L’unione fa la forza ed è legittimata attivamente (a condizione che sia stabile, rappresentativa e radicata sul territorio)

27 Lug 2021 | giurisprudenza, amministrativo

di Andrea Gallarini

Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, 21 aprile 2021, n. 3247 – Pres. Carmine Volpe, Est.  Francesco Sgambato Pisani – Omissis (Avv.ti Michele Lioi e Michele Greco) c. Regione Veneto (Avv.ti Franco Botteon, Michele Costa, Chiara Drago ed Emanuele Mio), Comune di Trebaseleghe (con avv.ti Stefano Bigolaro, Vittorio Domenichelli e Andrea Reggio d’Aci) e nei confronti di Omissis (con avv.to Bruno Barel e Luigi Manzi).

[Conferma TAR Veneto, Sez. II, n. 1000 del 10 luglio 2014]

Affinché un ente collettivo possa agire a tutela di interessi diffusi, come sono quelli ambientali, per lo natura adespoti, devono essere soddisfatti alcuni requisiti specifici: il soggetto collettivo deve (i) perseguire statutariamente e in modo non occasionale obiettivi di tutela dell’interesse che si assume leso con il provvedimento impugnato, (ii) deve possedere un adeguato grado di rappresentatività e (iii) deve avere un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso. In mancanza di tali presupposti non può essere riconosciuta alcuna legittimazione attiva in capo ad un ente collettivo, con conseguente inammissibilità

Alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso, uno dei più noti cantautori italiani – seppur riferendosi ad un contesto completamente diverso da quello oggetto di analisi in questa sede – affermava che dai diamanti non nasce niente, mentre dal letame nascono i fiori. Oggi, il TAR Veneto – prima – e il Consiglio di Stato, in sede di appello, ci ricordano come dalla contrarietà al biogas (o meglio, dall’opposizione “collettiva” ad un impianto di produzione di energia elettrica mediante impiego di biogas ricavato mediante digestione anaerobica di biomasse) non necessariamente nasca la legittimazione ad agire in capo ad un ente collettivo.

Questi i fatti oggetto di esame da parte dei giudici di Palazzo Spada.

Una associazione non riconosciuta ed alcuni privati cittadini si oppongono alla realizzazione – da parte di una società agricola – di un impianto per la produzione di energia elettrica mediante impiego di biogas, ricavato dalla digestione anaerobica di biomasse.

A tal fine, l’ente collettivo e i singoli ricorrenti impugnano, avanti al TAR Veneto, la denuncia di inizio attività, l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di Trebaseleghe, il parere della Commissione edilizia comunale e l’atto della Regione Veneto di approvazione del piano aziendale dell’impianto. Viene contestato, inoltre, al Comune di Trebaseleghe di non aver esercitato, quanto alla DIA, i poteri inibitori, sanzionatori e di autotutela previsti dalla legge.

Il TAR Veneto dichiara inammissibile il ricorso per difetto di legittimazione dei ricorrenti (ente collettivo e singoli privati cittadini).

Con specifico riferimento all’associazione non riconosciuta, il Tribunale Amministrativo “[…] ha escluso si possa trattare […] di ente esponenziale in via stabile e continuativa di interessi diffusi radicati nel territorio. Ha infatti ritenuto trattasi di associazione a carattere fondamentalmente provvisorio, costituita al solo scopo di opporsi alla realizzazione dell’impianto per cui è causa, formata da un piccolo numero di cittadini proprietari di abitazioni site nelle vicinanze dell’area oggetto di intervento e priva di dotazione apprezzabile di persone e mezzi […]”.

Allo stesso modo, il TAR Veneto ha dichiarato la carenza di legittimazione anche in capo ai singoli ricorrenti persone fisiche, “[…] osservando che nessuno di costoro è proprietario di terreni confinanti con quello in cui l’impianto si trova, che buona parte di essi è anzi titolare di terreni siti a notevole distanza […] e che nessuno degli interessati ha dedotto lesioni concrete ed attuali ad un proprio bene della vita […]”.

L’associazione non riconosciuta e i cittadini ricorrenti in primo grado impugnano la sentenza avanti al Consiglio di Stato, affidando le loro censure a sette differenti motivi (uno solo dei quali – il primo – di interesse in questa sede).

Quanto alla legittimazione dell’ente collettivo, gli appellanti sostengono la presenza attiva dell’associazione sul territorio comunale e contestano l’assunto secondo cui questa sarebbe stata costituita unicamente per contrastare la realizzazione dell’impianto di produzione di energia elettrica mediante biogas.

Costituitesi in giudizio, la società controinteressata, la Regione Veneto ed il Comune di Trebaseleghe hanno evidenziato – in relazione al profilo attinente alla legittimazione dell’associazione – come l’ente collettivo avesse svolto dalla sua costituzione, quale unica iniziativa sul territorio, proprio la proposizione del ricorso contro la realizzazione dell’impianto oggetto del contendere.

Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3247 pubblicata in data 21 aprile 2021, ha rigettato tutti i motivi di impugnazione soffermandosi – in particolare – sulla legittimazione attiva dell’associazione e dei singoli privati cittadini ricorrenti.

La decisione del ricorso in appello diviene, dunque, per i giudici di Palazzo Spada occasione per riconfermare l’orientamento – da ultimo ribadito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 6/2020 – secondo il quale “[…] L’interesse diffuso, che per sua natura è adespota, ovvero non ha un titolare determinato, essendo comune ad una pluralità di cittadini, si personalizza in capo all’ente esponenziale di questa collettività e diviene così azionabile in giudizio. Tuttavia, ciò non avviene senza limiti, perché l’ente collettivo esponenziale deve rispondere a precisi requisiti, ovvero deve “perseguire statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela dell’interesse considerato […] deve “possedere un adeguato grado di rappresentatività e stabilità” e deve “avere un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso […][i].

Ebbene, applicando tale criterio al caso oggetto di esame, il Consiglio di Stato (al pari del TAR Veneto) ha ritenuto non sussistenti tutti i “requisiti minimi” la cui ricorrenza è qualificata come imprescindibile ai fini dal riconoscimento di una legittimazione attiva in capo ad un ente non riconosciuto.

Infatti, quanto agli obiettivi dell’associazione, il Consiglio di Stato ha evidenziato come dal relativo statuto risultasse uno scopo “limitato” alla tutela della cittadinanza, dell’ambiente e del territorio “[…] rispetto agli effetti di un impianto per il trattamento di liquami e/o biomasse e/o biogas […] che verrebbe costruito nella zona […]”. A nulla è valsa in tal senso la modifica dell’oggetto sociale, dovendo i presupposti processuali e in particolare la legittimazione sussistere all’atto della stessa proposizione della domanda.

In relazione al canone della adeguata rappresentatività e stabilità, per il giudice d’appello è stato sufficiente rilevare, da un lato, la coincidenza tra la sede sociale e l’abitazione privata di uno dei soci – dall’altro – il numero del tutto esiguo di associati (poche decine, peraltro in massima parte residenti nelle immediate vicinanze dell’impianto) rispetto alla popolazione residente nel relativo comune di appartenenza (quasi 13 mila persone).

In conclusione, pur non costituendo un precedente di assoluta originalità, la sentenza in commento merita di essere apprezzata in quanto si inserisce nel solco tracciato da quell’orientamento giurisprudenziale che si discosta nettamente da alcuni precedenti che al contrario – sulla base del richiamo al principio di tassatività[ii] – tendono ad escludere la possibilità di attribuire una legittimazione di fatto a qualsiasi soggetto collettivo in grado di dimostrare il possesso dei requisiti di rappresentatività, ovvero di radicamento sul territorio (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 28 maggio 2012 n. 3137 e 16 giugno 2011 n. 3662).

Mutuando le lucide considerazioni svolte dalla Sesta Sezione del Consiglio di Stato nell’ordinanza di rinvio n. 7208/2019 all’Adunanza Plenaria (pronunciatasi poi con la citata sentenza n. 6/2020), si può dunque affermare che “[…] tale indirizzo (quello fatto proprio dalla sentenza in commento, ndr) appare più consono ai valori espressi dalla Carta costituzionale, anzitutto in termini generici perché nel momento in cui, con l’art. 18, si riconosce la libertà di associazione, fra due possibili interpretazioni di una norma è preferibile quella che amplia, e non quella che restringe, le possibilità di azione dell’associazione stessa. Si osserva ancora che, ragionando nei termini opposti, propri dell’indirizzo restrittivo di cui si è detto, si rischierebbe, in ultima analisi, di rimettere alla discrezionalità del legislatore ordinario la tutela in giudizio di interessi di notevole peso e valore sociale, con evidente limitazione dell’effettività della tutela garantita dall’art. 24 Cost. Gli interessi coinvolti, infatti, riguardano settori come l’ambiente, la salute, ovvero, come in questo caso, la stabilità dei mercati finanziari, che i singoli potrebbero proteggere solo agendo in forma associata, con una modalità che del resto è pienamente consona allo spirito dell’art. 2 Cost, che riconosce e garantisce le “formazioni sociali” come luogo in cui la personalità dei singoli va a manifestarsi […]”

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Commento CdS 3247.2021

Per il testo della sentenza cliccare sul pdf allegato (estratto dal sito di Giustizia Amministrativa).

CdS 3247_2021

Note:

[i] Negli stessi termini, ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 16.2.2010, n. 885.

[ii] Vincenzo Lopilato, Manuale di diritto amministrativo, Seconda Edizione, Giappichelli Editore, pag. 227: “[…] Secondo un primo orientamento, più restrittivo […] la legittimazione si fonda sul principio di tassatività, per cui la legittimazione degli enti esponenziali è eccezionale e sussiste nei soli casi espressamente previsti dalla legge. Si sarebbe, pertanto, verificata una progressiva “istituzionalizzazione” della tutela mediante specifici interventi legislativi che, in mancanza di una norma generale, conferiscono, di volta in volta, la legittimazione ad impugnare, con contestuale tassativa indicazione delle azioni esperibili […]”.

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