di Paola Brambilla
TAR SICILIA, Palermo, Sez. II – 2 febbraio 2023, n. 299 – Pres. Cabrini, Est. La Greca– omissis (avv.ti Mangano e Barraja) c. Comune di Castevetrano (avv. Vasile)
Il regolamento comunale che disciplini le aree idonee e inidonee alla localizzazione di impianti fotovoltaici è illegittimo per carenza assoluta di potere, in quanto il quadro normativo vigente a livello europeo, nazionale e regionale prevede una chiara riserva di procedimento amministrativo: solo all’interno di quest’ultimo è possibile operare un bilanciamento in concreto degli interessi, strettamente aderente alla specificità dei luoghi, che viene impedito dalla zonizzazione rigida locale, la quale viola altresì il principio di favore per la massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili.
I regolamenti e le prerogative dei Comuni tra ambiente e territorio.
Ultimo venne il fotovoltaico, ci viene da dire.
Prima ci sono state le antenne, e i regolamenti comunali antilocalizzativi; prima ancora il nucleare, le industrie insalubri, gli ogm; dopo le antenne gli spandimenti di fanghi e gessi in agricoltura, e ora gli impianti da energia rinnovabile.
Insomma, in occasione di ogni grande innovazione tecnologica suscettibile di generare grandi sconvolgimenti per la società, ma altrettante trasformazioni territoriali, il governo delle comunità locali reagisce spesso facendo uso dello strumento del regolamento comunale previsto dall’art. 7 del d.lgs. 267/00 c.d. TUEL, invocando un proprio atavico ed originario potere di regolazione, connaturato alla sussidiarietà intesa come decentramento se non come sovranità municipale, corollario della spettanza ai Comuni del governo del territorio.
Quando però il governo del territorio interseca le sue funzioni con altri temi, quello dell’energia ma soprattutto con il coacervo della normativa ambientale, il ruolo del Comune cambia: tra standard inderogabili di tutela sostanziali e formali, da un lato, e aspirazione alla sussidiarietà, le preoccupazioni e i preminenti interessi correlati alla tutela ambientale (qui alla transizione energetica) vedono allora il Comune ora quale oggetto, ora quale soggetto di interventi di trasformazione del territorio che danno vita a impatti ambientali importanti, senza che all’ente locale sia riconosciuto dalla normativa statale uno specifico potere decisionale, inteso come localizzativo.
Al Comune viene in tali casi assicurata ora la partecipazione a procedimenti decisionali collocati a un rango più elevato – nell’ambito di conferenze di servizi provinciali, regionali o statali (AU, PAU, PAUR) – ora la mera conduzione di PAS, costruiti come verifica di conformità dell’istanza alle previsioni normative.
In generale i regolamenti comunali dovrebbero limitarsi a normare l’esercizio delle relative funzioni, che possono essere (i) proprie (ovvero disposte direttamente dalle fonti primarie) raramente in materia ambientale; (ii) delegate (e allora si pone il tema della legittimità di deleghe ambientali che la norma primaria riserva alle Regioni, vedi C. Cost. n. 189/2021, TAR Lazio n. 850/2023 e TAR Lombardia, Brescia n. 787/2022); (iii) occasionali (quando il Comune rivesta il ruolo, ad esempio, di ente gestore di aree protette o simili); (iv) straordinarie, quando l’ente locale si trova a dover esercitare poteri contingibili ed urgenti ai sensi dell’art. 50 comma 5 del TUEL, ovvero ad emanare ordinanze per l’incolumità pubblica e la sicurezza umana ai sensi dell’art. 54 comma 4 del TUEL, o ancora ai sensi dell’art. 18 del D.lgs. 1/2018, T.U. della protezione civile. Si tratta di provvedimenti eccezionali o derogatori, solitamente con veste di ordinanza, che possono essere emanati anche per far fronte ad esigenze di natura ambientale.
Ecco allora che regolamenti e ordinanze possono prestarsi ad usi impropri, e divenire strumentali i primi all’apprestamento di discipline stabili antilocalizzative verso impianti e iniziative avversate, le seconde al fermo occasionale di attività osteggiate.
Quale che sia la forma di questa resistenza a scelte di fondo compiute a livello più alto, tranne sparutissime eccezioni frutto di disattenzione (Cons. Stato n. 2986/2015) i giudici amministrativi da sempre si sono erti a severi censori di ogni tentativo di declinazione territoriale subregionale di attività liberalizzate a livello statale (es. TAR Lombardia n. 1893/2022) dequotando le prerogative comunali, sino a precludere ai sindaci anche un potere di dissenso qualificato all’interno delle conferenze di servizi, persino in materia di AIA, dove pure l’art. 29 quater del d.lgs. 152/06 attribuisce uno specifico ruolo alle prescrizioni sindacali in materia di salute (Cons. Stato n. 894/2023).
Pianificazione mancata e insurrezione comunale.
Questa tendenza all’annichilimento delle prerogative locali se è certamente giustificata in sede giurisprudenziale dall’esigenza di dare applicazione ed efficacia a normative vocate all’economia circolare e al progresso tecnologico è però spesso disaccoppiata da una riflessione politica sulle ragioni di questo dissenso, che ha radici profonde che affondano nell’assenza, da un lato, di un reale coinvolgimento del territorio nelle grandi scelte con effetti localizzativi ben identificabili, dall’altro nell’abdicazione delle Regioni al ruolo di pianificazione partecipata che spetta loro.
La conseguenza è che, pur in assenza di piani e di linee guida localizzative statali e regionali, il proponente ha diritto di vedersi processare la propria istanza, in quanto la normativa in materia di rinnovabili ha chiarito via via con sempre maggiore precisione che in assenza di una pianificazione compiuta delle aree idonee non si può presumere l’inidoneità; anche i giudici hanno affermato che l’assenza di norme di transitorie come pure “l’omessa previsione di una disciplina transitoria, dunque, in ossequio al principio generale di continuità dell’azione amministrativa, non può di per sé comportare la sostanziale paralisi di tutti i procedimenti in corso, dovendo al contrario gli stessi essere definiti secondo le regole preesistenti” (Cons. Stato n. 1486/2020 sui rapporti tra atteso Piano di gestione dello spazio marittimo e istanze di eolico off-shore). Ciò che conduce a una mancata coerente distribuzione delle iniziative imprenditoriali sul territorio, e ad una sorta di colonizzazione dei territori più vocati e anche più fragili, che reagiscono con gli unici strumenti che conoscono.
La sorte dei regolamenti comunali in materia di rinnovabili.
Da subito, appena emanati i primi regolamenti comunali localizzativi in tema di impianti eolici, i giudici ne hanno affermato l’illegittimità (TAR Abruzzo n. 168/2015) sulla scorta della competenza statale di fondo e delle attribuzioni regionali quanto alla pianificazione, nella stretta osservanza delle linee guida 2010. Molto più nutrito è stato però il contenzioso che ha interessato la Corte Costituzionale rispetto alle moratorie o alle preclusioni regionali.
In ultimo però, complice la ventata di forte liberalizzazione che ha dato nuovo impulso agli impianti da energia rinnovabile attraverso la revisione del D.lgs. 28/2011 ad opera del D. lgs. 199/2021 e delle numerose modifiche intervenute sino al recentissimo D.L. 13/2023, nell’attesa che esca il decreto sulle aree idonee è la stessa normativa (art. 20, comma 8 D. lgs. 199/2021) ad aver indicato le aree idonee ex lege alla collocazione di impianti fotovoltaici, e ad aver precluso l’assimilazione tra aree non individuate come idonee e aree inidonee.
Da ultimo ha fatto la sua irruzione in scena anche il Regolamento UE n. 2022/2577 volto ad accelerare la diffusione delle energie rinnovabili, e in particolare l’energia solare, con disposizioni di particolare favore, automatismi procedimentali e tempistiche fondate eccezionalmente sul silenzio assenso; normativa europea ancora destinata ad arricchirsi in senso di spiccato favore, come evidenzia la pronuncia in commento.
I principi posti dalla sentenza.
La decisione afferma che i regolamenti comunali, in quanto estranei alla specifica attività pianificatoria consentita dalla legge, non possono precludere l’installazione di impianti fotovoltaici in zone a verde agricolo; ciò sia in ragione di tale destinazione urbanistica, sia in ragione appunto dell’assenza in materia di potestà regolamentare.
Quanto al primo profilo, è assodato che le aree agricole non siano precluse all’installazione di impianti FER (Cons. Stato n. 2983/2021) e, anzi, che siano vocate alla realizzazione di impianti agrivoltaici, come espressamente disposto dal novellato art. 20 del D. lgs. 199/2021, che indica al comma c ter n. 1) l’idoneità tout court di aree agricole prossime ad aree idonee (industriali, cave, bonifiche…); senza contare quanto dettato in dettaglio dalle Linee guida del giugno 2022 sugli impianti agrivoltaici e le loro specifiche tipologie, di per sé caratterizzate dalla funzionalità all’attività agricola.
Quanto al secondo aspetto, la pronuncia ripercorre in modo esemplare l’assetto delle competenze quanto alla localizzazione e all’autorizzazione.
Nel nuovo scenario normativo l’indicazione che possono fornire le Regioni in merito alla non idoneità di determinate aree ad accogliere la costruzione di impianti per la produzione di energie rinnovabili è espressamente riferita alla segnalazione di aree non idonee in relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, con esclusione di ogni ruolo regolamentare comunale (norma locale generale e astratta).
E ancora, si rammenta che pure le Regioni a statuto speciale devono osservare l’assetto discendente dal D. lgs. 387/0, dalle Linee Guida 2010 e dal D. lgs. 199/21, tale per cui la localizzazione deve essere decisa o in sede di pianificazione territoriale o all’interno del procedimento di valutazione ambientale e autorizzazione; con la precisazione inoltre che l’atto di pianificazione della Regione, nell’individuare le aree non idonee, non può comportare un divieto assoluto, bensì serve a segnalare un’elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione, volta a verificare in concreto se l’impianto così come effettivamente progettato, considerati i vincoli insistenti sull’area, possa essere realizzabile, senza determinare una reale compromissione dei valori tutelati dalle norme di protezione del sito.
Si tratta però, è bene ricordare, di una valutazione di primo livello (Cons. Stato n. 2848/2021) sintomatica dell’elevata probabilità di esito negativo, che non preclude la presentazione di progetti anche in aree non idonee e la loro successiva analisi nell’ambito del procedimento (si vedano gli esiti agli antipodi di TAR Lecce, II, n. 318/2023 e TAR Lecce, III, n. 19/2023) ma che viceversa dovrebbe avere la funzione di orientare gli operatori a prediligere le aree idonee.
Corollario di questi assiomi è che il fulcro decisionale della localizzazione si trova ad un altro livello, ovvero all’interno del procedimento autorizzativo, in base a quella che viene definita una “riserva di provvedimento amministrativo”, per cui solo nell’iter istruttorio è possibile e doveroso operare un “bilanciamento in concreto degli interessi, strettamente aderente alla specificità dei luoghi”, per la migliore valorizzazione sincronica di tutti gli interessi pubblici implicati, “a confronto sia con l’interesse del soggetto privato operatore economico, sia ancora (e non da ultimo) con ulteriori interessi di cui sono titolari singoli cittadini e comunità, e che trovano nei princìpi costituzionali la loro previsione e tutela” (v. Corte cost. n. 116/ 2020).
Da ciò la conclusione che il regolamento locale, precludendo l’ingresso nel vivo del procedimento, è dunque illegittimo ed emesso in carenza di potere, anche in relazione – osservano i giudici – dell’impulso eurounitario alla massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili (in ultimo, Corte cost., n. 286/ 2019 e n. 106/2020), che riporta ai soli Stati la facoltà di disporre limitazioni localizzative, escludendo ogni autonomia decisionale degli enti territoriali.
Al Comune residua semmai la prerogativa, all’interno del procedimento amministrativo, di farsi portatore delle specificità del proprio territorio per consentire una decisione consapevole, razionale e motivata.
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commento tar palermo – Brambilla[1]
Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.