L’eterno ritorno degli obblighi del proprietario incolpevole

28 Gen 2022 | giurisprudenza, amministrativo

di Federico Vanetti e Carla Piccitto

TAR Lombardia- Milano, Sez. Terza, n. 2491 del 10 novembre 2021 – Pres. S.C. Cozzi, Est. P. Nasini – Condominio di via S. (Avvocato U. Fantigrossi) contro Città Metropolitana di Milano (Avvocati M. Ferrari, N. Gabigliani, A. Zimmitti) e contro Comune di Milano (Avvocati A. Bartolomeo, E. D’Auria, A. Mandarano, A. Moramarco, S. Pezzulo, A. Pelucchi) e nei confronti di G.F., S. S.r.l. in liquidazione (non costituiti)

L’interpretazione letterale, teleologica e sistematica degli artt. 240, 242, 245 del D. Lgs. 152/2006, alla luce dell’insegnamento del Consiglio di Stato in ordine agli obblighi del proprietario incolpevole, porta a ritenere che l’intervento posto a carico del proprietario assuma un necessario carattere “emergenziale” di fronte al verificarsi di un evento che comporti l’insorgenza di un pericolo di contaminazione o di diffusione della contaminazione ovvero, in caso di contaminazioni storiche, l’insorgenza di un pericolo di aggravamento della situazione di contaminazione.

La sentenza affronta ancora una volta la questione degli obblighi che possono essere (legittimamente) posti in capo al proprietario incolpevole e – viceversa – di quelli che andrebbero (altrettanto legittimamente) posti in capo al soggetto responsabile della contaminazione ovvero, in subordine, a carico del Comune o della Regione.

Nella fattispecie la causa primaria della contaminazione era stata individuata in alcune attività industriali condotte sul sito antecedentemente alla edificazione di un nuovo immobile, con accertamento della non responsabilità del condominio ricorrente.

Ciononostante, e nell’inattività da parte del responsabile della contaminazione, l’amministrazione aveva proceduto a ripetute ingiunzioni nei confronti del condominio – riconosciuto quale proprietario incolpevole – fino all’adozione del provvedimento di diffida impugnato dalla parte ricorrente.

In particolare, con tale ultimo atto, la Città Metropolitana di Milano, da un lato, ha diffidato il condominio ad adottare le misure di prevenzione di cui all’art. 245, co. 2, del D. Lgs. 152/2006 per evitare il pericolo di diffusione delle sorgenti di contaminazione in loco e, dall’altro lato, ha diffidato la società responsabile della contaminazione a provvedere alla identificazione e riattivazione del pozzo di sbarramento utilizzato in passato nonché a predisporre il progetto di bonifica della falda. Nella motivazione del provvedimento, poi, la Città Metropolitana contestava al condominio di non aver provveduto a riattivare il pozzo di sbarramento idraulico né di aver condotto una campagna di monitoraggio delle acque di falda onde individuare le sorgenti di contaminazione.

La questione è nota: rilevato un fenomeno di contaminazione, in virtù della gravità del medesimo, possono rendersi necessarie misure di carattere diverso:

  1. Misure di Prevenzione, definite dall’art. 240, co. 1, lett. i “le iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia”;
  2. Messa in sicurezza d’emergenza, definita dall’art. 240, co. 1, lett. m “ogni intervento immediato o a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t) in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente”;
  • Messa in sicurezza permanente, definita dall’art. 240, co. 1, lett. o “l’insieme degli interventi atti a isolare in modo definitivo le fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone e per l’ambiente. In tali casi devono essere previsti piani di monitoraggio e controllo e limitazioni d’uso rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici”.

A quali soggetti le summenzionate misure competano è questione che ha generato un lungo dibattito giurisprudenziale, passato attraverso la Corte di Giustizia e numerose pronunce del Consiglio di Stato, e approdato – come il TAR in commento ricorda – all’ “orientamento giurisprudenziale sufficientemente consolidato secondo il quale, comunque, il proprietario del terreno sul quale sono depositate sostanze inquinanti, che non sia responsabile dell’inquinamento (c.d. proprietario incolpevole), è nondimeno tenuto ad adottare le misure di prevenzione, di cui all’art. 240, comma 1, lett. i) e le misure di messa in sicurezza d’emergenza, di cui all’articolo citato, lett. m), restando la messa in sicurezza definitiva, gli interventi di bonifica e quelli di ripristino ambientale a carico del responsabile della contaminazione, ossia di colui al quale sia imputabile l’inquinamento (in tal senso, TAR Lombardia, sez. III, 5 novembre 2020, n. 2064 che richiama Cons. Stato, sez. V, 12 marzo 2020, n. 1759)”.

Invero, il Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria (ordinanza n. 21/2013) aveva ricostruito il quadro degli obblighi previsti dal D. Lgs. n. 152/2006 riconoscendo in capo al proprietario incolpevole solo l’adozione delle misure di prevenzione e non anche quelle di messa in sicurezza d’emergenza. Arresto confermato poi dalla CGUE (sentenza 5 marzo 2015, causa C-534/2013) e dalla corrente maggioritaria della giurisprudenza successiva[1].

Senza qui voler entrare nel merito di tale dibattito giurisprudenziale, se ne trae che al proprietario incolpevole, dunque, può chiedersi (non certo a titolo sanzionatorio, ma semmai a titolo precauzionale) di adottare le misure di prevenzione e non anche – come l’orientamento richiamato dal TAR Milano ritiene – la messa in sicurezza d’emergenza.

Se una parte, a dire il vero minoritaria, della giurisprudenza amministrativa ha volutamente sovrapposto la nozione di misure di prevenzione a quella di messa in sicurezza d’emergenza, estendendo così ingiustificatamente la portata degli obblighi imputabili al proprietario incolpevole, è necessario qui ribadire che tale orientamento non è in linea con quanto ricostruito dall’Adunanza Plenaria né è conforme al dettato letterale del D. Lgs. 152/2006, il quale invero distingue le due nozioni.

Come già evidenziato da altri Autori[2], le misure di prevenzione e la messa in sicurezza d’emergenza costituiscono interventi giustificati da presupposti in fatto differenti e sono perciò attribuite dalla legge a soggetti differenti.

Il D. Lgs. 152/2006, infatti, impone:

  1. al responsabile della contaminazione l’obbligo di notificare agli enti competenti il pericolo di una contaminazione, mettere in atto le necessarie misure di prevenzione e la messa in sicurezza d’emergenza, nonché principalmente l’obbligo di condurre la procedura di bonifica ( 242 D. Lgs. 152/2006);
  2. all’amministrazione, qualora il soggetto responsabile non sia individuabile o non provveda e qualora non intervengano volontariamente neppure il proprietario incolpevole o altri soggetti interessati, l’obbligo di intervenire compiendo d’ufficio le attività di bonifica. L’amministrazione che interviene in via residuale ha facoltà di iscrivere nei registri immobiliari un onere reale sull’area a seguito dell’approvazione del progetto bonifica ( 250 e art. 253 D. Lgs. 152/2006);
  • al proprietario incolpevole esclusivamente l’obbligo di notificare la scoperta di una potenziale contaminazione alla Regione, alla Provincia e al Comune territorialmente competente e di mettere in atto le misure di prevenzione necessarie per impedire un peggioramento del pregiudizio ambientale (la possibilità di condurre il procedimento di bonifica su base volontaria è esclusivamente una facoltà, non un onere – 245 D. Lgs. 152/2006).

È chiaro, perciò, che il filone giurisprudenziale citato non fa altro che confondere nuovamente, a distanza di anni dall’Adunanza Plenaria, gli oneri attribuibili a ciascun soggetto e che pure la legge delinea con precisione.

Quello che, però, la sentenza in commento non manca di sottolineare – fornendo un importante spunto di riflessione – è che tali obblighi possono essere posti a carico del proprietario incolpevole solamente nella misura in cui sussistano i presupposti in fatto per giustificare l’adozione delle misure di prevenzione o, ancor peggio, di messa in sicurezza d’emergenza.

Viceversa si finirebbe per spostare sul proprietario incolpevole non solamente gli oneri che sarebbero stati del responsabile della contaminazione, ma anche per imporre al proprietario un ruolo vicario rispetto agli obblighi che residuano invece in capo all’amministrazione a tutela dell’ambiente e della collettività. Nell’inerzia del responsabile, infatti lo si è visto, è compito dell’amministrazione avviare d’ufficio le attività di bonifica e, successivamente, rivalersi economicamente sul responsabile. È noto che l’attivazione dell’intervento sostitutivo da parte dell’amministrazione sia questione complessa, ma non perciò può tacersi che, in mancanza del responsabile della contaminazione, l’unico soggetto obbligato per legge alla bonifica sia proprio l’amministrazione.

Ne consegue che dal provvedimento che impone un facere al proprietario incolpevole deve potersi chiaramente evincere il carattere di emergenza, di imminenza del pericolo e di improcrastinabilità dell’intervento per cui si ingiungono al medesimo proprietario compiti che esulerebbero dalla sua sfera di competenza.

Al contrario, difettando, come difettava nel caso all’esame del TAR, il carattere di urgenza che rende necessario in mancanza d’altri l’intervento del proprietario (nella specie la contaminazione risaliva ad oltre trenta anni prima del provvedimento di diffida e l’amministrazione non aveva dato conto di alcun peggioramento né di un pericolo di aggravamento immediato dell’inquinamento), l’obbligo non può dirsi legittimamente imposto.

Nel caso all’esame del TAR, peraltro, il provvedimento finiva per diffidare genericamente ambedue il proprietario e il responsabile della contaminazione, senza curare di distinguere il facere richiesto a ciascuno.

Mancando sia il contesto emergenziale che la chiara distinzione (e la motivazione) delle attività imposte rispettivamente al proprietario incolpevole e al responsabile della contaminazione, il provvedimento gravato finiva solamente per ritardare la programmazione d’ufficio delle attività di bonifica e la successiva rivalsa nei confronti del responsabile, ingiungendo medio tempore al proprietario attività non sorrette da presupposti di fatto adeguati.

La più recente interpretazione che ha a più riprese ampliato il novero delle attività legittimamente imposte al proprietario incolpevole – secondo una lettura estensiva ritenuta maggiormente garantista delle esigenze di tutela dell’ambiente – meriterebbe in ultima analisi di essere riletta alla luce degli effetti concreti che essa comporta quando non sorretta da un’attenta disamina dei presupposti di fatto, finendo per avallare l’inerzia dell’amministrazione nei procedimenti di bonifica d’ufficio e ribaltando su un soggetto incolpevole gli oneri che invece graverebbero su uno, spesso anche noto, colpevole della contaminazione.

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Vanetti Articolo Misure di prevenzione_TAR Lombardia 2491 2021 letto rt

Per il testo della sentenza cliccare sul pdf allegato (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa).

TAR MI Sentenza 10.11.2021 bonifiche

[1] La giurisprudenza ha chiarito che “l’obbligo di bonifica dei siti contaminati grava sul responsabile dell’inquinamento (in base al principio “chi inquina paga”), e non sul proprietario dell’area, con la conseguenza che, una volta riscontrato un fenomeno di potenziale contaminazione, gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza o definitiva, di bonifica, di ripristino e di ripristino ambientale possono essere imposti solo ai soggetti responsabili dell’inquinamento, ossia a coloro che abbiano causato, in tutto o in parte, la contaminazione con un comportamento, commissivo od omissivo, legato all’inquinamento da un preciso nesso di causalità”; invece, in capo al “proprietario o il gestore dell’area non responsabili dell’inquinamento” sussiste “solo l’obbligo di “attuare le misure di prevenzione” (ex multis, TRGA Trento n. 154/2019, TAR Lombardia n. 2088/2017, Consiglio di Stato n. 4099/2016).

[2] Federico Peres, “Misure di prevenzione e interventi di messa in sicurezza d’emergenza”, RGA Online, 21 aprile 2021, secondo cui “Si ritiene che l’orientamento prevalente (ultima citata Cons. St. n. 4248/2020), dal quale si discosta la sentenza in commento, sia da condividere innanzitutto perché, applicando i criteri interpretativi di cui alle disposizioni sulla legge in generale, e ricorrendo pertanto, in primo luogo, all’interpretazione letterale (escludendo l’interpretazione logica e l’applicazione analogica) mantiene distinte le due misure che di conseguenza, sul piano soggettivo, incombono su soggetti diversi. Inoltre, a conferma, il chiaro dato letterale è coerente con la ratio legis che vede a monte il principio chi inquina paga; ed invero, una cosa è chiedere al proprietario di reagire, nell’immediato, per stoppare una minaccia proveniente da un incidente in corso o dalla scoperta di una contaminazione storica con pericolo di aggravamento, un’altra – e in contrasto con il richiamato principio – è pretendere da lui interventi di Mise che – come noto – possono essere incompatibili, sul piano temporale, con un’azione immediata, durare diversi anni e avere costi elevatissimi che debbono essere posti a carico del responsabile (o, in subordine, del proprietario nei limiti dell’onere reale e previa bonifica realizzata d’ufficio dalla P.A.). Ultimo, non per importanza, la correttezza dell’orientamento prevalente è già stato sottoposto al vaglio della Corte di Giustizia e questa lo ha riconosciuto conforme al diritto dell’Unione Europea; ciò rileva vieppiù in quanto, come si legge nella ordinanza n. 19598 (ud. 07.07.2020) 18.09.2020 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione Civile, le statuizioni della Corte di Giustizia hanno, al pari delle norme comunitarie direttamente applicabili cui ineriscono, operatività immediata negli ordinamenti interni (in tal senso, Corte costituzionale, 13 luglio 2007, n. 284) ed obbligano gli Stati membri ad adottare tutte le misure idonee ad adeguare il proprio ordinamento alle norme del diritto dell’Unione. Ora, se il principio chi inquina paga è pacifico e univocamente applicato dalla giurisprudenza, lo stesso non sempre si può dire per il corollario chi non inquina non paga.”

 

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