Termovalorizzatori e gerarchia dei rifiuti – Il caso di Santa Palomba – la fine di un Tabù?

02 Mag 2024 | amministrativo, giurisprudenza

Consiglio di Stato, Sez. IV, 9 febbraio 2024 n. 1349 – Pres. Vincenzo Lopilato – Est. Luca Monteferrante

– Omissis (avv.A. Ciervo) omissis (Avv.ti G. Libutti e A. Ciervo) c. Roma Capitale (Avv. A. Ciavarella), Città Metropolitana di Roma Capitale (Avv. G. De Maio), Regione Lazio (Avv. G. Malara), Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero dell’Economia e delle Finanze (Avvocatura Generale dello Stato) – Omissis (Avv. M. Clarich) e altri n.c.

– Omissis (Avv.ti C. Tamburini e M. Rossi) c. Roma Capitale (Avv.ti V. Di Vincenzo e G. Malara), Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Sindaco di Roma in qualità di Commissario Straordinario per il Giubileo della Chiesa Cattolica 2025 (Avvocatura Generale dello Stato), Città Metropolitana di Roma Capitale (Avv. G. De Maio) Omissis (Avv. M. Clarich) e altri n.c.

– Comune di Albano Laziale e Comune Ardea (Avv. C. Tamburini) c. Roma Capitale (Avv. A. Ciavarella), Città Metropolitana di Roma Capitale (Avv. G. De Maio), Regione Lazio (Avv. G. Malara e V. Di Vincenzo), Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero dell’Economia e delle Finanze (Avvocatura Generale dello Stato), con l’intervento ad adiuvandum di Comune di Marino, Comune di Ariccia, Comune di Castel Gandolfo (Avv. P. Lanzillotta) e altri n.c.

– Omissis (A. Galletti) c. Roma Capitale (Avv. A. Ciavarella), Città Metropolitana di Roma Capitale (Avv. G. De Maio), Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero dell’Economia e delle Finanze (Avvocatura Generale dello Stato) Omissis (Avv. M. Clarich) e altri n.c.

L’art. 4, comma 1, della Direttiva Rifiuti (Dir. 2008/98/CE) non introduce una disposizione immediatamente precettiva ma stabilisce la gerarchia dei rifiuti quale dev’essere attuata nella normativa e nella politica in materia di prevenzione e gestione di rifiuti tenendo conto che questa costituisce un obiettivo che lascia agli Stati membri un margine di discrezionalità, non obbligando questi ultimi ad optare per una specifica soluzione di prevenzione e gestione.

Nell’applicazione del principio della gerarchia dei rifiuti gli Stati membri adottano misure volte a incoraggiare le opzioni che danno il miglior risultato ambientale complessivo.

Gli Stati membri, nella disciplina della gestione dei rifiuti, devono adoperarsi per disporre di una rete che consenta loro di soddisfare l’esigenza di impianti di smaltimento quanto più vicini possibile ai luoghi di produzione: ove lo Stato abbia optato per un’organizzazione della gestione su base regionale, è necessario che il medesimo preveda l’introduzione di un sistema che garantisca la copertura della gestione dei rifiuti prodotti proprio nell’ambito regionale.

È la stessa Direttiva Rifiuti a contemplare espressamente, nell’ambito della gerarchia dei rifiuti, la possibilità del loro recupero come combustibile per la produzione di energia, attraverso impianti di incenerimento rispondenti a determinati parametri di efficienza energetica: pertanto è possibile, sulla base delle valutazioni istruttorie dell’amministrazione, che la realizzazione dell’inceneritore rappresenti un intervento necessario proprio per dare attuazione al principio di gerarchia, riducendo il conferimento in discarica di rifiuti mediante il loro recupero come combustibile per la produzione di energia, con l’effetto di ridurre anche l’impatto ambientale derivante dal trasporto dei rifiuti indifferenziati finalizzato al loro smaltimento in discarica.

Tra il procedimento di VAS di un Piano di Gestione dei Rifiuti e il provvedimento di localizzazione del termovalorizzatore destinato ad eseguirlo non sussiste un nesso di pregiudizialità necessaria.

In materia di VAS, tra “autorità competente” e “autorità procedente” non vi è necessaria separatezza ma, anzi, un rapporto di collaborazione per cui è possibile configurare una relazione interorganica tra organi della medesima amministrazione: pertanto la scelta di nominare quale autorità competente a rendere il parere motivato un organo della Città metropolitana è non solo coerente con il rispetto dei principi di imparzialità e di buona amministrazione di cui all’art. 97 Cost e 41 del Trattato UE, ma addirittura ne costituisce tutela rafforzata.

Lo scorso 9 febbraio 2024, il Consiglio di Stato ha deciso sui quattro appelli presentati da parte di alcune associazioni e dei comuni interessati contro la sentenza del TAR Lazio del 19 luglio 2023 n. 12165 che aveva dichiarato la sostanziale legittimità dell’installazione del grande inceneritore (rigassificatore) di Santa Palomba, confermando sostanzialmente la decisione appellata.

Le censure dei ricorrenti si erano concentrate contro alcuni provvedimenti del Commissario Straordinario di Governo per il Giubileo della Chiesa Cattolica con i quali era stato approvato il Piano di Gestione dei Rifiuti di Roma Capitale con la conclusione positiva del procedimento di VAS (Valutazione Ambientale Strategica) ed era stata autorizzata la conseguente realizzazione dell’impianto di termovalorizzazione per operazioni di recupero di rifiuti, con capacità di trattamento pari a 600.000 t/anno.

Già in primo grado, la battaglia giudiziaria era stata particolarmente accesa: in particolare i ricorrenti avevano lamentato la sostanziale illegittimità dell’azione del Commissario Straordinario perché avrebbe nella sostanza agito in contrasto con lo spirito della Direttiva Rifiuti e della Direttiva VAS, autorizzando l’inceneritore in violazione dei principi in materia ambientale (specificamente in materia di rifiuti e di valutazione ambientale strategica), e dei principi nazionali in materia di riparto di competenze, arrivando a proporre istanze di remissione alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia delle disposizioni nazionali poste alla base dei provvedimenti autorizzatori.

Il TAR Lazio aveva disatteso tutte le censure sollevate dalle associazioni e dai comuni con ampie motivazioni di merito, criticate fortemente dagli appellanti nel corso del grado di appello.

Ma anche il Consiglio di Stato, nella sentenza in commento, conclude per il rigetto degli appelli e conferma la legittimità delle approvazioni e autorizzazioni concesse dal Commissario Straordinario, assentendo quindi il termovalorizzatore.

La decisione è lunga e articolata, soffermandosi su ciascun motivo di appello di ciascun appello separatamente, ma nella sostanza adotta un approccio pragmatico condivisibile, applicando la normativa ambientale con sistematicità e ragionevolezza.

Nell’economia della presente disamina si prenderanno in rassegna solo alcuni dei motivi esaminati, soprattutto con riferimento al primo dei ricorsi, evidenziandosi alcuni principi generali in materia ambientale di particolare rilevanza: la sentenza è comunque di estremo interesse anche per le parti che non saranno oggetto di commento (ad esempio quelle relative alla compatibilità tra il potere di ordinanza e le norme del Codice dei Beni Culturali) perché aventi connotazioni meno strettamente attinenti con il diritto dell’ambiente.

Tolto dal tavolo un primo motivo processuale[i], il Consiglio di Stato inizia la disamina dei motivi di merito procedendo sulla base dell’analisi separata dei quattro ricorsi in appello.

Il primo motivo di merito riguarda il preteso conflitto tra l’impianto normativo a supporto della realizzazione dell’inceneritore (consistente nell’art. 13 comma 1 lett. a) e d) e comma 2 d.l. 50/2022 convertito nella l. 91/2022 e i provvedimenti attuativi del Commissario Straordinario del Governo), e la normativa europea in materia di rifiuti; più in particolare i ricorrenti ritengono che la decisione di realizzare un inceneritore sarebbe comunque in contrasto con il principio della c.d. “gerarchia dei rifiuti” di cui all’art. 4 della Direttiva quadro sui rifiuti (2008/98/CE), che impone un trattamento dei rifiuti con una priorità fissata che prediliga nell’ordine (a) la prevenzione, (b) la preparazione per il riutilizzo, (c) il riciclaggio, (d) il recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia e (e) lo smaltimento.

L’impostazione proposta dai ricorrenti, e riproposta in appello, aveva condotto, in primo grado, a una domanda – disattesa dal TAR del Lazio – di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’UE perché si pronunciasse sul caso specifico e, quindi, sul fatto che la norma nazionale si occupasse esclusivamente di incenerimento senza normare impianti volti al riciclo e al riuso, con ciò preludendo a un procedimento di infrazione nei confronti dello Stato italiano.

Secondo l’impostazione degli appellanti, nella sostanza, la realizzazione di un inceneritore dovrebbe sempre essere “compensata” dalla realizzazione di un impianto di recupero o riciclaggio, pena l’illegittimità della realizzazione dell’inceneritore stesso.

Al di là del fatto che, nella specie, il Piano di Gestione dei Rifiuti adottato dal Commissario Straordinario aveva in effetti previsto diversi impianti “gerarchicamente superiori” al termovalorizzatore e allo stesso collegati, il Consiglio di Stato opera una ricostruzione normativa ancora più radicale.

Il Consiglio di Stato, così come aveva fatto il TAR il primo grado, ricordando il disposto degli articoli 3 e 4 della Direttiva Quadro Rifiuti e la norma nazionale (art. 179 del Testo Unico Ambientale, D. Lgs. 152/06)[ii], sottolinea – infatti – come sia la stessa direttiva a contemplare espressamente, nell’ambito della gerarchia dei rifiuti, la possibilità del loro recupero come combustibile per la produzione di energia, attraverso impianti di incenerimento rispondenti a determinati parametri di efficienza energetica, nella fattispecie non contestati.

Nel caso in esame, secondo i giudici di appello, la realizzazione dell’inceneritore rappresenta un intervento necessario proprio per dare attuazione al principio di gerarchia, riducendo il conferimento in discarica di rifiuti mediante il loro recupero come combustibile per la produzione di energia, con l’effetto di ridurre anche l’impatto ambientale derivante dal trasporto dei rifiuti indifferenziati finalizzato al loro smaltimento in discarica.

Ritiene, il Consiglio di Stato, poi che l’Avvocatura dello Stato abbia dimostrato come il Commissario abbia comunque previsto misure per incrementare le percentuali di raccolta differenziata, agendo “nel quadro di un intervento organico finalizzato ad una ottimizzazione complessiva del ciclo di gestione dei rifiuti nell’area metropolitana della Capitale”, con ciò dando attuazione alla normativa europea sotto il profilo della prevenzione e del riciclo, con l’aumento delle percentuali di raccolta differenziata.

Il Piano di Gestione Rifiuti adottato dal Commissario e sottoposto all’analisi del giudice amministrativo, infatti, prevede diverse misure nel solco degli obiettivi della Direttiva (e della legislazione nazionale), contenendo disposizioni chiare per l’incremento della raccolta differenziata al 65% al 2030, il completamento della realizzazione dei Centri di Raccolta, la realizzazione di due impianti di selezione delle frazioni secche (carta, plastica, lattine, da 100.000 t/a ciascuno) edi due impianti di gestione anaerobica per il recupero di energia e materia dalle frazioni organiche oltre al vituperato impianto di trattamento termico per il recupero di energia[iii] a valle del quale è previsto un ulteriore impianto di recuperodei rifiuti ferrosi e delle scorie pesanti in uscita dal trattamento termico (per la produzione di aggregati stradali o la vetrificazione di prodotti per l’edilizia).

Nella specie, quindi, non vi è stata violazione della Direttiva, ma anzi una sua corretta applicazione.

Secondo il Consiglio di Stato gli obiettivi del Piano sono indicati chiaramente, sono disciplinati nel dettaglio e la stessa previsione della realizzazione di un inceneritore, “consentendo il recupero di rifiuti come combustibile per la produzione di energia rappresenta di per sé un miglioramento del ciclo di gestione perché riduce i conferimenti in discarica e l’impatto ambientale derivante dal trasporto presso impianti di recupero o di smaltimento non presenti nell’area di Roma Capitale”.

Il recupero di energia è comunque una opportunità migliorativa rispetto alla discarica, per cui l’obiezione sollevata dai ricorrenti secondo la quale si sarebbe dovuto operare un intervento che includesse un impianto “gerarchicamente” superiore non regge rispetto al fatto che, non approvando nessun impianto, comunque i rifiuti sarebbero finiti in discarica.

La decisione ricorda che l’art. 4, comma 1, della Direttiva Rifiuti non introduce una disposizione immediatamente precettiva bensì “stabilisce la gerarchia dei rifiuti quale dev’essere attuata nella normativa e nella politica in materia di prevenzione e gestione di rifiuti” e, come rilevato dalla stessa Corte di giustizia UE con sentenza 8 maggio 2019 in causa C – 305/18, “…la gerarchia dei rifiuti costituisce un obiettivo che lascia agli Stati membri un margine di discrezionalità, non obbligando questi ultimi ad optare per una specifica soluzione di prevenzione e gestione”.

La lettura della previsione invocata dagli appellanti va operata in linea sistematica con quanto previsto dall’articolo 4, paragrafo 2, della Direttiva Rifiuti[iv], che prevede che gli Stati membri adottino “misure volte a incoraggiare le opzioni che danno il miglior risultato ambientale complessivo” nell’applicazione del principio della “gerarchia”.

Le relative conclusioni sono supportate richiamando un’altra decisione della Corte di Giustizia (la sentenza 4 marzo 2010 in C – 297/08) che riguarda un diverso ma altrettanto importante principio della materia dei rifiuti: il principio di prossimità dei luoghi di gestione dei rifiuti, per cui gli Stati membri devono “adoperarsi per disporre di una rete che consenta loro di soddisfare l’esigenza di impianti di smaltimento quanto più vicini possibile ai luoghi di produzione” con la conseguente necessità, ove lo Stato abbia optato per un’organizzazione della gestione su base regionale, di avere un sistema che garantisca la copertura proprio su detta base dei rifiuti prodotti.  E ancora, la decisione ricorda la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni del 26 gennaio 2017 (COM2017 34 final) intitolata “Il ruolo della termovalorizzazione nell’economia circolare”, che, allo scopo principale di “garantire che il recupero di energia dai rifiuti nell’UE sostenga gli obiettivi del piano d’azione per l’economia circolare e sia pienamente coerente con la gerarchia dei rifiuti dell’UE” afferma che “i processi di termovalorizzazione possono svolgere un ruolo nella transizione a un’economia circolare a condizione che la gerarchia dei rifiuti dell’Ue funga da principio guida e che le scelte fatte non ostacolino il raggiungimento di livelli più elevati di prevenzione, riutilizzo e riciclaggio”.

Tali condizioni appaiono rispettate, osserva il Collegio, dal piano di gestione dei rifiuti di Roma Capitale che risulta in linea con le cautele espresse dalla Commissione UE al fine di garantire la coerenza del recupero di energia dai rifiuti mediante termovalorizzazione con i livelli superiore della gerarchia dei rifiuti e, anzi, introduce anche processi di trattamento maggiormente in linea con le finalità della economia circolare (viene citata “la digestione anaerobica dei rifiuti biodegradabili” come esempio virtuoso).

Le risultanze dell’istruttoria svolta, quindi, sono idonee di per sé a escludere la necessità per il giudice amministrativo di rinviare alla Corte di Giustizia la questione interpretativa in via pregiudiziale, essendo tale misura da adottarsi ove non vi sia una alternativa interpretativa che soddisfi il giudice nazionale[v] (conformemente a quanto indicato da Corte di giustizia UE, sez IV, ord. 15 dicembre 2022 in causa C-144/22).

Chiarita la base normativa delle autorizzazioni, il Consiglio di Stato analizza gli altri motivi di appello, procedendo a esaminare quello relativo alla pretesa violazione della Direttiva VAS in relazione all’individuazione del sito di localizzazione del termovalorizzatore, sito acquisito dall’azienda municipale in pendenza del procedimento VAS.

Nella sostanza, per i ricorrenti, il fatto che l’azienda municipalizzata avesse proceduto all’acquisto del sito dove insediare il termovalorizzatore prima che la VAS fosse giunta al suo esito, avrebbe di fatto vanificato la procedura di VAS, rivelando una sorta di “anticipazione del giudizio finale” (con conseguenti vizi di violazione di legge ed eccesso di potere a vario titolo).  Per contro, il Collegio, accogliendo un approccio più pragmatico, osserva come, da un lato, la presenza di un procedimento VAS in itinere non possa costituire preclusione per l’acquisto di un sito e, dall’altro lato, come la VAS non abbia in realtà ad oggetto la localizzazione del sito, ma il Piano di Gestione dei rifiuti nel suo complesso, osservando che, una volta approvata la VAS, non era risultata alcuna incompatibilità o non conformità dell’insediamento del termovalorizzatore in relazione al piano di gestione rifiuti oggetto della VAS. E ciò anche in un caso, come quello analizzato, dove le scelte amministrative erano state concomitanti (e anzi l’acquisto era intervenuto prima dell’approvazione della VAS): in questo senso, la decisione si spinge a dare valore a tutti gli atti procedimentali della VAS, osservando come l’amministrazione avesse ben in mente quelle che erano le osservazioni che tale procedura stava elaborando nell’ambito della valutazione del Piano di Gestione dei Rifiuti e che, quindi, conosceva vincoli e particolarità del sito.

Anche in questo caso, la richiesta di rimessione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea sollevata dagli appellanti, in relazione a un preteso “buco normativo” per cui non esiste nel sistema una norma che imponga di attendere l’esito del procedimento di VAS per l’individuazione di un sito, viene rigettata dal Consiglio di Stato, perché manifestamente infondata oltre che irrilevante (poiché la direttiva VAS ha per oggetto i piani e i programmi ambientali e non la localizzazione del sito, localizzazione che può essere eventualmente contestata attraverso i mezzi di ricorso previsti dagli ordinamenti nazionali).

Il terzo motivo sostanziale di merito riguardava poi la base normativa delle ordinanze del Commissario, contestata dagli appellanti, che il Consiglio di Stato riconduce chiaramente all’art. 13 del decreto-legge n. 50 del 2022 (e non all’art. 4 della legge regionale n. 14 del 2022 che si limita a riaffermarne la potestà statale) che ha direttamente e chiaramente disposto che il Commissario straordinario del Governo predisponga e adotti il piano di gestione dei rifiuti di Roma Capitale, con qualificazione ex lege del “territorio di Roma capitale” quale ambito territoriale ottimale.

Tale base normativa è coerente con il dettato costituzionale che attribuisce allo Stato competenza legislativa esclusiva in materia di ambiente e, conseguentemente, comporta la legittimazione a individuare, in conformità ai principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione di cui all’art. 118 Cost., il livello istituzionale di governo cui allocare le funzioni amministrative, nella fattispecie coincidente con la figura del Commissario Straordinario.

Anche in questo caso, quindi, il Consiglio di Stato adotta un approccio pratico e individua il rinvio alla legge regionale n. 14 del 2022, contenuto nelle premesse delle ordinanze, come un mero atto di richiamo alla norma nazionale, escludendo la necessità di rimessione alla Corte Costituzionale della questione prospettata dagli appellanti.

Esaurito l’esame del primo ricorso in appello, la decisione analizza e respinge gli altri motivi contenuti nei diversi atti di appello che, in parte, coincidono con quelli del primo e in parte sollevano altre censure, per la verità, di minore interesse.

Non ci si sofferma sulla doglianza relativa ai poteri limitati nel tempo del Commissario, che evidentemente non determinano una limitazione temporale dei suoi atti in assenza di una previsione specifica in tal senso (sul punto, comunque, il Consiglio di Stato rettifica la motivazione di primo grado).

Diversa, invece, appare la questione della rimessione alla Corte Costituzionale dell’art. 13 del d.l. 50/2022 (per conflitto con l’art. 120 Cost.), per cui il Consiglio di Stato, correggendo anche in questo caso la decisione del TAR che aveva ritenuto la questione inammissibile per difetto di interesse da parte dei ricorrenti, ne afferma la manifesta infondatezza: il giudice amministrativo, in particolare, ricorda come l’occasione del giubileo è certamente occasione di carattere straordinario e, pertanto, idonea ad essere regolata con la tecnica normativa dell’urgenza (così come era accaduto per il giubileo del 2000) e che senza dubbio lo straordinario afflusso dei pellegrini comporterà una necessità straordinaria per la gestione dei rifiuti.

Tra gli altri motivi, un certo interesse riveste il rigetto del Consiglio di Stato rispetto alla doglianza relativa all’individuazione dell’autorità competente a rendere il parere motivato in materia di VAS, che il Commissario Straordinario aveva individuato nella Città metropolitana di Roma Capitale anziché nella direzione regionale “territorio, urbanistica , mobilità e rifiuti” (indicata, in via generale, con legge regionale n. 16 del 2011 e dalla Delibera di Giunta Regionale n. 148 del 2013), secondo gli appellanti viziata da violazione di legge e in contrasto con il principio di imparzialità e del diritto a una buona amministrazione secondo l’art. 41, comma 1 del Trattato UE.

Anche in questo caso il Consiglio di Stato adotta un approccio pragmatico (da condividere), osservando come il potere speciale e derogatorio conferito al Commissario dalla legge (sempre l’art. 13, comma 2, del decreto-legge n. 50 del 2022) sia in grado di giustificare scostamenti dalla disciplina tipica, quando non siano ravvisabili “violazioni di carattere sostanziale o possibili vulnus alla tutela ambientale”.

In materia di VAS, il giudice amministrativo, citando se stesso (Cons. Stato, Sez. II, 1 settembre 2021 n. 6152; Cons. Stato, sez. IV, 12 gennaio 2011, n. 133), ricorda che tra “autorità competente” e “autorità procedente” non vi è necessaria separatezza ma, anzi, una collaborazione per cui è possibile configurare una “relazione interorganica tra organi della medesima amministrazione”: di conseguenza, da un lato, la scelta di nominare quale autorità competente a rendere il parere motivato un organo della Città metropolitana, e cioè di un centro di imputazione soggettivo formalmente distinto sia da Roma Capitale che dal Commissario di Governo, è non solo coerente con il rispetto dei principi di imparzialità e di buona amministrazione di cui all’art. 97 Cost e 41 del Trattato UE, ma addirittura ne costituisce tutela rafforzata.

Il fatto, poi, che l’organo tecnico della Città metropolitana sia sostanzialmente subordinato ai poteri del sindaco della Città Metropolitana, che coincide con il sindaco di Roma e il Commissario di Governo (autorità competente), non rappresenta una violazione dei principi sopra esposti poiché l’organo tecnico, incaricato di rendere il parere motivato, è indipendente in virtù del principio generale della distinzione tra organi di indirizzo politico (sindaco metropolitano) e organi amministrativi chiamati ad agire nel rispetto del principio di buon andamento e imparzialità (art. 97, comma 2, Cost.) e “nell’interesse esclusivo della Nazione” (art. 98, comma 1, Cost.) e quindi nel rigoroso rispetto del principio di legalità.

Nemmeno il vizio di eccesso di potere si può ravvisare in questo caso, perché la norma statale (sempre l’art. 13 del decreto-legge n. 50 del 2022) ha espressamente previsto che sulle ordinanze adottate dal Commissario debba essere acquisito il parere obbligatorio non vincolante della Regione Lazio che, quindi, ha già potuto esprimersi.

La decisione passa poi in rassegna alcuni motivi, relativi alla localizzazione del termovalorizzatore, aventi ad oggetto la materia dei beni culturali, dei vincoli paesaggistici e di carattere urbanistico, operando anche una rettifica alla motivazione della sentenza di primo di grado, confermando comunque il rigetto del ricorso.

Al termine quindi di una poderosa sentenza, il Consiglio di Stato – pur sostituendo, in alcuni casi, la motivazione del giudice di primo grado – rigetta tutti gli appelli adottando una prospettiva apprezzabile per la concretezza e la visione d’insieme della questione, certamente complessa, della problematica della gestione dei rifiuti e della realizzazione di un importante impianto di termovalorizzazione che si inserisce nell’ambito di un Piano di Gestione Rifiuti costruito evidentemente in maniera intelligente, sia pur nell’ambito di un’occasione straordinaria come quella del Giubileo, gestita su base comunque emergenziale.  Nella lettura della decisione si ha l’impressione che, per una volta, la legislazione di urgenza – con la quale si corre spesso il rischio di uscire dalle politiche di sistema, urtando le diverse e delicate competenze e la separazione delle funzioni – sia riuscita a inserirsi nel solco dei principi ambientali dell’Unione Europea e nazionali, senza squilibri sostanziali.  La compensazione finale delle spese, comunque, risultato ben diverso da quello ottenuto dai ricorrenti nella nota sentenza del rigassificatore di Piombino (TAR Lazio, II n. 1279/2024), denota la complessità delle questioni e il loro carattere non temerario.


Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

[i] Si tratta di un motivo di impugnazione sollevato da uno degli appellanti relativamente a un preteso difetto processuale: nella sostanza gli appellanti si lamentano dell’applicazione del rito accelerato ex art. 119 c.p.a. e pure della sua violazione (per fissazione tardiva dell’udienza di merito). Il motivo viene disatteso per difetto di interesse, poiché l’applicazione del rito accelerato, secondo l’opinione del Consiglio di Stato, non ha in alcun modo compromesso il diritto di difesa, tanto che non è mai stata prospettata alcuna violazione del contraddittorio.  Il Consiglio di Stato, quindi, con un approccio pragmatico che si deve certamente apprezzare, conclude che nella sostanza sia in base al principio generale del raggiungimento dello scopo (di cui all’art. 156 c.p.c.) sia in base al fatto che un ipotetico accoglimento del motivo non avrebbe mai comportato un annullamento con rinvio (stante il carattere tassativo delle ipotesi di cui all’art. 105 c.p.a.) nella specie, una qualsiasi rimessione sul ruolo sarebbe stata incompatibile con il principio di ragionevole durata del processo, dichiara l’inammissibilità del motivo.

[ii] L’art. 4, della direttiva n. 98 del 2008, rubricato “Gerarchia dei rifiuti”, al paragrafo 1, prevede che: “1. La seguente gerarchia dei rifiuti si applica quale ordine di priorità della normativa e della politica in materia di prevenzione e gestione dei rifiuti: a) prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo; c) riciclaggio; d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e e) smaltimento”.

L’art. 3 della medesima direttiva, al n. 15 definisce il «recupero» come “qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale. L’allegato II riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero”.

L’allegato II, tra le operazioni di recupero, contempla “R 1 Utilizzazione principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia ()”; e, in nota, precisa “(…) Gli impianti di incenerimento dei rifiuti solidi urbani sono compresi solo se la loro efficienza energetica è uguale o superiore a:….”.

L’art. 179 del d.lgs. 152 del 2006 dispone, al primo comma, che la gestione dei rifiuti avviene nel rispetto della seguente gerarchia: “a) prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo; c) riciclaggio;

d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e) smaltimento”. Il secondo comma dispone che nel rispetto della gerarchia, devono essere adottate le misure volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono “il miglior risultato complessivo, tenendo conto degli impatti sanitari, sociali ed economici, ivi compresa la fattibilità tecnica e la praticabilità economica”.

[iii] Specificamente dai rifiuti residui indifferenziati che adotta tecnologia di combustione consolidata, utilizza le BAT per il recupero energetico, per la riduzione e per il controllo delle emissioni in atmosfera e, in questa fase, prevede la progettazione di una tecnologia per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica (‘carbon capture and storage’).

[iv] Testualmente: “Nell’applicare la gerarchia dei rifiuti di cui al paragrafo 1, gli Stati membri adottano misure volte a incoraggiare le opzioni che danno il miglior risultato ambientale complessivo. A tal fine può essere necessario che flussi di rifiuti specifici si discostino dalla gerarchia laddove ciò sia giustificato dall’impostazione in termini di ciclo di vita in relazione agli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti.

Gli Stati membri garantiscono che l’elaborazione della normativa e della politica dei rifiuti avvenga in modo pienamente trasparente, nel rispetto delle norme nazionali vigenti in materia di consultazione e partecipazione dei cittadini e dei soggetti interessati.

Conformemente agli articoli 1 e 13, gli Stati membri tengono conto dei principi generali in materia di protezione dell’ambiente di precauzione e sostenibilità, della fattibilità tecnica e praticabilità economica, della protezione delle risorse nonché degli impatti complessivi sociali, economici, sanitari e ambientali.

[v] “…un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno può astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione e risolverla sotto la propria responsabilità laddove la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si imponga con un’evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio. L’esistenza di una siffatta eventualità deve essere valutata in base alle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, alle difficoltà particolari relative alla sua interpretazione e al rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all’Unione europea. Tale giudice nazionale non è tenuto a dimostrare in maniera circostanziata che gli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e la Corte adotterebbero la medesima interpretazione, ma deve aver maturato la convinzione, sulla base di una valutazione che tenga conto dei citati elementi, che la stessa evidenza si imponga anche agli altri giudici nazionali in parola e alla Corte”.

Scritto da