di Luciano Butti
Uno degli argomenti discussi durante la recente crisi politica è stato quello dei termovalorizzatori, in particolare quello che la nuova Giunta della Capitale vorrebbe realizzare a Roma, agevolato dal decreto-legge ‘Aiuti’, in occasione della cui conversione in legge si è aperta la crisi.
La gestione ambientale è un tema complesso, e non è detto che la scelta opportuna in una città sia opportuna anche, negli stessi termini, in una città diversa. Non contano solo le emissioni di un impianto, ma anche il suo significato complessivo nel ciclo dei rifiuti. Decisiva, in particolare, per un termovalorizzatore, è la dimensione: se è troppo piccolo, non è efficiente; se è troppo grande, rischia di richiamare inutilmente rifiuti da altre regioni.
E’ in ogni caso necessario che il dibattito politico parta da presupposti basati sulle evidenze scientifiche e sul contesto normativo europeo.
A me pare che tali presupposti possano concentrarsi in cinque punti.
In primo luogo, le norme europee sono chiarissime nel richiedere, prima di tutto, la riduzione della quantità dei rifiuti ed il recupero. Va chiarito che il recupero non si esaurisce nell’incremento della differenziata – oggi a Roma a livelli bassissimi – ma esige la costruzione di moderni impianti di trattamento delle diverse frazioni.
In secondo luogo, in una metropoli globale, frequentata ogni giorno non solo dai residenti, ma anche da moltissimi turisti, una frazione di rifiuto indifferenziato è inevitabile. Essa può essere ridotta al 20-30%, non meno al momento. E per arrivare a questo risultato già occorrerebbe un lavoro imponente in una città come Roma.
In terzo luogo, l’attuale gestione dell’indifferenziato a Roma è disastrosa dal punto di vista economico e soprattutto ambientale. Gran parte di questi rifiuti, tal quali o dopo un blando trattamento meccanico-biologioco, vengono trasportati a centinaia di Km di distanza, per essere inceneriti in altre regioni o addirittura in altri stati. Il trasporto avviene in parte rilevante su gomma. L’inquinamento così generato è impressionante e i costi sono altissimi.
In quarto luogo, per evitare questa esportazione selvaggia di rifiuti, occorre un impianto finale per l’indifferenziato. Questo impianto può essere una discarica o un inceneritore. Sia alla luce delle norme europee, sia sulla base della letteratura scientifica di gran lunga prevalente, l’inceneritore è preferibile alla discarica. Le emissioni di un termovalorizzatore moderno e ben gestito sono costantemente monitorate e ben al di sotto dei livelli di rischio, come le esperienze delle capitali sostenibili del Nord Europa dimostrano. Inoltre, di norma nelle aree dove vi è un moderno termovalorizzatore la differenziata rimane su livelli alti.
Infine, l’inceneritore da solo non risolve certo il problema della gestione dei rifiuti in una metropoli, che richiede un piano complessivo e moderno, nel quale, come detto all’inizio, riduzione dei rifiuti e incremento del recupero siano al primo posto.
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