di Eleonora Gregori Ferri
T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. II, 7 maggio 2020, n. 751 – Pres. Caso, Est. Cordì – A. S.r.l. (Avv.ti Roderi e Turi) c. Comune di Desio (Avv. Fossati) e n.c. di Provincia di Monza e Brianza (Avv.ti Fiori e Viviani)
Il paesaggio rappresenta un patrimonio di risorse identitarie non riducibili alle sole bellezze naturali o alle testimonianze storico-artistiche di eccezionale valenza, ma assume rilievo ogni qual volta sussistano elementi morfologici a cui sia attribuibile una valenza estetica.
L’urbanistica e il correlato esercizio del potere di pianificazione non possono essere intesi solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, ma devono essere agiti come intervento sul territorio in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo.
Le aree verdi non sono soltanto le porzioni di territorio volte a soddisfare in modo diretto e immediato interessi agricoli, ma anche aree la cui destinazione a verde è necessaria a compensare gli impatti dell’espansione dell’aggregato urbano.
Il contenzioso alla base della pronuncia in esame ha origine da due giudizi riuniti, aventi ad oggetto la scelta di imprimere una destinazione agricola ad un’area sita al confine di un territorio comunale e compresa, in precedenza, in un ambito di trasformazione con destinazione commerciale e direzionale.
Nella vicenda si è discusso in merito alla legittimità del mutamento di destinazione d’uso di tale area, da terreno edificabile a terreno agricolo; mutamento introdotto e confermato da due successive varianti al Piano di Governo del Territorio (PGT) comunale e dal Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale.
In particolare, la nuova pianificazione territoriale ha eliminato l’ambito di trasformazione di cui si è detto e ha inserito l’area tra le zone destinate all’agricoltura e alla compensazione ambientale.
Pertanto, la contestazione ha riguardato la supposta impossibilità di annullare la vocazione edificatoria dell’area, sia in quanto la stessa era oggetto di un piano attuativo già adottato che ne confermava l’edificabilità, sia per la carenza di rilievo agricolo e di valenza paesaggistica della stessa.
A prescindere dall’esistenza, sull’area, di un piano attuativo adottato e non approvato – che per costante giurisprudenza[i] non configura un legittimo affidamento del privato al mantenimento della destinazione urbanistica prevista dal piano stesso negli atti di pianificazione generale successivi – la sentenza in commento dedica ampio spazio al rapporto tra pianificazione urbanistica e paesaggio, dando rilevanza, altresì, ai fini dell’analisi del caso in esame, alla verifica in concreto della situazione di fatto dell’area stessa.
Invero, secondo il giudice amministrativo, proprio la particolare posizione territoriale dell’area, posta in continuità con altri ambiti agricoli di interesse strategico, nonché la collocazione della stessa all’interno della rete verde di ricomposizione paesaggistica, sono elementi che già in fatto provano la valenza agricola dell’area e, dunque, la legittimità della decisione pianificatoria assunta dagli Enti.
Una scelta, quella di recuperare la vocazione agricola dell’area, che secondo il TAR non solo è linea con le caratteristiche dell’area, bensì persegue interessi pubblici ampiamente meritevoli di tutela. Fra questi, il giudice richiama la limitazione del consumo di suolo in spazi densamente urbanizzati e la conservazione di una connessione ecologica tra aree urbane di comuni contermini.
Risulta quindi corretto il nuovo inquadramento urbanistico dell’area, che preserva la percezione e la riconoscibilità dei diversi scenari urbani, contribuendo alla tutela del paesaggio nel suo complesso.
Quel paesaggio che, secondo l’accezione affermatasi a livello internazionale e fatta propria anche dal legislatore italiano con la ratifica della Convenzione Europea del Paesaggio del 2000[ii], non coincide esclusivamente con le cd. “bellezze naturali”, né con il patrimonio storico, archeologico e artistico e nemmeno con i cd. “beni ambientali”, ma “supera le sovrapposizioni spesso presenti nella legislazione interna tra ambiente, paesaggio e beni culturali” per comprendere tutto il “patrimonio di risorse identitarie” proprie di un determinato territorio.
Risorse “non riducibili alle sole bellezze naturali in sé o alle testimonianze storico-artistiche di eccezionale valenza, ma [che assumono] rilievo ogni qual volta sussistano elementi morfologici a cui sia attribuibile una valenza estetica”[iii].
Si tratta di valori alla cui tutela concorre l’esercizio del potere di pianificazione territoriale, all’interno del quale, dunque, “devono trovare spazio anche esigenze di tutela ambientale ed ecologica, tra le quali spicca proprio la necessità di evitare l’ulteriore edificazione e di mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi”[iv].
Ciò in quanto “l’urbanistica ed il correlato esercizio del potere di pianificazione non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, così offrendone una visione affatto minimale, ma devono essere ricostruiti come intervento degli Enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo, per cui l’esercizio dei poteri di pianificazione territoriale ben può tenere conto delle esigenze legate alla tutela di interessi costituzionalmente primari, tra i quali rientrano, appunto, quelli contemplati dall’articolo 9 della Costituzione”[v].
Tanto è vero che, nell’ambito della pianificazione urbanistica, la scelta di destinare un’area a verde agricolo “non implica necessariamente che la stessa soddisfi in modo diretto e immediato interessi agricoli”, ben potendo essere dettata anche da esigenze di tutela ambientale, ecologica e paesaggistica. È dunque conforme ai parametri di riferimento dell’azione amministrativa la scelta che mira a preservare le aree verdi, che “non sono soltanto le porzioni di territorio volte a soddisfare in modo diretto ed immediato interessi agricoli ma anche le aree alle quali simile destinazione è impressa al fine di evitare ulteriori edificazioni, compensando gli effetti dell’espansione dell’aggregato urbano”[vi].
Per il testo della sentenza cliccare sul pdf allegato (estratto dal sito di Giustizia Amministrativa).
Gregori Ferri_TAR_MILANO_751_2020
NOTE:
[i] Cfr., ex multis, T.A.R. Lombardia – Milano, sez. II, 21 gennaio 2019, n. 119; T.A.R. Lombardia – Milano, sez. II, 30 maggio 2019, n. 1235.
[ii] Ratificata dall’Italia con L. n. 14 del 2006.
[iii] Si veda paragrafo 26.6 della sentenza in commento.
[iv] Cfr. Consiglio di Stato, IV, 21 dicembre 2012, n. 6656; T.A.R. Lombardia – Milano, Sez. II, 14 febbraio 2020, n. 309.
[v] Si veda paragrafo 26.7 della sentenza in commento. Cfr. T.A.R. Lombardia – Milano, Sez. II, 14 febbraio 2020, n. 309; Consiglio di Stato, IV, 10 maggio 2012, n. 2710; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 18 giugno 2018, n. 1534.
[vi] Si veda paragrafo 36.5 della sentenza in commento. Cfr. T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 14 febbraio 2020, n. 309.