L’Unep ha cinquant’anni

04 Ago 2022 | articoli, editoriale

di Stefano Nespor

Qual è lo stato dell’ambiente? Che cosa si deve fare? Possiamo fare qualcosa?

Queste erano le domande che si accavallavano in molti paesi negli anni Sessanta, all’inizio dell’ambientalismo moderno. Erano domande che non avevano risposta: mancavano o erano ancora approssimativi i sistemi di analisi e di monitoraggio delle condizioni del suolo, dell’aria, dell’acqua, dei mari, non erano definiti i criteri per individuare le sostanze nocive o per valutare la perdita della biodiversità. Soprattutto, mancava un’organizzazione per la raccolta di dati scientifici a livello globale.

Il salto di qualità avviene nel 1972, cinquanta anni fa. Alla conclusione della Conferenza di Stoccolma è istituito lo United Nations Environmental Programme: un anniversario dimenticato dalla stampa e dalle associazioni ambientaliste (ma si veda il sito dell’UNEP: Home | UNEP@50).

Il piccolo gruppo di governi che ne aveva sostenuto l’istituzione aveva compreso che i problemi ambientali possono essere affrontati solo adottando politiche e strategie basate su approfondite e affidabili indagini scientifiche. Due erano quindi i compiti assegnati a questo organismo: promuovere indagini e fornire dati scientifici affidabili sulle condizioni dell’ambiente a livello globale e regionale e, sulla base dei dati ottenuti, assistere gli Stati nella stipulazione di accordi internazionali.

Due decisioni, assunte non senza perplessità e contrasti, appaiono oggi lungimiranti.

La prima decisione fu quella di non creare un’Agenzia indipendente, come tante altre, tra le quali l’Organizzazione mondiale della sanità, l’Organizzazione internazionale del lavoro e l’UNESCO, in modo da non racchiudere i temi ambientali all’interno di un’istituzione autonoma e indipendente, con il rischio di conflitti con le altre agenzie e iniziative delle Nazioni Unite che si occupavano di ambiente. Fu così istituita un’entità preposta allo studio e all’individuazione dei problemi nell’ambito del sistema delle Nazioni Unite con il compito di offrire alle altre organizzazioni internazionali e tutti gli stati membri la possibilità di scambiare dati, informazioni e progetti e sviluppare politiche comuni. L’UNEP è quindi costituito come un organo sussidiario: sono enti previsti dall’art.22 della Carta delle Nazioni Unite per affrontare specifiche questioni nel settore economico, sociale e umanitario. È un Programma ambientale alle dirette dipendenze dell’Assemblea delle Nazioni Unite con compiti di assistenza delle altre istituzioni delle Nazioni Unite che già svolgevano attività nel settore dell’ambiente e dei singoli Stati.

La seconda decisione fu la scelta di porre la sede a Nairobi, unica presenza allora delle Nazioni Unite al di fuori degli Stati ricchi: una scelta assai controversa perché si temeva che in questo modo l’UNEP fosse isolata dal “circuito” e dalle relazioni delle altre organizzazioni internazionali, tutte dislocate tra Europa e Stati Uniti.  Ma questa scelta fu determinante per riscuotere la fiducia e il sostegno di molti paesi poveri, allora molto più interessati ai temi dello sviluppo che non a quelli della protezione dell’ambiente, visti da molti come un progetto volto a impedire la crescita economica di stati appena usciti dall’era coloniale.

Ha ricordato a questo proposito Mostafa Tolba, prima a capo della delegazione egiziana alla Conferenza di Stoccolma e poi direttore ell’UNEP per molti anni: “A quell’epoca noi nei paesi in via di sviluppo non ci occupavamo di inquinamento e tutela dell’ambiente… Io vengo da un paese dove la banconota da dieci sterline reca l’immagine di una ciminiera con il fumo che esce, per rappresentare l’industrializzazione e la crescita economica”.

Nel corso di questi decenni, l’UNEP ha costruito e messo a disposizione di tutti un patrimonio eccezionale di documentazione scientifica su argomenti quali la desertificazione, la deforestazione, l’inquinamento degli oceani, le modificazioni della massa dei ghiacciai, la misurazione del livello di mercurio nella pesca, gli effetti dei pesticidi sull’uomo, i pericoli e i danni delle sostanze chimiche e dei rifiuti sugli ecosistemi e sulle biodiversità e ha contribuito alla costituzione di organismi scientifici internazionali quali  l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) e l’IPBES (Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services). Ha inoltre contribuito in modo determinante alla presa di coscienza del pericolo rappresentato dall’utilizzo dei CFC per la conservazione dello strato d’ozono ed ha predisposto i due trattati che hanno condotto alla messa al bando di quelle sostanze, comunemente considerati il più grande successo del movimento ambientalista. Attualmente, gli sforzi dell’UNEP sono rivolti alla predisposizione di un trattato per il contenimento dell’inquinamento da plastica, che dovrebbe essere sottoscritto entro il 2024.

In definitiva, l’UNEP è un grande esempio di cooperazione internazionale per perseguire finalità di tutela dell’ambiente, tra le quali, non dimentichiamolo, c’è anche il contenimento del cambiamento climatico.

È l’esempio di quanto la comunità internazionale tiene all’ambiente globale e investe per la sua tutela.

Non proprio.

All’atto della sua fondazione, si era previsto per l’UNEP un finanziamento annuale di 100 milioni di dollari, pari, in valore attuale, a 691 milioni.

Nel 2021, il fondo assegnato all’UNEP è stato di 78 milioni di dollari, l’11% di quanto originariamente previsto. Più o meno quanto costa oggi un calciatore di successo in Europa.

 

Per chi vuole approfondire.

Stanley Johnson, UNEP: The First 40 Years, A Narrative, UNEP, Nairobi, 2012

Maria Ivanova, The Untold Story of the World’s Leading Environmental Institution. UNEP at Fifty, MIT Press 2022.

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