Mancata adozione dei piani di gestione dello spazio marittimo ai sensi del d.lgs. 17 ottobre 2016, n. 201: conseguenze sui procedimenti in corso.

04 Apr 2020 | giurisprudenza, amministrativo

Di Elena Capone

Consiglio di Stato, Sez. IV, 02 marzo 2020, n. 1486- Pres. Troiano; Est. Manzione- T.E.R. S.r.l. (Avv. Sticchi Damiani) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri, MATTM e MIBACT (Avvocatura Generale dello Stato).

Il d.lgs. 17 ottobre 2016, n. 201, recante “Attuazione della direttiva 2014/89/UE che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo” all’art. 5, comma 1, ha previsto l’adozione di appositi “piani di gestione”, da approvare entro il 31 dicembre 2020, per regolamentare la gestione dello spazio marittimo, distribuendo in termini spaziali e temporali le pertinenti attività e usi delle acque marine, presenti e futuri, avuto riguardo anche ad impianti ed infrastrutture per la produzione di energie da fonti rinnovabili; l’omessa previsione di una disciplina transitoria, tuttavia, in ossequio al principio generale di continuità dell’azione amministrativa, non può di per sé comportare la sostanziale paralisi di tutti i procedimenti in corso, dovendo al contrario gli stessi essere definiti secondo le regole preesistenti.

In caso di contrasto tra amministrazioni nell’ambito di un procedimento di VIA/VAS è sempre possibile attivare il rimedio generale previsto dall’art. 5, comma 2, lett. c bis), l. 23 agosto 1988, n. 400. Nel declinare, infatti, le prerogative del Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’art. 95 Cost., la norma gli attribuisce anche la facoltà di «deferire al Consiglio dei Ministri, ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti in ordine alla definizione di atti e provvedimenti». La norma peraltro non obbliga il Presidente del Consiglio a sottoporre il conflitto al vaglio del Consiglio dei Ministri (“può”, non “deve” disporne la convocazione), né vincola la scelta di quest’ultimo, che resta un atto di alta amministrazione espressione di amplissima discrezionalità amministrativa.

La sentenza in commento si occupa degli effetti derivanti dalla mancata adozione degli strumenti di pianificazione dello spazio marittimo, denominati “Piani di gestione” e previsti dal D. Lgs. n. 201/2016, recante “Attuazione della direttiva 2014/89/UE che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo”, rispetto ai procedimenti di autorizzazione in corso. In particolare il Consiglio di Stato si sofferma sulle conseguenze della mancata previsione di una disciplina transitoria applicabile nelle more dell’adozione dei Piani citati, poiché, in assenza della previsione normativa di espresse clausole di salvaguardia, essa non può risolversi nella sostanziale paralisi dei procedimenti in corso, dovendo gli stessi continuare ad essere esaminati sulla base delle regole vigenti.

La Società ricorrente ha avviato il giudizio di primo grado impugnando innanzi al TAR Puglia, sede di Lecce, la nota con cui la Direzione generale per le valutazioni e le autorizzazioni ambientali del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (d’ora in avanti MATTM) ha sospeso, in attesa dell’adozione dei Piani di gestione, il procedimento di valutazione di impatto ambientale (VIA) del progetto presentato dalla Società per la realizzazione di un parco eolico off-shore nel tratto di mare antistante la costa di alcuni Comuni del brindisino.

Il giudizio è stato promosso altresì per l’annullamento della nota a firma del Capo del Dipartimento per i coordinamento amministrativo (DICA) della Presidenza del Consiglio dei Ministri, posta a base del provvedimento del MATTM sopracitato, con la quale è stata comunicata l’impossibilità di sottoporre il contrasto sorto tra il MATTM e il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (MIBACT) al Presidente del Consiglio dei Ministri, come previsto dall’art. 5, comma 2, lett. c bis, della L. n. 400/1988, sul presupposto che la mancata attuazione della pianificazione prevista dal D. Lgs. n. 201/2016 non lo consentisse poiché in potenziale contrasto con le esigenze di pianificazione dello spazio marittimo oggetto del sopravvenuto impianto normativo.

Il TAR Puglia, con la sentenza appellata, ha respinto il ricorso ritenendo che la sospensione del procedimento di VIA non avrebbe inciso negativamente nella sfera giuridica della Società ricorrente, essendo ostativi all’accoglimento della relativa istanza i pareri negativi espressi dal MIBACT e dalla Regione Puglia, ritenendo inoltre corretto l’operato del Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri che ha inibito il ricorso alla procedura ex art. 5, comma 2, lett. c bis della L. 400/1988.

La Società ha quindi promosso appello deducendo plurimi errores in iudicando in cui sarebbe incorso il TAR in primo grado.

Il Consiglio di Stato al fine di valutare la vicenda sottoposta al suo scrutinio, ha preliminarmente inquadrato la normativa applicabile ratione temporis al procedimento di VIA oggetto di causa, ripercorrendo le tappe del procedimento arrestatosi con i provvedimenti impugnati.

La Società, infatti, ha avviato il procedimento di VIA con istanza del 28 giugno 2013, per la realizzazione di un progetto riguardante un parco eolico off-shore denominato “Centrale Eolica off-shore Brindisi”.

Come evidenziato dal Collegio, il procedimento sotteso al rilascio del provvedimento è quindi regolamentato dalle disposizioni del Capo IV del D. Lgs. 152/2006 nella versione applicabile ai procedimenti di VIA avviati prima del 16 maggio 2017, in virtù della previsione espressamente contenuta dall’art. 23 del D. Lgs. 16 giugno 2017, n. 104[i].

La relativa istruttoria, dal punto di vista tecnico-scientifico, è stata curata dall’apposita Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale prevista dall’art. 7 del D. Lgs. n. 90/2008, la quale ha espresso parere positivo, contrariamente ai pareri negativi espressi dal MIBACT.

Rileva la Sezione che essendo il parere positivo della Commissione tecnica successivo ai pareri negativi del MIBACT è evidente che con esso il MATTM, competente per l’adozione del provvedimento finale, ha formalmente e implicitamente avallato la legittimità del procedimento nonostante la diversa opinione dell’Amministrazione preposta alla tutela degli interessi paesaggistici, creando così i presupposti per deferire la questione al Presidente del Consiglio dei Ministri per tentare di superare i dissensi contrastanti.

Come evidenziato dal Collegio, infatti, sebbene la funzione di tutela del paesaggio, esercitata dal MIBACT con l’espressione del parere obbligatorio nell’ambito del procedimento di compatibilità ambientale, sia estranea ad ogni forma di attenuazione determinata dal bilanciamento con altri interessi pubblici eventualmente coinvolti, mentre è pacificamente preclusa all’Amministrazione procedente la possibilità di cercare autonomamente di conciliare l’interesse paesaggistico con altri interessi in gioco, compreso quello ambientale appannaggio della Commissione tecnica costituita all’uopo, tali considerazioni non valgono invece per la Presidenza del Consiglio dei Ministri in caso di attivazione della procedura prevista dall’art. 5, comma 2, lett. c bis, L. 400/1988.

Nell’individuare le prerogative del Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’art. 95 della Costituzione, la norma, avente carattere generale e ordinario, gli attribuisce anche la facoltà di «deferire al Consiglio dei Ministri, ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti in ordine alla definizione di atti e provvedimenti»; tale disciplina ad avviso del Consiglio di Stato, può quindi essere applicata alle ipotesi di contrasto tra Amministrazioni statali senza che sia necessario alcun espresso richiamo normativo. Tale interpretazione di applicabilità generale del potere dirimente della valutazione di vertice, era ritenuta compatibile perfino con la previsione, contenuta nel testo previgente dell’art. 26 comma 2 D. Lgs. 152/2006, di un potere sostitutivo della Presidenza del Consiglio dei Ministri solo nel caso di mancata conclusione del procedimento nei termini prescritti. La disposizione citata, infatti, aveva come presupposto il ritardo nell’attività procedimentale ma non sostituiva la previsione generale della L. 400/1988. Tale previsione inoltre, come rileva la Sezione, non costituiva nemmeno il rimedio cui era consentito ricorrere per qualsiasi tipologia di procedimento e contrasto tra autorità coinvolte, ma l’indicazione peculiare e specifica in materia di VIA, espressamente prevista dall’art. 14 quater della L. 241/1990 che, all’originario comma 5, consentiva espressamente «Nell’ipotesi in cui l’opera sia sottoposta a VIA e in caso di provvedimento negativo trova applicazione l’articolo 5, comma 2, lettera c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400, introdotta dall’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303».

All’interno di tale contesto normativo deve quindi inserirsi la richiesta avanzata dal MATTM nel procedimento in oggetto al dichiarato scopo di superare il contrasto tra il parere positivo espresso dalla Commissione tecnica all’uopo prevista e i pareri negativi del MIBACT, e pertanto la scelta del Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha determinato la paralisi dell’istanza ritenendola non esaminabile alla luce della preclusione in tal senso rinvenuta dall’entrata in vigore del D. Lgs. 201/2016, si pone in contrasto con la ricostruzione normativa effettuata dal Consiglio di Stato.

Il Collegio, dopo aver ricostruito l’impianto normativo in cui inquadrare il procedimento di VIA avviato dalla Società, ha quindi ritenuto indebita l’interruzione del procedimento da parte del DICA, il quale, sulla base di un’autonoma interpretazione della normativa sopravvenuta, si è spinto fino ad ingerirsi nel merito del procedimento, ritenendo intangibile lo status quo in materia di spazio marittimo, a prescindere dalla situazione concreta caratterizzata dall’insorgenza di contrasti tra le Amministrazioni coinvolte, sovrapponendosi così anche alla competenza del MATTM che aveva comunque ritenuto di portare avanti il procedimento nonostante l’entrata in vigore del D. Lgs. 201/2016. La nota del DICA, dopo aver richiamato il contenuto degli artt. 5 e 6 del d.lgs. 17 ottobre 2016, n. 201, conclude affermando che in ragione della sicura incidenza degli emanandi strumenti di pianificazione dello spazio marittimo sulle valutazioni da svolgere nel procedimento in esame, «non sussistono, allo stato attuale, i presupposti per compiere l’istruttoria».

In tal modo il Dipartimento avrebbe illegittimamente sottratto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri anche la competenza, ad esso attribuita in maniera esclusiva, sulla valutazione dell’an della eventuale sottoposizione al Consiglio dei Ministri del contrasto emerso.

La Società appellante rileva inoltre come la nota del MATTM, accettando acriticamente la ricostruzione ermeneutica degli uffici dal Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha indebitamente sospeso ad libitum il procedimento, risalente peraltro all’anno 2013, in spregio alle indicazioni al riguardo rivenienti dalla L. n. 241/1990, ed in particolare dal suo art. 21 quater.

Il Collegio sul punto rileva come pur in assenza di una espressa «disciplina normativa transitoria, quanto meno in termini di clausola di salvaguardia, si è inteso attribuire alla mera previsione di un potere/dovere di regolamentazione generale delle risorse il significato di blocco totale di qualunque istanza concernente le stesse». Sovrapponendosi così anche alla competenza del MATTM che non solo non avrebbe potuto attivare l’intervento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ma non avrebbe nemmeno potuto portare avanti l’attività della Commissione tecnica ingenerando inutili e infondate aspettative del privato, «lo stesso parere della Commissione tecnica si porrebbe così in contrasto con l’improcedibilità delle istanze di utilizzo dello spazio marittimo, in quanto rilasciato in epoca successiva all’entrata in vigore del D. Lgs. 201/2016».

L’elaborazione dei Piani di gestione, in virtù della normativa introdotta dal D. Lgs. 201/2016, dovrà avvenire sulla base di Linee Guida redatte da un tavolo interministeriale di coordinamento istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Le citate Linee guida sono state approvate con D.C.P.M. del 1° dicembre 2017 e chiariscono la loro natura di strumento di primo livello, sovraordinato agli ulteriori e previgenti atti di pianificazione della gestione del “territorio marino” il cui contenuto deve necessariamente confluirvi. Infatti, tra i piani di cui la pianificazione marittima dovrà tener conto, rientrano i piani regolatori portuali, i piani paesaggistici, i piani regionali di gestione del demanio marittimo e di zone di mare territoriale, adottati da alcune Regioni come forma attuativa della gestione integrata della zona costiera, ed altri strumenti analoghi. Come previsto dall’art. 5 comma 3 prevede che «I piani e programmi esistenti che prendono in considerazione le acque marine e le attività economiche e sociali ivi svolte, nonché quelli concernenti le attività terrestri rilevanti per la considerazione delle interazioni terra-mare, elaborati ed attuati ai sensi delle disposizioni europee e nazionali previgenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono inclusi ed armonizzati con le previsioni dei piani di gestione dello spazio marittimo».

In fase di prima applicazione i piani di settore attualmente vigenti dovranno essere inclusi ed armonizzati con le previsioni dei piani di gestione dello spazio marittimo di cui all’art. 5 comma 3, mediante il loro inglobamento negli stessi, sebbene con le modifiche necessarie ad armonizzarli con il livello di pianificazione superiore.

Una volta elaborati i piani di gestione dello spazio marittimo saranno invece questi a divenire il riferimento primario per i singoli piani di settore disegnando la cornice entro la quale potranno essere collocati gli obiettivi e le azioni specifiche di essi.

Il Consiglio di Stato rileva come pur nella particolarità dell’oggetto della nuova tipologia di pianificazione, essa non assurge ex se a vincolo di inutilizzabilità, ma al contrario si interseca armonicamente con gli strumenti di governo del territorio già previsti.
Le Linee Guida per la pianificazione dello spazio marittimo, indicano espressamente che i Piani di gestione dovranno attuarne le indicazioni per un processo di pianificazione marittima che, secondo gli obiettivi comunitari, permetta lo sviluppo delle diverse attività marittime, aumenti la fiducia per investimenti in infrastrutture e in altre attività economiche, rispondendo alle peculiarità di ogni area e garantendo prevedibilità, trasparenza e norme più chiare, anche allo scopo di «rafforzare lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e delle relative reti», assicurando altresì una «razionale pianificazione localizzativa degli impianti off-shore, preventiva rispetto alla assegnazione in concessione degli specchi acquei dedicati ed attenta ai valori paesaggistici costieri» inerenti proprio la materia sottesa alla controversia in esame.

La problematica dei rapporti tra piani viene quindi risolta con la prevalenza dei piani di gestione dello spazio marittimo su tutti gli altri, ma allo stesso tempo e prima di prevalere su essi, dovranno essere armonizzati con gli altri piani eventualmente già esistenti.

Il Legislatore, quindi, ad avviso della Sezione, proprio allo scopo di prevenire possibili futuri contrasti, ha valutato di procedere inglobando gli strumenti attualmente vigenti al contenuto del tessuto normativo in fase di realizzazione.

«L’omessa previsione di una disciplina transitoria, in ossequio al principio generale di continuità dell’azione amministrativa, non può di per sé comportare la sostanziale paralisi dei procedimenti in corso, dovendo al contrario gli stessi essere definiti secondo le regole preesistenti», ad avviso del Consiglio di Stato, pertanto, la preoccupazione di non pregiudicare gli obiettivi della futura pianificazione, sottesi alla scelta del DICA, non sarebbe pregiudicata dall’attivazione del procedimento per la risoluzione dei contrasti tra Amministrazioni, ma anzi la porterebbe nell’ambito della decisione di vertice, «L’art. 5, comma 2, lett. c bis) della l. n. 400/1988, infatti, non obbliga il Presidente del Consiglio a sottoporre il conflitto al vaglio del Consiglio dei Ministri (“può”, non “deve” disporne la convocazione), né vincola la scelta di quest’ultimo, che resta un atto di alta amministrazione espressione di amplissima discrezionalità amministrativa».

Pertanto il Consiglio di Stato afferma l’illegittimità del mancato coinvolgimento dell’organo di vertice per autonoma scelta interpretativa degli uffici preposti all’istruttoria.

Con l’ultimo motivo di appello la Società lamenta infine l’improcedibilità ad libitum del procedimento, avendo il MATTM interrotto il procedimento in attesa dell’approvazione dei Piani di gestione che dovrebbe avvenire entro il 31 dicembre 2020, ponendosi in contrasto con il sistema delineato dalla l. n. 241/1990, di cui l’art. 21 quater, laddove consente la sospensione di un provvedimento solo «per gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario», costituirebbe specifica declinazione.

In conclusione la Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto di accogliere l’appello promosso, annullando per l’effetto la sentenza di primo grado, ritenendo che, a prescindere dal richiamo all’art. 21 quater, «l’atto soprassessorio con il quale il MATTM ha rinviato ad un accadimento futuro e incerto almeno nel quando il soddisfacimento dell’interesse pretensivo fatto valere dal privato, costituisce un vero e proprio diniego a provvedere, come tale determinante un arresto a tempo indeterminato del procedimento attivato dal privato, lesivo della posizione giuridica del richiedente (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. IV, 6 dicembre 2019, n. 8349)[…] a fronte della riconosciuta possibilità, vigente ratione temporis, di superare il dissenso insorto in sede di VIA ricorrendo al potere “conciliativo” del Consiglio dei Ministri, ove sollecitato in tal senso dal Presidente del Consiglio, la decisione […] unilateralmente assunta di non consentire neppure l’accesso a tale rimedio, si palesa illegittima, non trovando giustificazione in alcuna indicazione normativa al riguardo. La disciplina del d.lgs. n. 201/2016, infatti, si limita ad individuare nei Piani di gestione lo strumento di coordinamento e concreta realizzazione degli obiettivi europei di un approccio integrato, coordinato e transfrontaliero della pianificazione marittima, senza tuttavia imporre la totale paralisi del settore nelle more della sua attuazione, ma se mai suggerendo una lettura eurounitariamente orientata della disciplina pianificatoria previgente applicabile ai singoli casi di specie.».

Il procedimento illegittimamente interrotto dal DICA dovrà quindi riprendere con il deferimento alla Presidenza del Consiglio dei Ministri del contrasto insorto tra il MATTM e il MIBACT.

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato

Prati-Capone_CdS n. 1486_2020 del 02.03.2020 

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Note: 

[i] D. Lgs. 16 giugno 2017, n. 104 art. 23, comma 2 «I procedimenti di verifica di assoggettabilità a VIA pendenti alla data del 16 maggio 2017, nonché i procedimenti di VIA per i progetti per i quali alla medesima data risulti avviata la fase di consultazione di cui all’articolo 21 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ovvero sia stata presentata l’istanza di cui all’articolo 23 del medesimo decreto legislativo, restano disciplinati dalla normativa previgente.

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