Orsi pericolosi e corretta interpretazione dell’art. 16 direttiva habitat: rimessione alla C.G.U.E. in merito alla graduazione tra le misure della cattura e dell’abbattimento.

01 Mar 2024 | giurisprudenza, amministrativo

di Elena Capone

TRGA Trento – ordinanza 20 dicembre 2023, n. 212 – Pres. Rocco, Est. Polidori – Omissis (Avv. Stefutti) c. Provincia Autonoma di Trento (Avv.ti Bernardi, Cattoni e Azzolini); ISPRA (Avvocatura distrettuale dello Stato) e altri.

Vanno rimesse alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea le seguenti questioni pregiudiziali:

a) se, sulla base del disposto dell’art. 16 della direttiva 92/43/CEE, una volta accertata la sussistenza della condizione relativa alla sussistenza di una delle fattispecie espressamente individuate dalla lett. a) alla lett. e) del comma 1 dell’art. 16, nonché della condizione relativa al fatto che “la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale”, ai fini del rilascio dell’autorizzazione alla deroga al divieto di “qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell’ambiente naturale”, di cui alla lett. a) dell’art. 12 della medesima direttiva, l’ulteriore condizione, relativa al fatto che “non esista un’altra soluzione valida”, debba essere interpretata nel senso che l’autorità competente deve dimostrare l’assenza di altra soluzione valida atta ad evitare la rimozione dell’animale dall’ambiente di ripartizione naturale, cui consegue la possibilità della scelta motivata della misura da adottare in concreto, che può consistere nella cattura per captivazione permanente oppure nell’abbattimento, misure che sono poste su di un piano di parità;

oppure

b) se, sulla base del disposto dell’art. 16 della direttiva 92/43/CEE, una volta accertata la sussistenza della condizione relative alla sussistenza di una delle fattispecie espressamente individuate dalla lett. a) alla lett. e) del comma 1 dell’art. 16, nonché della condizione relativa al fatto che “la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale”, ai fini del rilascio dell’autorizzazione alla deroga al divieto di “qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell’ambiente naturale”, di cui alla lett. a) dell’art. 12 della medesima direttiva, l’ulteriore condizione, relativa al fatto che “non esista un’altra soluzione valida”, debba essere interpretata nel senso che essa vincola prioritariamente l’autorità competente alla scelta della cattura per la riduzione in cattività (captivazione permanente) e solo in caso di impossibilità oggettiva e non temporanea di tale soluzione consente la rimozione mediante abbattimento, sussistendo una rigorosa gerarchia tra siffatte misure.

1) I fatti e le norme di riferimento.

La vicenda da cui ha origine la rimessione alla Corte di Giustizia dell’UE da parte del TRGA Trento, oggetto dell’ordinanza in commento, è purtroppo nota a chiunque in Italia data la gravità ed il clamore mediatico dell’episodio in cui ha perso la vita il giovane Andrea Papi a causa dell’aggressione subita da parte di un orso mentre era intento a correre tra i boschi del Comune di Caldes[i].

A seguito del rinvenimento del corpo senza vita del ragazzo, il Presidente della Provincia Autonoma di Trento (d’ora in avanti PAT), nell’esercizio dei poteri di intervento di sua competenza, di cui all’art. 52 comma 2 dello Statuto PAT (D.P.R. 670/1972), ha immediatamente emanato l’ordine di “rimozione di un orso problematico per l’incolumità e la sicurezza pubblica” con ordinanza contingibile e urgente n. 1 del 08.04.2024 e con la successiva ordinanza n. 2 del 13.04.2023[ii], ha integrato l’ordine disponendo l’abbattimento dell’orso nel minor tempo possibile, essendo stato nel frattempo individuato l’esemplare femmina JJ4 quale responsabile dell’uccisione, da ritenersi particolarmente pericolosa perché già autrice di altri precedenti aggressioni e per questo munita di radiocollare.

Alcune tra le associazioni di protezione animale più rappresentative a livello nazionale hanno agito in blocco promuovendo plurimi ricorsi contro tali provvedimenti, sollecitando altresì l’intervento monocratico in via cautelare urgente del Presidente del TRGA Trento per contrastare l’ordine di abbattimento dell’esemplare e richiedere una soluzione alternativa, che non prevedesse come unica alternativa la morte dell’animale[iii].

Le citate ordinanze contingibili e urgenti, nel frattempo sospese[iv], sono state poi superate dall’adozione del decreto del Presidente della Provincia autonoma di Trento n. 10 del 27.04.2023 con cui è stato autorizzato in via ordinaria, ai sensi della legge provinciale n. 9/2018 e dopo aver acquisito il parere ISPRA, l’intervento di prelievo mediante abbattimento di JJ4[v].

La complessità del contenzioso attivato dalle Associazioni animaliste e della questione giuridica ad esso sottesa ha condotto ad un contrasto interpretativo, emerso in sede cautelare, tra il TRGA Trento e il Consiglio di Stato in ordine alla necessità di graduazione tra le misure da adottare ai sensi dell’art. 16 della Direttiva Habitat, che consente di derogare al generale divieto posto dall’art. 12 della Direttiva stessa.

Operando una ricostruzione del quadro normativo applicabile, il Collegio ricorda come a livello sovranazionale l’orso bruno sia protetto dalla convenzione di Berna del 1979, ratificata e resa esecutiva in Italia con la Legge n. 503/1981 sulla conservazione della flora e fauna selvatica europea e dei suoi habitat naturali. L’orso è elencato nell’allegato II tra le specie particolarmente protette, insieme al lupo.

In attuazione del citato art. 6 della convenzione di Berna, l’Unione Europea ha approvato la Direttiva Habitat, la quale dedica l’art. 12 ai divieti che consentono di garantire un regime di rigorosa tutela delle specie protette, ivi compreso l’orso bruno, e l’articolo 16 alle possibili deroghe ai divieti medesimi.

Nell’ordinamento dello Stato italiano, gli articoli 12 e 16 della Direttiva Habitat sono stati recepiti con il D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357.

All’interno di tale contesto normativo è poi intervenuto il Piano d’Azione interregionale per la conservazione dell’Orso bruno sulle Alpi centro-orientali (PACOBACE), concertato, condiviso e formalmente approvato dagli Enti territoriali coinvolti, auto-vincolatisi al rispetto delle relative prescrizioni, al fine di gestire con maggiore efficienza e rapidità l’aumento delle situazioni problematiche di presenza degli orsi[vi].

La Provincia Autonoma di Trento, nell’esercizio della propria potestà legislativa ha inoltre dato diretta attuazione all’art.16 della Direttiva Habitat, quanto alla fattispecie di autorizzazione in deroga al divieto di uccisione o cattura, con l’art. 1 della legge provinciale 11 luglio 2018, n. 9, recante “Attuazione dell’articolo 16 della Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche: tutela del sistema alpicolturale” [vii]. Sulla base di tale norma, nel testo allora vigente, è stato adottato l’impugnato decreto PAT n. 10 del 2023.

2) Il merito della questione.

Le Associazioni ricorrenti, contestando in primo luogo come non fosse accertato che l’episodio in cui ha perso la vita il giovane Andrea Papi fosse ascrivibile al n. 18 della casistica prevista dal Piano d’Azione Interregionale per la Conservazione dell’Orso Bruno sulle Alpi Centro-Orientali (PACOBACE) “orso attacca (con contatto fisico) senza essere provocato”, richiamato nella motivazione del decreto provinciale, hanno rilevato come il suddetto decreto PAT n. 10/2023 fosse da ritenersi illegittimo perché lo stesso PACOBACE prevede, oltre alla misura dell’abbattimento dell’esemplare di orso problematico, anche le misure intermedie e alternative della “cattura con scopo di spostamento e/o radiomarcaggio” e della “cattura per captivazione permanente”, misure alternative e meno estreme la cui esclusione non è stata adeguatamente presa in considerazione nella motivazione del provvedimento.

Le ricorrenti lamentano inoltre che la Provincia di Trento non avrebbe nemmeno preso in considerazione il trasferimento dell’esemplare di orso al di fuori del territorio nazionale, non avendo proceduto con la previa acquisizione del parere della Commissione Scientifica per l’attuazione della CITES(Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali selvatiche minacciate di estinzione sottoscritta a Washington il 3 marzo 1973)in merito all’idoneità delle varie strutture che si sono proposte ad ospitare l’animale.

Nell’esame del merito del ricorso il TRGA sottolinea di aver ha già ritenuto infondate tali censure con l’ordinanza cautelare n. 36 del 2023, non impugnata, giudicando correttamente motivato il decreto della PAT n. 10/2023 laddove ha fornito ampia e adeguata motivazione dando atto dell’istruttoria svolta e delle analisi fatte che, a partire dai rilievi di materiale biologico rinvenuti in loco e dai risultati dell’autopsia, ha ricondotto l’episodio della morte del giovane all’attacco da parte di un orso, successivamente identificato nell’esemplare femmina JJ4, già autrice di precedenti episodi di aggressione e perciò dotata di radiocollare e marche auricolari. Nella stessa ordinanza il TRGA aveva inoltre riconosciuto la corretta riconduzione dell’atteggiamento dell’orsa nella categoria “ad alto rischio” per la quale è raccomandata l’immediata rimozione.

Con riferimento alle misure alternative all’abbattimento il TRGA ha ritenuto altrettanto idonea la motivazione del provvedimento avendo questa tenuto in considerazione anche la misura della captivazione permanente presso il recinto del Casteller, esclusa con ampie argomentazioni, così come ha ritenuto idonee le ragioni di esclusione in merito alla valutazione di un eventuale trasferimento dell’orsa in altro sito esterno al territorio della Provincia, considerata misura extra ordinem non prevista dalla legge provinciale n. 9/2018, anche avuto riguardo alle “Linee guida per l’attuazione della legge provinciale n. 9 /2018 e dell’articolo 16 della direttiva Habitat”, approvate dalla Giunta della Provincia di Trento con la delibera n. 1091 del 25 giugno 2021 (di seguito denominate Linee guida del 2021[viii]), e al rapporto ISPRA-MUSE (Museo delle Scienze di Trento) del 13 gennaio 2021, denominato “Orsi problematici in provincia di Trento. Conflitti con le attività umane, rischi per la sicurezza pubblica e criticità gestionali. Analisi della situazione attuale e previsioni per il futuro. Rapporto tecnico”.

Il Collegio evidenzia in proposito che la Provincia avrebbe ugualmente considerato l’alternativa del trasferimento, ritenendola però impercorribile dando atto della pericolosità dimostrata dall’animale, che non consentirebbe di garantire l’assenza del pericolo di una sua fuga, così come non sarebbe possibile garantire la sicurezza e l’incolumità degli operatori che dovrebbero procedere al trasferimento. La Provincia ha anche tenuto conto delle comunicazioni di disponibilità ad accogliere l’orsa pervenute da diverse strutture nazionali ed estere che tuttavia non si sono rivelate percorribili poiché formulate in maniera generica e avanzate senza specificare alcun progetto concreto circa la loro realizzabilità, pertanto, essendo stata esclusa in radice la praticabilità della misura dello spostamento all’estero, non era necessaria l’acquisizione del preventivo parere CITES.

Sebbene la suddetta ordinanza cautelare n. 36 del 2023 non sia stata appellata, la Sezione III del Consiglio di Stato con le ordinanze n. 2915, n. 2918 e n. 2920 del 14 luglio 2023 – tutte pronunciate a fronte degli appelli cautelari proposti da altre Associazioni nei ricorsi promossi in maniera autonoma contro il decreto del Presidente della Provincia n. 10 del 2023-, nel riformare le ordinanze cautelari del TRGA Trento n. 49, n. 50 e n. 51 del 2023, ha sospeso l’ordine di abbattimento dell’esemplare denominato JJ4, ma ha mantenuto ferma la captivazione dell’animale «a tutela della sicurezza pubblica» fornendo una diversa interpretazione delle misure di deroga previste dall’art. 16 della Direttiva Habitat. Il TRGA osserva, tuttavia, come il Consiglio di Stato nelle citate ordinanze cautelari non abbia preso posizione rispetto al principio ampiamente ribadito nelle pronunce appellate, secondo il quale la rimozione dell’esemplare attraverso le misure del prelievo, della cattura e dell’uccisione sono tutte parimenti qualificabili come “misure energiche” tra loro equivalenti quanto al risultato «nel senso che producono tutte il medesimo effetto di incidere sulla conservazione degli habitat naturali popolati dalla specie ursina, escludendo l’esemplare pericoloso dal proprio habitat naturale».

3) Le due tesi interpretative.

Il TRGA Trento ai fini del decidere la questione sottoposta al suo esame ha dunque riconosciuto l’esigenza di acquisire previamente l’interpretazione della Corte di Giustizia UE in ordine alla corretta applicazione del diritto eurounitario con particolare riferimento all’art. 16 della Direttiva Habitat in relazione alle condizioni in cui può essere consentita l’autorizzazione alla deroga al divieto di abbattimento previsto dall’art. 12 della Direttiva stessa.

Secondo la giurisprudenza del TRGA (già cristallizzata nella sentenza 13 marzo 2018, n. 63) la legge provinciale n. 9 del 2018 e il PACOBACE «non definiscono una graduazione tra le due azioni energiche, “captivazione permanente” o “abbattimento” (nella disposizione della legge provinciale individuate nei termini di “prelievo, cattura o uccisione”; nell’articolo 16 delle dir. 92/43/CEE “cattura o uccisione”) in caso di orso pericoloso. Invero, la “condizione che non esista un’altra soluzione valida”, … costituisce il presupposto indefettibile da ricondursi alla preliminare decisione di sottrarre l’animale protetto dal suo ambiente naturale, presupposto da esplicitarsi in maniera puntuale attraverso una motivazione specifica ed argomentata, nonché correlata al caso concreto» (così il TRGA Trento nell’ordinanza cautelare del 23 giugno 2023, n. 53). Anche nelle ordinanze cautelari n. 49, n. 50 e n. 51 del 2023 il TRGA ha ribadito che «le misure del prelievo, della cattura e dell’uccisione sono … misure c.d. “energiche” tra loro equipollenti, nel senso che producono tutte il medesimo effetto di incidere sulla conservazione degli habitat naturali popolati dalla specie ursina, escludendo l’esemplare pericoloso dal proprio habitat naturale».

Di contrario avviso si è rivelato invece il Consiglio di Stato che con le ordinanze nn. 2915, 2918 e 2020 del 2023, nel confermare la sospensione dell’efficacia del decreto PAT n. 10/2023, ha riformato le pronunce cautelari di primo grado. Pur ritenendo corrette le conclusioni del TRGA Trento in merito alla legittimità del decreto impugnato con riguardo alla adeguata ricostruzione del quadro fattuale dell’aggressione del giovane Andrea Papi da parte dell’orsa denominata JJ4 e della sua pericolosità per la sicurezza pubblica, il giudice d’appello ha al contrario ritenuto che la giurisprudenza della Corte di Giustizia in virtù del principio di proporzionalità affermi un regime di stretta tutela imposta agli Stati membri dalla Direttiva Habitat che comporta un’interpretazione rigorosamente restrittiva delle deroghe consentite dall’art. 16.

Il Consiglio di Stato ha quindi ribadito come la materia sia governata dal principio di proporzionalità e pertanto, contrariamente a quanto affermato dal TRGA Trento, le diverse misure che l’Autorità competente può assumere in deroga ai sensi dell’art. 16 della Direttiva devono ritenersi enunciate in via gradata, per cui sarà possibile ricorrere alla misura più grave e più cruenta, solo in assenza di altra soluzione alternativa valida. In conclusione, quindi, il Consiglio di Stato ha ritenuto che nel caso del decreto n. 10/2023 il provvedimento esorbitasse da tale perimetro disponendo l’abbattimento dell’animale senza aver valutato approfonditamente la possibilità di ricorrere ad altre alternative intermedie idonee sia a tutelare la pubblica incolumità, sia a consentire il mantenimento in vita dell’animale, bene oggi protetto anche a livello costituzionale.

Il Consiglio di Stato evidenzia infine un’altra importante lacuna nella motivazione del provvedimento, già sottolineata nei decreti monocratici emanati dal Presidente del TRGA, per cui la carenza di strutture per il ricovero degli orsi “problematici” non può legittimare il ricorso alla misura più grave, in quanto, in violazione del principio di proporzionalità, si rischierebbe un uso seriale e distorto della deroga all’uccisione che deve invece intendersi quale extrema ratio. Pertanto, la Provincia avrebbe dovuto tenere in considerazione anche la possibilità di ricorrere al trasferimento dell’esemplare presso una struttura al di fuori del territorio provinciale o eventualmente anche nazionale, soluzione che a detta del Collegio non sarebbe qualificabile come misura “extra ordinem”, ma come «una forma di captivazione realizzata mediante esternalizzazione» (cfr. CdS ordinanze nn.  2915, 2918 e 2020 del 2023).

Secondo il TRGA, chiamato a decidere la questione nel merito, «l’interpretazione prescelta dal Consiglio di Stato si connota per un’intrinseca irragionevolezza in quanto esclude, a ben vedere, qualsivoglia possibilità da parte dell’autorità competente di motivare la scelta di abbattere l’animale pericoloso per la pubblica incolumità (anziché ridurlo in cattività)» dal momento chesi impone «all’autorità competente l’obbligo della previa dimostrazione della «impossibilità oggettiva, non solo temporanea e soggettiva … estrema e di rara verificazione» della captivazione permanente che si traduce in una probatio diabolica a carico della stessa autorità».

4) La rimessione alla CGUE.

Nel motivare l’ordinanza di rimessione in commento, il TRGA Trento precisa di ritenere la propria tesi conforme ai canoni ermeneutici seguiti dalla Corte di Giustizia per l’interpretazione del diritto dell’Unione, tenuto conto sia del tenore letterale della disposizione, ma anche del contesto e degli obiettivi perseguiti dalla normativa oggetto di interpretazione. Dall’applicazione di tali canoni ermeneutici alla Direttiva Habitat e dal tenore letterale dell’art. 2 della stessa Direttiva, il Collegio evidenzia dunque come la sua finalità sia quella di tutelare la biodiversità “mediante conservazione della fauna selvatica di interesse comunitario e dei suoi habitat naturali”. Prosegue poi il Collegio richiamando la sentenza della CGUE 11 giugno 2020 C-88/19 la quale ha ulteriormente precisato le finalità della Direttiva chiarendo che i divieti posti dall’art. 12 sono finalizzati a proteggere le specie in essa individuate in senso complessivo, in quanto “specie”, e non a tutelareil singolo esemplare appartenente alla specie protetta in considerazione “a prescindere da ogni circostanza”.

Premessa una puntuale ricostruzione del diritto e della giurisprudenza eurounitaria, ai fini della risoluzione della questione pregiudiziale sottoposta al suo esame, il TRGA Trento considera come l’art. 16 della Direttiva Habitat, per come interpretato dalla stessa CGUE, non sancisca la priorità della captivazione permanente rispetto all’abbattimento dell’esemplare pericoloso, ma si debba ritenere che: i) accertata la sussistenza della condizione relativa alla necessità di tutelare la sicurezza pubblica; ii) accertato altresì che il prelievo non pregiudicherebbe uno stato di conservazione soddisfacente della popolazione ursina allo stato naturale; iii) l’ulteriore condizione che non esista altra alternativa valida, che consenta di raggiungere l’obiettivo perseguito nel rispetto dei divieti posti dalla Direttiva Habitat, deve essere interpretata coerentemente alle finalità della Direttiva stessa, ovvero non la conservazione del singolo esemplare, ma la conservazione della specie complessivamente intesa, della biodiversità e degli ecosistemi naturali.

Anche con riferimento al rispetto di quest’ultima condizione, a detta del TRGA Trento, la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha sempre affermato la necessità che le Autorità competenti forniscano una motivazione precisa e puntuale in merito all’assenza di un’altra soluzione valida, senza tuttavia imporre che tale motivazione debba indicare i criteri di graduazione seguiti nella scelta tra ricorrere alla cattura o all’abbattimento. Pertanto, nell’illustrare la propria tesi, il TRGA precisa che a suo avviso l’impossibilità di ricorrere ad un’altra soluzione debba essere valutata con riferimento all’impossibilità di mantenere l’animale nel suo ambiente naturale, e quindi allo stato di vita selvatica, con ciò affermando la perfetta equivalenza tra cattura ed abbattimento con riferimento a tale precipua finalità.

A confermare ulteriormente la tesi sull’assenza di graduazione tra cattura e abbattimento, secondo il TRGA, concorrerebbe anche il tenore letterale dell’art. 12, co. 1, lett. a) della Direttiva, dove è prescritto il divieto generale “di qualsiasi forma di cattura o uccisione” delle specie in essa protette senza che sia indicato un ordine di priorità, mentre l’art. 16 che, pur nella  fattispecie di deroga di cui alla lettera e), consente la rimozione dall’ambiente naturale di un numero limitato di esemplari su base selettiva, è stato interpretato dalla Corte di Giustizia nel senso di ritenere equivalenti tra loro le misure della cattura o della detenzione, sicché la disposizione è stata posta a fondamento per l’adozione di deroghe dirette a consentire l’uccisione di esemplari selezionati (CGUE sent. del 10 ottobre 2019, C-674/17).

Conclusivamente, a detta del TRGA, nel caso di specie risulterebbe soddisfatta anche l’ulteriore condizione posta dall’art. 16 per l’autorizzazione alla deroga, ovvero che non vi sia pericolo di pregiudicare uno stato di conservazione soddisfacente della popolazione ursina, poiché il mero mantenimento in vita dell’animale, confinato all’interno di una struttura, non concorrerebbe alla finalità di scongiurare il pregiudizio della specie che invece deve essere valutato con riferimento alle popolazioni che vivono allo stato selvatico.

L’interpretazione più restrittiva fornita dal Consiglio di Stato e il contrasto sorto tra i due Tribunali ha dunque spinto il TRGA a rimettere la questione interpretativa alla CGUE in virtù dell’art. 267 T.F.U.E. nella parte in cui dispone la competenza della Corte per la “interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione”. La risoluzione della questione interpretativa è infatti rilevante non solo per la decisione del ricorso nella cui sede è stata adottata la presente ordinanza di rimessione, ma lo è anche con riferimento ai ricorsi presentati in via autonoma contro lo stesso decreto PAT n. 10/2023 e che ancora non sono giunti all’udienza pubblica di discussione, nonché per la conformazione del futuro esercizio del potere del Presidente della Provincia di Trento nella gestione della popolazione ursina presente sul territorio di sua competenza.

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Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

NOTE:

[i] Sull’argomento si vedano le considerazioni svolte da S. NESPOR Su un recente tragico episodio: il progetto Life Ursus in questa Rivista, 2023, 42, consultabile al sito https://rgaonline.it/articoli/su-un-recente-tragico-episodio-il-progetto-life-ursus/;

[ii] Il testo dei provvedimenti citati nel presente commento è consultabile al sito https://grandicarnivori.provincia.tn.it/L-orso/Gestione-e-conservazione/La-normativa/Ordinanze-e-Decreti-del-Presidente;

[iii] Le Associazioni LAV e LAC (ricorso R.G. n. 49/2023); ENPA ONLUS e OIPA Italia ODV e LEIDAA ETS (ricorso R.G. n. 52/2023) e LNDC Animal Protection (ricorso R.G. n. 53/2023) hanno tutte promosso ricorsi autonomi tra loro, successivamente integrati da motivi aggiunti per l’impugnazione delle ordinanze contingibili e urgenti del Presidente della Provincia Autonoma di Trento n. 1 e n. 2 del 2023. Le Associazioni ENPA, OIPA e LEIDAA con motivi aggiunti al ricorso da loro promosso hanno altresì impugnato il decreto del Presidente della PAT n. 10/2023, adottato con gli ordinari poteri di intervento, che ha confermato la misura dell’abbattimento di JJ4 (mentre le altre associazioni hanno impugnato il predetto decreto con ulteriori ricorsi autonomi). I ricorsi sono stati riuniti tra loro con la sentenza non definitiva del TRGA Trento n. 72 del 16 maggio 2023 e dichiarati tutti improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse dal momento che il decreto PAT n. 10/2023, adottato in via ordinaria, ha determinato la cessazione degli effetti delle precedenti ordinanze contingibili e urgenti, il TRGA ha quindi disposto la prosecuzione della trattazione nel merito solo per i motivi aggiunti presentati contro questo provvedimento da ENPA, OIPA e LEIDAA nel ricorso R.G. n. 52/2023 di cui si occupa l’ordinanza di rimessione in commento. 

[iv] Con decreto del Presidente del T.R.G.A. di Trento n. 19 del 14 aprile 2023, è stata disposta, in via cautelare e urgente, la sospensione dell’efficacia dell’ordinanza contingibile e urgente del Presidente della Provincia Autonoma di Trento n. 1 del 8 aprile 2023, nella sola parte relativa all’immediata soppressione dell’orso, rimanendo ferma la necessità della sua cattura a tutela della pubblica incolumità, ancorché l’adozione della misura dell’abbattimento dell’animale fosse da ritenersi idonea, in quanto l’episodio risulterebbe sussumibile, per la sua intrinseca gravità, al livello di pericolosità 18 della tabella n. 3.2 del PACOBACE con la conseguente possibilità di applicare la misura espressamente prevista dalla lett. k). Il decreto cautelare monocratico ha altresì disposto la custodia dell’orso presso il recinto del Casteller ai fini della corretta identificazione dell’esemplare nel caso in cui fosse intervenuta la sua cattura nelle more dell’udienza collegiale di trattazione dell’istanza cautelare.

Dello stesso tenore è il contenuto del decreto del Presidente del T.R.G.A. di Trento n. 20 del 18 aprile 2023, con cui è stata disposta, in via cautelare urgente, la sospensione dell’efficacia dell’ordinanza del Presidente della Provincia n. 2 del 13 aprile 2023, sempre nella sola parte relativa all’immediata soppressione dell’orso nel frattempo identificato nell’esemplare femmina JJ4, catturata e detenuta in uno dei recinti del Casteller, fino alla formale acquisizione del parere di ISPRA in merito alla praticabilità di altre misure intermedie di cui alle lettere i) e j) del PACOBACE, anche valutando il trasferimento dell’animale in altro sito esterno alla Regione o all’estero. 

[v] Per una disamina dei poteri di intervento del Presidente della PAT ed un excursus delle pronunce sul tema, P. Brambilla, Orsi “problematici” o ordinanze problematiche? La legittimità dei provvedimenti di cattura e abbattimento dei grandi carnivori secondo la giurisprudenza costituzionale e amministrativa, in questa Rivista, 2020, 14, consultabile all’indirizzo https://rgaonline.it/article/orsi-problematici-o-ordinanze-problematiche/;

[vi] Il Piano d’Azione è stato redatto da un tavolo tecnico interregionale costituito da Provincia Autonoma di Trento, Provincia Autonoma di Bolzano, Regioni Friuli Venezia Giulia, Regione Lombardia, Regione Veneto, Ministero dell’Ambiente e ISPRA, è stato formalmente adottato dalle Amministrazioni territoriali coinvolte e approvato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare con Decreto direttoriale n. 1810 del 5 novembre 2008 (successivamente aggiornato nel 2015), il cui testo è consultabile al sito https://www.mite.gov.it/pagina/piano-dazione-interregionale-la-conservazione-dellorso-bruno-sulle-alpi-centro-orientali.

Con la modifica intervenuta nel 2015 è stato riformato il capitolo 3 del PACOBACE, relativo ai criteri e alle procedure di controllo degli orsi problematici e d’intervento in situazioni critiche. Nei confronti degli orsi problematici e più pericolosi, in base al grado di confidenza con l’uomo, il PACOBACE alle lettere i) j) e k) punto 3.4.2. e nella Tabella 3.2 consente l’adozione di azioni energiche, quali la cattura con rilascio a scopo di spostamento e/o radiomarcaggio, la captivazione permanente e l’abbattimento in relazione ai seguenti tipi di comportamento: ripetuta segnalazione in centro residenziale o nelle immediate vicinanze di abitazioni stabilmente in uso, danni ripetuti a patrimoni per i quali l’attivazione di misure di prevenzione e/o di dissuasione risulta inattuabile o inefficace, attacco con contatto fisico per difendere i propri piccoli, la propria preda o perché provocato in altro modo, seguito intenzionale di persone, tentativo di penetrazione in abitazioni, anche frequentate solo stagionalmente, attacco con contatto fisico senza provocazione (gradi di problematicità dal punto 13 al 18).

[vii] Tale disposizione di fonte provinciale è stata peraltro riconosciuta costituzionalmente legittima dalla Corte costituzionale italiana con la sentenza 27 settembre 2019, n. 215 dove è stato anche precisato che le finalità del potere delle Province di Trento e Bolzano di dare attuazione alla Direttiva Habitat attengono a misure che intersecano le materie di competenza provinciale primaria. Si veda sul punto M.C. Maffei, Orsi e lupi in due sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in questa Rivista, 2020, pp. 91-120.

[viii] Cfr. sul punto la sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV n. 1937 del 17.03.2022 che ha in parte annullato le citate Linee guida provinciali; si vedano le considerazioni espresse sull’annullamento delle Linee Guida in E. Capone La legittimazione ad agire delle associazioni di protezione ambientale e il criterio del c.d. doppio binario, in questa Rivista, 2022, 32,consultabile al link https://rgaonline.it/giurisprudenza/la-legittimazione-ad-agire-delle-associazioni-di-protezione-ambientale-e-il-criterio-del-c-d-doppio-binario/.

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