La ricerca dei responsabili dell’inquinamento e gli obblighi inderogabili della P.A. nel procedimento di bonifica

02 Nov 2023 | giurisprudenza, amministrativo, in evidenza 1

di Luca Prati

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1879 del 18 luglio 2023

L’assunzione volontaria dell’obbligo di bonifica da parte del proprietario dell’area non esclude il potere/dovere dell’amministrazione di individuare il responsabile dell’inquinamento né elide il dovere di quest’ultimo di porre rimedio all’inquinamento stesso

La sentenza del TAR Lombardia in commento ribadisce che, come più volte osservato in giurisprudenza l’assunzione volontaria dell’obbligo di bonifica da parte del proprietario dell’area non esclude il potere/dovere dell’amministrazione di individuare il responsabile dell’inquinamento ai sensi dell’art. 244, co. 2, d.lgs. 152/2006 né elide il dovere di quest’ultimo di porre rimedio all’inquinamento stesso (cfr. Consiglio di Stato, VI, 4 agosto 2021, n. 5742; Cons. Stato, Sez. IV, 1 aprile 2020, n. 2195; Id., Sez. VI, 4 agosto 2021, n. 5742; nel medesimo senso si sono espressi anche: T.A.R. Milano, Sez. IV, 15 aprile 2015, n. 940; Id., 2 luglio 2015, n. 1529; T.A.R. Brescia, Sez. I, 21 ottobre 2022, n. 984).

Ciò per l’ovvia considerazione secondo cui l’identificazione del responsabile costituisce un’attività doverosa posta a presidio del principio “chi inquina paga” e del primario interesse alla rimozione della fonte dell’inquinamento. Pertanto, conclude il TAR, “fintanto che siffatto interesse non trovi piena soddisfazione con la completa rimozione delle passività ambientali, permane il dovere di identificare il soggetto autore della contaminazione”.

Il TAR dà anche atto dell’orientamento giurisprudenziale secondo cui colui che assume su di sé volontariamente l’obbligo di bonifica sarebbe per ciò stesso vincolato a portare lo stesso a termine (Cons. Stato, Sez. IV, 26 luglio 2021, n. 5542; Id. VI, 4 agosto 2021, n.5742; T.A.R. Milano, Sez. III, 24 gennaio 2022, n.156), affermando tuttavia che anche in tale ipotesi  l’esigenza di individuare il responsabile nonostante la pendenza di un procedimento di bonifica non venga meno (T.A.R. Milano, Sez. IV, 15 aprile 2015, n. 940).

Il TAR ricorda anche come il dovere dell’amministrazione di provvedere in proprio alla bonifica dell’area contaminata scatti unicamente quando il responsabile non sia individuabile o non provveda, sempre che non vi abbia provveduto il proprietario del sito né altro soggetto interessato (art. 244, co. 4, TUA). Pertanto, alla luce del carattere volontario dell’intervento del proprietario incolpevole e della natura residuale della bonifica ad opera della pubblica amministrazione, la mancata identificazione del responsabile determinerebbe la frustrazione sia del principio “chi inquina paga”, sia dell’interesse pubblico alla rimozione dell’inquinamento.

L’orientamento cui aderisce il TAR Lombardia si discosta (a nostro parere correttamente) da due recenti pronunce del Consiglio di Stato, (Consiglio di Stato, IV, n. 5863 e Consiglio di Stato, V, n. 5864 del 12 luglio 2022) che hanno invece considerato legittimo il rifiuto dell’Amministrazione all’individuazione del responsabile stante l’avvenuta attivazione, su base volontaria, dei proprietari delle aree interessate dall’inquinamento.

Partendo invece dal presupposto fatto proprio dalla prevalente giurisprudenza, secondo cui l’individuazione del responsabile dell’inquinamento è un atto dovuto, la cui inosservanza espone anche a responsabilità i funzionari che abbiano omesso di provvedervi, si rende opportuna qualche ulteriore riflessione riguardo ai soggetti che devono essere fatti oggetto del procedimento di cui all’art. 244 del D. Lgs. 152/2006, specie nell’ipotesi in cui la persona giuridica che abbia esercitato l’attività inquinante sul sito abbia cessato di esistere o sia divenuta incapiente.

Viene immediatamente in rilievo, a tale proposito, la figura degli amministratori.

La giurisprudenza penale ha infatti costantemente affermato che “Nell’obbligo di controllo incombente su chi riveste formalmente la carica di amministratore rientra anche quello, in materia ambientale, sull’operato dei dipendenti della società che abbiano posto in essere la condotta di abbandono di rifiuti indipendentemente dal luogo in cui si è consumata, così come di chi, gestendo in concreto la società, abbia assunto tale iniziativa in violazione delle norme che impongono l’osservanza di specifiche procedure per il loro smaltimento”. (Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 5601 del 12 febbraio 2021). E ancora:  «In tema di gestione dei rifiuti, ai fini della individuazione del soggetto responsabile per l’omessa bonifica, ex art. 257 d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, in caso di successione nelle organizzazioni complesse nella carica di amministratore, è configurabile la responsabilità dell’amministratore subentrante, atteso che su questi grava l’obbligo di verifica della realtà gestionale, con riferimento ai progetti di bonifica approvati o da eseguire, ed alla sussistenza delle condizioni di fatto che impongono di procedere alla bonifica per le pregresse attività di contaminazione». (Cass. Pen. Sez. III pen., 21 aprile 2016, n. 29627).

Sul punto è intervenuto anche il Giudice Amministrativo; il Consiglio di Stato, (Sez. IV, 8 giugno 2021 n. 4383) ha ribadito che “Ai sensi dell’art. 2476 c.c. gli amministratori (dunque, anche i soci amministratori) sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società. Tra questi doveri vanno annoverati certamente anche quelli ambientali. Tuttavia, la responsabilità non si estende a quegli amministratori (o soci amministratori) che dimostrino di essere esenti da colpa e che, essendo a cognizione dell’atto che si stava per compiere, abbiano fatto constare il proprio dissenso”.

L’orientamento più recente della giurisprudenza amministrativa è poi nel senso della trasmissibilità dell’obbligo ripristinatorio agli eredi (indipendentemente dalla loro qualità di titolari del sito inquinato) e più in generale, in caso di successione a titolo universale (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, Sent., 22/04/2022, n. 3104; Cons. Stato, sez. II, 6 maggio 2021, n. 3535; T.A.R. Pescara, sez. I, 23 marzo 2019, n. 86; T.A.R. Piemonte, sez. I, 31 ottobre 2020, n. 653).

Nonostante la responsabilità solidale degli amministratori con la società per i danni arrecati da quest’ultima a causa dell’inosservanza degli obblighi ambientali (tra cui vi quello di attivare il procedimento di bonifica), occorre però operare alcuni distinguo. In un caso infatti il Consiglio di Stato ha ritenuto di dover precisare che perché possa configurarsi un cumulo della responsabilità societaria con quella degli amministratori “occorre che l’amministrazione compia una sforzo probatorio aggiuntivo e ulteriore, diretto a dimostrare che la condotta delle persone fisiche amministratrici abbia aggiunto un sovrappiù di efficienza causale nella determinazione dell’inquinamento, che vada al di là della ordinaria attività produttiva, imponendo, ad esempio, modalità, tecniche, strumenti nel ciclo produttivo (o in quello dei controlli aziendali) tali da aggravare (o male prevenire) il rischio di inquinamento” (Consiglio di Stato, parere n. 12022/2019).

Sembra quindi si possa affermare che mentre la responsabilità della persona giuridica dipende esclusivamente dall’accertamento del nesso causale tra condotta inquinante ed evento, perché tale responsabilità possa estendersi agli amministratori è necessario anche l’elemento soggettivo del dolo o della colpa. Colpa che potrebbe consistere, naturalmente, non solo nell’aver consentito le attività illecite da cui è intervenuto l’inquinamento, ma anche nella condotta omissiva costituita dal non avere attivato le procedure di bonifica cui l’ente era tenuto. Come sopra ricordato infatti la Cassazione penale ha già ritenuto sussistere la responsabilità dell’amministratore anche in relazione “alla sussistenza delle condizioni di fatto che impongono di procedere alla bonifica per le pregresse attività di contaminazione» (Cass. Pen. Sez. III pen., 21 aprile 2016, n. 29627).

Nell’ambito della ricerca dei soggetti responsabili dell’inquinamento non va poi dimenticata la responsabilità delle imprese che abbiano un controllo diretto sull’attività dell’ente che ha cagionato l’inquinamento. Il Consiglio di Stato ha in più occasioni fatto leva sulla concezione sostanzialistica di impresa, la quale “impone di non limitarsi, nell’accertamento delle responsabilità,  l’individuazione “dell’autore materiale” della condotta di inquinamento (in genere l’entità che conduce o ha condotto direttamente l’attività inquinante), ma di estenderlo a quei soggetti che hanno il controllo della fonte di inquinamento in virtù di poteri decisionali, o che rendono comunque possibile detta condotta in forza della posizione giuridica che rivestono all’interno dei rapporti con il diretto inquinatore” (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 217 del 12 gennaio 2022).

In definitiva, l’individuazione del responsabile della contaminazione è operazione alquanto articolata non solo sotto il profilo tecnico ma anche sotto quello giuridico, dovendo tenere conto dei sopra richiamati principi che, a seconda dei casi, possono imporre una ricerca che vada ben oltre la mera identificazione dei soli enti cui è direttamente imputabile l’attività inquinante.

SCARICA L’ARTICOLO IN PDF

TAR Lombardia RGA

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

TAR Lombardia 1879_2023

Scritto da