Siti contaminati, misure di prevenzione e piano di indagine preliminare: individuazione delle competenze e dei soggetti obbligati

01 Mar 2024 | giurisprudenza, amministrativo

di Emanuele Pomini

T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I – 22 novembre 2023, n. 853 – Pres. Gabbricci, Est. Limongelli – I. e G di I. S. e C. S.n.c. (avv. Braga) c. Comune di Cologne (avv. Francesco) e altri n.c.

Mentre le misure di prevenzione, consistenti nel caso di specie nella messa in sicurezza del materiale rimosso e dell’area escavata mediante copertura al fine di evitare ogni ulteriore dispersione degli eventuali inquinanti presenti mediante acque di lavaggio o acque meteoriche, possono essere imposte, ai sensi dell’art. 245, comma 2 del D.Lgs. 152 del 2006, anche al proprietario incolpevole dell’inquinamento, è illegittimo l’ordine rivolto al medesimo soggetto di presentazione del piano di indagini preliminari previsto dall’art. 242, comma 2 del D.Lgs. 152/2006, potendo tale ordine essere diretto esclusivamente nei confronti del soggetto responsabile dell’inquinamento.

La competenza del comune a ordinare la realizzazione di misure di prevenzione, in assenza di norme di legge attributive di tale competenza a enti specifici, può essere fatta ragionevolmente discendere dalla circostanza che il comune, oltre a essere l’ente più prossimo alla potenziale fonte di contaminazione, è uno degli enti deputati a ricevere la comunicazione preventiva di avvio dei lavori di realizzazione delle misure di prevenzione ex 304, comma 2 del D.Lgs. 152/2006, nonché l’ente che, in caso di mancata esecuzione degli interventi stessi da parte del responsabile della contaminazione o del proprietario incolpevole, è tenuto a provvedervi in via sostitutiva, ai sensi dell’art. 250 comma 1.

Il potere di ordinare l’effettuazione di indagini preliminari sull’esistenza di fonti di potenziale contaminazione di un sito, ai sensi l’art. 242, comma 2 del D.Lgs. 152/2006, compete esclusivamente alla provincia, e non al comune.

Con la decisione in commento il T.A.R. Lombardia ha innanzitutto ribadito come, nell’immediatezza del verificarsi di un fenomeno potenzialmente in grado di inquinare le matrici ambientali suolo e falda o anche solo della scoperta di un evento già verificatosi, anche il proprietario dell’area interessata, a prescindere dall’accertamento della sua responsabilità in ordine alla causazione della contaminazione, abbia l’obbligo di intervenire subitoi per attuare quanto meno le opportune “misure di prevenzione” ai sensi del combinato disposto degli artt. 245, comma 2 e 242, comma 2 del D.Lgs. 152/2006, ossia tutte quelle “iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia” (art. 240, comma 1, lett. i) del D.Lgs. 152/2006)ii.

Nel caso di specie, nel corso di un sopralluogo effettuato da ARPA Lombardia presso un terreno ove erano in corso lavori di scavo finalizzati alla realizzazione di un capannone artigianale venivano rinvenuti rifiuti interrati e la società interessata, da poco divenuta proprietaria del sito, effettuava la comunicazione di cui all’art. 245 del D.Lgs. 152/2006 quale soggetto non responsabile della potenziale contaminazione, procedendo nel contempo a coprire i rifiuti emersi nel corso delle operazioni di scotico e a bloccare i lavori in corso d’opera. A seguito di tale comunicazione il Comune, peraltro senza alcun coinvolgimento procedimentale del soggetto interessato, emetteva ordinanza ai sensi dell’art. 192 del D.Lgs. 152/2006 (rimozione e avvio a recupero e smaltimento dei  rifiuti abbandonati), tuttavia richiedendo non la rimozione dei rifiuti rinvenuti e il loro avvio a smaltimento, bensì l’immediata sospensione dei lavori, la messa in sicurezza del materiale rimosso e dell’area escavata (mediante copertura) al fine di evitare ogni ulteriore dispersione degli eventuali contaminanti presenti, nonché la presentazione, entro il termine di dieci giorni, di un piano di indagini preliminari redatto da tecnico abilitato come previsto dall’art. 242 del D.Lgs. 152/2006 (recante la disciplina del procedimento per la bonifica di siti contaminati).

La società proprietaria del terreno presentava prima in Comune un’istanza di riesame e di annullamento in autotutela, ma, in assenza di riscontro da parte dell’amministrazione, si vedeva costretta a proporre successivo ricorso al T.A.R. Lombardia, lamentando, tra l’altro e per quanto qui interessa sottolineare, (i) l’incompetenza del Comune nell’emissione dell’ordinanza de qua, solo apparentemente emessa ai sensi dell’art. 192 (ordine di rimozione dei rifiuti), ma nella sostanza riconducibile agli artt. 242 e ss. (ordine di bonifica) e, quindi, di competenza della Provincia, nonché (ii) l’assenza di un preventivo accertamento circa la responsabilità (dolosa o colposa) della ricorrente in ordine all’abbandono incontrollato dei rifiuti rivenuti nella sua area o allo stato di inquinamento del sito, in violazione delle già citate disposizioni normative. Con ordinanza cautelare il T.A.R. sospendeva parzialmente l’ordinanza con riferimento all’ordine di mettere in sicurezza il materiale rimosso e a quello di presentare un piano di indagini preliminari. Peraltro, in attesa dell’udienza di discussione del merito, la società ricorrente procedeva, d’intesa con ARPA, alla rimozione dei rifiuti limitatamente alle aree interessate dall’intervento edificatorio e il Comune, alla luce di ciò, revocava parzialmente l’ordinanza impugnata con riferimento all’ordine di sospensione dei lavori, che potevano quindi riprendere regolarmente.

Venendo al merito della questione, il punto di partenza dal quale i giudici hanno preso le mosse per giungere alla decisione in commento è la base giuridica assunta dall’amministrazione nel provvedimento impugnato, che, lo si ricorda, è stato adottato nei confronti della società ricorrente in espressa applicazione degli artt. 192 e 242 del D.Lgs. 152/2006, in qualità di soggetto titolare del diritto di proprietà e per la disponibilità materiale del sito, a prescindere da ogni indagine in ordine all’abbandono dei rifiuti e allo stato di potenziale contaminazione del sito, quale misura meramente precauzionale in attesa dei futuri accertamenti in ordine allo stato di potenziale contaminazione del sito e al soggetto responsabile della stessa.

Alla luce di tale assunto, il T.A.R. Lombardia ha innanzitutto affermato la correttezza del primo capo dell’ordinanza impugnata (recante l’ordine di sospensione dei lavori), posto che, da un lato, la sospensione dell’attività edilizia rientra tra i poteri di vigilanza su tale attività attribuiti ai comuni dall’art. 27 del D.P.R. 380/2001 ed esercitabili dal dirigente o dal responsabile del servizioiii e, dall’altro, il richiamo all’art. 192 del D.Lgs. 152/2006 contenuto nell’ordinanza, pur se effettivamente improprio, non ha di fatto trovato alcuna concreta applicazione, dal momento che l’amministrazione, con tale capo dell’ordinanza, non ha ordinato la rimozione e l’avvio a smaltimento dei rifiuti, ma soltanto, appunto, la predetta sospensione dell’attività edilizia.

Del pari legittimo è, a giudizio del tribunale amministrativo, il secondo capo dell’ordinanza comunale, ossia quello relativo alla richiesta di “messa in sicurezza” del materiale e dell’area mediate copertura. Ciò in quanto la misura in questione, benché qualificata impropriamente nell’ordinanza come “messa in sicurezza” (dizione che prima facie potrebbe evocare i differenti interventi di “messa in sicurezza di emergenza”iv), costituisce indubbiamente una tipica “misura di prevenzione” nel senso già ricordato sopra, avendo infatti la limitata finalità di prevenire il rischio di diffusione nell’ambiente del materiale rimosso, in quel momento ancora non caratterizzato e quindi potenziale fonte di inquinamento ambientale.

Una volta qualificato l’intervento in questione come misura di prevenzione, ne discende senza alcun dubbio la possibilità di imporne l’attuazione anche al proprietario (presunto) incolpevole, così come previsto espressamente dal combinato disposto degli artt. 245, comma 2 e 242, comma 1 del D.Lgs. 152/2006v. Il T.A.R. Lombardia ha inoltre precisato come non vi possa essere, in tal caso, alcun difetto di competenza dell’amministrazione comunale, dal momento che “la competenza del Comune a ordinare la realizzazione di misure di prevenzione, in assenza di norme di legge attributive di tale competenza a enti specifici, può essere fatta ragionevolmente discendere dalla circostanza che il comune, oltre ad essere l’ente più prossimo alla potenziale fonte di contaminazione, è uno degli enti deputati a ricevere la comunicazione preventiva di avvio dei lavori di realizzazione delle misure di prevenzione ex 304 comma 2 d. lgs. 152/2006, nonché l’ente che, in caso di mancata esecuzione degli interventi stessi da parte del responsabile della contaminazione o del proprietario incolpevole, è tenuto a provvedervi in via sostitutiva, ai sensi dell’art. 250 comma 1”.

L’ordinanza sconfina invece nell’illegittimità laddove l’amministrazione comunale voglia imporre al proprietario, come accaduto nel caso di specie, non solo l’esecuzione delle opportune misure di prevenzione, ma anche la successiva presentazione del piano di indagini preliminari redatto da un tecnico abilitato come previsto dall’art. 242, comma 2 del D.Lgs. 152/2006. Come noto, l’iter procedimentale in tema di bonifica prevede, dopo una prima fase caratterizzata dagli interventi immediati a carattere preventivo (ossia: verificarsi dell’evento, adozione delle misure di prevenzione e comunicazione alle amministrazioni competenti; cfr. l’art. 242, comma 1), una fase successiva che inizia proprio con la predisposizione e l’esecuzione di un piano di indagini preliminari sui parametri oggetto di inquinamento al fine di  accertare l’eventuale superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione “CSC” (cfr., in questo senso, l’art. 242, comma 2). Il soggetto obbligato a intervenire in questa seconda fase, tuttavia, non è più il proprietario dell’area, ma, come espressamente previsto dalla norma citata, solamente il responsabile dell’inquinamentovi, che l’autorità competente, ossia la Provincia (e non il Comune) ai sensi dell’art. 244, comma 2vii, ha l’onere di individuare e di diffidare all’esecuzione delle attività imposte dalla citata normativa, tra cui la predisposizione e l’esecuzione del predetto piano di indagini preliminariviii.

In definitiva, i giudici amministrativi confermano che, ove vi sia l’esigenza di contrastare nell’immediatezza il verificarsi di un fenomeno potenzialmente in grado di inquinare suolo e/o falda, oppure anche solo in caso di scoperta di un evento già verificatosi ma ancora in grado di costituire una minaccia in tal senso, allora il comune è investito della competenza a emettere l’ordinanza per l’attuazione delle opportune misure di prevenzione anche nei confronti del mero proprietario dell’area interessata, a prescindere cioè da un accertamento in ordine alle sue eventuali responsabilità nella causazione dell’evento. Viceversa, tale potere di ordinanza del Comune non può estendersi fino a richiedere al proprietario dell’area anche la presentazione del piano di indagini preliminari previsto dall’art. 242, comma 2 per verificare la sussistenza di una potenziale contaminazione delle matrici ambientali interessate, posto che, per quanto già osservato sopra, tale attività può essere imposta solo al responsabile della contaminazione ed esclusivamente da parte della Provincia.

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Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

NOTE:

i Le misure di prevenzione devono essere intraprese, secondo quanto previsto all’art. 242 (al quale l’art. 245 rimanda nel caso del proprietario o gestore del sito non responsabile della contaminazione) “al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito (…)” ed “entro ventiquattro ore” da tale evento. Ciò anche in caso di inquinamento “storico”, dal momento che quello che rileva non è l’origine della contaminazione, ma anche il solo rischio “di aggravamento della situazione di contaminazione” già esistente, vale a dire l’attualità delle conseguenze negative per l’ambiente che nell’immediato possono prodursi ove non si intervenga con tempestività (cfr., in questo senso, Cons. Stato, Ad. Plen., ord. 13 novembre 2013, n. 25, cit.; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 2 dicembre 2015, n. 2508; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 28 agosto 2015, n. 1914; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 21 maggio 2015, n. 1709).

ii Cfr., ex multis, Cons. Stato, Ad. Pl., 25 settembre 2013, n. 21 e 13 novembre 2013, n. 25, in questa Rivista, 2014, p. 62 con nota di E. Maschietto; Cons. Stato, Sez. V, 20 dicembre 2019, n. 8656 (secondo cui“la messa in sicurezza del sito è una misura di correzione dei danni che rientra nel genus delle precauzioni, che gravano sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all’ambiente. Pertanto, la relativa ordinanza non ha finalità sanzionatoria o ripristinatoria e può essere imposta a prescindere dall’individuazione dell’eventuale responsabile”); Cons. Stato, Sez. VI, 3 gennaio 2019, n. 81; Cons. Stato, Sez. IV, 18 dicembre 2018, n. 7121; Cons. Stato, Sez. V, 8 marzo 2017, n. 1089; Cons. Stato, Sez. V, 14 aprile 2016, n. 1509; Cons. Stato, Sez. VI, 16 luglio 2015, n. 3544; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 2 dicembre 2015, n. 2508; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 28 agosto 2015, n. 1914; ; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 21 maggio 2015, n. 1709; T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 3 luglio 2014, n. 577.

iii Cfr. in tema T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 3 febbraio 2017, n. 64, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 23 ottobre 2013, n. 4676.

iv Sulla distinzione tra “misure di prevenzione” e interventi di “messa in sicurezza d’emergenza” cfr. F. Peres, Misure di prevenzione e interventi di messa in sicurezza d’emergenza (nota a Cons. Stato, Sez. IV, 26 febbraio 2021, n. 172, in questa Rivista, Apr. 2021); E. Pomini, Misure di prevenzione per la falda imposte al proprietario incolpevole di un sito contaminato (nota a TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 17 giugno 2021, n. 1492, in questa Rivista, Set. 2021); V. Giampietro, MISE, MISU e misure di prevenzione: l’incertezza delle nozioni mette a rischio il proprietario incolpevole, in Amb. & Svil., n. 6, 2018, p.1.

v Più complessa sarebbe invece stata la questione ove fossero stati imposti al proprietario dell’area interventi riconducibili al genus delle misure di “messa in sicurezza di emergenza”, essendo in tal caso discussa in giurisprudenza la legittimità di un tale ordine ove non rivolto al solo responsabile della contaminazione.

Sulla questione si rimanda ai più recenti contributi di: U. Fantigrossi, Bonifiche: proprietario incolpevole senza obbligo di messa in sicurezza di emergenza (nota a Cons. Stato, Sez. IV, 19 luglio 2023, n. 7072, in questa Rivista, Nov. 2023); F. Vanetti e C. Ciuffa, MISE e proprietario incolpevole: nuove indicazioni giurisprudenziali (nota a T.A.R. Piemonte, Sez. II, 4 maggio 2023, n. 418, in questa Rivista, Lug. 2023); E. Maschietto, Le Sezioni Unite escludono obblighi di MISE per il proprietario o gestore incolpevole (nota a Cass. Civ., S.U., 1 febbraio 2023, n. 3077, in questa Rivista, Mag. 2023); E. Maschietto, La Mise è uguale alle misure di prevenzione? Bonifica: non c’è pace per il proprietario incolpevole (nota a Cons. Stato, Sez. IV, 2 maggio 2022, n. 3424, in questa Rivista, Lug. 2022); A. Gallarini, Misure di prevenzione e messa in sicurezza di emergenza anche senza responsabile della contaminazione? (nota a T.A.R. Lazio, Sez. II-Bis, 24 maggio 2021, n. 6046, in questa Rivista, Lug. 2021); F. Peres, Misure di prevenzione e interventi di messa in sicurezza d’emergenza (nota a Cons. Stato, Sez. IV, 26 febbraio 2021, n. 172, in questa Rivista, Apr. 2021.

Cfr. inoltre, ex multis, T.A.R., Campania, Napoli, Sez. V, 28 settembre 2022, n. 5964; Cons. Stato, Sez. VI, 25 gennaio 2018, n. 502; Cons. Stato, Sez. VI, 9 febbraio 2016, n. 550; Cons. Stato, sez. VI, 16 luglio 2015, n. 3544.

vi In particolare: “2. Il responsabile dell’inquinamento, attuate le necessarie misure di prevenzione, svolge, nelle zone interessate dalla contaminazione, un’indagine preliminare sui parametri oggetto dell’inquinamento e, ove accerti che il livello delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) non sia stato superato, provvede al ripristino della zona contaminata, dandone notizia, con apposita autocertificazione, al comune ed alla provincia competenti per territorio entro quarantotto ore dalla comunicazione. L’autocertificazione conclude il procedimento di notifica di cui al presente articolo, ferme restando le attività di verifica e di controllo da parte dell’autorità competente da effettuarsi nei successivi quindici giorni. Nel caso in cui l’inquinamento non sia riconducibile ad un singolo evento, i parametri da valutare devono essere individuati, caso per caso, sulla base della storia del sito e delle attività ivi svolte nel tempo.

3. Qualora l’indagine preliminare di cui al comma 2 accerti l’avvenuto superamento delle CSC anche per un solo parametro, il responsabile dell’inquinamento ne dà immediata notizia al comune ed alle province competenti per territorio con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adottate. Nei successivi trenta giorni, presenta alle predette amministrazioni, nonché alla regione territorialmente competente il piano di caratterizzazione con i requisiti di cui all’Allegato 2 alla parte quarta del presente decreto”.

vii Trattasi di una competenza esclusiva dell’ente provinciale, che, come statuito da Cons. Stato, Sez. IV, 1 aprile 2020, n. 2195, non ammette deroghe neppure nel caso in cui l’area interessata si trovi all’interno di un Sito di Interesse Nazionale, il cui procedimento di bonifica, per il resto, è come noto di competenza ministeriale ai sensi dell’art. 252 del D.Lgs. 152/2006.

viii Sul punto cfr. L. Prati, La ricerca dei responsabili dell’inquinamento e gli obblighi inderogabili della P.A. nel procedimento di bonifica (nota a T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 18 luglio 2023, n. 1879, in questa Rivista, Nov. 2023).

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