Ordinanze contingibili e urgenti e principio di precauzione

18 Feb 2021 | giurisprudenza, amministrativo

di Ada Lucia De Cesaris ed Elena Serra  

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV – 11 gennaio 2021, n.  344 – Pres. Greco, Est. Verrico – Comune di Anzio (Avv. Malinconico) c. E. T. S.r.l. (Avv. Scalia) e altri.

Il principio di precauzione, ferma restando l’assoluta rilevanza nel diritto ambientale interno e comunitario, non legittima di per sé, in difetto di specifiche previsioni normative, l’esercizio di un potere “innominato” di inibizione di attività amministrative e/o economiche.

L’esercizio del potere di ordinanza urgente e contingibile da parte del Sindaco presuppone necessariamente situazioni di pericolo effettivo non tipizzate dalla legge, non altrimenti fronteggiabili con i mezzi ordinari apprestati dall’ordinamento, la cui sussistenza deve essere suffragata da istruttoria adeguata e da congrua motivazione.

Con la pronuncia in commento, il Consiglio di Stato – nel confermare la sentenza del TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis, 10 maggio 2017, n. 5658 – ha rilevato che il principio di precauzione, pur assumendo assoluta rilevanza nel diritto ambientale, non può legittimare l’esercizio di un potere non tipizzato di inibizione di attività amministrative o economiche.

Nella specie si aveva riguardo all’ordinanza mediante la quale il Sindaco del Comune di Anzio aveva disposto l’immediata sospensione di nuove attività finalizzate alla gestione e al trattamento di rifiuti in una zona industriale del territorio comunale, in attesa degli esiti di uno studio epidemiologico sull’area.

Il provvedimento era stato adottato in virtù del principio di precauzione, in considerazione della vicinanza di detta zona con edifici popolari, abitazioni civili, plessi scolastici e industrie alimentari, esposti a rischi sanitari correlati al possibile insediamento di attività finalizzate al trattamento dei rifiuti.

L’ordinanza era stata gravata, in primo grado, da una società che aveva richiesto l’autorizzazione, ai sensi dell’art. 208 D.lgs. 152/2006, per realizzare un nuovo impianto destinato ad attività di logistica, trasporto e gestione dei rifiuti. Il provvedimento aveva quindi interrotto il procedimento autorizzativo, in relazione al quale era già stata convocata la conferenza di servizi.

Il Giudice di prime cure ha accolto il ricorso ritenendo che il provvedimento impugnato dovesse essere qualificato quale ordinanza contingibile e urgente – ai sensi dell’art. 50, comma 4, D.lgs. 267/2000 – ma che difettassero i presupposti per la sua adozione.

Ciò in linea con la consolidata giurisprudenza secondo cui i provvedimenti contingibili devono essere fondati su situazioni, non tipizzate, di pericolo effettivo e attuale, la cui sussistenza dev’essere suffragata da un’istruttoria adeguata e da una congrua motivazione.

Nella specie l’ordinanza non richiamava alcuna base normativa – ad eccezione della Costituzione e del Trattato dell’Unione Europea – e si inseriva in una procedura di autorizzazione unica in corso di espletamento, impedendone il naturale sviluppo mediante lo strumento della conferenza dei servizi ove erano rappresentati tutti i soggetti portatori di interessi significativi (compreso il Comune).

Difettava, quindi, la necessità di adottare un provvedimento atipico, avendo apprestato l’ordinamento tutti gli istituti giuridici, peraltro già attivati, per valutare correttamente – nel rispetto del principio di legalità – le modalità di perseguimento degli interessi pubblici coinvolti e di contemperamento dei medesimi.

La sentenza di primo grado è stata appellata dal Comune che ha lamentato l’erroneità della qualificazione del provvedimento quale ordinanza contingibile e urgente.

Il Consiglio di Stato ha ritenuto che detta qualificazione fosse corretta atteso che il provvedimento di sospensione: i) trovava giustificazione, in linea teorica, nell’esigenza di scongiurare un pericolo irreparabile e imminente per la pubblica incolumità; ii) non poteva ritenersi meramente esecutivo di una precedente deliberazione del Consiglio Comunale che invitava all’adozione – nell’ambito delle conferenze di servizi – di misure atte a contrastare l’insediamento degli impianti ma che non dava, di per sé, mandato al Sindaco per l’adozione di ordinanze ad effetto immediatamente impeditivo; iii) non trovava fondamento in alcuna fonte normativa, avendo quindi natura extra ordinem.

Ciò premesso, il Collegio ha confermato le statuizioni della pronuncia di primo grado poiché non sussisteva, con sufficiente certezza, alcun pericolo attuale, concreto e irreparabile per la pubblica incolumità e per la salute pubblica tale da giustificare l’adozione di una misura contingibile.

Invero, il provvedimento era fondato solo sul principio di precauzione che – pur di assoluta rilevanza nel diritto ambientale interno e comunitario – non legittima di per sé, in difetto di specifiche previsioni normative, l’esercizio di un potere “innominato” di inibizione di attività amministrative ed economiche.

Piuttosto che ricorrere ad un potere non tipizzato, il Comune avrebbe potuto e dovuto manifestare la propria opposizione all’insediamento di nuove attività finalizzate alla gestione e al trattamento dei rifiuti nell’ambito della conferenza di servizi.

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De Cesaris 2021_344

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Cons. Stato, sez. IV, 11 gennaio 2021, n. 344

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