Obbligo di bonifica da parte del soggetto non responsabile della contaminazione: non è sufficiente la volontaria esecuzione delle indagini preliminari e la redazione del piano di caratterizzazione

02 Feb 2023 | giurisprudenza, amministrativo

di Andrea Gallarini

Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione Quinta, 14 novembre 2022, n. 7051. Pres. Maria Abbruzzese, Est. Gianluca Di Vita – Comune di Montesarchio (Avv. Pellegrino Cavuoto) c. Regione Campania (Avv. Angelo Marzocchella), Provincia di Benevento (Avv.ti Renato Milone e Giuseppe Marsicano), Consorzio Unico di Bacino delle Province di Napoli e Caserta, Omissis (non costituiti) e nei confronti di ARPA Campania, A.S.L. Benevento, Autorità Bacino Distrettuale dell’Appennino Meridionale, Ente Idrico Campano – Distretto Calore Irpino (non costituiti).

La configurabilità di un obbligo di dare corso alle attività di bonifica e di ripristino ambientale non può fondarsi sul contegno collaborativo del soggetto pubblico (nel caso di specie, un comune) che, da tempo, si sia attivato per l’esecuzione delle indagini preliminari e per la redazione del piano di caratterizzazione. La formulazione testuale dell’art. 242 D. Lgs. n. 152/2006 è, infatti, univoca nell’ascrivere unicamente al “soggetto responsabile” le attività in esso previste.

La sentenza in commento è certamente degna di nota in quanto con essa il TAR Campania segna un “punto a favore” di quella posizione – soprattutto dottrinale – che, da tempo, ha sollevato forti critiche nei confronti della tendenza (ormai ben radicata in giurisprudenza) a dilatare oltre misura (e certamente oltre il dato normativo) l’ambito di operatività degli obblighi di cui all’art. 242 D. Lgs. n. 152/2006. Ci si riferisce, in questo caso, alla pretesa di poter addossare – in capo al soggetto non responsabile della contaminazione che abbia assunto volontariamente gli oneri di bonifica di un sito contaminato (e che, quindi, abbia assunto volontariamente la gestione di un affare altrui) – un obbligo di concludere o comunque di proseguire l’intervento di risanamento ambientale così avviato, fino alla individuazione (da parte della PA) del soggetto alla cui condotta siano attribuibili sul piano causale le criticità rilevate in sito.

Va subito detto che la posizione assunta dal Tribunale Amministrativo di Napoli, per quanto condivisibile nei suoi termini assoluti, “mal si adatta” (proprio in ragione di quella formulazione testuale del dato normativo che la sentenza ha inteso tutelare annullando i provvedimenti impugnati) al caso trattato dal giudice partenopeo, nel quale da un lato – secondo quanto riportato nella stessa sentenza che qui si commenta – non sono stati registrati sforamenti delle concentrazioni soglia di rischio (circostanza, quest’ultima, di per sé risolutiva rispetto all’ipotesi di configurare in capo a terzi obblighi di bonifica) e, dall’altro, il soggetto ricorrente, in quanto ente locale, avrebbe certamente dovuto provvedere (in presenza di uno sforamento delle concentrazioni soglia di rischio non riconducibile alla condotta di un soggetto individuato) alla bonifica – ex art. 250 D. Lgs. n. 152/2006 – a prescindere dall’applicazione delle regole in tema di negotiorum gestio.

A latere di tale constatazione, il richiamo contenuto in sentenza alla necessità di un ritorno alla formulazione testuale delle previsioni in tema di bonifica è certamente condivisibile in quanto, sotto questo profilo, la decisione in commento rappresenta una netta cesura rispetto a quella deriva giurisprudenziale – alimentata anche dalla tendenza della magistratura giudicante a costruire le motivazioni delle proprie decisioni sulla base della semplice trascrizione di precedenti sentenze (quasi a voler applicare anche nel nostro ordinamento la regola dello stare decisis) – che, ponendosi spesso in contrasto con il dato normativo, estende la platea dei soggetti tenuti all’adozione di misure di ripristino ambientale.

Posta tale premessa, la vicenda trattata dal TAR Napoli può essere riassunta nei termini che seguono.

Presso la discarica “Tre Ponti”, localizzata nel territorio del Comune di Montesarchio, sono accertati nel tempo ripetuti episodi di fuoriuscita di percolato nella rete di sottoservizi, nel piazzale e in alcune aree esterne al sito.

La Regione Campania avvia il procedimento ex art. 242 D. Lgs. n. 152/2006 e, con decreto dirigenziale n. 45/2021 (conclusivo della relativa conferenza di servizi), approva le risultanze del piano di caratterizzazione condotto dal Comune di Montesarchio e l’analisi di rischio relativa alla discarica, previo recepimento delle prescrizioni formulate da ARPA Campania.

Con il medesimo decreto, al fine di minimizzare il rischio derivante dallo stato di contaminazione del sito, la Regione dispone a carico del Comune di Montesarchio – ai sensi dell’art. 242 comma 7 D. lgs. n. 152/2006 – la trasmissione del progetto operativo di bonifica e di messa in sicurezza operativa.

Con ricorso notificato nel mese di settembre 2021, il Comune di Montesarchio impugna il decreto n. 45/2021 eccependone l’illegittimità per violazione della L. n. 241/1990, eccesso di potere, carenza di istruttoria e violazione del D. lgs. n. 152/2006 e chiedendone l’annullamento (previa sospensione in via cautelare).

In particolare, il Comune di Montesarchio eccepisce:

  • l’illegittimità del decreto impugnato, per violazione dell’art. 14 bis della L. n. 241/1990, in quanto la relativa determinazione in ordine agli interventi di bonifica e messa in sicurezza operativa e permanente avrebbe travalicato l’oggetto della nota di convocazione della conferenza di servizi;
  • l’illegittimità del decreto per mancanza dei presupposti di legge, dal momento che il piano di caratterizzazione non avrebbe individuato alcuna concentrazione di contaminanti superiore alla soglia di rischio ma solo una inadeguata gestione e manutenzione del sito;
  • la carenza di legittimazione passiva ex art. 242 D. Lgs. n. 152/2006, non avendo il Comune di Montesarchio mai gestito il sito di Tre Ponti (e nemmeno avendo mai concorso alla sua individuazione). Secondo quanto riportato in sentenza, infatti, l’apertura della discarica sarebbe stata decisa in forza di un accordo di programma del 2006 al quale avrebbero preso parte solo la Regione Campania, il Commissario di Governo e la Provincia di Benevento.

Proprio in relazione al profilo della carenza di legittimazione, il Comune ricorrente “[…] assume di non essere tenut[o] all’attuazione delle misure di bonifica ai sensi dell’art. 242, comma 7, del D.Lgs. n. 152/2006 il cui obbligo grava, per l’appunto, sul soggetto “responsabile” dell’inquinamento. Unica amministrazione obbligata sarebbe la Provincia di Benevento, in qualità di affidataria dei compiti in materia di ciclo integrato dei rifiuti e la [omissis] S.r.l. – alla quale la Provincia affidava la titolarità del sito con delibera di Giunta n. 29/2010 […]”.

La Provincia di Benevento resiste in giudizio sostenendo “[…] la legittimità delle gravata attività procedimentale rilevando, in sintesi, come il Comune ricorrente si sia da tempo attivato per l’esecuzione delle indagini preliminari e la redazione del piano di caratterizzazione, attività propedeutiche al progetto di messa in sicurezza/bonifica ex art. 242 D.Lgs. n. 152/2006; tanto troverebbe formale conferma anche nel Decreto n. 603/2015 con cui la Regione Campania ha ammesso il Comune ricorrente al finanziamento del progetto per le “indagini preliminari” della discarica consortile […]”.

Con ordinanza n. 1955 del 17 novembre 2021, il TAR Campania accoglie l’istanza cautelare di sospensione del provvedimento impugnato ritenendo il ricorso non sfornito di fumus con specifico riferimento:

  • alla carenza dei presupposti di cui all’art. 242, comma 7, D. lgs. n. 152/2006, che subordina la redazione del progetto operativo di bonifica e le ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale alla dimostrazione che le concentrazioni dei contaminanti presenti in sito risultino superiori alla soglia di rischio;
  • alla violazione dell’art. 242, comma 7 e 244 del D. lgs. n. 152/2006 “[…] in ragione della dedotta carenza in capo al Comune ricorrente della qualità di responsabile dell’inquinamento sul quale grava la [realizzazione] dei predetti interventi […]”.

Successivamente, – con verbale conclusivo della conferenza di servizi del 16 dicembre 2021 – la Regione Campania ribadisce l’obbligo per il Comune di Montesarchio di procedere alla presentazione del progetto di messa in sicurezza del sito ai sensi dell’art. 245 del codice dell’ambiente, “[…] Ciò in quanto […] il Comune di Montesarchio si sarebbe attivato per dare formale avvio alla procedura di verifica e, come si è visto, per tale attività avrebbe ottenuto anche un finanziamento […]”.

Il Comune di Montesarchio impugna tale ulteriore provvedimento con ricorso per motivi aggiunti ribadendo – quanto al profilo oggettivo – le censure relative alla insussistenza dei presupposti di cui all’art. 242 comma 7 D. lgs. n. 152/2006 e, in relazione al profilo soggettivo, l’impossibilità di essere qualificato come “responsabile dell’inquinamento”.

Nel merito il TAR Campania accoglie innanzitutto il primo motivo di censura relativo alla (oggettiva) mancanza dei presupposti richiesti dalla legge ai fini della predisposizione del progetto operativo di bonifica. Nelle motivazioni della sentenza si specifica, infatti, che “[…] L’art. 242, comma 7, subordina il progetto operativo degli interventi di bonifica […] alla dimostrazione che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito risulti superiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR). Tuttavia, nella fattispecie in trattazione non è stato documentato il superamento di tali parametri […]”.

A tale semplice constatazione – di per sè sufficiente ai fini dell’accoglimento del ricorso principale e del ricorso per motivi aggiunti – il TAR Campania fa seguire l’osservazione, certamente più rilevante in questa sede, relativa alla impossibilità di far derivare un obbligo di bonifica e di ripristino ambientale dal semplice contegno collaborativo mostrato dal Comune (che, nel caso di specie, si è attivato ai fini della realizzazione delle indagini preliminari e per la redazione del piano di caratterizzazione e che, a tal fine, ha anche contratto un finanziamento a copertura delle relative spese).

Come detto, tale assunto è motivato sulla base del richiamo alla normativa in tema di bonifiche, che ascrive in capo al “soggetto responsabile” gli obblighi di cui all’art. 242 del D. Lgs. n. 152/2006: “[…] Al riguardo, giova rilevare che la formulazione testuale della richiamata disposizione è univoca nell’ascrivere unicamente al “soggetto responsabile” le attività ivi previste, qualità che il Comune non riveste, stante anche l’assenza di contestazioni sul punto […]”.

Ebbene, se la decisione del TAR Napoli sotto questo profilo è certamente condivisibile – potendo costituire un utile movimento di spinta verso il superamento di quegli orientamenti giurisprudenziale che, di fatto ponendosi in contrasto con il dato normativo, ampliano il novero dei soggetto tenuti all’esecuzione delle opere di bonifica pur in mancanza di responsabilità rispetto alla contaminazione – a parere di chi scrive il giudice partenopeo formula le proprie conclusioni in favore dell’unico soggetto (il Comune di Montesarchio) in relazione al quale, per esplicita previsione normativa, il limite costituito dal riferimento al “soggetto responsabile” non è applicabile.

La normativa in tema di bonifiche di siti contaminati pone, infatti, a carico della Pubblica Amministrazione – per la precisione, a carico del comune territorialmente competente e, ove questo non vi provveda, a carico della regione – l’obbligo di realizzare le procedure di cui all’art. 242 del D. lgs. n. 152/2006 nel caso in cui non vi provvedano direttamente il responsabile della contaminazione (o questo non sia individuabile), il proprietario del sito a altro soggetto interessato.

Il fatto che dal contegno del Comune – che nel caso di specie si è fatto parte diligente realizzando le indagini ambientali e la caratterizzazione del sito – possa o no essere fatta derivare (ammesso e non concesso che vi sia un effettivo sforamento delle CSR, o delle sole CSC per le acque di falda) l’assunzione di un formale impegno – e, quindi, di un obbligo – all’esecuzione delle opere di bonifica diviene circostanza non rilevante, essendo proprio l’ente locale il soggetto comunque tenuto, in ultima istanza, ad eseguire tale attività. Ciò che assume rilievo in simili ipotesi è, forse più correttamente, la verifica in merito alla effettiva ricerca del soggetto responsabile della contaminazione, profilo – quest’ultimo – in relazione al quale il TAR non si è, tuttavia, espresso o comunque in relazione al quale non si rinviene in sentenza alcuna nota critica. Infatti, per quanto il legislatore abbia deciso di addossare in capo alla collettività gli oneri di bonifica – fatti salvi l’onere reale e il privilegio speciale immobiliare – non è possibile prescindere da un approfondito accertamento sul soggetto effettivamente responsabile (eventualmente anche in forma omissiva) delle criticità eventualmente riscontrate in una matrice ambientale.

In conclusione, in una formulazione che trascenda dalla particolare natura del ricorrente, va comunque ribadita l’importanza del principio di diritto contenuto nella sentenza in commento, il quale – peraltro – trova oggi un chiaro “appiglio normativo”.

L’attuale formulazione dell’articolo 245 comma 2 del D. lgs. n. 152/2006 prevede, infatti, espressamente (a seguito delle modifiche introdotte con il D.L. 77/2021) la possibilità per il soggetto non responsabile della contaminazione di eseguire volontariamente il piano di caratterizzazione (con conseguente obbligo per la P.A. di concludere il procedimento di identificazione del soggetto responsabile della contaminazione entro il termine perentorio di 60 giorni dalla trasmissione dei risultati del piano di caratterizzazione, opportunamente validati dall’ARPA territorialmente competente). Tale previsione – da un lato – sembra infatti sottrarre, dall’area di operatività della negotiorum gestio (indirettamente richiamata in giudizio dalla Provincia di Benevento e dalla Regione Campania nel caso oggetto di esame in questa sede), proprio l’ipotesi dell’esecuzione della caratterizzazione da parte di un soggetto non responsabile e, dall’altro, dà conferma alla tesi sostenuta dal TAR Napoli.

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Commento TAR Napoli 7051.2022 (1)

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

TAR Napoli sent 7051_2022

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