di Paolo Roncelli
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV – 24 gennaio 2020, n. 567 – Pres. Poli, Est. Martino – Ricorso n. 6469/2017: Pagnan Finanziaria S.p.A. (Avv. Francesco Volpe) c. Ministeri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, della salute, e delle infrastrutture e trasporti (Avvocatura generale dello Stato), Regione Veneto (Avv.ti Andrea Manzi, Tito Munari, Francesco Zanlucchi ed Ezio Zanon), Comune di Venezia e Provincia di Venezia (non costituiti) e nei confronti del Consorzio Venezia Nuova in straordinaria e temporanea gestione ai sensi dell’art. 32, comma 1, d.l. 24.06.2014, n. 90 (Avv. Marco D’Alberti) – Ricorso n. 6532/2017: Consorzio Venezia Nuova in straordinaria e temporanea gestione ai sensi dell’art. 32, comma 1, d.l. 24.06.2014, n. 90 (Avv. Marco D’Alberti) c. Ministeri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, della salute, e delle infrastrutture e trasporti (Avvocatura generale dello Stato), Regione Veneto (Avv.ti Andrea Manzi, Tito Munari, Francesco Zanlucchi ed Ezio Zanon), Comune di Venezia e Provincia di Venezia (non costituiti) e nei confronti di Vinyls Italia S.p.A. in amministrazione straordinaria e Pagnan Finanziaria S.p.A. (non costituite)
Lo strumento dell’accordo di programma, contemplato anche dall’art. 246 del codice dell’ambiente, si ricollega alla possibilità per il proprietario non responsabile di attivarsi di sua iniziativa per realizzare gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza, di bonifica e di ripristino ambientale. Nella specie, l’adesione all’Atto integrativo dell’Accordo di Programma per la Chimica di Porto Marghera comporta per gli aderenti l’assunzione dell’impegno al rispetto delle azioni di risanamento, messa in sicurezza e bonifica individuate dalle Autorità competenti nell’ambito delle procedure riconducibili a detto Accordo.
L’adesione all’Atto integrativo non può avvenire nei soli limiti dell’inquinamento eventualmente provocato dalla singola società, ma ha carattere incondizionato ed implica l’assunzione dell’impegno ad eseguire il risanamento dei terreni secondo le direttive derivanti dal Masterplan delle bonifiche dei siti inquinati di Porto Marghera.
Gli obblighi derivanti dall’Accordo per le imprese aderenti non sono legati da un vincolo sinallagmatico di scambio con l’erogazione dei contributi pubblici richiamati dall’Atto integrativo, avendo i proprietari non responsabili interesse ad accelerare o incentivare la possibilità di utilizzo dei siti inquinati, così evitando gli oneri reali conseguenti all’attuazione degli interventi di ripristino ambientale da parte dei soggetti pubblici competenti.
Con la sentenza in esame il Consiglio di Stato ha deciso in relazione a due ricorsi con cui rispettivamente la S.i.l.o. Pagnan S.r.l. (successivamente confluita in Pagnan Finanziaria S.p.A.) e il Consorzio Venezia Nuova impugnavano la sentenza del T.A.R. Veneto, Venezia, Sez. III, n. 65 del 23.1.2017.
Per quanto riguarda la S.i.l.o. Pagnan S.r.l., la stessa era proprietaria di un’area fortemente inquinata nel Comune di Venezia, località Malcontenta, ricadente all’interno del sito di interesse nazionale delimitato con decreto del Ministero dell’Ambiente del 23.2.2000. Tale area era originariamente di proprietà della Sicedison S.p.A. (in seguito confluita nella Montedison S.p.A.), che l’aveva ceduta ad altra società che a sua volta l’aveva venduta alla Pagnan S.p.A., dante causa della S.i.l.o. Pagnan S.r.l. Quest’ultima sosteneva che, sebbene la compromissione ambientale del sito dovesse essere imputata esclusivamente alle attività altamente inquinanti già svolte dalla Sicedison S.p.A., la conferente Pagnan S.p.A. aveva nondimeno deciso di aderire nel maggio 2003 all’Atto integrativo dell’Accordo di Programma per la Chimica di Porto Marghera. Ciò, tuttavia, solo nel limite dell’inquinamento da essa eventualmente provocato, in ottemperanza al principio “chi inquina paga”.
Con l’impugnazione degli atti con cui le erano state impartite specifiche prescrizioni (dopo il subentro alla Pagnan S.p.A.), la S.i.l.o. Pagnan S.r.l. sosteneva quindi che la realizzazione delle misure di messa in sicurezza del proprio sito e la predisposizione di un progetto di bonifica le erano stati imposti senza che fosse stato previamente individuato il soggetto responsabile dell’inquinamento dell’area e comunque dopo che la vera responsabile (Montedison) aveva concluso un accordo transattivo con lo stesso Ministero dell’Ambiente. Sosteneva quindi che tutti gli atti della serie procedimentale impugnata erano illegittimi in quanto vi era stata tale transazione.
Il T.A.R. respingeva il ricorso, considerando dirimente il fatto che nel maggio 2003 la Pagnan S.p.A. avesse chiesto spontaneamente di aderire all’Accordo di Programma di cui sopra, impegnandosi ad effettuare un’indagine sullo stato di inquinamento dei suoli e della falda e a risanare i terreni secondo le direttive del Masterplan delle bonifiche; impegni che costituivano le ineludibili condizioni dettate dall’Atto integrativo dell’Accordo di Programma stesso per consentire ad una società terza (compresa nel sito di interesse nazionale) di aderirvi beneficiando dei contributi pubblici previsti ex art. 17, comma 6 bis, del d.lgs. n. 22/1997. Secondo il T.A.R., inoltre, l’adesione della predetta società non era circoscritta nel limite dell’inquinamento da essa provocato, ma la impegnava al rispetto delle azioni di risanamento, messa in sicurezza e bonifica individuate dalle Autorità competenti, a prescindere dall’accertamento della responsabilità dell’inquinamento. L’adozione delle prescrizioni nei confronti della S.i.l.o. Pagnan S.r.l., peraltro, scaturiva dall’atto volontario di adesione della Pagnan S.p.A., cui la ricorrente era subentrata nella titolarità dell’area e dunque nella sua stessa posizione procedimentale.
La sentenza veniva impugnata dalla S.i.l.o. Pagnan S.r.l., che sosteneva tra l’altro che l’adesione all’Accordo di Programma non implicava obblighi di bonifica in capo alla Pagnan S.p.A. e dunque in capo all’appellante. Poiché inoltre la società aveva presentato la domanda di adesione tardivamente, l’Accordo in questione non si era perfezionato nei suoi confronti.
Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso, preliminarmente rilevando (a) come sia stata omessa la specifica impugnazione dei capi della decisione di primo grado relativi al riconoscimento della responsabilità dell’originaria ricorrente (e delle sue aventi causa) sotto il profilo dell’aggravamento della compromissione dell’ambiente per effetto di una condotta omissiva; (b) l’inammissibilità dell’appello nella parte in cui viene dedotta per la prima volta in tale grado la questione della pretesa inefficacia dell’Accordo per la Chimica di Marghera nei confronti dell’appellante, dal momento che nel grado precedente oggetto del contendere era stata solo l’interpretazione del contenuto dell’adesione della società Pagnan, che pretendeva di limitarla all’inquinamento da essa eventualmente provocato.
Ha osservato al riguardo il Consiglio di Stato come in realtà lo strumento dell’accordo di programma, contemplato anche dal codice dell’ambiente (art. 246), si ricolleghi proprio alla possibilità per il proprietario non responsabile di attivarsi di sua iniziativa per realizzare gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza, bonifica e ripristino ambientalei. Ed infatti sempre il T.A.R. Veneto in precedenza ha espressamente individuato in detto accordo la fonte del vincolo che impegna il proprietario o detentore dell’area (sia esso il responsabile dell’inquinamento o meno) ad eseguire le azioni di bonifica previste dall’accordo stesso, sottolineandone la forza vincolante e chiarendo in particolare che l’adesione ad esso obbliga il proprietario a seguire tutte le fasi del procedimento di bonifica, a prescindere da ogni accertamento in ordine alla responsabilità per l’inquinamentoii.
Lo stesso codice dell’ambiente, del resto, con l’art. 252 bis prevede che il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dello sviluppo economico possano stipulare accordi di programma con uno o più proprietari di aree contaminate o altri soggetti interessati ad attuare progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica, e di riconversione industriale e sviluppo economico in siti di interesse nazionale al fine di promuovere il riutilizzo di tali siti in condizioni di sicurezza sanitaria e ambientale, e di preservare le matrici ambientali non contaminateiii.
Peraltro, il Consiglio di Stato ha ritenuto che le deduzioni dell’appellante circa l’inefficacia dell’Accordo per la Chimica di Porto Marghera fossero infondate anche nel merito, posto che le modalità di approvazione dell’Atto integrativo rientrano pienamente nello schema civilistico del contratto per adesione, sia pure con gli adattamenti richiesti dall’oggetto, di interesse pubblico, del citato Accordo. Ciò in quanto l’adesione delle altre parti, se espressa adeguatamente, integra l’accettazione, con conseguente conclusione del contratto nel momento in cui il proponente (i.e. il soggetto che ha predisposto le condizioni di adesione) ha conoscenza dell’accettazione stessa.
Quanto al termine per l’adesione all’Accordo per la Chimica di Marghera, il Consiglio di Stato ha ritenuto che il superamento di esso possa essere fatto valere dai soli enti e amministrazioni firmatari, e non già dalle imprese aderenti per contestarne l’efficacia nei propri confronti, trattandosi di termine acceleratorio previsto per dare tempestiva attuazione alle azioni di risanamento di cui al Masterplan delle bonifiche.
Con riferimento poi all’assunto di cui si è detto, secondo cui l’adesione sarebbe avvenuta nei soli limiti dell’inquinamento eventualmente provocato dalla società Pagnan, il Consiglio di Stato ha mostrato di recepire integralmente la prospettazione dell’impugnata sentenza del T.A.R. circa il carattere incondizionato dell’adesione stessa all’Atto integrativo, con la contestuale assunzione dell’impegno ad eseguire il risanamento dei terreni secondo le direttive del Masterplan delle bonifiche.
Il Consiglio di Stato ha evidenziato inoltre come gli obblighi derivanti dall’Accordo per le imprese aderenti non siano legati da una sorta di vincolo sinallagmatico con l’erogazione dei contributi pubblici richiamati dall’Atto integrativo, atteso che l’adesione dei proprietari non responsabili all’Accordo si spiega con l’interesse ad accelerare o incentivare la possibilità di utilizzare i siti inquinati, ovvero di evitare gli oneri reali conseguenti all’attuazione degli interventi di ripristino ambientale da parte dei soggetti pubblici competentiiv.
Infine, in relazione all’oggetto delle obbligazioni assunte dalle società aderenti, il Consiglio di Stato ha concluso che l’obiettivo del risanamento deve essere parametrato alla riconduzione delle sostanze inquinanti nei limiti di legge, in conformità delle azioni definite in conferenza dei servizi dalle autorità competenti.
Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale di Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.
SCARICA L’ARTICOLO IN FORMATO PDF
Note:
i Secondo T.A.R. Veneto, Venezia, Sez. III, 19.02.2020, n. 182, che richiama proprio l’impugnata sentenza del T.A.R. n. 65 del 23.1.2017, infatti, “un obbligo di bonifica a carico del proprietario può, tuttavia, sorgere anche dall’iniziativa spontanea dell’interessato ovvero da un atto unilaterale, da un contratto e più in generale da una fonte negoziale in senso lato (cd. obbligo negoziale di bonifica). L’art. 245, comma 2, ultimo periodo, del D.lgs. n. 152/2006 prevede che la bonifica dei siti contaminati può innanzitutto conseguire all’iniziativa spontanea degli interessati”. Cfr. altresì T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 29.06.2016, n. 1297, secondo cui “è possibile che un obbligo di bonifica sorga a carico di soggetti privati non autori dell’inquinamento anche da fonte contrattuale o negoziale in senso lato, in particolare attraverso l’approvazione di piani urbanistici, dai quali derivi per il privato un obbligo di bonifica a fronte spesso di vantaggi riconosciuti dall’amministrazione sull’utilizzo futuro dell’area”. Cfr. infine T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 14.07.2015, n. 1652.
ii Cfr. T.A.R. Veneto, Venezia, Sez. III, 11.05.2017, n. 468.
iii Cfr. l’art. 252-bis del codice dell’ambiente. Cfr. altresì Quaranta-Cavanna, La nuova transazione ambientale: il legislatore spariglia le carte?, in Amb. & Svil., 2016, pp. 262 e ss.
iv Si vedano l’art. 253 del Codice dell’Ambiente e, in precedenza, l’art. 17, comma 10, del D.Lgs. n. 22/1997.