di Angelo Maestroni
TAR PIEMONTE, SEZ. II – 19 aprile 2022, n. 379 – Pres. Bellucci, Est. Caccamo – Greenpeace onlus (Avv. Gariglio) c. Politecnico di Torino (Avv.ra Stato) e Eni S.p.A. (Avv.ti Torrani e Lattanzi)
Il Tribunale amministrativo del Piemonte ha statuito che un’associazione ambientalista di caratura nazionale ha il diritto di visionare tutta la documentazione relativa ad accordi quadro, contratti applicativi, convenzioni e accordi di collaborazione inerente alle relazioni economiche tra il Politecnico di Torino e Eni spa, quando l’intenzione è quella di verificare le scelte amministrative dell’università in questione in grado di incidere sulle politiche ambientali dell’ateneo.
A detta del collegio Torinese il diritto di accesso alle informazioni ambientali ex art. 25 della Legge n. 241/1990 in combinato disposto con il D.Lgs. n. 195/2005 costituisce, infatti, applicazione, oltre che del principio di trasparenza, anche di quello di partecipazione ai processi lato sensu decisionali che riguardano il bene ambiente a cui la cittadinanza deve prendere parte.
Sebbene il principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118, uc Cost. non sia stato citato espressamente, non si può non cogliere nella sentenza in commento il richiamo a esso effettuato, laddove è stato posto in luce il legame esistente tra l’accesso alle informazioni ambientali, inteso qui nel senso più̀ esteso possibile, e la base, definita dai giudici “irrinunciabile”, per una seria ed efficace azione di salvaguardia del bene ambiente da parte del pubblico.
Questa decisione assume maggiore importanza se si pensa che la stessa è stata deliberata in aperto contrasto con quella resa dal TAR Milano su una pressoché identica questione tra parti del tutto analoghe.
Il TAR Milano, Sez. I, con sentenza del 24 settembre 2021, n. 2017 aveva infatti respinto il ricorso contro il silenzio rifiuto del Politecnico di Milano nei confronti dell’istanza di accesso agli atti presentata da un’altra nota associazione ambientalista, volta, come quella piemontese, a prendere visione di tutti i rapporti contrattuali con un’impresa energetica ai sensi della L. n. 241/1990 sia ai sensi del D.Lgs. n. 195/2005.
Senza ripetere in proposito quanto già ben esposto in tema di accesso alle informazioni ambientali in questa rivista da EM Volontè, nel contributo Tutela dell’ambiente e accesso agli atti: limiti e condizioni delle discipline delineate dal nostro ordinamento, vale qui la pena evidenziare che nella propria decisione il TAR piemontese ha richiamato il primo considerando della direttiva n. 2003/4/CE del 28 gennaio 2003. Detto considerando, come noto, ha affermato che il rafforzamento dell’accesso alle informazioni ambientali e la maggiore diffusione di tali dati “contribuiscono a sensibilizzare maggiormente il pubblico alle questioni ambientali, a favorire il libero scambio di opinioni, ad una più̀ efficace partecipazione del pubblico al processo decisionale in materia e, infine, a migliorare l’ambiente”.
Perciò, se dunque l’obiettivo eurounitario è davvero quello di garantire una maggior tutela ambientale, questa sentenza rende ancor più evidente che i giudici amministrativi sono alla ricerca di parametri giuridici su cui fondare lo stretto legame che esiste tra circolazione delle informazioni e la partecipazione dei cittadini per l’effettivo raggiungimento del risultato auspicato a livello globale.
Pertanto, ove il Consiglio di Stato, confermasse tale impostazione non si tratterebbe solo di garantire una via di accesso ai dati e i documenti posti in immediata correlazione con il bene ambiente, ma anche alle scelte, alle azioni e a qualsivoglia attività̀ amministrativa che ad esso facciano riferimento.
In questo caso, l’accesso agli atti sarebbe infatti finalizzato a consentire la disamina di scelte amministrative in grado di incidere sulle politiche ambientali degli atenei italiani ma anche a rendere manifesto come dette scelte, ove dipendenti da investimenti di imprese pubbliche e private operanti nel campo dell’energia, possano incidere sull’attività̀ didattica e di ricerca scientifica.
In conclusione, senza entrare nel merito della discussione che ancora deve trovare una soluzione, visti gli attacchi frontali e le controffensive (leggasi ricorsi e gravami) si potrebbe pensare che la posta in gioco sia alta da entrambe le parti in ragione del fatto che l’obiettivo dell’offensiva sembra essere quello di voler accertare che eventuali finanziamenti, diretti o meno, provenienti da chi tratta combustibili fossili possano compromettere il principio di cui all’art. 33 della Costituzione, per cui la ricerca è e deve restare libera da condizionamenti.
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