Consiglio di Sato, Sez. VI – 7 giugno 2024, n. 5104
Oggetto della controversia di primo e secondo grado è il provvedimento emesso dal Comune di Sava (TA), che rigetta l’istanza di autorizzazione per l’installazione di una Stazione Radio Base (SRB) presentata da Iliad s.p.a. ai sensi dell’art. 87 D. Lgs. 259/2003 – vigente prima dell’entrata in vigore del D. Lgs. 207/2021. Il Consiglio di Stato, ribaltando la decisione assunta in primo grado dal T.A.R. Lecce, statuisce l’illegittimità del provvedimento emesso dall’Amministrazione Comunale in quanto questo viola le norme relative ai criteri di localizzazione degli impianti di telecomunicazione. La sentenza in esame ripercorre gli snodi normativi e giurisprudenziali in tema di criteri di localizzazione delle reti di telecomunicazione e radiotelevisione nonché il relativo riparto di competenza tra legislatore nazionale e regionale, giungendo tuttavia ad alcune conclusioni che sembrano porsi in contrasto con i principi dalla stessa richiamati.
Nell’aprile 2020 la società presenta all’Amministrazione Comunale la richiesta di autorizzazione per l’installazione di una Stazione Radio Base – ai sensi dell’art. 87 D. Lgs. 259/2003 allora vigente – in un’area diversa da quella originariamente prevista nel Piano degli insediamenti 2020 proposto dalla società stessa al Comune di Sava ex art. 7 co. 1 e 2 della L.R. Puglia n. 5/2002.
Nel corso del procedimento amministrativo l’istante rappresenta all’A.C. le motivazioni poste alla base della richiesta autorizzatoria, evidenziando la necessità di spostare il sito della SRB a causa dell’indisponibilità dei proprietari terrieri a concedere le aree alla società.
Il Comune di Sava nega l’autorizzazione in quanto ritiene che l’installazione della stazione contrasta con i criteri localizzativi individuati da Iliad s.p.a. nel proprio “Piano-stralcio di rete per la localizzazione dell’installazione di infrastrutture per impianti di telefonia mobile per l’anno 2019” e che pertanto le difficoltà di reperimento di un’area all’interno di quelle evidenziate in detto piano non possono giustificare l’installazione dell’impianto su un’area esterna diversa da quella indicata. Inoltre, l’Amministrazione ravvisa nelle vicinanze del territorio individuato la presenza di siti sensibili – quali asili nidi comunali, scuole materne ed aree pubbliche attrezzate per attività ludico-ricettiva – per la presenza di minori, tale per cui l’Ente comunale è tenuto ad esercitare la propria funziona di salvaguardia della salute pubblica in via cautelativa e precauzionale.
Impugnato il provvedimento di diniego da Iliad s.p.a., in quanto ritenuto assunto in violazione degli artt. 87 D. Lgs. 259/2003 e 8, comma 6, L. 36/2001, il T.A.R Lecce, con sentenza n. 1308/2021, conferma la legittimità del diniego respingendo il ricorso.
I giudici di primo grado sottolineano come Iliad s.p.a., nel presentare l’istanza di autorizzazione, non abbia svolto un adeguato esame sulle ragioni che l’hanno spinta ad individuare aree diverse da quelle indicate nel proprio Piano-stralcio, ma si sia soffermata sulla mera considerazione delle difficoltà riscontrate nel reperire soggetti privati disposti a cedere le aree previamente individuate in detto piano.
Inoltre, il T.A.R. Lecce sostiene che quando è in gioco la tutela di particolari siti c.d. sensibili occorre svolgere una puntuale ricognizione del territorio al fine di valutare la possibilità di collocare l’impianto in altri ambiti territoriali meno interessati da tali strutture recettive.
Esame questo non adeguatamente svolto da Iliad, la quale non ha nemmeno provato la necessità di tale esclusiva localizzazione dell’impianto ai fini della copertura di rete.
Iliad s.p.a. impugna la sentenza di primo grado poiché la stessa sarebbe stata assunta sulla base di una motivazione non fornita dal Comune di Sava ed in quanto il T.A.R. Lecce non avrebbe correttamente applicato l’art. 8 L. 36/2001 sul riparto di competenza tra Stato, Regioni, Province e Comuni in materia di protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza in commento, stravolge la decisione del T.A.R. Puglia – Lecce accogliendo l’appello proposto e annullando il provvedimento di diniego dell’Amministrazione locale.
I giudici di Palazzo Spada, in primo luogo, richiamando la giurisprudenza amministrativa sviluppatasi nel corso degli anni in materia, osservano che l’art. 86, comma 3, D. Lgs. 259/2003, assimilando le infrastrutture per le reti di telecomunicazioni alle opere di urbanizzazione primaria, sancisce il principio secondo cui queste sono compatibili con ogni destinazione urbanistica e quindi con ogni zona del territorio comunale[i] ed il principio della necessaria capillarità della localizzazione degli impianti di telecomunicazione.
La sentenza evidenzia poi che la giurisprudenza, partendo da tali principi, ha chiarito che in merito alla legittimità dei regolamenti comunali, il potere regolamentare dei Comuni di cui all’art. 8, comma 6, L. 36/2001 non può svolgersi nel senso di un divieto generalizzato di installazione in aree urbanistiche predefinite.
Alle Regioni e ai Comuni è consentito individuare criteri localizzativi, purché ciò non si traduca in limitazioni alla localizzazione sulla base di criteri generici ed eterogenei (quali possono essere ad esempio, la prescrizione di distanze minime da determinante aree o immobili). Da ciò deriva che la scelta di individuare un’area nella quale collocare l’impianto in base al criterio della massima distanza possibile dal centro abitato costituisce un limite alla localizzazione non consentito e non un criterio di localizzazione, di contro, ammesso[ii]. (Consiglio di Stato, VI, 11 gennaio 2021, n. 374; altresì, 13 marzo 2018, n. 1592).
A ciò si aggiunga, chiariscono i giudici di secondo grado, che l’esercizio della potestà regolamentare attribuita ai Comuni in materia di localizzazione delle infrastrutture di telefonia mobile deve essere volta alla realizzazione “di una rete completa di infrastrutture di telecomunicazioni, tale da non pregiudicare […] l’interesse nazionale alla copertura del territorio e all’efficiente distribuzione del servizio”.
Prosegue la sentenza in esame, la modifica dell’art. 8 L. n. 36/2001 conferma tale interpretazione: i comuni nei propri regolamenti possono individuare in modo specifico dei siti sensibili per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, ma ciò non può tradursi in un divieto generalizzato che rischia di scontrarsi con l’interesse pubblico alla copertura di rete sul territorio nazionale, la cui potestà regolatoria è di competenza del legislatore nazionale. Eventuali disposizioni che non consentono la localizzazione delle infrastrutture in determinate aree possono pertanto ritenersi legittime solo nella misura in cui queste non impediscano la realizzazione di una completa copertura di rete che deve essere garantita su tutto il territorio nazionale.
L’impianto della sentenza del Consiglio di Stato lascia tuttavia aperta più di una riflessione, non tanto sul quadro giurisprudenziale evocato, quanto sulla sua declinazione al caso specifico.
La sentenza, partendo dal richiamo ai principi giurisprudenziali sorti in materia di criteri di localizzazione degli impianti di telecomunicazione, giunge infatti a conclusioni diametralmente opposte rispetto ai giudici di primo grado, senza tuttavia accennare alle considerazioni svolte dagli stessi in merito alla legittimità del provvedimento dell’Amministrazione, svolgendo un riesame, non tanto della sentenza di primo grado, quanto del ricorso presentato da Iliad s.p.a.
In particolare, se è vero che i regolamenti comunali ai sensi dell’art. 8, co. 6, L. 36/2001, possono anche prevedere dei “limiti di carattere generali all’installazione degli impianti, purché sia comunque garantita una localizzazione alternativa degli stessi, in modo da rendere possibile la copertura di rete del territorio nazionale”, sfuggono le ragioni per cui i giudici dell’appello non abbiano tenuto in considerazione quanto rilevato dal T.A.R. in merito alla mancata prova da parte dell’operatore economico circa la necessarietà, ai fini di una completa copertura di rete, di collocare l’impianto proprio in quella area, oggetto di autorizzazione, e non in quella individuata dal Piano Stralcio precedentemente presentato.
Peraltro, in quest’ottica la sentenza sembra porsi in contrasto con un’altra decisione della stessa sezione del Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. VI, 23.11.2022, n. 10318: avente ad oggetto l’impugnazione di un diniego di autorizzazione ex art. 87 D. Lgs. 259/2003 e del Piano di Localizzazione delle Stazioni Radio Base di un Comune del Veneto), dove si afferma che nelle ipotesi in cui il regolamento comunale abbia individuato delle aree preferenziali per la localizzazione degli impianti, all’esito di dettagliati approfondimenti tecnici svolti anche valutando le posizioni degli operatori economici, deve essere “l’operatore economico a dimostrare l’inidoneità del sito individuato come preferenziale, visto che il Comune aveva già verificato sul piano tecnico l’idoneità di tali siti a garantire la copertura di rete”.
Prova che nel caso di specie non sarebbe stata neppure fornita da Iliad s.p.a.
Ancora, la sentenza n. 5104/2024 afferma che nel garantire una idonea copertura di rete il Comune deve contemperare l’interesse urbanistico ad un corretto insediamento degli impianti, ai sensi dell’art. 8, co. 6, L. 36/2001, con l’interesse alla piena ed efficiente copertura di rete. Ci si chiede però in che modo possa esplicarsi questo contemperamento se si ritiene legittimo che l’operatore economico non applichi il piano di localizzazione sulla sola base della difficoltà di reperire le aree individuate nello stesso, senza fornire ulteriori precisazioni in merito alla necessità di una copertura di rete o alla salvaguardia del territorio comunale, e quindi sotto un mero profilo di politica industriale.
In conclusione, se la sentenza può senza dubbio essere utile nella misura in cui ripercorre i principi giurisprudenziali sorti in materia di criteri di localizzazione degli impianti di telecomunicazione, non convincono, o non convincono pienamente, le conclusioni raggiunte nella misura in cui paiono ^piegare^ i principi processuali in tema di onere della prova all’applicazione dei principi elencati in materia di realizzazione di SRB.
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Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.
NOTE:
[i] V. altresì TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1157 del 10 maggio 2021; Consiglio di Stato, VI, 21 maggio 2019, n. 3679; 3 settembre 2018, n. 5168.
[ii] L’art. 3 lett. d) n. 1 della l. 36/2001 rimette l’individuazione dei criteri di localizzazione alla legislazione regionale, secondo le competenze definite dall’art. 8 della stessa legge.