Ignoranza e cambiamento climatico

01 Dic 2023 | articoli, editoriale

di Stefano Nespor

L’ignoranza ha molte forme. Esistono l’ignoranza autentica e quella finta; quella volontaria o involontaria; quella consapevole o inconsapevole, quella religiosa e quella laica, quella intenzionale o quella dovuta a impedimenti esterni. Si può ignorare a causa di pregiudizi e stupidità. E per altre ragioni ancora (si veda su questo tema L’ignoranza: una storia globale di Peter Burke, appena uscito da Raffaello Cortina).

Lascio ai lettori di classificare tra tutte queste possibili ignoranze le affermazioni della presidente della Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa) per la Lombardia: “Io non credo che il cambiamento climatico sia frutto dell’uomo” (non è da sola in questo periodo nel nostro paese: si veda l’indagine pubblicata il 15 novembre 2023, commissionata da Greenpeace all’Università di Pavia: C’è una nuova ondata di negazionismo climatico in Italia? www.greenpeace.org/italy/storia/19238/ce-una-nuova-ondata-di-negazionismo-climatico-in-italia-la-nostra-analisi-sui-principali-media/).

È però significativo l’uso del verbo credere, che classifica un fenomeno scientifico accertato da migliaia di scienziati di ogni paese alla pari di una fede religiosa o di profezie astrologiche (come ricordate, a queste ultime credeva Don Ferrante, prima di morire di peste). In particolare, la presidente di Arpa Lombardia non crede nelle conclusioni raggiunte già dieci anni dall’Ipcc nel suo 5° rapporto in base alle quali l’umanità è la causa dominante del cambiamento climatico (95% di consenso scientifico); né crede a tutti i rapporti successivi.

Per fortuna degli abitanti del pianeta, i loro governi sono convinti dell’esistenza posta dal cambiamento climatico causato dall’uomo e della situazione di emergenza indicata dagli scienziati dell’IPCC e dagli organismi internazionali: alla COP 28, la conferenza annuale delle Nazioni Unite sul contenimento del cambiamento climatico, che si apre negli Emirati Arabi Uniti in coincidenza con la pubblicazione di questo numero della RGA on line, parteciperanno infatti 198 Stati (praticamente tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite), oltre a centinaia di organizzazioni non governative e di associazioni di imprese

È un appuntamento delicato e atteso per molti motivi.

Infatti, le più recenti stime dimostrano che siamo prossimi all’aumento di 1,5° C, indicato nell’Accordo di Parigi nel 2015 come limite da non superare alla fine del secolo: secondo recenti dati dell’Organizzazione meteorologica mondiale (OMS) potremmo superarlo già nel 2027.

Non è un limite immodificabile, ma negli anni successivi dovrà essere fatto un enorme sforzo per scendere al di sotto.

Ci sono segnali positivi per un’inversione di tendenza.

L’energia prodotta da fonti rinnovabili, eolica e solare in testa, è ovunque in fase di rapida espansione. Oggi nell’Unione europea esse generano il 22% dell’elettricità e negli Stati Uniti il 15%. Era in entrambi i casi l’1% venti anni fa. Diverso è il discorso per Cina e per India: la quota di elettricità soddisfatta da fonti rinnovabili è ancora bassa, ma è in rapido aumento per i giganteschi investimenti programmati.

Tuttavia, poiché la domanda di energia è in continuo aumento a livello mondiale, soprattutto per la diffusione del benessere nei paesi poveri, l’aumento dell’energia generata da fonti rinnovabili ottiene solo di contenere l’incremento dell’uso dei combustibili fossili: petrolio, carbone e gas soddisfano ancora circa l’80% della domanda di energia a livello mondiale.

Sarà quindi decisivo l’impegno per azzerare le emissioni di gas serra, obiettivo da realizzare da ciascuno dei paesi partecipanti, anche se entro date diverse che tengano conto della loro situazione economica e sociale.

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