La gestione della posidonia oceanica tra tutela ambientale e esigenze turistico-ricreative

20 Giu 2021 | corte costituzionale, giurisprudenza

di Giulia Parenti

Corte costituzionale, 5 maggio 2021, n. 86 – Pres. Coraggio, Est. Amoroso – Giudizio di legittimità costituzionale in via principale – Pubblicazione in G. U. 05/05/2021 – Norme impugnate: Art. 1, c. 1°, 4°, 5°, 8°, della legge della Regione autonoma Sardegna 21/02/2020, n. 1. 

E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 1, comma 1, della legge della Regione autonoma Sardegna 21 febbraio 2020, n. 1 (Disposizioni sulla gestione della posidonia spiaggiata), limitatamente alla parte in cui prevede lo spostamento temporaneo degli accumuli di posidonia in aree idonee appositamente individuate all’interno del territorio del Comune per violazione dell’art. 117 secondo comma, lettera s) della Costituzione e degli artt. 3 e 4 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna).

E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 1, comma 4, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2020 per violazione dell’art. 117 secondo comma, lettera s) della Costituzione e degli artt. 3 e 4 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna).

E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 1, comma 5, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2020, limitatamente alla parte in cui prevede che la «vagliatura» puo’ avvenire nel sito in cui e’ conferita la posidonia, per violazione dell’art. 117 secondo comma, lettera s) della Costituzione e degli artt. 3 e 4 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna).

E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 1, comma 8, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2020, per violazione dell’art. 117 secondo comma, lettera s) della Costituzione e degli artt. 3 e 4 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna).

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Con sentenza n. 86 del 5 maggio 2021 la Corte Costituzionale affronta il tema della gestione della posidonia spiaggiata, dichiarando incostituzionale, per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione e con gli artt. 3 e 4 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), l’art. 1, commi 1, 4, 5, 8 [1] della legge della Regione autonoma Sardegna 21 febbraio 2020, n. 1 (Disposizioni sulla gestione della posidonia spiaggiata) [2].

Con tale legge la Regione Sardegna ha autorizzato i Comuni e i gestori concessionari, previa comunicazione alla Regione, a spostare temporaneamente gli accumuli di posidonia in aree idonee dello stesso arenile o, in loro assenza, in aree appositamente individuate all’interno del territorio comunale. Secondo tale normativa, inoltre, le operazioni di separazione della sabbia dal materiale organico possono essere svolte nei siti di conferimento.

La posidonia oceanica 

La posidonia oceanica è una pianta marina che si sviluppa sul fondale sabbioso ad una profondità variabile tra 1 e 35 metri. Le praterie di posidonia forniscono un importante habitat per molte specie del mare e hanno un ruolo di protezione per l’ecosistema marino.

Oggi, purtroppo, la posidonia è in via di estinzione a causa dell’inquinamento, del cambiamento climatico e dell’attività umana. La posidonia è inoltre un componente naturale del mare, essendo il più grande mitigatore dei gas serra in natura, e ha un’importante funzione antierosione. Tale pianta marina nel periodo autunnale perde le foglie vecchie, che in parte vengono accumulate come detrito (banquette) nelle zone costiere limitrofe alle praterie, estendendosi per vari chilometri e raggiungendo talvolta diversi metri di altezza. Tali banquette, trattenendo enormi quantità di sedimento che rimangono intrappolate tra gli strati sovrapposti di foglie, ostacolano l’azione e l’energia del moto ondoso. Il contributo degli ammassi di foglie morte di posidonia risulta fondamentale soprattutto lungo i litorali ad alto rischio erosione e, pertanto, rimuovere i residui di posidonia dalla sua sede naturale ha come effetto l’accelerazione dell’erosione costiera. I residui di tale pianta marina, tuttavia, non sono apprezzati nella stagione balneare da turisti e gestori concessionari delle spiagge che ne lamentano spesso la presenza sulle rive del mare ritenendoli di ostacolo alla godibilità della spiaggia.

La disciplina dei residui della posidonia

La Corte Costituzionale ha compiuto in primo luogo una disamina del quadro normativo nel cui ambito si colloca la disciplina dei residui di posidonia.

Le praterie di posidonia sono tutelate quali habitat naturali a rischio (habitat prioritario 1120) dall’art. 1 della Direttiva n. 92/43/CEE, recepita in Italia con il d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche) [3] e dal Protocollo relativo alle aree specialmente protette e alla biodiversità nel Mediterraneo (ASPIM), ratificato con legge 27 maggio 1999, n. 175 (Ratifica ed esecuzione dell’Atto finale della Conferenza dei plenipotenziari sulla Convenzione per la protezione del Mar Mediterraneo dall’inquinamento, con relativi protocolli, tenutasi a Barcellona il 9 e 10 giugno 1995) [4]. Se per la pianta marina in questione è stata apprestata una tutela significativa, tanto nazionale quanto sovranazionale, lo stesso non può dirsi per i suoi residui spiaggiati, seppur gli stessi abbiano una indubbia funzione di conservazione delle coste e dei loro ecosistemi.

Pertanto è all’esame del Senato della Repubblica il disegno di legge recante «Disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell’economia circolare», così detta “legge SalvaMare”, approvata dalla Camera dei deputati il 24 ottobre 2019 (A.S. n. 1571) [5].

Ad oggi, la disciplina dei residui di posidonia è contenuta in due circolari (prot. n. 8123 del 17 marzo 2006 [6], prot. n. 8838 del 20 maggio 2019 [7]) del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM) che, nel contemperamento tra la rilevante funzione ecologica dei residui della posidonia e la necessità di rendere fruibili le spiagge per esigenze turistico-ricreative, hanno indicato il mantenimento in situ degli accumuli di posidonia come soluzione auspicabile.

Competenza statale o regionale?

La disciplina della posidonia, tanto come pianta marina che come residui della stessa sulle spiagge, ricade, secondo la Consulta, nella materia della «tutela dell’ambiente» e «dell’ecosistema», di competenza esclusiva del legislatore statale (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.).

La gestione degli accumuli di posidonia è assoggettata, in particolare, alla disciplina dei “rifiuti”, prevista dal D. Lgs. 152/06 (codice dell’ambiente) che va ricondotta, secondo costante giurisprudenza sul tema, alla “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” (sentenza Corte Cost. n. 289 del 2019 che richiama, ex multis, le sentenze Corte Cost. n. 215 e n. 151 del 2018, Corte Cost. n. 54 del 2012, n. 380 del 2007 e Corte Cost. n. 259 del 2004; più recentemente, in senso conforme, la sentenza Corte Cost. n. 227 del 2020). In ogni caso, e anche indipendentemente dalla qualificazione come rifiuti dei residui di posidonia, la competenza spetta al legislatore statale, dato che la regolamentazione degli stessi si inserisce nella materia di ambiente e ecosistema.

Data la competenza statale esclusiva, la Corte Costituzionale, richiamando precedenti pronunce in merito (ex multis, Corte Cost. sentenze n. 289 del 2019 e n. 227, n. 214, n. 88 del 2020), ha affermato che le Regioni, sia a statuto ordinario sia speciale, possono incidere in tale materia esercitando competenze legislative proprie per la cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali, purché ciò comporti un’elevazione dello standard di tutela dell’ambiente.

La l.r. n. 1 del 2020, intervenendo nel contesto della disciplina del turismo, espressione della potestà legislativa prevista dall’art. 3 dello statuto speciale della Regione Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3), è da ritenersi illegittima là dove si sovrappone in maniera contrastante con la disciplina nazionale in tema di ambiente, prevedendo una disciplina deteriore.

L’assoggettabilità alla disciplina dei rifiuti

La Corte ha inteso sottolineare che i residui di posidonia siano da qualificare come “rifiuti”, pur specificando che, così facendo, non si intende connotarli negativamente come da linguaggio corrente, in quanto certamente rilevanti per l’ecosistema in ragione del loro impatto ambientale, ma semplicemente assoggettarli alla disciplina di cui alla parte IV del codice dell’ambiente, con tutto quanto ne deriva in tema di divieti e obblighi in tema di autorizzazioni e tracciabilità.

In particolare la Corte sottolinea che i residui di posidonia devono essere ricompresi nella prescrizione di cui all’art 183, comma 1, lettera b-ter), numero 4), d.lgs. 152/06, secondo cui i rifiuti «di qualunque natura o provenienza, giacenti […] sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua», costituiscono «rifiuti urbani».

Esiste inoltre una disposizione speciale in tema di posidonia, rinvenibile nel contesto della disciplina europea: l’art. 39, comma 11, del d.lgs. n. 205 del 2010 che prevede che gli accumuli di posidonia spiaggiata possano essere oggetto di interramento in loco «laddove sussistano univoci elementi che facciano ritenere la loro presenza sulla battigia direttamente dipendente da mareggiate o altre cause comunque naturali, […] purché ciò avvenga senza trasporto né trattamento». Non è pertanto possibile derogare a tale norma se non sussistono le condizioni prescritte. Il trasporto e il deposito temporaneo della posidonia devono pertanto rispettare la disciplina del cod. ambiente e, se ciò non avviene, si integra il reato di discarica non autorizzata (Corte cass., sez. III penale, sentenza 17 dicembre 2014-28 gennaio 2015, n. 3943).

Precisa inoltre la Corte che l’art. 183, comma 1, lettera n), codice dell’ambiente, definendo le attività non costituenti «gestione dei rifiuti» ai fini della applicazione della Parte IV del medesimo codice ha previsto che «[n]on costituiscono attività di gestione dei rifiuti le operazioni di prelievo, raggruppamento, cernita e deposito preliminari alla raccolta di materiali o sostanze naturali derivanti da eventi atmosferici o meteorici, ivi incluse mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine antropica effettuate, nel tempo tecnico strettamente necessario, presso il medesimo sito nel quale detti eventi li hanno depositati».

Alla luce della disciplina anzi illustrata, gli accumuli di posidonia non sono soggetti alla disciplina in tema di rifiuti di cui alla Parte IV cod. ambiente solamente quando le indicate attività siano espletate in situ. Tale disposizione non può essere inficiata dalla normativa regionale che non può esorbitare dalle proprie competenze statutarie e sovrapporsi in modo contrastante con il codice dell’ambiente in tema di rifiuti, senza elevare il livello di tutela dell’ambiente.

L’illegittimità costituzionale della normativa regionale

  • 1, comma 1, della l.r. n. 1 del 2020

 

La Corte Costituzionale ha pertanto dichiarato illegittima la normativa regionale sarda impugnata che è intervenuta nella materia «tutela dell’ambiente» riservata alla competenza esclusiva del legislatore statale, senza elevare lo standard di tutela.

Specificamente la Corte Costituzionale ha pertanto dichiarato la illegittimità dell’art. 1, comma 1, della l.r. n. 1 del 2020.

Tale norma, nel consentire che i residui di posidonia possono essere prelevati dalle spiagge per essere trasportati temporaneamente in altri luoghi, senza il rispetto delle prescrizioni di cui alla normativa statale in tema di rifiuti, si pone in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., riducendo il livello di tutela dell’ambiente per favorire il turismo estivo.

La normativa in questione comporta difatti una operazione costituente gestione dei rifiuti, in quanto non svolte in situ, stante il già richiamato disposto dell’art. 183 comma 1, lettera n), del cod. ambiente.

In particolare lo «spostamento» dei residui presso aree individuate all’interno del territorio comunale integra una attività di trasporto che è assoggettata all’art. 193 cod. ambiente; la previsione di «aree idonee appositamente individuate all’interno del territorio del comune», presso cui spostare i depositi di posidonia, realizza una attività di raccolta, le cui condizioni sono indicate nell’art. 183, comma 1, lettera mm), cod. ambiente e, infine, la temporaneità dello spostamento implica la realizzazione di una attività di «deposito temporaneo», definita dall’art. 183 comma 1, lettera bb), cod. ambiente e disciplinata dall’art. 185-bis cod. ambiente.

  • art. 1, comma 4, della l.r. n. 1 del 2020

È stata inoltre dichiarata l’incostituzionalità dell’art. 1, comma 4, l. r. n. 1 del 2020 secondo cui, «[q]ualora si proceda allo spostamento della posidonia spiaggiata, è fatto assoluto divieto procedere al suo smaltimento in discarica».

La Corte ha infatti ritenuto che tale norma si sovrapponesse indebitamente alla normativa statale di cui all’art. 182 codice dell’ambiente, secondo cui occorre procedere allo smaltimento ogni qualvolta sussista l’impossibilità tecnica ed economica di espletare le procedure di recupero di cui all’art. 181 cod. ambiente, anche alla luce della valutazione dei costi e dei vantaggi delle stesse.

Resta però applicabile l’art. 2, comma 1, disposizione non impugnata, secondo cui va privilegiato in ogni caso il recupero e il riuso dei residui di posidonia, rimossi durante il periodo primaverile-estivo, che non è possibile ridistribuire nelle spiagge di provenienza o in altre idonee.

  • art. 1, comma 5, della l.r. n. 1 del 2020

È altresì dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 5, della l.r. n. 1 del 2020 che consente di effettuare la «vagliatura» del materiale organico spiaggiato anche «nel sito in cui è conferita la posidonia» e quindi non soltanto in situ.

Anche in tale circostanza la norma regionale, nel consentire la «vagliatura» anche in un sito diverso da quello dei residui della posidonia, implica il loro previo spostamento e dunque il trasferimento presso il sito di destinazione, con conseguente assoggettamento alla disciplina statale quanto alla gestione dei rifiuti. Le operazioni di vagliatura (che consistono nella separazione della posidonia dalla sabbia – da recuperare per il ripascimento dell’arenile) integrano infatti un’attività soggetta alla disciplina della parte IV cod. ambiente e, pertanto, la norma regionale, disciplinando direttamente questo aspetto della gestione dei residui della posidonia spiaggiata, si sovrappone alla disciplina statale, contrastando con essa.

  • art. 1, comma 8, della l.r. n. 1 del 2020

Infine, è dichiarato incostituzionale l’art. 1, comma 8, della l. r. n. 1 del 2020, che dispone che «[f]atto salvo quanto previsto dal presente articolo, ai prodotti costituiti di materia vegetale di provenienza agricola o forestale, depositata naturalmente sulle sponde di laghi e fiumi e sulla battigia del mare, derivanti da eventi atmosferici o meteorici, ivi incluse mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine antropica si applica l’articolo 185, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale)».

In particolare l’art. 185, comma 1, lettera f), cod. ambiente tende a escludere dall’ambito di applicazione del codice una serie di categorie, per cui il rinvio a tale disposizione determina la non assoggettabilità dei prodotti ivi indicati, diversi dalla posidonia spiaggiata, alla disciplina della parte IV cod. ambiente.

Tuttavia, con tale meccanismo, la norma regionale esorbita dalla propria competenza, ampliando il catalogo dei materiali esclusi dall’applicazione del cod. ambiente, normativa riservata alla competenza esclusiva del legislatore statale.

Considerazioni conclusive 

La gestione della posidonia spiaggiata deve essere normata a livello nazionale, salva la possibilità da parte delle Regioni che si trovino a legiferare in materie di loro competenza quali il turismo, di individuare maggiori livelli di tutela. Considerato che la posidonia è già altamente a rischio a causa del cambiamento climatico e dell’attività dell’uomo nei mari, risulta di primaria importanza trattare gli accumuli di posidonia in maniera non invasiva, data la loro funzione di agenti antierosione e di tutela dell’ecosistema marino. L’assoggettabilità di tale materiale alla normativa in tema di rifiuti ha sicuramente la funzione di tutelare maggiormente l’attività di spostamento e assoggettarla alle garanzie del cod. ambiente. Tuttavia, ciò non esclude la possibilità di introdurre modifiche, a livello nazionale, volte a promuovere l’utilizzo sostenibile della posidonia spiaggiata, come previsto nella legge “SalvaMare” in discussione al Senato [8] e dal decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75(Riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, a norma dell’articolo 13 della legge 7 luglio2009, n. 88) [9].

La soluzione che più rispecchia la tutela e la conservazione dell’ecosistema marino è in ogni caso, ove possibile, quella del mantenimento in loco delle banquette. A tal fine è stato promosso dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) il modello delle “spiagge ecologiche”, fruibili da un turismo responsabile e utilizzate a scopo educativo, con iniziative di educazione ambientale e tramite l’elaborazione una cartellonistica informativa a supporto da collocare sui litorali italiani per favorire il cambiamento di opinione riguardo la posidonia spiaggiata.

La spiaggia ecologica si propone dunque come nuovo strumento di gestione degli accumuli di posidonia oceanica con lo scopo di sottrarre la posidonia dal ciclo dei rifiuti e contribuire alla valorizzazione ecologica e funzionale nell’ambito dell’ecosistema spiaggia. Secondo ISPRAMBIENTE: “Tale nuovo approccio, prevede l’impiego di tecnologie e processi innovativi già sperimentati per il riutilizzo dei residui spiaggiati della pianta marina in vari ambiti produttivi e commerciali (es. compost, pannelli isolanti, cosmesi, riempimento di sedute ecc.)” [10].

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Commento corte cost n. 86-21 (1) (2)

Per il testo della sentenza cliccare sul pdf allegato

Corte cost. n. 86 del 2021

Note:

[1] L’art.1, comma 1, l.r. n. 1/2020 è stato dichiarato incostituzionale nella parte in cui prevede lo «spostamento temporaneo» degli accumuli di posidonia in «aree idonee appositamente individuate all’interno del territorio del comune»;

l’art. 1, comma 4, l.r. n. 1/2020 nella parte in cui stabilisce che «[q]ualora si proceda allo spostamento della posidonia, è fatto assoluto divieto procedere al suo smaltimento in discarica»;

l’art. 1, comma 5, l.r. n. 1/2020, nella parte in cui consente di effettuare la «vagliatura» del materiale organico spiaggiato, consistente nella separazione della sabbia dal materiale organico, anche presso il «sito in cui è conferita la posidonia»;

l’art. 1, comma 8, l.r. n. 1/2020 nella parte in cui prevede l’applicazione dell’art. 185, comma 1, lettera f), cod. ambiente ai «prodotti costituiti di materia vegetale di provenienza agricola o forestale, depositata naturalmente sulle sponde di laghi e fiumi e sulla battigia del mare, derivanti da eventi atmosferici o meteorici, ivi incluse mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine antropica», in tal modo sottraendo tali sostanze dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti.

[2] Il testo della legge regionale 21 febbraio 2020, n. 3 è consultabile al seguente indirizzo: http://www.regione.sardegna.it/documenti/1_422_20200317151252.pdf

[3] Il testo della Direttiva n. 92/43/CEE e del Regolamento d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 è consultabile al seguente indirizzo:

https://www.minambiente.it/pagina/direttiva-habitat#:~:text=La%20Direttiva%2092%2F43%2FCEE%20%22Habitat%22&text=Scopo%20della%20Direttiva%20Habitat%20%C3%A8,trattato%22%20(art%202).

[4] Il Protocollo relativo alle aree specialmente protette e alla biodiversità nel Mediterraneo (ASPIM), ratificato con legge 27 maggio 1999, n. 175 è consultabile al seguente indirizzo:

https://www.minambiente.it/pagina/aree-specialmente-protette-di-importanza-mediterranea-aspim

[5] Il testo del DDL S. 1571 cosiddetta “legge SalvaMare”, approvata dalla Camera dei deputati il 24 ottobre 2019 è disponibile al seguente indirizzo: http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/18/DDLPRES/0/1125050/index.html?part=ddlpres_ddlpres1-articolato_articolato1

[6] La circolare prot. n. 8123 del 17 marzo 2006 indicava, accanto al mantenimento in situ degli accumuli quale opzione auspicabile nelle aree marine protette, lo spostamento di accumuli in zone meno frequentate della stessa spiaggia o in spiagge diverse, stabilendo che le modalità dello spostamento dovessero essere stabilite con provvedimento da adottarsi da parte degli enti parco o della Regione, sentiti i Comuni interessati. In presenza, poi, di una oggettiva incompatibilità tra gli accumuli dei residui di posidonia e la possibilità di utilizzo delle spiagge, si prevedeva anche la rimozione permanente ed il trasferimento in discarica.

[7] La circolare prot. n. 8838 del 20 maggio 2019, in aggiunta al mantenimento in loco o allo spostamento in zone della stessa spiaggia o in spiagge limitrofe, ha indicato ulteriori possibili rimedi. In particolare, si è previsto l’interramento in sito, ai sensi dell’art. 39, comma 11, del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205 (Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive); il trasferimento degli accumuli presso gli impianti di riciclaggio; la reimmissione in ambiente marino previa vagliatura volta a rimuovere eventuali rifiuti e la sabbia.

Come extrema ratio, solo per impossibilità di ricorrere alle anzidette soluzioni, la circolare ha indicato la soluzione del trasferimento in discarica.

Il testo della è circolare prot. n. 8838 del 20 maggio 2019 è consultabile al seguente indirizzo:

https://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/allegati/rifiuti/circolare_rin_posidonia_8838_20052019.pdf

[8] In particolare l’art. 5 del DDL S. 1571 prevede: «1. Le biomasse vegetali, derivanti da piante marine o alghe, depositate naturalmente sul lido del mare e sull’arenile possono essere gestite con le modalità di cui al presente articolo. Fatta salva la possibilità del mantenimento in loco o del trasporto a impianti di gestione dei rifiuti, la reimmissione nell’ambiente naturale, anche mediante il riaffondamento in mare o il trasferimento nell’area retrodunale o in altre zone comunque appartenenti alla stessa unità fisiografica, è effettuata previa vagliatura finalizzata alla separazione della sabbia dal materiale organico nonché alla rimozione dei rifiuti frammisti di origine antropica, anche al fine dell’eventuale recupero della sabbia da destinare al ripascimento dell’arenile. In caso di riaffondamento in mare, tale operazione è effettuata, in via sperimentale, in siti ritenuti idonei dall’autorità competente.

  1. Gli accumuli antropici, costituiti da biomasse vegetali di origine marina completamente mineralizzata, sabbia e altro materiale inerte frammisto a materiale di origine antropica, prodotti dallo spostamento e dal successivo accumulo in determinate aree, possono essere recuperati previa vagliatura di cui al comma 1. Tale possibilità è valutata e autorizzata, caso per caso, dall’autorità competente, la quale verifica se sussistono le condizioni per l’esclusione del materiale sabbioso dalla disciplina dei rifiuti ai sensi dell’articolo 185 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, o se esso sia riutilizzabile nell’ambito delle operazioni di recupero dei rifiuti urbani mediante il trattamento di cui al codice R10 dell’allegato C alla parte quarta del citato decreto legislativo n. 152 del 2006 ovvero qualificabile come sottoprodotto ai sensi dell’articolo 184-bis del medesimo decreto legislativo. Le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione del presente comma nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
  2. Fatto salvo quanto previsto dai commi 1 e 2, ai prodotti costituiti di materia vegetale di provenienza agricola o forestale, depositata naturalmente sulle sponde di laghi e fiumi e sulla battigia del mare, derivanti dalle operazioni di gestione di cui all’articolo 183, comma 1, lettera n), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, finalizzate alla separazione dei rifiuti frammisti di origine antropica, si applica l’articolo 185, comma 1, lettera f), del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano competenti per territorio individuano criteri e modalità per la raccolta, la gestione e il riutilizzo dei prodotti di cui al periodo precedente, tenendo conto delle norme tecniche qualora adottate dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale nell’ambito del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente, ai sensi dell’articolo 4, comma 4, della legge 28 giugno 2016, n. 132».

[9] L’art. 1 del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75 (Riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, a norma dell’articolo 13 della legge 7 luglio2009, n. 88) prevede infatti l’impiego della posidonia per la produzione di fertilizzanti.

Il testo del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75 è disponibile al seguente indirizzo:

https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/10087

[10] per maggiori approfondimenti cfr. l’articolo di ISPRAMBIENTE “Posidonia oceanica spiaggiata: la gestione degli accumuli e la valorizzazione” disponibile al seguente indirizzo: https://www.isprambiente.gov.it/it/attivita/tema-mare/posidonia-oceanica-spiaggiata-la-gestione-degli-accumuli-e-la-valorizzazione.

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