Il Green New Deal (GND) e la regolazione pubblica

21 Mar 2021 | focus, articoli, contributi, in evidenza 3, green new deal

di Dario Bevilacqua

Il Green New Deal (GND) è un programma di politica economica[i] avviato ormai da alcuni anni, sviluppatosi in modo esponenziale nell’ultimo periodo e ancora in divenire: si basa sulla combinazione tra interventismo pubblico nel settore economico e iniziative private e mira a rivedere le priorità nelle scelte sulla produzione di beni e sulla fornitura di servizi secondo una visione orientata alla tutela dell’ambiente e allo sviluppo sostenibile[ii]. Quindi tesa a ridurre le emissioni di CO2 e il surriscaldamento climatico, a tutelare la biodiversità e a proteggere la salute umana, animale e vegetale e, al contempo, favorire la crescita economica, individuare nuovi settori di investimento e aumentare la ricchezza e il benessere sociale generale.

Le politiche e le misure pubbliche che compongono il GND costituiscono gli strumenti attraverso cui convertire numerose attività economiche e sociali alla sostenibilità ambientale, coniugando l’esigenza di ridurre l’inquinamento con quella di favorire lo sviluppo, limitando l’intrapresa economica e al contempo incentivandola secondo finalità e percorsi innovativi.

L’ambizioso obiettivo importato dal programma politico in parola impegna le istituzioni e le amministrazioni pubbliche a una serie di attività – di natura regolatoria – che hanno un forte carattere innovativo e che possono essere raggruppate in tre aree.

In primo luogo, il GND segue un percorso che potremmo definire “circolare”: nasce dal basso, con movimenti di opinione, lobbying e un cambio di paradigma culturale; investe le istituzioni – su vari livelli (locale, nazionale, sovranazionale) – che fanno propria quella visione dandole seguito con una serie di politiche; quindi ritorna nuovamente alla società civile, ai cittadini. Questi ultimi, infatti, sono chiamati a partecipare attivamente, a divenire attori del cambiamento e co-regolatori, ad adeguare i propri comportamenti per rendere possibile la transizione ecologica. In questo senso si tratta di un modello paradigmatico e originale di regolazione glocal, orizzontale e circolare, che prevede regole e istituzioni che operano a livello comune e sovranazionale collegate e integrate con regole e istituzioni che operano a livello locale e subnazionale e con le constituencies, chiamate a svolgere un ruolo attivo, non di meri destinatari, ma di attori della transizione verso un nuovo modo di produrre.

In secondo luogo, il GND si basa su un compromesso tra libero mercato e regolazione pubblica e segna un cambio di paradigma rispetto all’approccio adottato in passato e negli ultimi anni: l’intervento pubblico non si limita a vietare, controllare e punire e nemmeno si fa da parte, lasciando che sia il mercato a regolare l’attività dei suoi attori, ma si spinge fino a promuovere, incentivare, indirizzare l’attività economica. La cesura con il passato (anche recente) risiede nel fatto che i due momenti – quello dei limiti e quello degli incentivi, entrambi provenienti dai poteri pubblici – sono collegati e coordinati, secondo un disegno condiviso e coerente: le autorità amministrative non si ritraggono per lasciare il passo alle dinamiche economiche e di mercato, né si limitano a vietare e punire, ma rimangono presenti, affiancandosi agli attori privati, condizionando le loro attività, modificandone gli obiettivi e favorendo nuovi investimenti, subordinati al raggiungimento di determinate finalità stabilite da soggetti pubblici.

Infine, riprende vigore il compito affidato ai poteri amministrativi di regolare, limitare e controllare le attività economiche. Lo “Stato promotore”[iii] non prende il posto dello “Stato censore”, ma vi si affianca. Accanto a incentivi economici, investimenti pubblici e partenariati pubblico-privati non vengono meno e anzi si rafforzano – sebbene con declinazioni originali – pianificazioni, autorizzazioni, divieti, controlli e sanzioni. Questo ruolo preponderante per i poteri pubblici non è – o non dovrebbe essere – caratterizzato dalla sua forza autoritaria, ma da una visione che potremmo definire “sociale”, per cui le autorità restringono in modo importante le libertà economiche ma solo in quanto giustificate dalla tutela di beni collettivi che, per una serie di ragioni di natura storica, sono ora ritenuti gerarchicamente superiori agli altri. Tra questi, ovviamente, la tutela dell’ambiente in tutte le sue declinazioni. Nel contesto del GND, le pubbliche amministrazioni hanno il compito di trovare strumenti in grado di comprimere, limitare e indirizzare la libertà privata per la tutela di beni giuridici superiori, riuscendo a legittimarli in un’arena multinazionale, a renderli efficaci nei risultati e a dar loro forza vincolante in fase di attuazione.

Quelle appena delineate sono tre sfide che attendono i poteri pubblici chiamati a dare attuazione al GND nei prossimi anni. Vedremo con quali risultati e con quali elementi positivi o negativi.

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Bevilacqua_GND

Note:

[i] La scelta dell’espressione si deve a un preciso riferimento al New Deal attuato negli Stati Uniti dal presidente Franklin Delano Roosevelt fra il 1933 e il 1939 per porre rimedio ai disastrosi effetti della grande crisi nel periodo 1929-1932, ossia a un programma di politica economica che “puntava a rompere il circolo vizioso della recessione di domanda-produzione-salari-domanda partendo dal presupposto che questo potesse avvenire solo grazie a una forte accentuazione dell’intervento dello Stato nell’economia, senza peraltro giungere a compromettere i principi fondamentali del sistema capitalistico: un principio generale che trovò nel 1936 la sua definitiva consacrazione teorica da parte dell’economista inglese J.M. Keynes” (New deal in Dizionario di Storia Treccani (2010), https://www.treccani.it/enciclopedia/new-deal_%28Dizionario-di-Storia%29/). Il riferimento al programma di Roosvelt disvela due delle caratteristiche primarie del GND: l’intervento dello Stato nell’economia a fini di rilancio della stessa, ossia per favorire la crescita e lo sviluppo, e la necessità di individuare un punto di incontro proprio tra tale crescita economica e la tutela dell’ambiente. La letteratura sul GND è già in crescita: J. Rifkin, Un Green New Deal globale. Il crollo della civiltà dei combustibili fossili entro il 2028 e l’audace piano economico per salvare la terra, Milano, Mondadori, 2020; N. Chomsky e R. Pollin, The Climate Crisis and the Global Green New Deal: The Political Economy of Saving the Planet tr. it. Minuti contati. Crisi climatica e Green New Deal globale Ponte delle Grazie, 2020; A. Pettifor, Il green new deal. Cos’è e come possiamo finanziarlo, Fazi, 2020.

[ii] Lo sviluppo sostenibile, che mira a proteggere l’ambiente e al tempo stesso favorire lo sviluppo sociale ed economico, è stato riconosciuto come principio di diritto internazionale: UN Doc. A/57/329, New Delhi Declaration of Principles of International Law Relating to Sustainable Development, 31 August, 2002. Il tema è molto discusso, sin dal noto rapporto Rapporto Brundtland (Il nostro futuro comune), del 1987, che lo definisce come “lo sviluppo che è in grado di soddisfare i bisogni della generazione presente, senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri” (World Commission On Environment and Development, Our Common Future, Oxford Paperbacks, 1990). Nei decenni successivi la letteratura sul tema è divenuta molto copiosa e variegata. Senza essere esaustivi, si rinvia a E. Tiezzi – N. Marchettini, Che cos’è lo sviluppo sostenibile?, Roma, 1999; G. Guido – S. Massari, Lo sviluppo sostenibile. Ambiente, risorse, innovazione, qualità. Scritti in memoria di Michela Specchiarello, Milano, 2013; J.D. Sachs, The Age of Sustainable Development, Columbia University Press, 2014; R. Sebastiani, Corporate Sustainability e competitività delle imprese. Lo sviluppo sostenibile come opportunità per un nuovo modo di fare impresa, Milano, 2013; F. Fracchia, Lo sviluppo sostenibile. La voce flebile dell’altro tra protezione dell’ambiente e tutela della specie umana, Napoli, Editoriale Scientifica, 2010. Si veda infine S. Nespor, la scoperta dell’ambiente. Una rivoluzione culturale, Roma, Laterza, 2020, p. 99 e ss. e passim.

[iii] In tal senso si v. l’Introduzione al volume ASTRID-IRPA, Lo Stato promotore. Indagine sul mutamento degli strumenti di intervento pubblico nell’economia di fronte alle crisi e alle trasformazioni del XXI secolo, a cura di F. Bassanini, G. Napolitano e L. Torchia, in corso di pubblicazione presso l’editore il Mulino, Bologna, 2021 (https://images.irpa.eu/wp-content/uploads/2021/01/intro.-lo-stato-promotore-gn-lt-fbdef-_Irpa-Working-Paper-1.pdf).

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