Le condotte esigibili dalle p.a. nella tutela dall’abbandono di rifiuti

18 Feb 2021 | giurisprudenza, amministrativo

di Elisa Maria Volonté

Consiglio di Stato, Sez. IV – 15 dicembre 2020, n. 8054 – Pres. Greco, Est. Carluccio – E. A. V. S.r.l. (Avv. Marone) c. Comune di Marigliano (Avv. Leone).

Quando l’area interessata dall’abbandono di rifiuti sia nella disponibilità di una società pubblica, l’esigibilità delle condotte preventive va parametrata alle capacità organizzative e gestionali della società medesima, la quale dovrebbe essere in grado di funzionalizzare, anche quale esempio del rispetto della legalità, le risorse economiche a disposizione secondo un ordine di priorità, nell’ambito del quale l’incuria gestionale che si traduca in degrado ambientale – anche senza arrivare ad ipotizzare pericolo per l’incolumità pubblica e privata – si pone in diretta violazione di valori presidiati dalla carta costituzionale, ivi incluso il dovere di solidarietà ambientale di cui all’Art 2 Cost..

Il Consiglio di Stato aggiunge un altro importante tassello alla giurisprudenza in tema di responsabilità del proprietario incolpevole ai sensi dell’Art. 192 D.lgs. 152/2006, delineando i comportamenti preventivi esigibili da una società pubblica che abbia la disponibilità delle aree interessante dall’abbandono di rifiuti, al fine di garantire la sicurezza e la sorveglianza delle medesime.

Il caso posto all’attenzione del Consiglio di Stato muove proprio dall’appello proposto da una società pubblica, totalmente partecipata dalla Regione Campania, avverso la sentenza di primo grado[i] con la quale era stato rigettato il proprio ricorso avverso l’ordinanza n. 15 del 23 gennaio 2015 emessa dal Comune resistente, con la quale era stato ordinato all’appellante di rimuovere e smaltire i rifiuti, speciali e non, abbandonati da ignoti nelle aree di pertinenza di due stazioni ferroviarie, di proprietà e nella disponibilità della società pubblica.

La società basa il proprio appello avverso la sopra citata sentenza facendo leva su due principali motivi: la mancanza di comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’Art. 7 L. 241/1990 e la violazione dei principi relativi alla corresponsabilità del proprietario incolpevole dell’abbandono dei rifiuti.

Richiamando la correttezza del ragionamento del giudice di prime cure, il Consiglio di Stato rigetta il primo motivo di appello: vero è, come confermato da granitica giurisprudenza, che con l’Art. 192 D.Lgs. 152/2006 si è inteso rafforzare e promuovere le esigenze di un’effettiva partecipazione dei potenziali destinatari dell’ordine di rimozione dei rifiuti abbandonati al relativo specifico procedimento, con conseguente centralità della preventiva e formale comunicazione dell’avvio del procedimento, la quale costituisce un adempimento indispensabile al fine dell’effettiva instaurazione di un contraddittorio procedimentale con gli interessati[ii]. Pertanto, l’ordine di rimozione può essere adottato esclusivamente in base agli accertamenti effettuati dai soggetti preposti al controllo in contraddittorio con i soggetti coinvolti. Inoltre, l’indispensabilità del contraddittorio viene declinata fino a sostenere l’inapplicabilità del temperamento di cui all’Art. 21 octies L. 241/1990[iii]: ciò al fine di garantire che i titolari di diritti sui beni possano esplicare al massimo i propri diritti di difesa.

Pur dando atto dell’orientamento giurisprudenziale di cui sopra, il Consiglio di Stato adotta un approccio dal medesimo definito “sostanzialistico”, riconoscendo che nel caso in analisi, la comunicazione di avvio del procedimento avrebbe costituito una mera ed inutile duplicazione, che avrebbe avuto come unico effetto quello di allungare ulteriormente i tempi necessari per l’emanazione dell’ordinanza e di aumentare il pregiudizio per l’ambiente. Ed infatti, il Consiglio di Stato sottolinea che la società pubblica intimata era stata prontamente informata dell’esito del sopralluogo della Polizia Municipale, che aveva accertato la presenza dei rifiuti. Essa inoltre, era perfettamente a conoscenza della problematica attinente all’abbandono di rifiuti, tanto da chiedere l’intervento delle forze dell’ordine.

Così argomentando, il Consiglio di Stato ha di fatto abbracciato quell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento non deve essere osservato in maniera meccanicistica e pertanto la validità dell’azione amministrativa non è inficiata, pur omettendo la relativa formalità, se la conoscenza dell’avvio dell’azione stessa fosse comunque intervenuta, e sia stato così concretamente raggiunto lo scopo al quale la previa comunicazione in via generale tende[iv].

Il Consiglio di Stato rigetta altresì il secondo motivo di appello, con il quale la società pubblica ha lamentato la violazione, da parte del giudice di primo grado, dei principi relativi alla corresponsabilità del proprietario incolpevole dell’abbandono dei rifiuti. Ed infatti, insufficiente sarebbe stato il comportamento della società appellante, la quale si sarebbe limitata a segnalare alle autorità l’abbandono di rifiuto da parte di ignoti.

A tal riguardo, il Consiglio di Stato abbraccia in pieno il consolidato orientamento giurisprudenziale che, nell’ambito dell’Art. 192 D.Lgs. 152/2006, richiede un serio accertamento della responsabilità colposa, quale colpa specifica che può essere fondata anche su presunzioni. Tale colpa può essere identificata anche nell’omissione degli accorgimenti e delle cautele richieste dall’ordinaria diligenza per garantire un’effettiva custodia e protezione dell’area: la condotta illecita di abbandono da parte di soggetti terzi ed ignoti non è infatti di per sé sufficiente ad escludere la responsabilità di chi abbia la disponibilità sull’area, interrompendo il nesso causale, qualora tale condotta costituisca un evento prevedibile e prevenibile[v].

Come sottolineato dal giudice di primo grado, la società appellante non ha intrapreso nel tempo nessuna delle iniziative preventive che sarebbero state ragionevolmente esigibili dalle medesima, quali ad esempio l’installazione di sistemi di videosorveglianza o di recinzioni, e che avrebbero potuto impedire o limitare l’illecito sversamento di rifiuti. Né tali comportamenti sarebbero sproporzionati o non esigibili da parte della società pubblica, come confermato da quell’orientamento giurisprudenziale che differenzia il grado di diligenza preteso a seconda che il corresponsabile sia un privato proprietario dell’area, o avente altri diritti sulla stessa, o un ente pubblico: in questo caso, infatti l’esigibilità delle condotte preventive deve essere parametrata alle capacità organizzative e gestionali del medesimo ente.

Ed infatti, il fatto che la società pubblica appellante, erogatrice di un servizio pubblico, avesse la disponibilità delle aree consente di ritenere esigibili e non sproporzionate tutte le iniziative volte almeno a limitare gli illeciti sversamenti di rifiuti. Ciò in quanto la società dovrebbe essere in grado di funzionalizzare le proprie risorse economiche anche a tal fine.

Il Consiglio di Stato, infatti, si spinge fino a ritenere l’inerzia e l’incuria gestionale dell’ente appellante, concretizzatesi nella mancata adozione di azioni preventive per la tutela dell’ambiente, una diretta violazione dei principi costituzionali e, più specificamente dei principi di solidarietà di cui all’Art. 2 Cost., che include ormai incontestabilmente anche il dovere di solidarietà ambientale, gravante sui privati, e ancor di più sugli enti pubblici.

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RGA15 febbraio – EMV-3

NOTE:

[i] T.A.R. Campania, Sez. III, 17 ottobre 2015, n. 4877.

[ii] Ex multiis, T.A.R. Lombardia, Sez. I, 7 gennaio 2020, n. 4; Cons. giust. amm. Sicilia, Sez. giurisd., 28 maggio 2019, n. 497 e T.A.R. Campania, Sez. V, 6 novembre 2018 n. 6448.

[iii] Ex multiis, T.A.R. Lombardia, Sez. I, 7 gennaio 2020, n. 4 e T.A.R. Campania, Sez. V, 6 novembre 2018 n. 6448.

[iv] Cons. giust. amm. Sicilia, Sez. giurisd., 3 giugno 2020, n. 395 e T.A.R. Sicilia, Sez. I, 12 aprile 2019, n. 800.

[v] Ex multiis, Cons. Stato, Sez. IV, 3 dicembre 2020, n. 7657.

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