Tenuità del fatto e sversamento di materiali sul terreno: una riflessione alla luce della c.d. “riforma Cartabia” (D.lgs. n.150/2022).

03 Nov 2022 | giurisprudenza, penale, in evidenza 3

Di Vincenzo Morgioni

Corte di Cassazione, Sez. III – 1° giugno 2022 (dep. 1° agosto 2022), n. 30681 – Pres. Ramacci, Est. Noviello – ric. Varriale

Va esclusa la riconoscibilità della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, in considerazione, sia del quantitativo consistente di materiale sversato sul terreno sia, seppur implicitamente, della elevata esposizione a pericolo ambientale che ne è conseguita, tenendo conto della effettiva consistenza di tale materiale.

Ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis c.p., il giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma 1 c.p., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti.

  1. Premessa

Pur trattandosi di un istituto introdotto ormai già da diversi anni nel nostro ordinamento, la non punibilità del fatto per particolare tenuità continua tutt’oggi a porre dei problemi di natura interpretativa, soprattutto, come nel caso in questione, qualora si discuta sull’astratta applicabilità a fattispecie, quali, appunto, i reati ambientali, che, per loro natura, richiedono spesso complesse valutazioni di ordine tecnico sull’entità dell’offesa concretamente arrecata.

Peraltro, il commento alla decisione in esame offre altresì l’occasione per vagliare – sia pur in via del tutto preliminare e sempre con riguardo ai soli aspetti presi in considerazione dalla sentenza in esame – la portata delle innovazioni che interesseranno l’art. 131 bis c.p. una volta entrato in vigore il D.Lgs. n. 150/2022 (c.d. “riforma Cartabia”).

Venendo in prima battuta al caso in questione, i ricorrenti contestavano il mancato riconoscimento dell’art. 131 bis c.p. sull’assunto secondo il quale, nella decisione impugnata, il giudice avrebbe rigettato la richiesta omettendo di verificare sia “l’eventuale sussistenza di danni ambientali”, sia “l’abitualità o meno della condotta dell’imputato”.

Nel rigettare il ricorso, la Suprema Corte, diversamente, osservava come fossero del tutto condivisibili le statuizioni del Tribunale per il quale non si sarebbe potuta riconoscere la causa di non punibilità in esame tenuto conto sia del “quantitativo consistente di materiale sversato sul terreno”, che dell’ ”elevata esposizione a pericolo ambientale che ne è conseguita, tenendo conto della effettiva consistenza di tale materiale: trattandosi, in realtà, di rifiuti non pericolosi frammisti ad altri pericolosi”.

Elementi, questi, ritenuti del tutto sufficienti nella decisione in esame per giustificare il diniego, sulla base di un parametro di giudizio che “dev’essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma primo, c.p.” senza però che sia “necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti”.

  1. La struttura dell’art. 131 bis c.p. e le modifiche apportate dalla riforma Cartabia

Si ritiene necessario, al fine di comprendere al meglio il contenuto della decisione, inquadrare brevemente gli elementi che contraddistinguono la causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131 bis c.p., soffermandosi, in via generale, sulle novità apportate dalla riforma e, più nello specifico, considerata la sede di trattazione e le statuizioni contenute nella decisione in esame, sull’ampiezza del rimando ai parametri di giudizio di cui all’art. 133 c.p.

Istituto mutuato dal processo penale minorile e dalle disposizioni relative al Giudice di Pace[i], la particolare tenuità del fatto è entrata a far parte dell’impianto codicistico nel 2015 con una disposizione che, al primo comma, innanzitutto, ne delimita l’applicabilità ai reati per i quali è prevista a) la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, limite che diverrà, con la riforma, “[nel] minimo a due anni”, ovvero b) la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena. In tali casi, la punibilità dev’essere esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, comma 1, c.p., l’offesa si possa considerare di particolare tenuità e il comportamento non abituale. In merito, è importante rilevare – soprattutto per le riflessioni che verranno di seguito sviluppate – come il legislatore delegato abbia inteso precisare che il rimando all’art. 133 c.p. debba ritenersi comprensivo anche di altro criterio proprio della valutazione della capacità a delinquere del reo (art. 133, comma 2, n. 3, c.p.), ovvero “della condotta susseguente al reato”.

Segue, al comma secondo, una fitta casistica di ipotesi in cui l’offesa non potrà – in ogni caso – ritenersi tenue (con conseguente esclusione della causa di non punibilità in esame), catalogo destinato ad ampliarsi considerevolmente alla luce della prossima riforma[ii].

Oltre alla tenuità dell’offesa, ai fini dell’esclusione della punibilità, è richiesto che il comportamento non risulti essere abituale (di qui, la ratio del terzo comma dell’art. 131 bis c.p. che individua i parametri per la valutazione dell’abitualità della condotta).

Chiudono il testo della fattispecie in esame il comma quarto, sulle modalità di determinazione della pena ai fini del primo comma, e il comma quinto, che dispone l’applicabilità dell’istituto in esame anche quando la legge preveda la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante.

  1. Sul rinvio dell’art. 131 bis c.p. ai criteri di cui all’art. 133 c.p.

Non essendo stato inserito nel complessivo ampliamento del catalogo dei casi ostativi alcun riferimento ai reati ambientali, nei procedimenti pendenti per tali ipotesi, il riconoscimento, o meno, della particolare tenuità sarà (com’era ante riforma) rimesso alla discrezionalità dell’organo giudicante, il quale, però, con il nuovo assetto normativo, oltre ad avere nuovi limiti edittali di riferimento, potrà formulare la propria valutazione anche alla luce di un ulteriore parametro, mutuato, come anticipato, dal comma secondo del 133 c.p., vale a dire “la condotta susseguente al reato”.

In virtù di tale estensione del metro di giudizio, vale la pena chiedersi – tornando alle statuizioni della pronuncia in esame – se siano condivisibili i contenuti della decisione della Suprema Corte con particolare riguardo all’assunto per il quale, ai fini del riconoscimento della particolare tenuità, non sia “necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti [appunto dell’art.133 c.p., così come richiamati nell’art. 131 bis c.p.], essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti”.

Sul punto, innanzitutto, sembra doveroso premettere che tra i criteri richiamati, dovranno essere utilizzati, nella valutazione sulla tenuità del fatto, in via principale (ma non esclusiva) quelli che attengono alla dimensione oggettiva dell’offesa. Tanto si ricava dalla lettura della Relazione illustrativa al D.Lgs. n. 28/2015 nella quale si dà atto “dell’esigenza di sganciare, per quanto possibile, il giudizio d’irrilevanza da accertamenti di tipo psicologico – soggettivistico, sempre ardui e decisamente tanto più problematici quanto più destinati ad essere effettuati nelle fasi prodromiche del procedimento, secondo la naturale vocazione dell’istituto[iii]. Il che, tuttavia, non esclude in alcun modo ogni valutazione sulla colpevolezza del reo che, al più, potrà essere sondata quale criterio residuale per il giudizio sulla modalità della condotta[iv].

Inoltre, come anticipato, con la nuova riforma assumerà rilievo la condotta susseguente al reato, il che, dunque, consentirà di introdurre nello spettro decisionale anche i comportamenti di natura riparatoria che eventualmente verranno posti in essere dal reo.

Alla luce di quanto esposto, preme rilevare, innanzitutto, come, nonostante la lettura “correttiva” fornita dalla Relazione illustrativa al D.Lgs. n. 28/2015, in nessun passaggio di quest’ultima e, tantomeno, della stessa norma in esame sia possibile cogliere spunti che lascino intendere come la valutazione del Giudice sulla particolare tenuità debba circoscriversi solo a determinati parametri, esimendolo quindi da una complessiva disamina del fatto che tenga conto, al contrario, di tutti gli aspetti posti in evidenza dall’art. 133, così come richiamato dall’art. 131 bis c.p.

In tal senso, si ritiene che solo successivamente ad una preliminare e completa verifica dei punti di cui all’art. 133 c.p. indicati dall’art. 131 bis c.p., il Giudice possa addivenire ad una corretta ed equa valutazione che sia in grado, con cognizione di causa, di individuare quali elementi saranno stati ritenuti prevalenti in senso ostativo alla concessione del beneficio e quali altri, invece, abbiano portato ad una diversa valutazione.

Diversamente opinando, e aderendo all’indirizzo espresso dalla pronuncia in esame, il rischio è di propendere per il diniego del beneficio di legge sulla base di scorciatoie motivazionali, probabilmente sviluppate sulla base di uno solo dei parametri di cui all’art. 133 c.p.

Inoltre, si ritiene che la nuova formulazione dell’art. 131 bis c.p. si ponga in un senso diametralmente opposto alla restrizione dello spettro decisionale del Giudice ai fini del riconoscimento della causa di punibilità, atteso il chiaro intento di arricchire la valutazione dell’organo giudicante con l’apporto di elementi manifestatisi solo successivamente al fatto di reato e quindi, per loro natura, non direttamente attinenti alla modalità della condotta o alla gravità del danno.

  1. Conclusioni

In tale ordine di idee, risulta quindi condivisibile l’assunto per il quale “va esclusa la riconoscibilità della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, in considerazione, sia del quantitativo consistente di materiale sversato sul terreno sia, seppur implicitamente, della elevata esposizione a pericolo ambientale che ne è conseguita, tenendo conto della effettiva consistenza di tale materiale”.

Si ritiene infatti che un simile arresto imponga in ogni caso all’interprete di soffermarsi su elementi della fattispecie tutt’altro che secondari, quali, appunto, la consistenza e la quantità del materiale sversato sul terreno e il pericolo che ne è – sia ben chiaro, “concretamente” – derivato per l’ambiente circostante.

Diversamente, però, non pare condivisibile il secondo insegnamento, per il quale “ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis c.p., il giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma 1 c.p., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti”.

Come detto, una simile interpretazione della norma, oltre a non trovare alcun appiglio nel testo di legge, ancorché mutato in virtù della riforma, sembrerebbe aprire il varco a pericolose scorciatoie decisionali.

Un rischio quest’ultimo che ovviamente dev’essere scongiurato soprattutto in relazione alla casistica dei reati ambientali, ove la natura tecnica e la complessità delle fattispecie potrebbe facilmente indurre ad arresti decisionali sbrigativi e fondati su di un’analisi superficiale del fatto storico.

Sul punto ed in conclusione, è altresì interessante notare – a conferma dell’esistenza del rischio paventato – come il precedente richiamato in maniera tralatizia dalla Suprema Corte a sostegno della propria decisione[v] abbia, in realtà, riguardato la valutazione sul riconoscimento della particolare tenuità del fatto in relazione ad una fattispecie di reato – quale quella contemplata dall’art. 189, comma 6, Codice della Strada (inottemperanza all’obbligo per il conducente del veicolo di fermarsi in caso di incidente con danno alle persone) – il cui accertamento non può ovviamente richiedere le stesse valutazioni di natura tecnica che invece si rendono necessarie nei procedimenti iscritti per ipotesi ambientali.

SCARICA L’ARTICOLO IN PDF

morgioni – rga novembre 2022 (rev.)

Per il testo della sentenza cliccare sul pdf allegato.

Cass. III 36081_2022

NOTE

[i] Per una più ampia panoramica sul dibattito legislativo che ha preceduto l’introduzione dell’art. 131 bis c.p. cfr. A Gullo, Sub. art. 131 bis c.p., in E. Dolcini, G.L. Gatta, Codice penale commentato¸ Milano, 2021.

[ii] Si riporta il nuovo testo del secondo e del terzo periodo del comma 2 dell’art. 131 bis c.p. sui quali il legislatore è intervenuto ampliando il catalogo dei reati per i quali non potrà trovare applicazione la particolare tenuità del fatto. In particolare, secondo il nuovo testo, l’offesa  non  potrà essere ritenuta di particolare tenuità quando si procederà  “per  i  delitti,  consumati  o  tentati,  previsti dagli articoli 558-bis, 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e  5.1,  e  577,  primo  comma,  numero  1,  e  secondo comma, 583, secondo comma, 583-bis, 593-ter, 600- bis,  609-bis,  609-quater,  609-quinquies,  609-undecies, 612-bis, 612-ter, nonché dall’articolo 19, quinto comma, della legge 22 maggio 1978, n. 194, ovvero per delitti, puniti con una pena superiore nel massimo  a  due  anni  e  sei  mesi  di  reclusione, commessi  in  occasione  o  a  causa  di  manifestazioni sportive, ovvero nei casi di cui agli articoli 336, 337 e 341-bis, quando il reato è commesso nei confronti di un ufficiale  o  agente  di  pubblica sicurezza  o  di  un ufficiale  o  agente  di  polizia  giudiziaria  nell’esercizio delle proprie funzioni, e nell’ipotesi di cui all’articolo 343.  L’offesa non può altresì essere ritenuta di particolare tenuità quando si procede per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319 bis, 319 ter, 319 quater, primo comma, 320, 321, 322, 322 bis, 391 bis, 423, 423 bis, 600 ter, primo comma, 613 bis, 628, terzo comma, 629,  644,  648  bis,  648  ter,  nonché  per  i delitti  di  cui  agli  articoli  73  del  decreto  del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, salvo  che  per  i  delitti  di  cui  al  comma  5  del medesimo  articolo,  e  184  e  185  del  decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58”.

[iii] Cfr. p. 2 della Relazione illustrativa al D.Lgs. n. 28/2015.

[iv] Cfr. p. 3 della Relazione illustrativa al D.Lgs. n. 28/2015 ove si legge che “la formula adottata è ben lungi dall’escludere qualunque rilevanza dell’elemento soggettivo del reato. In effetti, appare del tutto ovvio che l’indice-criterio delle “modalità della condotta” si presta benissimo e del tutto naturalmente a permettere una valutazione sia del grado della colpa, sul presupposto che la violazione delle regole cautelari concorre ad integrare il modo di manifestarsi della tipicità della condotta; sia dell’intensità del dolo, sul presupposto che assai spesso quest’ultima si riverbera e si traduce nell’adozione da parte dell’autore di determinate modalità esecutive della condotta”.

[v] Cass. pen., Sez. VI, 8 novembre 2018, n. 55107 la cui massima riporta “ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti. (In motivazione la Corte ha ritenuto corretta la mancata applicazione di tale causa di esclusione della punibilità in conseguenza della fuga dell’imputato subito dopo il fatto, senza che ciò si ponga in contrasto con la concessione delle attenuanti generiche, giustificata dalla successiva condotta processuale del predetto)”.

Scritto da