Concessioni demaniali marittime e scarsità della risorsa naturale

02 Mag 2023 | giurisprudenza, corte di giustizia

di Ruggero Tumbiolo

Corte di giustizia dell’Unione europea (Terza Sezione), causa C-348/22 del 20 aprile 2023 – Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato contro Comune di Ginosa e altri – Pres. K. Jürimäe, Rel. M. Gavalec, Avv. gen. T. Ćapeta.

L’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che esso non si applica unicamente alle concessioni di occupazione del demanio marittimo che presentano un interesse transfrontaliero certo.

L’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che la scarsità delle risorse naturali e delle concessioni disponibili sia valutata combinando un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio costiero del comune in questione.

L’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che l’obbligo, per gli Stati membri, di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, nonché il divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso da poter essere considerati disposizioni produttive di effetti diretti.

L’articolo 288, terzo comma, TFUE deve essere interpretato nel senso che la valutazione dell’effetto diretto connesso all’obbligo e al divieto previsti dall’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 e l’obbligo di disapplicare le disposizioni nazionali contrarie incombono ai giudici nazionali e alle autorità amministrative, comprese quelle comunali.

Con la sentenza C-348/22 del 20 aprile 2023, la Corte di giustizia dell’Unione europea si è pronunciata su nove questioni pregiudiziali sottoposte dal TAR Puglia, Lecce, con l’ordinanza n. 743 dell’11 maggio 2022, nell’ambito di un giudizio promosso dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato contro il Comune di Ginosa[i].

Le questioni vertono sul regime al quale è sottoposto il rilascio e il rinnovo delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative e sui rapporti tra la disciplina nazionale e quella dell’Unione europea, con particolare riferimento all’applicabilità sia dei principi generali a tutela della concorrenza desumibili dall’art. 49 TFUE sia dell’art. 12 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno.

Le questioni erano state, in parte, già scrutinate dalla Corte di giustizia, con la sentenza del 14 luglio 2016 (cause riunite C-458/14 e C-67/15), la quale aveva affermato i seguenti principi:

«L’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico‑ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati.

2) L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico‑ricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo».

Anche dopo la sentenza della Corte di giustizia del 2016, il dibattito sulla compatibilità della disciplina nazionale e, in particolare, della proroga ex lege delle concessioni in essere al diritto unionale è continuato.

Sul piano normativo il legislatore nazionale è intervenuto introducendo, nelle more dell’avvio delle procedure selettive, una nuova proroga dell’efficacia delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l’esercizio delle attività turistico-ricreative e sportive[ii].

Nel dibattito è intervenuta anche l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con le decisioni n. 17 e 18 del 9 novembre 2021, che, in sintesi, ha ribadito il principio secondo cui il diritto dell’Unione impone che il rilascio o il rinnovo delle concessioni demaniali marittime (o lacuali o fluviali) avvenga all’esito di una procedura di evidenza pubblica, con conseguente incompatibilità della disciplina nazionale che prevede la proroga automatica ex lege delle concessioni in essere[iii].

Con la sentenza in commento, la Corte di giustizia precisa, in primo luogo, che la direttiva 2006/123/CE si applica a tutte le concessioni di occupazione del demanio marittimo, a prescindere dal fatto che esse presentino un interesse transfrontaliero certo.

Sancisce, inoltre, che l’obbligo di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali nonché il divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso dalla direttiva e, conseguentemente, tali disposizioni sono produttive di effetti diretti nell’ordinamento interno.

Aggiunge, quindi, che i giudici nazionali e le autorità amministrative, comprese quelle comunali, sono tenuti ad applicare i disposti della direttiva 2006/123/CE e, altresì, a disapplicare le norme di diritto nazionale non conformi agli stessi.

Ma l’aspetto più interessante e che merita un approfondimento sono le valutazioni della Corte in ordine alla scarsità della risorsa naturale e, perciò, delle concessioni disponibili.

Va ricordato che il considerando 62 della direttiva 2006/123/CE precisa che: «Nel caso in cui il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche, è opportuno prevedere una procedura di selezione tra diversi candidati potenziali, al fine di sviluppare, tramite la libera concorrenza, la qualità e le condizioni di offerta di servizi a disposizione degli utenti»; mentre l’art. 12 della stessa direttiva stabilisce che: «Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento».

Di conseguenza, il presupposto per l’applicazione della direttiva è che il numero delle autorizzazioni per una determinata attività sia limitato in ragione della scarsità della risorsa naturale.

La direttiva non chiarisce, però, come valutare la scarsità della risorsa naturale.

Osserva, infatti, la Corte che l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123/CE conferisce agli Stati membri un certo margine di discrezionalità nella scelta dei criteri applicabili alla valutazione della scarsità delle risorse naturali; margine di discrezionalità che può condurre a una valutazione generale e astratta, valida per tutto il territorio nazionale, ma anche, al contrario, a privilegiare un criterio che ponga l’accento sulla situazione esistente in un territorio costiero circoscritto o, addirittura, a combinare tali due metodi.

Conseguentemente, per la Corte il diritto dell’Unione non osta a che la scarsità delle risorse naturali e delle concessioni disponibili sia valutata combinando un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio costiero a livello locale.

È, comunque, necessario che i criteri adottati da uno Stato membro per valutare la scarsità delle risorse naturali utilizzabili si basino su parametri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati.

È pur vero che in precedenza la Corte[iv] aveva precisato che al fine di determinare se le aree demaniali che possono essere oggetto di sfruttamento economico siano in numero limitato occorre considerare la circostanza che le concessioni di cui trattasi sono rilasciate a livello non nazionale.

Tuttavia, tale precisazione, come rileva la stessa Corte nella sentenza del 20 aprile 2023, costituiva una mera indicazione al giudice di rinvio e si spiegava con il contesto della causa che aveva dato luogo alla decisione; in altri termini, non rappresentava un criterio ermeneutico, ma una indicazione calibrata sul contesto della controversia; contesto che, specie in una prospettiva di riforma del settore, potrebbe rilevarsi anche diverso.

Gli elementi di novità della sentenza in commento sembrano, quindi, essere proprio le considerazioni sul concetto di scarsità della risorsa naturale e sulle modalità per valutarla; scarsità che assurge a presupposto per l’operatività dell’art. 12 della direttiva 2006/123/CE.

La Corte riconosce agli Stati membri «un certo margine di discrezionalità nella scelta dei criteri applicabili alla valutazione della scarsità delle risorse naturali», con ciò affidando al legislatore interno il compito di individuare i criteri che dovranno essere «obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati».

Mentre sino ad ora la giurisprudenza si soffermava a precisare che la competenza ad accertare il requisito della scarsità della risorsa naturale spettava al giudice nazionale[v], ora si riconosce espressamente al legislatore nazionale il compito di individuare i criteri impiegabili per determinare se la risorsa naturale sia o meno scarsa.

Se è pur vero che la valutazione della scarsità della risorsa naturale dipende essenzialmente dall’esistenza di aree disponibili sufficienti a permettere lo svolgimento della prestazione di servizi anche ad operatori economici diversi da quelli attualmente “protetti” dalla proroga ex lege[vi], un conto è porsi in una prospettiva parcellizzata di gestione locale del territorio costiero e un conto è ragionare, nell’ambito anche di una riforma della disciplina del settore, su uno scenario nazionale di gestione unitaria della risorsa naturale del paesaggio costiero italiano, dando rilievo alla dimensione collettiva e identitaria che contraddistingue l’ambito spaziale costituito dalle coste della penisola italica.

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RGA maggio 2023 Corte di Giustizia causa C 348_22 Tumbiolo

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

CORTE UE 348_22

NOTE:

[i] Le questioni sollevate dal TAR Puglia, Lecce, erano le seguenti:

«1) se la direttiva 2006/123 risulti valida e vincolante per gli Stati membri o se invece risulti invalida in quanto – trattandosi di direttiva di armonizzazione – adottata solo a maggioranza invece che all’unanimità, in violazione dell’art 115 T.F.U.E.

2) se la direttiva 2006/123 c.d. Bolkestein presenti o meno oggettivamente ed astrattamente i requisiti minimi di sufficiente dettaglio della normativa e di conseguente assenza di spazi discrezionali per il legislatore nazionale tali da potersi ritenere la stessa auto-esecutiva e immediatamente applicabile;

3) qualora ritenuta la direttiva 2006/123 non self-executing, se risulti compatibile con i principi di certezza del diritto l’effetto di mera esclusione o di disapplicazione meramente ostativa della legge nazionale anche nell’ipotesi in cui non risulti possibile per il giudice nazionale il ricorso all’interpretazione conforme ovvero se invece, in siffatta ipotesi, non debba o possa trovare applicazione la legge nazionale, ferme restando le specifiche sanzioni previste dall’ordinamento unionale per l’inadempimento dello stato nazionale rispetto agli obblighi derivanti dalla adesione al trattato (art. 49), ovvero derivanti dalla mancata attuazione della direttiva (procedura di infrazione);

4) se l’efficacia diretta dell’art. 12, paragrafi 1,2,3 della Direttiva 2006/123 equivalga al riconoscimento della natura self-executing o immediata applicabilità della direttiva medesima ovvero se, nell’ambito di una direttiva di armonizzazione quale quella in esame (“si deve ritenere che gli artt. da 9 a 13 della direttiva provvedano ad una armonizzazione esaustiva …” ex sentenza c.d. Promoimpresa), debba intendersi come prescrizione per lo stato nazionale di adottare misure di armonizzazione non generiche, ma vincolate nel loro contenuto;

5) se la qualificazione di una direttiva come auto-esecutiva o meno e, nel primo caso, la disapplicazione meramente ostativa della legge nazionale possa o debba ritenersi di esclusiva competenza del giudice nazionale (al quale sono all’uopo attribuiti specifici strumenti di supporto interpretativo quali il ricorso al rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ovvero al giudizio di legittimità costituzionale) ovvero anche del singolo funzionario o dirigente di un comune;

6) qualora invece ritenuta la direttiva 2006/123 self-executing, premesso che l’art. 49 TFUE risulta ostativo alla proroga automatica delle concessioni-autorizzazioni demaniali marittime ad uso turistico ricreativo solo “nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo”, se la sussistenza di tale requisito costituisca o meno un presupposto necessario anche con riferimento all’applicazione dell’art. 12 paragrafi 1 e 2 della direttiva Bolkestein;

7) se risulti coerente rispetto ai fini perseguiti dalla direttiva 2006/123 e dallo stesso art. 49 TFUE una statuizione da parte del giudice nazionale relativa alla sussistenza, in via generale ed astratta, del requisito dell’interesse transfrontaliero certo riferito tout-court all’intero territorio nazionale ovvero se, viceversa, stante in Italia la competenza dei singoli comuni, tale valutazione non debba intendersi riferita al territorio costiero di ciascun comune e, quindi, riservata alla competenza comunale;

8) se risulti coerente rispetto ai fini perseguiti dalla direttiva 2006/123 e dallo stesso art. 49 TFUE una statuizione da parte del giudice nazionale relativa alla sussistenza, in via generale ed astratta, del requisito della limitatezza delle risorse e delle concessioni disponibili riferito tout-court all’intero territorio nazionale ovvero se, viceversa, stante in Italia la competenza dei singoli comuni, tale valutazione non debba intendersi riferita al territorio costiero di ciascun comune e, quindi, riservata alla competenza comunale;

9) qualora in astratto ritenuta la direttiva 2006/123 self-executing, se tale immediata applicabilità possa ritenersi sussistere anche in concreto in un contesto normativo – come quello italiano – nel quale vige l’art. 49 Codice della Navigazione (che prevede che all’atto di cessazione della concessione “tutte le opere non amovibili restano acquisite allo Stato senza alcun compenso o rimborso”) e se tale conseguenza della ritenuta natura self-executing o immediata applicabilità della direttiva in questione ( in particolare con riferimento a strutture in muratura debitamente autorizzate ovvero a concessioni demaniali funzionalmente collegate ad attività turistico ricettiva, come hotel o villaggio) risulti compatibile con la tutela di diritti fondamentali, come il diritto di proprietà, riconosciuti come meritevoli di tutela privilegiata nell’Ordinamento dell’U.E. e nella Carta dei Diritti Fondamentali;».

[ii] In virtù del disposto dell’art. 3 della legge 5 agosto 2022 n. 118, come modificato dall’art. 10-quater, comma 3, e 12, comma 6-sexies, lett. a), del decreto legge 29 dicembre 2022 n. 198, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2023 n. 14, le concessioni in essere alla data di entrata in vigore della legge n. 118 del 2022 (27 agosto 2022) sulla base di proroghe o rinnovi, disposti anche ai sensi della legge 30 dicembre 2018 n. 145 e del decreto legge 14 agosto 2020 n. 104, convertito dalla legge 13 ottobre 2020 n. 126, continuano ad avere efficacia fino al 31 dicembre 2024; in presenza, poi, di ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2024, connesse, a titolo esemplificativo, alla pendenza di un contenzioso o a difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura stessa, l’autorità competente, con atto motivato, può differire il termine di scadenza delle concessioni in essere per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2025.

[iii] Questi i principi di diritto enunciati dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato:

«1. Le norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative – compresa la moratoria introdotta in correlazione con l’emergenza epidemiologica da Covid-19 dall’art. 182, comma 2, d.l. n. 34/2020, convertito in legge n. 77/2020 – sono in contrasto con il diritto eurounitario, segnatamente con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE. Tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione.

  1. Ancorché siano intervenuti atti di proroga rilasciati dalla P.A. (e anche nei casi in cui tali siano stati rilasciati in seguito a un giudicato favorevole o abbiamo comunque formato oggetto di un giudicato favorevole) deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo gli attuali concessionari. Non vengono al riguardo in rilievo i poteri di autotutela decisoria della P.A. in quanto l’effetto di cui si discute è direttamente disposto dalla legge, che ha nella sostanza legificato i provvedimenti di concessione prorogandone i termini di durata. La non applicazione della legge implica, quindi, che gli effetti da essa prodotti sulle concessioni già rilasciate debbano parimenti ritenersi tamquam non esset, senza che rilevi la presenza o meno di un atto dichiarativo dell’effetto legale di proroga adottato dalla P.A. o l’esistenza di un giudicato. Venendo in rilievo un rapporto di durata, infatti, anche il giudicato è comunque esposto all’incidenza delle sopravvenienze e non attribuisce un diritto alla continuazione del rapporto.
  2. Al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere, di tener conto dei tempi tecnici perché le amministrazioni predispongano le procedura di gara richieste e, altresì, nell’auspicio che il legislatore intervenga a riordinare la materia in conformità ai principi di derivazione europea, le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023, fermo restando che, oltre tale data, anche in assenza di una disciplina legislativa, esse cesseranno di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell’ordinamento dell’U.E

[iv] Nella sentenza del 14 luglio 2016, cause C-458/14 e C-67/15.

[v] E in effetti l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con le decisioni n. 17 e 18 del 2022, si era già espressa nel senso di ritenere che «l’insieme di questi dati già evidenzia che attualmente le aree demaniali marittime (ma analoghe considerazioni valgono per quelle lacuali o fluviali) a disposizione di nuovi operatori economici sono caratterizzate da una notevole scarsità, ancor più pronunciata se si considera l’ambito territoriale del comune concedente o comunque se si prendono a riferimento porzioni di costa ridotte rispetto alla complessiva estensione delle coste italiane, a maggior ragione alla luce della già evidenziata capacità attrattiva delle coste nazionali e l’elevatissimo livello della domanda in tutto il periodo estivo (che caratterizza l’intero territorio nazionale, al di là della variabilità dei picchi massimi che possono differenziare le singole zone)».

[vi] In tal senso sempre l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con le decisioni n. 17 e 18 del 2022.

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