Valutazione di impatto ambientale: partecipazione al procedimento e diritto di accesso alla giustizia dei cittadini interessati

17 Gen 2020 | giurisprudenza, corte di giustizia

di Matteo Ceruti

Corte di Giustizia, Sez. I – 7 novembre 2019 – causa C-280/18 – Pres. Bonichot, Est.  Bonichot – A. Fausch et alii c. Ministro dell’ambiente e dell’energia della Grecia et alii

L’articolo 6 della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro conduca le operazioni di partecipazione del pubblico al processo decisionale relative a un progetto a livello della sede dell’autorità amministrativa regionale competente, e non al livello dell’unità municipale da cui dipende il luogo di ubicazione di tale progetto, qualora le modalità concrete seguite non garantiscano il rispetto effettivo dei diritti del pubblico interessato, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare.

Gli articoli 9 e 11 della direttiva 2011/92 devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che comporta che a taluni membri del pubblico interessato sia opposto un termine per presentare un ricorso che inizia a decorrere dall’annuncio di un’autorizzazione di un progetto su Internet, qualora tali membri del pubblico interessato non abbiano avuto previamente la possibilità adeguata di informarsi sulla procedura di autorizzazione conformemente all’articolo 6, paragrafo 2, di tale direttiva.

Con la sentenza in commento viene decisa un’interessante vicenda processuale di cui ci si era già occupati su questa rivista, esaminando le conclusioni dell’Avvocato generale[i].

Interrogata -su rinvio pregiudiziale- dal Consiglio di Stato della Grecia, la Corte di Giustizia UE afferma importanti principi in tema di adeguatezza dell’informazione e della partecipazione del pubblico al processo decisionale di VIA, oltreché di accesso alla giustizia amministrativa, con particolare riferimento ai presupposti per la decorrenza dei termini di impugnazione delle decisioni finali.

Oggetto del contendere dinanzi al giudice amministrativo ellenico era l’approvazione, previa valutazione di impatto ambientale positiva, di un grande complesso turistico sull’isola di Io nell’arcipelago delle Cicladi, contestata da tre proprietari di immobili sull’isola, residenti in Belgio, Italia e Francia, che avevano proposto ricorso per l’annullamento della decisione una volta constatato l’inizio dei lavori, a distanza di circa due anni da quando l’atto impugnato era stato pubblicato sul sito internet del Ministero dell’ambiente greco; cosicché la società controinteressata aveva eccepito la tardività dell’impugnativa.

Con una prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiedeva alla Corte europea se l’articolo 6 della direttiva VIA 2011/92/UE debba essere interpretato nel senso che uno Stato membro può condurre le operazioni di informazione e partecipazione pubblica al livello della sede dell’autorità amministrativa regionale competente, e non al livello dell’unità municipale del luogo di ubicazione del progetto. Nel caso in esame era infatti accaduto che l’avviso informativo dell’avvio della procedura di VIA era stato pubblicato sul giornale locale dell’isola di Siro, distante da Io 55 miglia nautiche, oltre che con un’affissione presso gli uffici della regione dell’Egeo meridionale, situati sempre a Siro, e sempre in quest’ultima diversa isola era stato conservato il fascicolo della VIA ed ivi doveva tenersi la consultazione pubblica dei cittadini interessati.

Nella sentenza in esame dapprima si ricorda che l’art. 6 della direttiva VIA rimette agli Stati membri il compito di determinare le “modalità dettagliate” di informazione e di consultazione del pubblico interessato, precisando tuttavia al contempo che il principio di “autonomia procedurale” non è totalmente discrezionale essendo condizionato dai noti principi di equivalenza (rispetto ad analoghe situazioni) e di effettività (di esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento dell’Unione).

E così, facendo applicazione del principio di effettività, i giudici europei rispondono ai quesiti posti dal Consiglio di Stato greco chiarendo che, in tema di informazione preliminare alla procedura di VIA, non può considerarsi ex se sufficiente una qualsiasi comunicazione in materia giacché le autorità competenti debbono necessariamente assicurarsi nel caso concreto che i canali d’informazione utilizzati siano idonei a raggiungere i membri del pubblico interessato, onde consentire loro un’adeguata possibilità di essere informati del progetto, del processo decisionale e delle possibilità di partecipazione alla procedura.

Pur rimettendo al giudice del rinvio il compito di stabilire se i suddetti requisiti di effettività dell’informazione siano stati rispettati nella procedura in esame, la Corte fornisce comunque una “risposta utile” ai giudici ellenici evidenziando che, in una situazione in cui la maggior parte degli interessati all’intervento sottoposto a VIA risiedevano ovvero erano proprietari di un bene immobile sull’isola di Io di prevista localizzazione del progetto del grande complesso turistico, un’affissione nei locali della sede amministrativa regionale (situata sulla diversa isola di Siro) accompagnata da una pubblicazione in un giornale locale di quest’ultima isola, non sembra tale da fornire un’adeguata informazione del pubblico interessato; aggiungendo che altri mezzi di comunicazione ben avrebbero potuto essere utilizzati, tra cui un’affissione in luoghi più frequentati dell’isola di Io o nel luogo stesso di ubicazione del progetto; ed infine chiarendo a diversi esiti si potrebbe giungere unicamente dalla constatazione che il giornale locale in questione era, in quel periodo, ampiamente diffuso e letto anche sull’isola di Io.

Al di là della particolarità “geografica” della vicenda, rimane senz’altro significativo ed applicabile in qualsiasi contesto il richiamo della Corte ai giudici degli Stati membri ad operare una concreta verifica dell’idoneità delle modalità di informazione e consultazione pubblica previste dalla normativa locale in materia di VIA a garantire un effettivo coinvolgimento nel processo decisionale del pubblico realmente interessato al progetto, con una particolare attenzione alla distanza tra il sito di ubicazione dell’intervento ed i luoghi di pubblicazione degli avvisi informativi e di consultazione del dossier.

Molto interessante è la risposta alla seconda questione pregiudiziale posta dal Consiglio di Stato greco, sul tema dell’accesso alla giustizia amministrativa: il giudice del rinvio infatti aveva richiesto alla Corte se gli articoli 9 e 11 della direttiva VIA 2011/92/UE debbano essere interpretati nel senso che essi ostano (o meno) a una normativa statale, come appunto quella ellenica (ma, aggiungiamo noi, anche quella italiana), la quale prevede che l’annuncio dell’approvazione di un progetto pubblicata su un sito internet specifico faccia decorrere un termine di 60 giorni per la presentazione di un ricorso per l’annullamento del provvedimento di approvazione del progetto medesimo.

Per rispondere al quesito, i giudici europei innanzitutto ricordano che l’art. 11, par. 2, della direttiva VIA rimette agli Stati membri il compito di stabilire in quale fase può essere contestata la legittimità delle decisioni (oltreché delle omissioni) e che l’art. 9, par. 1, della medesima direttiva rimette alle autorità competenti il compito di informare il pubblico in merito alla concessione o al rifiuto dell’autorizzazione in base ad “adeguate procedure”; mentre la direttiva non reca alcuna disposizione relativa all’avvio e al calcolo dei termini di ricorso, per cui tali questioni sono rimesse all’autonomia procedurale degli Stati membri, ovviamente però sempre nel rispetto dei citati principi di equivalenza e di effettività.

Sulla base di questi presupposti, nella sentenza si chiarisce preliminarmente che le disposizioni del diritto ellenico che prevedono, da un lato, la pubblicazione della decisione su Internet e, dall’altro, l’esistenza di un termine di ricorso, non violano di per sé il principio di effettività.

Invero, sotto il primo aspetto, la stessa direttiva VIA menziona espressamente (all’art. 6, par. 2) la “via elettronica” come possibile mezzo di informazione del pubblico.

Quanto poi al secondo tema, la Corte ricorda i propri precedenti con cui, nell’interesse alla certezza del diritto, ha riconosciuto la compatibilità col principio di effettività della fissazione di ragionevoli termini di ricorso a pena di decadenza, senza peraltro considerare una “difficoltà eccessiva” la decorrenza di tali termini dalla data in cui l’interessato sia venuto a conoscenza dell’annuncio o, quantomeno, sarebbe dovuto venirne a conoscenza.

Il tutto -aggiunge la Corte- a condizione però che il comportamento delle autorità nazionali non sia all’origine della tardività del ricorso, come peraltro già precisato in alcuni precedenti dello stesso giudice europeo. Tale ultima condizione trova applicazione a fortiori nella materia della VIA in cui, a mente dell’art. 11, par. 3, della direttiva 2011/92/UE (oltreché ai sensi della Convenzione di Aarhus), gli Stati membri debbono sempre perseguire un obiettivo di “ampio accesso alla giustizia”[ii].

Da tali premesse la Corte trae il corollario per cui, se non vi sia stata un’adeguata informazione preliminare sulla procedura di VIA e sulle possibilità di parteciparvi (come risulta dalla risposta alla prima questione), il principio di effettività impone che i cittadini interessati non possano considerarsi neppure adeguatamente informati della relativa decisione finale di autorizzazione per il solo fatto che quest’ultima sia stata pubblicata sul sito Internet del Ministero dell’Ambiente. Con tutte le inevitabili conseguenze in termini di non decorrenza dei termini per ricorrere avverso quest’ultima decisione.

Di qui la conclusiva risposta alla seconda questione che gli articoli 9 e 11 della direttiva VIA debbono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa statale per cui a taluni membri del pubblico interessato sia opposto un termine per presentare un ricorso che inizia a decorrere dalla pubblicazione dell’annuncio dell’autorizzazione di un progetto su Internet, qualora tali membri del pubblico interessato non abbiano avuto previamente la possibilità adeguata di informarsi sulla procedura di autorizzazione conformemente all’articolo 6, paragrafo 2, di tale direttiva.

Una risposta quest’ultima del tutto ragionevole (oltre che in linea con quanto proposto nelle conclusioni dell’Avvocato Generale Kokott)[iii], giacché solo se il cittadino interessato viene effettivamente posto sin dall’inizio della procedura di VIA nelle condizioni di conoscere che un procedimento è in corso (e che gli è data la possibilità di parteciparvi), potrà poi pretendersi che questo stesso cittadino si attivi tempestivamente consultando il sito internet per verificare il rilascio dell’autorizzazione ai fini della relativa impugnazione giurisdizionale nei termini.

Il principio viene enunciato dalla Corte UE in relazione alla pubblicazione della decisione finale sul sito web istituzionale delle competenti autorità per la VIA, ma si ritiene possa ben essere esteso ad ogni altra modalità di pubblicazione dei provvedimenti ambientali prevista dagli ordinamenti nazionali (su albi pretori, gazzette ufficiali, bollettini regionali, ecc.), ai fini della valutazione della tempestività della decorrenza dei termini per ricorrere.

Non resta che attendere per vedere quale sarà l’accoglienza dell’arresto europeo sulla giurisprudenza di Tar, Consiglio di Stato e TSAP, cui certo non fa difetto la strumentazione processuale per il puntuale recepimento degli enunciati della Corte di Giustizia e così ovviare agli inconvenienti di una (troppo) rigida applicazione della regola generale che fa decorrere i termini della notificazione del ricorso, a pena di decadenza, dal giorno in cui sia scaduta la pubblicazione (art. 41, comma 2, Cod. proc. amm.).

Si consideri in proposito il principio generale dell’effettività della tutela giurisdizionale di cui all’art. 1 Cod. proc. amm., nonché l’istituto dell'”errore scusabile” ex art. 37 del medesimo Cod. proc. amm. secondo cui il giudice può disporre, anche d’ufficio, la rimessione in termini in presenza di “oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto”. Istituti del processo amministrativo italiano che, alla luce della pronuncia in commento, d’ora innanzi dovranno (o dovrebbero) essere applicati nella materia ambientale considerando il riverbero di una carente informazione del pubblico interessato alla procedura di VIA, sulla “piena conoscenza” del provvedimento da parte di quest’ultimo e, quindi, sull’individuazione del dies a quo per la proposizione del ricorso.

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Corte di Giustizia) cliccare sul pdf allegato

Ceruti_CGUE 2019 su partecipazione e accesso alla giustizia

SCARICA L’ARTICOLO IN FORMATO PDF

Ceruti_partecipazione e accesso alla giustizia

NOTE:

[i] Si fa riferimento all’articolo di E. MASCHIETTO, Accesso alla giustizia in materia ambientale – Alcune recenti esperienze europee, pubblicato sul n. 5 di settembre 2019 di questa rivista RGAonline

[ii] Cfr. la sentenza dell’11 aprile 2013, Edwards e Pallikaropoulos, C‑260/11, EU:C:2013:221, punti 31 e 44, pubblicata in Riv. giur. ambiente, 2013, 5, 526, con nota di M. CERUTI, Nuovo monito della Corte di Giustizia agli Stati membri: i processi amministrativi nella materia ambientale non possono essere eccessivamente onerosi e spetta ai Giudici nazionali assicurare tale obbligatorio requisito; nonché la sentenza del 17 ottobre 2018, Klohn, C‑167/17, EU:C:2018:833, punto 35.

[iii] Ed auspicato da Eva Maschietto nell’articolo già ricordato.

Scritto da