindaco: sul punto vedasi T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 27 gennaio 2018, n. 600 e A. L. DE CESARIS e M. G. MARRONE, Sulla competenza del dirigente ad adottare l’ordinanza di rimozione dei rifiuti, in questa Rivista, 2022, 32.

[iii] L’Amministrazione resistente, nonostante l’ordinanza impugnata menzionasse al suo interno riferimenti normativi connessi sia a misure emergenziali (art. 50 T.U.E.L.) che a misure ordinarie atte a fronteggiare il fenomeno dell’abbandono e deposito incontrollato di rifiuti e dell’inquinamento ambientale (artt. 192, 255 e 256 del D.Lgs. n. 152/2006), ha qualificato l’atto come ordinanza contingibile ed urgente, sulla scorta del rilievo secondo cui la natura del provvedimento va determinata avendo riguardo al suo contenuto sostanziale.

[iv] Sul punto, vedasi anche T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 5 dicembre 2022, n. 7575.

[v] Come evidenziato dai giudici di prime cure, per fronteggiare situazioni di pericolo per la salute e la sicurezza pubblica venutesi a creare a seguito dell’abbandono di rifiuti (tra l’altro, secondo la giurisprudenza citata – ex multis T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 17 novembre 2020, n. 2516 – anche il MCA abbandonato da terzi è da considerarsi rifiuto), il Legislatore individua misure specifiche di carattere urgente ricavabili dal combinato disposto di cui agli artt. 240, comma 1, lett. i), 242, comma 1 e 245, comma 2 del D.Lgs. n. 152/2006 (“il responsabile dell’inquinamento o il proprietario dell’area, anche se non responsabile a titolo di dolo o colpa, al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare un sito e che abbia creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente, sono tenuti ad attuare immediatamente le misure di prevenzione necessarie per contrastare tale evento al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi della minaccia”). Al contempo, per contrastare i fenomeni di degrado ambientale, gli artt. 192, comma 3 e 242, comma 2 del D.Lgs. n. 152/2006 prevedono specifici obblighi di facere in capo al soggetto responsabile dell’abbandono rifiuti e/o dell’inquinamento di una determinata area.

[vi] Il medesimo principio è ribadito anche in T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 7 ottobre 2020, n. 1810, il quale a sua volta rinvia ex multis a T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, Sez. II, 14 dicembre 2017, n. 831 e T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 24 luglio 2013, n. 1527. Sulla pronuncia del Collegio lombardo vedasi anche A. L. DE CESARIS e E. SERRA, Ordinanze contingibili e urgenti e bonifica dei siti inquinati, in questa Rivista, 2020, 16. Per completezza, si segnala anche il seguente contributo: http://dirittoambiente.net/file/danno_ambientale_bonifiche_articoli_19.pdf

[vii] Va detto, peraltro, che se l’ordinanza illegittima non fosse stata impartita e non fosse stato individuato un soggetto responsabile del/dei fenomeno/i contestato/i, “le spese di rimozione dei rifiuti e di eventuale bonifica dell’area avrebbero dovuto essere sostenute dall’Amministrazione resistente, la quale […] avrebbe dovuto intervenire d’ufficio, salvo, per le spese di bonifica, l’eventuale compartecipazione del proprietario nei limiti sanciti dall’art. 253 del […] d.lgs. n. 152 del 2006”.