Sostanze inquinanti non tabellate: l’individuazione di quella tossicologicamente più affine

01 Lug 2022 | giurisprudenza, amministrativo

di Federico Peres

Tar Brescia, sez. I, sent. del 25.03.2022 n. 280 – Pres. Gabbricci, Est. Zampicinini – X s.r.l. c. Provincia di Bergamo, Istituto Superiore di Sanità e altri

Ai fini della qualifica del sito come “potenzialmente contaminato”, per le sostanze non tabellate come CSC, l’individuazione del tasso di soglia deve avvenire sulla base di un giudizio di equivalenza che richiede l’individuazione della sostanza tossicologicamente più affine. Si tratta di una valutazione tecnico-discrezionale dell’Amministrazione che coinvolge valutazioni ed apprezzamenti che presentano un oggettivo margine di fisiologica opinabilità e che può essere sindacata dal giudice solo in termini di ragionevolezza, logicità e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato.

IL CASO

La vicenda riguarda un insediamento attivo nel bergamasco a partire dagli anni Sessanta. Dopo la cessazione dell’attività produttiva ed in seguito all’esecuzione del piano di indagini ambientali previsto nell’AIA, la società ricorrente diventava destinataria di provvedimenti provinciali inerenti alla bonifica. Dalle indagini di caratterizzazione emergeva, infatti, la presenza di sostanze potenzialmente inquinanti nelle acque sotterranee, in particolare, per quanto qui interessa, di una sostanza denominata Freon 141b che gli Enti ricollegarono alle lavorazioni svolte nello stabilimento. Poiché però il Freon 141b non rientra tra le sostanze per le quali la normativa stabilisce dei valori limite, sulla scorta di un parere emesso dall’Istituto Superiore di Sanità, gli Enti prendevano come riferimento il valore previsto per il Freon 113, sostanza asseritamente tabellata e ritenuta essere quella tossicologicamente più affine al Freon 141b.

LA SENTENZA DEL TAR BRESCIA    

Il Tar Brescia, dopo aver esaminato le questioni in rito, affrontava la prima censura relativa all’assenza del presupposto del provvedimento, ossia la situazione di potenziale contaminazione del sito. Lamentava, infatti, la ricorrente che, non essendo il parametro Freon 141b presente nella tabella 2 sulle acque, non sarebbe stato possibile rilevare superamenti delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione (CSC) per tale specifica sostanza. Su questa prima questione il Tar richiamava l’orientamento della giurisprudenza secondo il quale «l’individuazione del tasso soglia deve avvenire “… sulla base di un giudizio di equivalenza che richiede l’individuazione della sostanza tossicologicamente più affine” (Cons. Stato, Sez. VI, 10 maggio 2014, n.2526); il supero della soglia di contaminazione così individuato vale ai fini della qualifica del sito come “potenzialmente contaminato”». Osservava, dunque, il Tar che l’Istituto Superiore di Sanità, uniformandosi al suddetto orientamento, aveva effettuato una valutazione di affinità tossicologica tra la sostanza non tabellata (il Freon 141b) e quella asseritamente tabellata (il Freon 113), applicando dunque alla prima il limite previsto per la seconda. Parte ricorrente sollevava una seconda cesura, incentrata sull’applicazione di un valore-soglia ritenuto incongruo; per sostenere l’assunto produceva una relazione tecnica con cui contestava «la erroneità del valore indicato dall’Istituto Superiore di Sanità (I.S.S.) per il parametro Freon 141b rilevandone l’irragionevolezza, in quanto la P.A. avrebbe scelto di non utilizzare il limite previsto per la sostanza più affine, ma avrebbe indicato un valore-soglia più basso di quello previsto per un contaminante cancerogeno (0,2 mg/l contro 3mg/l riferito all’1,2-Dicloroetano), mentre il Freon 141b è un idrocarburo alifatico non cancerogeno appartenente ad una “classe di pericolosità” inferiore e non paragonabile, quanto ai potenziali rischi sull’uomo, alle c.d. “sostanze cancerogene”, comunque appartenenti alla categoria dei contaminanti “alifatici”, così che se l’Amministrazione avesse utilizzato i parametri corretti posto che i valori rinvenuti nei piezometri sono molto al di sotto degli 810 mg/l previsti dal Codice dell’Ambiente per tali categorie di sostanze non vi sarebbe alcuna potenziale contaminazione». Il Tribunale Amministrativo Regionale respingeva anche questo motivo osservando che il sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità tecnica, «oltre che in un controllo di ragionevolezza, logicità e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato, è limitato alla verifica che quel medesimo provvedimento non abbia esorbitato dai margini di opinabilità sopra richiamati, non potendo il giudice sostituire il proprio apprezzamento a quello Amministrazione ove questa si sia mantenuta entro i suddetti margini»[i]. Il Tar, in applicazione di tali principi, riteneva pertanto ragionevole la valutazione di ISS di utilizzare, per la sostanza non tabellata, i parametri previsti per altra sostanza appartenente alla medesima famiglia dei Freon. Altro non aggiungeva, solo osservava, quanto alla relazione tecnica di parte ricorrente, che la stessa non aveva tenuto in considerazione il principio di precauzione che viene in rilievo quando «pur mancando una legge scientifica, universale o probabilistica, in ordine alla produzione di pregiudizi, reali o potenziali, per un determinato bene della vita, sussistono tuttavia delle evidenze in ordine alla possibile pericolosità della materia o dell’attività presa in considerazione». In conclusione, secondo il Tribunale, un parere cautelativo è ragionevolmente coerente con tale principio il quale «esige che la dispersione nell’ambiente di una sostanza con proprietà tossiche venga limitata in modo rigoroso, utilizzando una soglia di concentrazione rassicurante e cautelativa».

CONCLUSIONI

Nell’affrontare la prima questione occorre, innanzitutto, ricordare che i valori limite (le c.d. CSC) sono contenuti, nell’allegato 5 al Titolo V, Parte IV del d.lgs. 152/2006, all’interno due Tabelle, una per il suolo/sottosuolo, l’altra per le acque. Orbene, in calce alla Tabella 1 (suolo/sottosuolo) è presente una nota – che non compare invece nella Tabella 2 (acque sotterranee) – dove si precisa: «per le sostanze non esplicitamente indicate in tabella, i valori di concentrazione limiti accettabili sono ricavati adottando quelli indicati per la sostanza tossicologicamente più affine». Poiché la stessa nota era presente anche nella previgente normativa (v. allegati al d.m. 471/1999), il tema risulta dibattuto in giurisprudenza ormai da diversi anni. Le prime sentenze avevano rimarcato il carattere tassativo dell’elenco delle sostanze tabellate, elenco che non poteva essere modificato da conferenze di servizi o da pareri dell’Istituto superiore di sanità[ii]. In seguito, invocando il principio di precauzione, si formò un orientamento diverso – seguito dal Tar Brescia – che, con interpretazione analogica, estese l’applicazione della nota posta in calce alla tabella 1 (suolo/sottosuolo) anche alla tabella 2 (acque sotterranee)[iii].  In questo quadro incerto, considerati gli orientamenti contrapposti, sarebbe stato opportuno domandarsi se la decisione di inserire la nota in calce alla sola tabella 1, anziché ad entrambe, sia stata il frutto di una scelta deliberata del legislatore o piuttosto di una sua svista. Ed invero, solo dando per verificata e certa la seconda opzione ci potremmo interrogare sulla estensione analogica di quanto previsto dalla nota, tenendo in ogni caso presente che, ai sensi dell’art. 14 delle preleggi, non è ammesso ricorrere all’analogia per le disposizioni di carattere eccezionale e per quelle penali (v. però Cons. St. n. 2526/2014 secondo il quale il divieto non opera nella definizione dei presupposti e dei contenuti del provvedimento amministrativo[iv]). In ogni caso, il Tar Brescia avrebbe potuto dare conto, considerato che lo ha disatteso, anche di quell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale la competenza spetterebbe, in ogni caso, esclusivamente al Ministero dell’Ambiente, non all’ISS né alla conferenza dei servizi[v]. Anche sulla seconda questione era auspicabile una motivazione più ricca; è, infatti, opportuno rilevare che le sentenze richiamate dal Tar Brescia sulla sostanza MTBE (v. nota 3) avevano valutato la congruità dell’opinione espressa dall’ISS ritenuta, in quelle occasioni, «scientificamente plausibile» in quanto «ampiamente argomentata ed esaustivamente motivata» e resa all’esito di «un’indagine accurata» che aveva tenuto conto di tutte le caratteristiche della sostanza indagata, sia di quelle propriamente tossicologiche, sia di quelle ambientali nonché delle prove relative alla non cancerogenicità per l’uomo. Del resto lo stesso Tar Brescia, nel 2009, sempre vagliando il giudizio di equivalenza, aveva disatteso le conclusioni dell’ISS in ragione della contraddittorietà del dato scientifico che aveva portato a fissare limiti ispirati «da un ingiustificato eccesso di prudenza in violazione del principio di proporzionalità»[vi]. La sentenza qui in esame, invece, omette ogni considerazione sul parere reso dall’ISS limitandosi a osservare che lo stesso aveva «provveduto alla determinazione della soglia del Freon 141 effettuando una valutazione di affinità con altre sostanze e ritenuto che l’elemento più affine fosse il Freon 113 ha applicato i parametri previsti per quest’ultimo». L’assenza di motivazione è particolarmente significativa poiché la sentenza non specifica con quale denominazione sarebbe presente, in tabella 2, il Freon 113 ritenuto “l’elemento più affine” al Freon 141b. In altre parole, posto che la parola “Freon” non è presente in nessuna tabella, non è dato capire quale sia la sostanza rispetto alla quale è stato espresso il giudizio di equivalenza. Ogni ulteriore riflessione tecnica o giuridica, anche solo in termini di congruità o ragionevolezza, sul giudizio di equivalenza espresso da ISS è, dunque, preclusa.

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2022.06.15 RGA_giugno_PERES_ 2022.03.25 TAR BRESCIA NON TABELLATE

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

2022.03.25 n.280 TAR Brescia, sez. I Rifiuti. Contaminazioni del suolo e sostanze non tabellate

NOTE

[i] Il passaggio, richiamato anche da Cons. St., n. 2526/2014, proviene dalla sentenza da Cassazione SS.UU., n. 1103/2014.

[ii] Tar Campania, n. 7556/2004: «è l’allegato 1, tabella 2, al Dm n. 471 che riporta i valori di concentrazione limite accettabili nelle acque sotterranee, di cui qui si discute. Del tutto evidente, quindi, che i parametri di riferimento fissati all’esito del procedimento di approvazione previsto dal legislatore delegato non possono essere modificati da conferenze di servizi o da pareri dell’Istituto superiore di sanità». Nello stesso senso v. anche Tar Umbria, n. 695/2004 (sostanza MTBE). Tre anni dopo anche il Tar Piemonte n. 1297/2007, occupandosi sempre di MTBE nel rilevare che spetta al regolamento ministeriale, ai sensi dell’art. 17, comma 1, lett a) d. lgs n. 22/1997 la competenza a definire i limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli, delle acque superficiali e sotterranee, ribadì che l’eventuale «lacuna normativa non può essere colmata attraverso un’attività di integrazione analogica operata da organi consultivi quali l’Istituto Superiore di Sanità o anche dalla stessa amministrazione competente all’approvazione del progetto». Chiaro anche il Tar Veneto n. 2114/2007 nella parte in cui ritiene «del tutto evidente, quindi, che i parametri di riferimento fissati all’esito del procedimento di approvazione previsto dal legislatore delegato non possono essere modificati né in sede di conferenze di servizi né da pareri dell’Istituto superiore di sanità. D’altronde, sia la conferenza dei servizi che l’ISS sono ben consapevoli della necessità di “ufficializzare la modifica dell’attuale limite degli idrocarburi… …che tuttavia potrebbe richiedere tempi non brevi, trattandosi di un decreto interministeriale” (cosi la rappresentante del Ministero dell’Ambiente nella conferenza del 17 gennaio 2002), ovvero di proporre ulteriori parametri da inserire nelle tabelle 1 e 2 dell’allegato 1, con relative concentrazioni limite “per sostanze oggi non ricomprese fra le stesse, ma che spesso sono riscontrabili nei siti contaminati e che sono dotate di elevata tossicità” (così l’ISS nelle premesse della nota del 25 luglio 2002, indirizzata al Ministero dell’ambiente).” 6.5 Sicché in assenza della prescritta procedimentalizzazione sono illegittimi tutti i parametri aggiuntivi, ivi compresi quelli pertinenti l’MTBE e il piombo tetraetile». Cfr. anche Cons. St., n. 5256/2009.

[iii] Per la sostanza denominata MTBE riscontrata in acque sotterranee v. Cons. St. n. 2526/2014 (richiamato dal Tar Brescia nella sentenza qui in esame). Nello stesso senso, sempre in relazione all’MTBE, Cons. St. n. 124/2012, Tar Lazio n. 4224/2015, Tar Brescia n. 630/2015, Tar Parma n. 41/2015, Tar Veneto n. 434/2019, Tar Brescia, n. 1738/2009. In relazione alla formaldeide, Tar Friuli Venezia Giulia, n. 85/2015.

[iv] La già richiamata sentenza del Consiglio di Stato n. 2526/2014 rileva, in relazione all’applicazione analogica, che «Ugualmente non persuasivo risulta il richiamo fatto dall’appellante ad una asserita violazione del principio di riserva di legge e del suo corollario del divieto di analogia in materia penale, non venendo in considerazione nella fattispecie l’applicazione di norme sanzionatorie, da ritenere sottoposte alla garanzia di cui all’art. 25, secondo comma, Cost. (…) L’eventuale incidenza che la determinazione del valore soglia controverso può avere ai fini dell’applicazione delle sanzioni penali previste dall’art. 51-bis d.lgs. n. 22 del 1997 (e attualmente dell’art. 257 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152) esorbita, infatti, dai limiti del presente giudizio, che verte esclusivamente sulla legittimità dei sopra menzionati provvedimenti amministrativi. Ed è evidente che la tecnica normativa che fa ricorso alla c.d. analogia esplicita, se è, di regola, preclusa nella materia penale, non lo è, invece, in altri settori dell’ordinamento: in particolare, per quello che più interessa in questa sede, nella definizione dei presupposti e dei contenuti del provvedimento amministrativo». Sempre sul carattere non tassativo e sull’applicazione analogica si veda anche la già richiamata decisione del Tar Brescia, n. 1738/2009: «L’argomento della difesa sul mancato inserimento nelle tabelle allegate al d.m. 471/99, pertanto, non può essere accolto, in quanto le tabelle in questione non contengono una elencazione tassativa, ma sono suscettibili di interpretazione analogica fondata sulla eadem ratio (interpretazione che, ai soli fini amministrativi, e prescindendo dagli aspetti penali della bonifica, non è vietata da alcuna norma di principio)».

[v] Tar Roma n. 4224/2015 (sostanza MTBE): «la prescrizione contestata trova il suo fondamento normativo nell’art. 1, comma 5, dell’Allegato 1 al citato d.m. n. 479 del 1999, il quale prevede che “per le sostanze non indicate in tabella si adottano i valori di concentrazione limite accettabili riferibili alla sostanza più affine tossicologicamente”. La citata previsione normativa (adottata nel rispetto del principio del “concerto” imposto dall’art. 17 d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22), attribuisce al Ministero dell’ambiente il potere di fissare, per le sostanze non rientranti nell’elenco di quelle contemplate nella tabella, il valore di concentrazione limite accettabile sulla base di un giudizio di equivalenza che richiede l’individuazione della sostanza tossicologicamente più affine»; cfr. anche Tar Toscana n. 4875/2010.

[vi] Tar Brescia, n. 1738/2009 (sostanza MTBE); sempre sull’MTBE v. anche Tar Toscana, n. 1452/2011.

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