Tutela dei boschi: le ordinanze di rimessione in pristino in caso di disboscamento non autorizzato

01 Giu 2024 | giurisprudenza, amministrativo

Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione II – 19 marzo 2024, n. 533.

In via ordinaria, la Regione è l’amministrazione preposta alla tutela paesaggistica e pertanto è competente ad adottare le ordinanze di rimessione in pristino ai sensi dell’Art. 167 del D. lgs. 42/2004.

La responsabilità per il ripristino dei valori paesaggistici violati grava non solo sul trasgressore, ma anche sul proprietario attuale dell’area, anche se incolpevole, a tutela dell’effettività dell’ordine di ripristino.

La sentenza in commento è di particolare interesse in quanto, pur partendo da profili di carattere processuale, fornisce diversi chiarimenti e rilevanti risvolti interpretativi circa le ordinanze di rimessione in pristino agronomiche di aree boscate ex Art. 167, comma 2, del D.lgs. 42/2004 (c.d. Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio).

In via preliminare, prima di commentare la sentenza nel merito, è bene sottolineare che ai sensi dell’Art. 142, comma 1, lett. g) del D.lgs. 42/2004, i territori coperti da foreste e da boschi ricadono nella definizione di aree tutelate per legge ai sensi del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. La tutela delle superfici boscate è ulteriormente normata da una serie di disposizioni a livello regionale ed in particolare, nel caso di specie, dalla L.R. del Veneto n. 52/1978, poi sostituita dalla L.R. del Veneto n. 3/2013, e dalla D.G.R. n. 4808/1997.

La vicenda oggetto della sentenza trae origine dal disboscamento abusivo di una vasta superficie (pari a circa 10,5 ettari) protratto tra il 2000 e il 2006 ad opera del ricorrente – ex proprietario dell’area – e tra il 2006 e il 2012 da parte dell’attuale proprietario e legale rappresentate di una Azienda Agricola. Nei confronti di tale attività di disboscamento, la Regione Veneto ha emanato due ordinanze di rimessione in pristino: la prima nei confronti dell’attuale proprietario per gli abusi perpetrati tra il 2006 e il 2012, e la seconda nei confronti sia del precedente proprietario, per gli illeciti commessi tra il 2000 e il 2006, sia dell’attuale proprietario dell’area. L’area oggetto di progressivo disboscamento è stata destinata a vigneto. 

Come anticipato, nel pronunciarsi sul ricorso proposto dai ricorrenti avverso le sopracitate ordinanze, il TAR Veneto fa chiarezza in merito, inter alia, alla competenza all’emanazione dell’ordinanza e alla legittimazione passiva.

Innanzitutto, il TAR rigetta la tesi dei ricorrenti circa l’incompetenza della Regione all’adozione delle ordinanze in discussione. Il TAR è pervenuto a tale determinazione facendo riferimento a quanto previsto dall’Art. 146 del D.lgs. n. 42/2004[i].

Tale articolo attribuisce alla Regione, previo parere della Soprintendenza statale, la competenza circa il procedimento di autorizzazione paesaggistica (comma 5). La Regione può delegarne l’esercizio, in presenza di determinati presupposti organizzativi e funzionali, agli enti locali (comma 6), conservando comunque il potere di intervenire in via sostitutiva, in caso di inerzia dell’ente delegato (comma 10).

Alla luce di detta normativa, il TAR conclude che in via ordinaria è la Regione “l’amministrazione preposta alla tutela paesaggistica” ai sensi dell’Art. 167, comma 3, del D.lgs. n. 42/2004 e che, anche nel caso di delega della competenza ad altri enti locali, questa continui a qualificarsi come tale qualora – come nel caso di specie – l’ente locale competente rimanga inerte.

In secondo luogo, in merito alla legittimazione passiva, il TAR chiarisce che l’ordinanza relativa agli abusi perpetrati tra il 2000 e il 2006 può essere rivolta anche nei confronti dell’attuale proprietario dell’area. Il TAR argomenta che questi, pur non essendo l’autore materiale della trasgressione, è legittimato passivo dell’ordinanza in quanto attuale proprietario dell’area. Secondo il TAR, infatti, l’onere della reintegrazione del complesso dei valori paesaggistici indebitamente distrutti grava anche su colui che dall’opera abusiva trae un effettivo ed attuale godimento. Di conseguenza, anche in caso di trasferimento di una proprietà precedentemente oggetto di difformità paesaggistica, sia il venditore trasgressore, sia l’acquirente incolpevole sono legittimati passivi dell’ordinanza di ripristino: il primo, in quanto ha dato causa alla difformità e ne ha beneficiato economicamente tramite la vendita, mentre il secondo poiché detiene l’effettiva disponibilità materiale e giuridica del bene.

Nell’addivenire a tale conclusione, il TAR sembra mettere in luce le differenze e le similitudini intercorrenti tra la normativa edilizia, quella paesaggistica e quella ambientale.

In particolare, i giudici amministrativi sembrano avvalorare l’orientamento secondo cui l’art. 167, D.lgs. n. 42/2004 “fa da pendant, sul piano “paesaggistico”, alla disciplina relativa alla repressione degli abusi edilizi ai sensi del d.p.r. n. 380 del 2001”; entrambe le discipline presentano infatti “una finalità non sanzionatoria, ma meramente ripristinatoria” e “un carattere strettamente reale ed oggettivo”, non assumendo rilevanza l’elemento soggettivo del dolo o della colpa, ma solo l’oggettiva difformità del bene rispetto a quanto previsto dalla normativa di settore[ii].

Pertanto, nella materia qui oggetto di discussione, pur se strettamente legata alla tutela ambientale, non sembra trovare applicazione il principio di derivazione comunitaria del “chi inquina paga” che, informando la disciplina di cui al D.lgs. n. 152/2006, fa sì che il destinatario dell’ordine di bonifica sia colui che inquina o che comunque arreca un pregiudizio all’ambiente.

Recentemente, lo stesso Consiglio di Stato ha riconosciuto che la legittimazione passiva del proprietario non colpevole del disboscamento abusivo debba trovare radici nella necessità di assicurare l’effettività dell’ordine di ripristino. Tale assunto è coerente con la legittimazione del proprietario non trasgressore a presentare l’istanza di compatibilità paesaggistica[iii]. Infatti, secondo il Consiglio di Stato “se fosse nella natura delle cose che il proprietario-non trasgressore non dovesse subire l’ordine di ripristino, non avrebbe avuto senso prevedere la possibilità che egli possa farsi parte attiva per ottenere l’accertamento di compatibilità ambientale[iv].

È da sottolineare come, oltre a quanto fin qui commentato, il TAR Veneto offra importanti chiarimenti circa la normativa regionale preposta alla tutela dei boschi e, più in particolare, circa la definizione di “bosco” e l’accertamento dell’esistenza dello stesso.

Quanto al primo aspetto, i ricorrenti contestavano che l’area di proprietà fosse una zona normativamente definibile come “bosco” tale da richiedere l’autorizzazione paesaggistica per l’intervento svolto e l’impianto del vigneto. Il TAR rigetta tale tesi sulla base delle sopracitate leggi regionali che, secondo il tribunale, non stabiliscono criteri qualitativi per l’individuazione del bosco, ma solo criteri quantitativi. Sotto il profilo qualitativo è infatti sufficiente che vi sia “vegetazione forestale arborea associata o meno a quella arbustiva[v]. In questo senso, anche i terreni privi temporaneamente della vegetazione forestale, per cause naturali o per interventi dell’uomo, conservano la loro classificazione a bosco[vi].

Infine, il TAR rigetta anche la doglianza dei ricorrenti relativa al difetto di istruttoria, per non avere la P.A. fornito la prova, in forma di verifica preliminare, della sussistenza del bosco prima dell’esecuzione dei lavori di disboscamento. Il TAR chiarisce però che tale normativa regionale presuppone che il bosco sia ancora presente e che la verifica sia condotta per accertarne ex ante l’inesistenza. Pertanto, il TAR pur riconoscendo come tale accertamento sia previsto dalla normativa di settore in via ordinaria, conclude che nel caso di specie non era possibile attenervisi, non già per carenza di istruttoria da parte dell’amministrazione forestale, ma piuttosto a causa della condotta illecita dei ricorrenti. Questi ultimi, infatti, non solo hanno realizzato tali interventi in assenza di autorizzazione paesaggistica, ma anche in assenza di qualsiasi istanza connessa al movimento di terra in area sottoposta a vincolo idrogeologico.

Sempre sul punto, il TAR chiarisce che riconoscere la fondatezza della tesi dei ricorrenti renderebbe del tutto impossibile l’accertamento ex post dell’avvenuto disboscamento. Nel caso di specie, quindi, è sufficiente che il quadro istruttorio venga ricostruito sulla base di elementi probatori o indiziari di contenuto alternativo rispetto a quelli previsti dalla normativa regionale ordinaria.

A parere di chi scrive, l’interpretazione fornita dal TAR Veneto, soprattutto con riferimento alla normativa regionale applicabile, assicura un particolare riconoscimento al valore paesaggistico-ambientale dei boschi. Soprattutto in un contesto in cui i boschi sono riconosciuti come una risorsa indispensabile nella lotta al cambiamento climatico, è auspicabile come tale orientamento sia recepito anche dal legislatore nazionale il quale, al contrario, con recenti iniziative legislative sembra aver dimostrato una tendenza a favorire l’estrazione del legname dalle aree boschive (si vedano, ad esempio, il Decreto forestale n. 34/2018 e il D.l. n. 104/2023)[vii].

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Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

NOTE:

[i]         Sul punto si veda anche Cons. Stato, Sez. III, 18 gennaio 2018, n. 312 che si pronunciava con riferimento alla riforma della sentenza del TAR Veneto, Sez. II, 30 settembre 2016, n. 1101.

[ii]       TAR Veneto, Sez. III, 22 luglio 2022, n. 1227.

[iii]      Ai sensi dell’Art. 167, comma 5, del D.lgs. n. 42/2004 il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell’immobile o dell’area interessata dagli interventi eseguiti in difformità paesaggistica previsti dal comma 4 può presentare domanda ai fini dell’accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi.

[iv]       Cons. Stato, Sez. IV, 15 marzo 2024, n. 2525. 

[v]        Secondo quanto stabilito dall’Art. 3, comma 3, del D.lgs. n. 34/2018.

[vi]       In questo senso si vedano anche TAR Veneto, Sez. III,12 febbraio 2024 e TAR Veneto, Sez. II, 19 giugno 2023, n. 862.

[vii]            “Via libera al taglio boschivo all’interno dei beni di interesse paesaggistico individuati con vincolo provvedimentale” di A. Abrami, su questa Rivista, n. 47, novembre 2023 e “Il Decreto Forestale n. 34 del 2018: una Legge sul bosco o sulla produzione di legname?” di A. Abrami, su questa Rivista, n. 13, luglio 2020.

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