Trasporto illecito di rifiuti: la “non occasionalità” della condotta secondo la Corte di cassazione

01 Giu 2024 | giurisprudenza, penale

Cassazione Penale, Sez. III – 11 ottobre 2023 (dep. 2 novembre 2023), n. 44014

Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 256, comma primo D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, trattandosi di illecito istantaneo, è sufficiente anche una sola condotta integrante una delle ipotesi alternative previste dalla norma, purché costituisca un’attività di gestione di rifiuti e non sia assolutamente occasionale. Il carattere non occasionale della condotta di trasporto illecito di rifiuti può essere desunto anche da indici sintomatici, quali la provenienza del rifiuto da una attività imprenditoriale esercitata da chi effettua o dispone l’abusiva gestione, la eterogeneità dei rifiuti gestiti, la loro quantità, le caratteristiche del rifiuto indicative di precedenti attività preliminari di prelievo, raggruppamento, cernita, deposito, dall’utilizzo di mezzi indicativi di professionalità e stabilità nell’esercizio di tale attività.

1. Premessa

Con la sentenza in commento, la Suprema Corte è tornata nuovamente sulla fattispecie di trasporto illecito di rifiuti di cui all’art. 256, comma 1 D.Lgs. 152/2006 (di seguito, breviter, “T.U.A.”), ripercorrendo i connotati che devono caratterizzare la condotta del reo, affinché si possa ricadere nell’ambito applicativo di tale disposizione normativa.

La pronuncia – soffermatasi, peraltro, molto sinteticamente sul tema oggetto di ricorso – si è posta perfettamente nel solco del più recente e, ormai, consolidato orientamento giurisprudenziale sviluppatosi in materia, secondo cui la contravvenzione in parola, pur potendo essere integrata da “una sola condotta” ricadente in una delle ipotesi alternative previste, richiede, però, “il carattere non occasionale” della predetta.

2. Il caso oggetto della decisione e i motivi di ricorso

Il caso oggetto di scrutinio trae origine dal ricorso per cassazione presentato da F. Borrelli avverso la sentenza con cui, il 22 marzo 2023, il Tribunale di Torre Annunziata lo aveva condannato per i reati di cui all’art. 256, comma 1 T.U.A. e 651 c.p.

In particolare, il predetto era stato fermato il 20 settembre 2018 mentre, privo della necessaria autorizzazione, era intento a trasportare, all’interno del proprio autoveicolo, un ingente quantitativo di rifiuti non pericolosi; richiesto dalla Polizia di Torre Annunziata di fornire le proprie generalità, si era poi rifiutato di dichiararle.

In esito al giudizio, il veicolo utilizzato e i rifiuti trasportati erano stati sottoposti a confisca.

Nell’unico motivo di impugnazione, formulato in relazione al reato di trasporto illecito di rifiuti ex art. 256, comma 1 T.U.A., l’imputato chiedeva l’annullamento della sentenza di primo grado, lamentando come il Giudice di Prime Cure avesse erroneamente ricondotto la condotta da lui tenuta alla predetta contravvenzione.

A suo dire, infatti, in ragione della natura dei rifiuti trasportati, di origine domestica e, quindi, chiaramente afferenti ad un’attività del tutto occasionale e non imprenditoriale, nonché della strumentalità del trasporto all’abbandono incontrollato di tali scarti, il Tribunale avrebbe dovuto correttamente ricondurre la condotta da lui posta in essere all’illecito amministrativo di cui all’art. 255, comma 1 T.U.A., conseguentemente assolvendolo per il reato in contestazione.

In esito al giudizio di legittimità, la Corte di cassazione – aderendo alle conclusioni del Procuratore Generale – ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dall’imputato.

A parere del Collegio, infatti, il ricorrente si era limitato a contestare la qualificazione giuridica – non manifestamente illogica e, quindi, non sindacabile in sede di legittimità – attribuita alla sua condotta dal Tribunale di Torre Annunziata, che, sulla scorta della valutazione degli elementi emersi nel caso concreto, aveva implicitamente ritenuto non occasionale il contegno da lui tenuto.

Sul punto, la Corte, uniformandosi ai propri precedenti, ha ribadito come, contrariamente a quanto affermato dall’imputato, la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 256, comma 1 T.U.A. non richieda la professionalità della condotta, essendo, invece, sufficiente che l’attività di trasporto si connoti come non occasionale.

Ai fini di tale valutazione, il giudice di merito deve rifarsi ad una serie di indici, elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, il cui ricorrere (anche solo in parte) rende l’attività suscettibile di configurare la contravvenzione in parola.

Nel caso oggetto di giudizio, gli indici della non occasionalità del trasporto erano stati ravvisati dal giudice di prime cure nella quantità dei rifiuti – rinvenuti non solo nell’abitacolo, ma anche nel cofano del veicolo – e nella loro eterogeneità – alcuni erano scarti ferrosi – tali da far ritenere che il trasporto fosse stato preceduto da un’attività di prelievo e raggruppamento.

Quanto alla possibilità di ricondurre la condotta posta in essere dall’imputato all’illecito amministrativo di abbandono incontrollato di rifiuti di cui all’art. 255, comma 1 T.U.A., la Corte ha rigettato anche tale rilievo, sottolineando – per vero, in contraddizione rispetto a quanto poco prima addotto a sostegno della natura di “rifiuto” dei materiali trasportati dal prevenuto – come, nel caso in esame, non fossero emersi, né stati portati dal ricorrente, elementi a sostegno della strumentalità del trasporto all’abbandono, elemento che, secondo il Collegio, avrebbe, invece, aperto all’assorbimento nella condotta dell’art. 256, comma 1 T.U.A. all’interno di quella della disposizione normativa precedente.

3. L’art. 256, comma 1 T.U.A., nei suoi rapporti con le contigue fattispecie di cui all’art. 256 comma, 2 T.U.A. e all’art. 255, comma 1 T.U.A.

L’art. 256, comma 1 T.U.A. è una fattispecie contravvenzionale che sanziona chiunque, sprovvisto delle autorizzazioni, iscrizioni o comunicazioni normativamente previste, pone in essere, alternativamente, una delle condotte di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti.

Quanto alla natura della disposizione normativa in parola, ci si è inizialmente interrogati sulla sua caratterizzazione come reato proprio o comune.

A sostegno della prima qualificazione (a dispetto della – non sempre indicativa – dizione di apertura “chiunque”), secondo alcuni[i], giocherebbe, il riferimento nella lettera della fattispecie incriminatrice, alle autorizzazioni, iscrizioni e comunicazioni di cui agli artt. 208 – 216 T.U.A., indicative del fatto che a poter commettere la condotta tipica sarebbero solo i soggetti che, svolgendo l’attività di gestione dei rifiuti in forma imprenditoriale, sono sottoposti al controllo della Pubblica Amministrazione e obbligati a dotarsi dei necessari titoli abilitativi.

In linea con tale impostazione, ai fini dell’integrazione della contravvenzione in parola, sarebbe, quindi, necessario ravvisare, nell’attività di gestione posta in essere in concreto, quei requisiti di organizzazione e professionalità propri dell’attività dell’imprenditore. In caso contrario, si resterebbe al di fuori dal perimetro applicativo dell’art. 256, comma 1 T.U.A., ricadendosi – invece – nella fattispecie di deposito incontrollato di rifiuti di cui all’art. 255 T.U.A., in cui la condotta di trasporto resterebbe assorbita[ii].

Tale impostazione non ha, tuttavia, trovato seguito nella giurisprudenza di legittimità, che riconduce la gestione non autorizzata di rifiuti alla categoria dei reati comuni.

A dimostrazione di ciò, evidenzia la giurisprudenza, l’utilizzo del pronome “chiunque” imporrebbe di attribuire rilievo, quali soggetti attivi della condotta tipica dell’art. 256, comma 1 T.U.A., non solo al “commerciante”, all’“intermediario” e al “produttore del prodotto”, bensì anche al “produttore dei rifiuti” e al “detentore” dello stesso, soggetti – questi ultimi – che, in virtù della stessa norma definitoria generale dell’art. 183 T.U.A., sono privi di qualsivoglia connotato di imprenditorialità o professionalità.

Ai fini della configurabilità della contravvenzione in parola, non viene, infatti, attribuito alcun rilievo alla qualifica personale dell’agente, ma esclusivamente all’attività da lui concretamente posta in essere, la quale può essere svolta anche di fatto, in modo secondario o consequenziale all’esercizio di un’attività primaria differente che richieda, per la sua esecuzione, uno dei titoli abilitativi previsti dalla norma stessa[iii].

Ciò che ne deriva è evidente: i requisiti della “professionalità” e “organizzazione imprenditoriale”, non espressamente previsti da tale disposizione normativa – e che, invece, connotano la fattispecie di cui al successivo comma 2[iv] – non varrebbero a caratterizzare e circoscrivere in alcun modo il perimetro applicativo dell’art. 256, comma 1 T.U.A.[v], risultando ad esso del tutto estranei.

Trattandosi di reato istantaneo, è, poi, stato più volte chiarito che il trasporto non autorizzato di rifiuti può perfezionarsi anche con la realizzazione di un solo contegno tipico, integrante una delle ipotesi alternative previste dalla norma[vi].

Ciò, tuttavia, secondo la giurisprudenza più recente, con la precisazione che, ai fini della configurabilità della norma in esame, la condotta tenuta dall’agente non deve, comunque, atteggiarsi come assolutamente occasionale[vii] ed estemporanea, dovendo lasciar trapelare una minimale organizzazione dell’attività[viii].

Quanto alla distinzione tra l’art. 256, comma 1 T.U.A. e l’art. 255, comma 1 T.U.A., citato dal ricorrente come disposizione normativa correttamente applicabile, nel caso di specie, in luogo della precedente, l’elemento distintivo tra le due fattispecie – in presenza di trasporto, poi, seguito dall’abbandono dei rifiuti – è segnato dal concreto atteggiarsi di tale attività.

Se, dagli elementi raccolti nel caso di specie, emerge l’occasionalità della movimentazione dei rifiuti, e la sua esclusiva finalizzazione e strumentalità al loro abbandono, si ricade nell’ambito applicativo dell’art. 255, comma 1 T.U.A. – fattispecie che, peraltro, ha recentemente conosciuto la trasformazione da illecito amministrativo a contravvenzione[ix], oggi punita con la pena da 1.000,00 a 10.000,00 euro, in caso di rifiuti non pericolosi, e da 2.000,00 a 20.000,00 euro, in caso di rifiuti pericolosi.

In tale ipotesi, infatti, il trasporto isolato del rifiuto sul luogo di abbandono non assume i caratteri di una vera e propria “attività”, come indicato dall’art. 256, comma 1 T.U.A., finendo, invece, per costituire solo una fase preliminare e prodromica alla condotta principale di abbandono, all’interno della quale rimane, dunque, assorbito, non assurgendo a condotta dotata di autonoma rilevanza penale[x]

In altre parole, a fronte di un occasionale abbandono incontrollato di rifiuti, la cui esecuzione abbia richiesto un trasporto del tutto preparatorio a disfarsi di tali materiali e privo di un’autonoma “essenza” e finalizzazione, l’art. 256, comma 1 T.U.A. si trova a cedere il passo all’art. 255, comma 1 T.U.A.

4. La Corte di cassazione sulla nozione di “occasionalità” della condotta di cui all’art. 256, comma 1 T.U.A.

La sentenza in commento ruota attorno ai connotati che la condotta posta in essere dall’agente nel caso di specie deve presentare ai fini della configurabilità dell’art. 256, comma 1 T.U.A.

Si è già detto che tale fattispecie costituisce un reato istantaneo, integrato anche da un singolo trasporto. L’unicità dell’attività di gestione non deve, però, oggi essere confusa con la sua “occasionalità”.

Secondo un orientamento giurisprudenziale ormai risalente, in realtà, tali concetti risultavano sostanzialmente sovrapponibili: qualunque condotta di gestione, anche posta in essere una tantum, era suscettibile di rientrare nel perimetro applicativo dell’art. 256, comma 1 T.U.A.[xi].

Tale impostazione, tuttavia, finiva per generare delle incoerenze applicative, rendendo, in primo luogo, complesso per l’interprete, a fronte di un unico contegno di trasporto, individuare univocamente il discrimen tra la fattispecie in parola e quella di cui all’art. 255 T.U.A., con remissione della soluzione nel singolo caso alla sua discrezionalità e sostanziale inoperatività della seconda fattispecie.

Tale orientamento è, poi, stato superato dalla giurisprudenza successiva, che, come anticipato, ha chiarito che la condotta dell’agente, per qualificarsi come “gestione non autorizzata” ex art. 256, comma 1 T.U.A., può sì estrinsecarsi in un singolo atto, ma tale agito deve necessariamente lasciar intendere una non occasionalità e una minima organizzazione dell’attività da parte dell’agente[xii].

Diversi gli indici sintomatici, elaborati in sede applicativa, da sottoporre a scrutinio per verificare se, nel caso concreto, la condotta possa effettivamente ritenersi “non occasionale”: il dato ponderale dei rifiuti oggetto di gestione, la loro natura e composizione, indicative di precedenti attività preliminari di prelievo, raggruppamento, cernita, deposito, l’eventuale eterogeneità, la necessità di un veicolo adeguato e funzionale allo svolgimento del trasporto, il numero dei soggetti coinvolti, nonché la provenienza dei rifiuti da una attività imprenditoriale esercitata dall’agente[xiii]. E, infatti, pur non ergendosi ad elemento costitutivo della fattispecie, l’eventuale professionalità dell’attività di gestione è certamente indicativa della “non occasionalità” della stessa.

Ponendosi appieno nel solco dell’attuale orientamento, la sentenza in esame ha sottolineato come il Tribunale avesse correttamente fatto uso dei suddetti indici e, in ragione della quantità e dell’eterogeneità dei rifiuti trasportati dal ricorrente (oggetti di vario genere trasportati nell’autoveicolo del ricorrente, sia nel vano anteriore, sia in quello posteriore, sia nel cofano”), condivisibilmente ricondotto la condotta realizzata dall’imputato alla fattispecie di cui all’art. 256, comma 1 T.U.A.

5. Considerazioni conclusive

Niente di nuovo sotto il sole, nella pronuncia in commento, in tema di necessaria “non occasionalità” della condotta di gestione abusiva di rifiuti e modalità di accertamento della stessa.

La giurisprudenza sul punto risulta, invero, ormai costante e gli indici sintomatici di tale carattere ricorrono nelle diverse sentenze.

Esaminando tali connotati, peraltro, è interessante notare come, ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 256, comma 1 T.U.A., la giurisprudenza abbia finito per dare risalto ad una serie di condotte preparatorie (prelievo, raggruppamento, cernita, deposito, utilizzo di mezzi indicativi della stabilità dell’attività) che, forse, superano la richiesta “non occasionalità” della condotta.

In ogni caso, una volta cristallizzati gli indicatori di tale requisito, la valutazione circa il loro effettivo ricorrere è rimessa ai Giudici di merito, chiamati a scandagliare i fatti di volta in volta portati alla loro attenzione alla ricerca di tali elementi.

Tale attività deve essere attentamente condotta dal giudicante, per scongiurare il rischio che i caratteri sopra enucleati vengano, nei fatti, svuotati del loro contenuto e resi oggetto di un’indagine meramente formale. Basti pensare, ad esempio, al dato della quantità e dell’eterogeneità dei rifiuti: se è vero che tale profilo può essere sintomatico – a certe condizioni – di una condotta non occasionale, non è, tuttavia, necessariamente indicativo di ciò.

Come sempre accade, quanto più il disvalore di una fattispecie è colorato da elementi assoggettati ad una valutazione discrezionale del giudice, tanto più quest’ultimo si trova a giocare un ruolo fondamentale nella concreta applicazione delle fattispecie incriminatrice.

Per il testo della sentenza cliccare sul pdf allegato.

NOTE:

[i] Di tale orientamento, di matrice dottrinale, danno atto – pur discostandosene – Cass. pen., Sez. III, 11 febbraio 2016, n. 5716, nonché Cass. pen., Sez. III, 29 febbraio 2016, n. 8193.

[ii] Cfr. supra, nota 1.

[iii] In tal senso, per tutte: Cass. pen., Sez. III, 14 luglio 2016, n. 29975; Cass. pen., Sez. III, 7 giugno 2019, n. 25314; Cass pen., Sez. III, 8 febbraio 2021, n. 4770.

[iv] L’art. 256, comma 2 T.U.A., prevede infatti, espressamente che “Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all’articolo 192, commi 1 e 2”.

In altre parole, tale disposizione presuppone che l’abbandono o il deposito incontrollato di rifiuti sia realizzato da titolari di imprese e da responsabili di enti.

Proprio la qualifica soggettiva dell’agente costituisce, peraltro, l’elemento specializzante di tale fattispecie contravvenzionale – che si atteggia, dunque, a reato proprio – rispetto a quella di cui all’art. 255, comma 1 T.U.A.: tale ultima disposizione trova, infatti, applicazione, quando a commettere la condotta siano soggetti attivi che non ricoprono suddetti ruoli (per tutte, Cass. pen., Sez. III 15 maggio 2020, n. 15234, 31 luglio 2023, n. 33423). La ratio del diverso trattamento riservato alla medesima condotta, in base all’autore della violazione, deve essere ravvisata nella presunzione di minore incidenza sull’ambiente dell’abbandono posto in essere da soggetti che non svolgono attività imprenditoriale o di gestione di enti (così, Cass. pen, Sez. III, 14 aprile 2021, n. 13817).

[v] Così Cass. pen., Sez. III, 17 gennaio 2012, n. 5031, Cass. pen., Sez. III, 11 febbraio 2016, n. 5716, nonché Cass. pen., Sez. III, 29 febbraio 2016, n. 8193.

[vi] In tal senso, si vedano Cass. pen., Sez. III, 8 giugno 2010, n. 21665; Cass. pen., Sez. III, 16 giugno 2011, n. 24428; Cass. pen., Sez. III, 11 novembre 2013, n. 45306; Cass. pen., Sez. III, 2 marzo 2015, n. 8979.

[vii] Così, per tutte, Cass. pen., Sez. III, 29 febbraio 2016, n. 8193; Cass. pen., Sez. III, 14 luglio 2016, 29975; Cass. pen., 7 giugno 2019, n. 25314.

[viii] In tal senso, Cass. pen., Sez. III, 11 febbraio 2016, n. 5716; Cass. pen., Sez. III, 25 luglio 2017, n. 36819; Cass pen., Sez. III, 8 febbraio 2021, n. 4770.

[ix] Ad opera della L. 9 ottobre 2023, n. 137, di conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 10 agosto 2023, n. 105.

[x] In tal senso, per tutte, Cass. pen., Sez. III, 17 febbraio 2021, n. 6149 e Cass. pen., Sez. III, 6 ottobre 2014, n. 41352. Quest’ultima sentenza, in motivazione, precisa che è vero che la giurisprudenza di questa Corte, richiamata dalla sentenza impugnata, afferma che il reato di trasporto non autorizzato di rifiuti di cui all’art. 256, comma 1, si può configurare anche in presenza di una condotta occasionale, ma è anche vero che le massime citate si riferiscono tutte a soggetti che in realtà svolgevano una “attività di trasporto” (anche se non di rifiuti) o una attività di impresa nella quale erano stati prodotti i rifiuti trasportati o comunque a soggetti che avevano compiuto un trasporto per conto di terzi. In altri termini, sembra che in detti casi l’occasionalità sia stata ritenuta irrilevante proprio perchè si trattava comunque di condotta tenuta nell’ambito di una “attività di trasporto”, e comunque non di un trasporto occasionale e finalizzato esclusivamente all’abbandono di un proprio rifiuto”.

[xi] Si veda, supra, nota 6.

[xii] Cfr. supra, note 7 e 8.

[xiii] Cfr. Cass pen., Sez. III, 8 febbraio 2021, n. 4770. Nello stesso senso, ex multis, Cass. pen., Sez. III, 29 febbraio 2016, n. 8193; Cass. pen., Sez. III, 11 febbraio 2016, n. 5716; Cass. Pen., Sez. III, 25 luglio 2017, n. 36819; Cass. pen., Sez. III, 6 novembre 2018, n. 2575.

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