Abbandono di rifiuti e profili di responsabilità del proprietario dell’area

28 Nov 2021 | giurisprudenza, penale

di Enrico Fassi

Corte di Cassazione, Sez. III – 30 giugno 2021 (dep. 8 ottobre 2021), n. 36727 – Pres. Ramacci, Est. Cerroni – ric. B.B.

Non può essere considerato responsabile della contravvenzione di cui all’art. 256, II, d.lgs. n. 152/2006, il proprietario dell’area sulla quale soggetti terzi abbiano abbandonato o depositato in modo incontrollato rifiuti, non sussistendo in capo allo stesso nè un obbligo giuridico di impedire l’evento nè un dovere di attivarsi per la rimozione dei materiali abbandonati.

Repetita iuvant. Così può essere sintetizzata la presa di posizione della Corte di Cassazione rispetto alla tendenza dei giudici del merito alla attribuzione di una generica responsabilità penale di tipo omissivo in capo al proprietario dell’area, per le condotte di abbandono o di deposito incontrollato di rifiuti poste in essere da terzi.

La decisione commentata, per quanto sintetica, ha infatti il pregio di ribadire come in capo al proprietario di un’area non sussista, in assenza di elementi positivi atti a provarne il contributo materiale o anche solo morale alla realizzazione del fatto costituente reato, una posizione di garanzia atta a fondarne una responsabilità omissiva “da posizione” nel caso, come detto, di abbandono o di deposito incontrollato di rifiuti (cosiccome di realizzazione e gestione di discarica non autorizzata) effettuati da soggetti terzi.

Tendenza, quella all’allargamento della sfera di operatività del precetto di cui all’art. 256 d.lgs. n. 152/2006, che invero si (ri)presenta puntualmente nelle decisioni di merito poi oggetto di ricorso per Cassazione.

Anche nel caso di cui trattasi, infatti, per quanto si evince dalla motivazione della decisione della Suprema Corte, l’imputato era stato condannato dal Tribunale di Trani, in sede di rito abbreviato, per la contravvenzione di cui all’art. 256, I, lett. a), d.lgs. n. 152/2006, non avendo, secondo la prospettazione accusatoria, impedito l’evento – imputabile ad altri soggetti – costituito dall’abbandono, o comunque dalla irregolare gestione di un determinato quantitativo di rifiuti, rinvenuti sul terreno agricolo di proprietà del ricorrente medesimo.

Nella sostanza, la A.G. di Trani aveva affermato la responsabilità del proprietario del sedime, al quale erano contestate condotte di raccolta, recupero e smaltimento di rifiuti nel proprio terreno, quantomeno a titolo colposo, paventando in capo allo stesso l’esistenza di un obbligo giuridico di impedire l’evento lesivo del bene giuridico protetto dalla contravvenzione di cui trattasi, giacché sussistente l’onere di vigilare su tutti coloro che avevano possibilità di accedere al sito.

Nel ricorso avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Trani, per quanto di rilievo, l’imputato ha sottolineato l’inosservanza di legge nonché il vizio di motivazione nel quale era incorso il provvedimento di condanna, in quanto appunto fondato sull’erronea interpretazione del precetto, dovendosi ritenere non sussistente in capo al proprietario dell’area un obbligo giuridico di impedire la realizzazione o il mantenimento dell’evento lesivo punito dalla norma incriminatrice contestata.

La Cassazione, in maniera estremamente sintetica, ha ritenuto il ricorso dell’imputato fondato, (ri)affermando i principi vigenti rispetto al reato di cui all’art. 256, II, d.lgs. n. 152/2006, rispetto ai quali può essere utile effettuare talune precisazioni.

Si tratta come anticipato di tematica sovente portata alla attenzione del giudice di legittimità[i], e riguardante la possibilità di configurare, nella forma omissiva, la contravvenzione poc’anzi indicata nei confronti del proprietario di un’area sulla quale terzi abbiano abbandonato o depositato rifiuti in modo incontrollato, in assenza di atti di gestione o di movimentazione di tali materiali addebitabili al proprietario medesimo.

Partendo da un punto di vista più generale, deve invero precisarsi come l’art. 256, II, d.lgs. n. 152/2006 si riferisca ad una condotta commissiva, posta in essere nell’ambito di un’attività di impresa, consistente appunto nell’abbandono o nel deposito incontrollato di rifiuti[ii], e che spesso risulta accompagnata da una precedente condotta di gestione irregolari di rifiuti, a sua volta punita dall’art. 256, I, d.lgs. n. 152/2006.

Date dunque le particolari caratteristiche del precetto, è divenuta maggioritaria la tesi che ritiene non possa fondarsi in capo al titolare del diritto dominicale sul sedime una responsabilità penale, ancorata su una pretesa culpa in vigilando o su un obbligo di custodia dell’area ove vengono realizzate condotte illecite, né che in capo allo stesso sia richiesta – ad esempio – la costruzione di una recinzione atta ad escludere terzi dall’accesso al sito.

Non sono mancate, tuttavia, decisioni che hanno inteso affermare la responsabilità del proprietario rimasto inerte, e ciò ricorrendo vuoi all’istituto di concorso di persone nel reato, vuoi alla supposta sussistenza di un obbligo di garanzia rivolto in capo allo stesso ad impedire l’abbandono dei rifiuti sul proprio fondo, punendone pertanto l’inerzia costituita dall’omesso impedimento della condotta altrui, possibile anche solo chiudendo a terzi l’accesso al sito.

La impossibilità di fondare la responsabilità omissiva del proprietario meramente inerte, invero, è stata affermata già in sede amministrativa sulla base del disposto dell’art. 192, III, d.lgs. n. 152/2006[iii], richiedendosi quantomeno la verifica rispetto alla sussistenza di un coefficiente colposo in capo al titolare del sito[iv], dovendosi pertanto concludere come – a maggior ragione – in sede penale debba ritenersi imprescindibile un’indagine approfondita riguardo alla sussistenza dei profili sulla base dei quali si vorrebbe addebitare una responsabilità personale al soggetto attivo.

E, sul punto, l’orientamento maggioritario, come anticipato, ha inteso circoscrivere i profili di responsabilità del proprietario del terreno rimasto inerte quantomeno ad un profilo anche solo colposo rappresentato dalla mera conoscenza, unita al non facere, rispetto alla condotta illecita altrui.

Da un punto di vista sistematico, infatti, ai fini della possibile configurabilità di una responsabilità omissiva ex art. 40, II, cp, che sia rispettosa del principio di legalità della pena di cui all’art. 25, II, Cost. declinata nella riserva di legge statale e nella determinatezza del precetto, è necessario che vi sia uno specifico obbligo giuridico, imposto da una norma incriminatrice, di impedire il verificarsi di un determinato evento.

Il presupposto di operatività della responsabilità a titolo di causalità omissiva dovrebbe pertanto poggiare su un obbligo stabilito per impedire eventi del genere di quello che si verifica nel reato che si vorrebbe addebitare al soggetto che si assume non essere intervenuto.

E, tale obbligo, non può certamente fondarsi su un dovere indeterminato o generico, anche se di rango costituzionale, presupponendo necessariamente l’esistenza di obblighi giuridici specifici, posti a tutela del bene penalmente protetto, della cui inosservanza il destinatario possa essere chiamato a risponderne[v].

Escludendo pertanto la rilevanza penale di comportamenti meramente omissivi, la responsabilità penale del titolare del diritto dominicale è stata (ri)affermata soltanto nei casi in cui la consapevolezza sia accompagnata da una acquiescenza capace di agevolare la commissione del reato, così da poter essere definito come concorso attivo nella integrazione dello stesso[vi].

In difetto di elementi attestanti una diretta partecipazione al reato, ovvero di un contributo materiale o morale nell’illecita gestione di rifiuti, la Cassazione ha dunque ribadito come non possa ritenersi configurabile in capo al proprietario dell’area una responsabilità “da posizione”; e tale esclusione dalla sfera di operatività della responsabilità penale deve essere affermata anche nel caso di mancata attivazione del proprietario medesimo per la rimozione dei rifiuti.

Come notazione conclusiva tuttavia, condividendo il reciso approdo cui perviene la Cassazione nel caso oggetto del presente commento, vi è da evidenziare come in taluni casi possa rivelarsi estremamente difficile discernere tra fattispecie nelle quali sussista, o meno, una acquiescenza – qualora la stessa possa essere considerata quantomeno quale contributo morale al reato commesso da terzi – del proprietario capace di agevolare la commissione del reato, spesso individuabile dal lasso temporale di durata nel quale le condotte illecite poste in essere da terzi vengono perpetrate.

Tali situazioni, sono proprio quelle che hanno consentito il maturare di opinioni non sempre concordanti nella giurisprudenza di merito, e che probabilmente traggono origine dalla potenziale interpretazione in senso ampio attribuibile al c.d. concorso morale da parte del proprietario del terreno ove sono stati abbandonati determinati quantitativi di materiali classificabili come rifiuti.

In conclusione, comunque, se quanto osservato potrebbe essere ritenuto rilevante da un punto di vista prettamente amministrativo per fondare una colpa del proprietario del sedime sul quale terzi abbiano realizzato condotte di irregolare gestione di rifiuti, in assenza di uno specifico obbligo giuridico impeditivo in capo allo stesso (cosiccome senza indici di compartecipazione attiva al reato), può ribadirsi, in materia penale, come non sussistano i presupposti per fondarne una responsabilità omissiva ex art. 40 cpv cp.

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RGA Online – Fassi 10.11.21

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Cass. III, 36727_2021 (fassi)

[i] E ciò a partire da Cass., SS.UU., 5 ottobre 1994, n. 12753, poi seguita da numerose decisioni delle quali si farà menzione nel prosieguo.

[ii] Mentre la identica condotta posta in essere da privati risulta sanzionata amministrativamente dall’art. 255 d.lgs. n. 152/2006, della quale dunque la contravvenzione di cui all’art. 256, II, d.lgs. n. 152/2006 risulta ipotesi speciale. Su tale tematica, RANGHINO, L’abbandono incontrollato dei rifiuti tra illecito amministrativo e fattispecie penale, in Questa Rivista, 2021, giugno. Per quanto riguarda la definizione delle locuzioni di abbandono, deposito incontrollato e discarica (quest’ultima definita dall’art. 2, I, lett. g), d.lgs. n. 36/20003), si veda BELTRAME, Gestione dei rifiuti e sistema sanzionatorio, Padova, 2000.

[iii] Cons. Stato, sez. V, 19 marzo 2009, n. 1612; nonché TAR Sicilia, 12 febbraio 2021, n. 471, con nota di GALLARINI, Niente responsabilità oggettiva o “da posizione” per il proprietario di un terreno rispetto ai rifiuti abbandonati da terzi, in questa Rivista, 2021, aprile, n. 20. Sui profili della obbligazione in solido del proprietario si veda anche Cass. civ. SS.UU., 25 febbraio 2009, n. 4472, con nota di JANNARELLI, L’articolazione delle responsabilità nell’ “abbandono di rifiuti”: a proposito della disciplina giuridica dei rifiuti come non-beni sia in concreto sia in chiave prospettiva, in Riv. dir. Agrario, 2009, 2, p. 125.

[iv] Al quale dunque la stessa norma ricondurrebbe una responsabilità concorsuale e verso il quale potrebbe peraltro applicarsi la relativa sanzione amministrativa prevista dal già citato art. 255 d.lgs. n. 152/2006 per le condotte di abbandono di rifiuti.

[v] Giacché l’orientamento minoritario fonda la sussistenza dell’obbligo di garanzia del proprietario dall’art. 2 Cost., che prevede i generali doveri di solidarietà economica e sociale, nonché dall’art. 3 ter d.lgs. n. 152/2006, che àncora in capo a tutti i soggetti, dunque anche al proprietario, il dovere di tutela dell’ambiente, il quale invece non apparirebbe direttamente riconducibile al proprietario stesso sulla base della lettera dell’art. 192 d.lgs. n. 152/2006. Si veda CARRERA, Abbandono di rifiuti e recinzione del fondo: la responsabilità del proprietario, in Urb. e app., 2014, p. 1262 e ss.

[vi] Sul punto, ex multis, Cass., sez. III, 12 novembre 2013, n. 49327; Cass., sez. III, 13 novembre 2013, n. 47501; Cass., sez. III, 10 giugno 2014; Cass., sez. III, 7 ottobre 2015, n. 50997; Cass., sez. III, 5 aprile 2017, n. 28704.

 

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