di Eleonora Gregori Ferri
Consiglio di Stato, Sez. IV, 8 settembre 2022, n. 7839 – Pres. Poli, Est. Rotondo – E. S.r.l. (avv. Izzo) c. Regione Calabria (avv. Marafioti) e al., e n.c.d. Comune di Sant’Onofrio e ATO Vibo Valentia, n.c. in giudizio.
[conferma T.A.R. Calabria, Sez. I, 31 gennaio 2022, n. 134]
In materia di localizzazione di nuovi impianti di discarica, i criteri dettati dal piano regionale di gestione dei rifiuti prevalgono, in applicazione del principio di specialità, sulle disposizioni contenute nel piano paesaggistico regionale.
È legittima, nell’ambito del piano regionale di gestione dei rifiuti, la diversità di trattamento fra impianti pubblici e impianti privati, in quanto rientra nella discrezionalità amministrativa della regione il potere di scegliere se e quali impianti (pubblici o privati) localizzare in aree a forte impatto ambientale, finanche limitandone la previsione ai soli impianti pubblici, il cui scopo è quello di assicurare lo svolgimento di un servizio essenziale, diversamente dagli impianti privati che mirano esclusivamente al profitto.
Oggetto della sentenza in commento è il provvedimento con il quale la Regione Calabria ha dichiarato improcedibile e ha archiviato una istanza di rilascio di una autorizzazione unica in materia di VIA[i], presentata da una società per la realizzazione di una discarica privata.
La Regione ha addotto a fondamento della propria decisione la sussistenza sull’area d’interesse di un vincolo di tutela delle aree boscate istituito dal piano paesaggistico regionale (denominato “Quadro Territoriale Regionale Paesaggistico” o “QTRP”), nonché il divieto, disposto dal piano regionale di gestione dei rifiuti (cd. “PRGR”), di localizzare nuovi impianti di discarica privata in zone boschive.
Divieto che, ai sensi del piano paesaggistico, sarebbe derogabile per la realizzazione di opere infrastrutturali pubbliche e di pubblica utilità, fra le quali, però, secondo la Regione, non rientrerebbe l’impianto proposto dalla società. Ciò in quanto, ha sostenuto la Regione, la pubblica utilità di un’opera non risiederebbe nella tipologia dell’intervento proposto, bensì sarebbe conseguenza dell’esito della valutazione discrezionale dell’ente nell’ambito del procedimento per il rilascio della relativa autorizzazione.
Impugnato innanzi il TAR Calabria il provvedimento di archiviazione disposto dalla Regione, la società si era difesa in primo grado affermando, innanzitutto, l’illegittimità del PRGR per contrasto con il piano paesaggistico – in particolare nella parte in cui il primo preclude, senza derogabilità e dunque con una norma più restrittiva di quella prevista dal secondo, la localizzazione di discariche private in aree boschive – nonché contestando l’interpretazione regionale della nozione di ‘opera di pubblica utilità’.
Il TAR aveva respinto il ricorso, spiegando che “seppur è vero in termini generali, (…) che la gestione dei rifiuti sia di pubblico interesse (…), che la pubblica utilità di un’opera prescinda dal fatto che essa sia realizzata su iniziativa pubblica o privata e che, una volta autorizzate, le discariche divengano opere di pubblica utilità”, in presenza di zone con aree boschive, il PRGR contiene “una norma restrittiva prevalente per specialità che preclude senza derogabilità impianti di discarica privata”. Di talché, secondo il giudice di primo grado, legittimamente la Regione, nell’esercizio del potere di pianificazione che le compete, aveva archiviato l’istanza della società, non sussistendo le condizioni per autorizzare, nell’area individuata dall’allora ricorrente, la realizzazione dell’impianto.
Il giudizio avanti il Consiglio di Stato vede riproposto, come tema principale, il rapporto esistente tra il piano paesaggistico regionale e il PRGR e, conseguentemente, la questione di un eventuale contrasto tra le discipline dettate dai due strumenti di pianificazione.
Tuttavia, anche il giudice di secondo grado, condividendo la ricostruzione operata dal TAR, ribadisce l’assenza di contraddizioni tra i due piani, posto che: “Il piano regionale dei rifiuti contiene una norma restrittiva che prevale, per specialità, sul QRTP [ossia il piano paesaggistico] laddove preclude, senza derogabilità, la localizzazione degli impianti di discarica privata in zone con aree boschive. Affermare il contrario, ovvero ritenere che il PRGR [il piano di gestione dei rifiuti], in quanto orientato a prevedere la realizzazione di impianti di trattamento dei rifiuti, possa (o debba) disinteressarsi dell’uso del territorio appare illogico, in quanto tali impianti necessariamente vi impattano, incidendo sul relativo uso e sulla sua razionale utilizzazione, ciò che postula, in ragione anche della disponibilità limitata della relativa risorsa, una visione organica e complessiva del bene in funzione di una localizzazione coerente e razionale degli impianti”[ii]. Ciò, in linea con quanto previsto nel codice dell’ambiente (cfr. artt. 177-179 del d.lgs. n. 152/2006), “secondo cui l’attività di gestione dei rifiuti non può essere svolta in danno dell’ambiente, della salute, del paesaggio, della tutela di siti di particolare interesse, né deve produrre, a fortiori, inquinamento”[iii].
Ne deriva che, rispetto alle disposizioni del piano paesaggistico, “assume preminenza il criterio localizzativo degli impianti di rifiuti, e con esso il PRGR; ancor più, se si tratta di discariche le quali, per la loro capacità inquinante, richiedono (…) una attenta valutazione del progetto e della sua localizzazione (…), che sconta un giudizio di compatibilità con l’interesse pubblico coinvolto”, il cui eventuale esito positivo è attestato dal rilascio dell’autorizzazione, che valuta e si esprime altresì in merito alla pubblica utilità dell’opera[iv].
Pertanto, la dichiarazione di pubblica utilità non può prescindere da un “apprezzamento positivo, in termini di idoneità localizzativa, dell’impianto sul territorio” [v].
In altri termini, “perché l’opera acquisti definitivamente i caratteri della pubblica utilità (…) occorre un previo giudizio di compatibilità che implica una coerente comparazione dei diversi interessi coinvolti (…) Così stando le cose, la pianificazione regionale (quanto alla gestione dei rifiuti) risponde a una esigenza di equilibrato sviluppo territoriale; l’imposizione di specifici “vincoli inibitori” assolve, coerentemente a tale esigenza, all’indeclinabile bisogno di impedire l’utilizzo di aree potenzialmente non idonee. Ben può, pertanto, il PRGR disporre sulla localizzazione di siffatte opere, in ragione degli interessi coinvolti (che in quella sede trovano la sintesi) nonché della visione organica e complessiva che tale pianificazione richiede su vasta scala regionale”[vi].
Il Consiglio di Stato si è inoltre espresso anche in merito alla ragionevolezza della diversità di trattamento fra impianti pubblici e impianti privati nell’ambito degli strumenti di pianificazione regionale. Diversità motivata dalla circostanza che gli impianti privati, a differenza di quelli pubblici “mirano al profitto, e non a garantire (esclusivamente) lo svolgimento di un servizio essenziale. Ragion per cui, rientra nella discrezionalità amministrativa pianificare la localizzazione di impianti del genere in aree a forte impatto ambientale, limitandone la previsione ai soli impianti pubblici, il cui scopo è quello di assicurare unicamente lo svolgimento del servizio essenziale” [vii].
In definitiva, quindi, il Consiglio di Stato ha respinto l’appello della società, dichiarandolo infondato, e ha confermato la sentenza di primo grado.
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RGA Online_Dicembre 2022_CdS_7839_2022_
Per il testo della sentenza cliccare sul pdf allegato (estratto dal sito di Giustizia Amministrativa).
NOTE:
[i] Art. 27-bis del d.lgs. n. 152/2006.
[ii] Paragrafo 12.1 della sentenza in commento.
[iii] Ibid.
[iv] Paragrafo 12.3 della sentenza in commento.
[v] Paragrafo 13.1 della sentenza in commento.
[vi] Paragrafi 13.4 -13.56 della sentenza in commento.
[vii] Paragrafo 17.1 della sentenza in commento.