Sugli obblighi del proprietario incolpevole

02 Mag 2023 | giurisprudenza, amministrativo

di Ada Lucia De Cesaris

Consiglio di Stato, Sez. IV, 2 febbraio 2023, n.1147 – Pres. Vincenzo Neri, Est. Rotondo – Omissis S.r.l. – (Avv.ti Bassi, Bucello, Tanferna e Viola), Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero dello sviluppo economico, Ministero della salute – (Avvocatura generale dello Stato), Regione Lombardia e altri (n.c.).

Ai sensi dell’art.245 del D.Lgs. 152/2006 il proprietario incolpevole è tenuto ad attuare esclusivamente le misure di prevenzione, essendo tutti gli interventi di bonifica e rispristino in carico al responsabile della contaminazione. Cionondimeno, in alcuni casi, le misure di messa in sicurezza di emergenza possono esse equiparate alle misure di prevenzione e, quindi, legittimamente imposte anche al proprietario incolpevole.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza in commento, ritorna sugli obblighi del proprietario incolpevole di un’area contaminata, affrontando, in particolare, il tema della individuazione delle misure di prevenzione e, quindi, del confine tra queste e gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza.

L’appello è stato promosso da una Società nei confronti della quale, in precedenti e separati giudizi, aventi ad oggetto le responsabilità connesse alla contaminazione di un sito di interesse nazionale, sia il T.A.R. Lombardia, sia il Consiglio di Stato avevano accertato che la stessa non era tenuta a realizzare la bonifica dell’area di sua proprietà, in quanto non responsabile della contaminazione e quindi proprietaria incolpevole.

Cionondimeno, la Società viene nuovamente coinvolta nel procedimento di bonifica, nell’ambito della Conferenza di Servizi, coordinata dal Ministero dell’Ambiente, che la ritiene obbligata, ancorché proprietaria incolpevole, a porre in essere alcune misure di prevenzione.

A seguito dell’impugnazione di questo ulteriore provvedimento – a fronte della contestazione della Società secondo cui le misure imposte si qualificherebbero come misure di messa in sicurezza di emergenza e non di mera prevenzione – il T.A.R. Lombardia dichiara legittima la disposizione della Conferenza di Servizi, ritenendo che nel caso in esame le misure richieste abbiano l’evidente natura di prevenzione di cui all’art. 240, comma 1, lettera i) del D.Lgs. 152/2006, cioè quegli interventi volti a “contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia”.

Il giudice di primo grado, adeguandosi a una giurisprudenza amministrativa ormai piuttosto consolidata, non reputa quindi rilevante il fatto che alcune misure possano essere identificate come “messa in sicurezza di emergenza” ai sensi dell’art. 240, comma 1, lettera m) del D.Lgs. 152/2006, reputando che debba essere valutata non tanto la tipologia della misura, quanto l’obiettivo e la funzione che la stessa è volta a raggiungere.

Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato conferma la pronuncia di primo grado, affermando che non è possibile escludere in via di principio che alcuni interventi, ancorché annoverabili tra le misure di messa in sicurezza d’emergenza, volti a porre rimedio a quelle condizioni di emergenza di cui all’art. 240, comma 1, lettera t) del D.Lgs. 152/2006, siano necessari proprio a fini preventivi e quindi, in alcune ipotesi, la loro realizzazione può legittimamente essere imposta al proprietario incolpevole.

D’altra parte, l’art. 240, comma 1, lettera m) del D.Lgs. 152/2006, sopra citato, definisce misure di messa in sicurezza d’emergenza “ogni intervento immediato o a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di emergenza […] in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente”.

Secondo i giudici amministrativi, quindi, ciò che rileva con riferimento agli obblighi del proprietario incolpevole è porre in essere l’attività di prevenzione, anche qualora ciò sia possibile solo attraverso interventi tipici della messa in sicurezza di emergenza.

Vero è che recentemente le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella sentenza 1 febbraio 2023, n. 3077, hanno affermato che, ai sensi della normativa vigente, il proprietario incolpevole non è tenuto alla realizzazione delle misure di messa in sicurezza d’emergenza, laddove queste ultime avrebbero, a parere delle Sezioni Unite, una natura ripristinatoria e, per quanto preventive, rappresenterebbero comunque misure prodromiche e connesse ad interventi definitivi.

È evidente, che una prima lettura di queste pronunce rammostra interpretazioni diverse, che rischiano di rendere l’applicazione delle norme assai incerta, a seconda della giurisdizione coinvolta, ed è dunque auspicabile quanto prima un intervento di raccordo interpretativo.

Cionondimeno, chi scrive ritiene che le due posizioni, considerando anche quanto affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 25 settembre 2013, n. 21, non siano poi così distanti e inconciliabili.

La questione non riguarda tanto il disposto normativo, – che sul punto è chiaro e non contestato: spettano al proprietario incolpevole esclusivamente le misure di prevenzione, come disposto dall’art. 245 del D.Lgs. 152/2006, mentre tutti gli interventi di bonifica e rispristino sono in carico al responsabile della contaminazione – quanto invece il momento dell’attuazione degli interventi.

Non si può non considerare  infatti che quando si ha a che fare con interventi di natura tecnica e misure il cui effetto può cambiare, anche a seconda delle condizioni di emergenza e dell’obiettivo di tutela (suolo e falda), se si vuole dare  reale adempimento al dettato normativo nazionale, ma ancor prima al principio europeo di prevenzione, inevitabilmente in alcuni casi  è necessario porre l’attenzione non tanto alla definizione della misura, quanto alla funzione reale che la stessa svolge in concreto.

Pertanto, se per evitare che una contaminazione in atto si propaghi nella falda (come nel caso in esame) l’unico intervento possibile è equiparabile a un’attività di messa in sicurezza d’emergenza, ciò che deve prevalere, ad avviso di chi scrive, è la funzione preventiva effettiva che quell’intervento svolge nel momento in cui viene realizzato. Ne consegue che il tema non è tanto configurare la misura in astratto come equiparabile a una messa in sicurezza di emergenza, quanto semmai valutare e verificare nel caso concreto se essa sia l’unica misura possibile per contrastare l’aggravarsi di un evento e prevenire una minaccia per la salute o per l’ambiente.

Si tratta di quel confine difficile da gestire, tra applicazione della norma e attuazione della tecnica e dell’ingegneria che può, o meglio deve – in attesa che le due diverse giurisdizioni si mettano d’accordo – comunque garantire una reale prevenzione, evitando o, in ogni caso, riducendo al massimo, il propagarsi di situazioni di contaminazione e di aggravamento della stessa.  Ciò che infatti deve prevalere è la tutela della risorsa ambiente che, in assenza di una misura preventiva, correrebbe il rischio di essere gravemente danneggiata.

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nota a sentenza Maggio 2023

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1147 del 2 febbraio 2023

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