Sanatoria paesaggistica e limiti di interpretazione della nozione di “superficie utile”

27 Lug 2021 | giurisprudenza, amministrativo

di Federico Vanetti e Andrea Oggioni

Consiglio di Stato, VI, n. 3352 del 26 aprile 2021 – Pres. Giancarlo Montedoro, Est. Francesco De Luca – OMISSIS (avvocati A. Messina, A. Messina e L. Messina) contro Comune di Cava de’ Tirreni (avvocati Cascone e Senatore)

Il rinvio ai concetti di volumetria e superficie utile, contenuto nell’art. 167, comma 4, D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), per cui l’autorità preposta alla gestione del vincolo accerta la compatibilità paesaggistica, deve interpretarsi nel senso di un rinvio al significato tecnico-giuridico che tali concetti assumono in materia urbanistico-edilizia, trattandosi di nozioni tecniche non già specificate dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, ma solo dalla normativa urbanistico-edilizia.

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La decisione del Consiglio di Stato in commento ha il pregio di inserire un nuovo elemento di interpretazione della nozione di “superficie utile” prevista dall’art. 167, co. 4, D.Lgs. n. 42/2004 (ovvero il “Codice dei beni culturali e del paesaggio” d’ora in avanti anche solo il “Codice”) che definisce i criteri di accertamento postumo della compatibilità paesaggistica di un’opera realizzata in assenza dell’autorizzazione prescritta dall’art. 146 del Codice stesso.

Nel caso di specie, il Comune di Cava de’ Tirreni aveva rigettato la richiesta di sanatoria edilizia proposta dai proprietari di due porzioni immobiliari adiacenti ove erano stati eseguiti lavori di ristrutturazione edilizia comportanti la modifica delle altezze dei vani destinati a garage e l’ampliamento e modifica del terrazzo esterno.

Senza esaminare nel dettaglio le questioni inerenti la qualifica urbanistico-edilizia dell’intervento e del calcolo tecnico dei volumi che si sono risolti in favore degli appellanti (anche alla luce degli esiti della verificazione tecnica disposta dal Consiglio di Stato), si osserva che il diniego apposto dall’amministrazione competente aveva ad oggetto, inter alia, l’asserita realizzazione di nuove “superfici utili” mediante l’ampliamento e modifica del terrazzo esterno.

Il Consiglio di Stato ha annullato la decisione di primo grado anche sul presupposto dell’errato significato attribuito alla nozione di “superficie utile”.

Sul punto, è bene evidenziare che ai sensi dell’art. 146 del Codice, le opere da eseguire in zone tutelate sono soggette al preventivo rilascio di apposita autorizzazione paesaggistica. È, infatti, espressamente previsto che tale assenso non possa essere rilasciato in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi stessi (art. 146, comma 4, del Codice).

In linea di principio, dunque, la disciplina in commento non ammette sanatorie paesaggistiche in quanto il privato è di norma “sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese” degli interventi realizzati in assenza della prescritta autorizzazione (art. 167, comma 1, del Codice).

Lo stesso art. 167, comma 4, lett. a), del Codice contiene, tuttavia, alcune eccezioni di carattere speciale, che permettono agli enti competenti di provvedere ad accertare la compatibilità paesaggistica postuma dei manufatti realizzati.

In particolare, è ammessa l’eccezione “a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati”[1] .

La giurisprudenza amministrativa nel tempo si è pronunciata numerose volte sull’interpretazione dei concetti di volume e superficie utile, dando vita a diversi filoni interpretativi, da un lato favorevoli ad un’interpretazione estensiva di tali concetti volta a garantire massima tutela al bene paesaggistico, dall’altra, invece, maggiormente ancorata alle definizioni tecniche fornite dalla normativa edilizia.

Tali incertezze hanno anche dato luogo a tentativi di interpretazione da parte dello stesso Ministero competente (i.e. la nota Circolare del Segretariato Generale del Ministero per i beni e le attività culturali del 26 giugno 2009 citata anche dalla decisione in commento).

Un primo approccio interpretativo, infatti, ha qualificato “superficie utile” “qualsiasi opera edilizia calpestabile o che può essere sfruttata per qualunque uso, atteso che il concetto di utilità ha un significato differente nella normativa in materia di tutela del paesaggio rispetto alla disciplina edilizia”[2].

Secondo tale lettura sistematica, dunque, la differente interpretazione tra disciplina paesaggistica ed edilizia non si limiterebbe esclusivamente a spazi chiusi o comportanti l’aumento del carico urbanistico dell’opera.

Di contro, una recente pronuncia del Consiglio di Stato ha vincolato espressamente l’interpretazione di tale nozione al significato tecnico-giuridico che tali concetti assumono in materia urbanistico–edilizia.

La decisione in commento ha introdotto una nuova chiave di lettura potenzialmente risolutiva del contrasto giurisprudenziale in essere, riferendo la definizione della nozione al Regolamento edilizio tipo (RET) approvato con Intesa Stato-Regioni (G.U. n. 268 del 16 novembre 2016) che distingue tra superficie lorda (SL), superficie utile (SU) e superficie accessoria (SA).

Infatti, sebbene si tratti di concetti già da tempo presenti nella normativa edilizia[3], la ricognizione delle definizioni tecniche uniformi contenuta nel RET ha operato una omogeneizzazione degli ambiti definitori volta precisamente a “incidere sulla struttura e sul lessico dei regolamenti edilizi locali, essenzialmente in funzione risolutiva dei conflitti definitori concernenti i parametri urbanistico-edilizi”[4].

Dalla lettura del RET, invero, si traggono le seguenti definizioni: la SU è la “superficie di pavimento degli spazi di un edificio misurata al netto della superficie accessoria e di murature, pilastri, tramezzi, sguinci e vani di porte e finestre”, e la SA è la “superficie di pavimento degli spazi di un edificio aventi caratteri di servizio rispetto alla destinazione d’uso della costruzione medesima, misurata al netto di murature, pilastri, tramezzi, sguinci e vani di porte e finestre” comprendente anche “i ballatoi, le logge, i balconi e le terrazze”.

Il Consiglio di Stato ha ritenuto, dunque, che le opere esterne realizzate in ampliamento della terrazza potessero essere meritevoli del procedimento di accertamento di compatibilità paesaggistica.

È, comunque, bene osservare che, secondo il parere di chi scrive, tale interpretazione della nozione di superficie utile, sebbene obblighi l’amministrazione ad ammettere il privato al proseguimento del procedimento di sanatoria anche mediante accertamento di conformità paesaggistica postuma, non impone alcun automatismo circa la sanatoria paesaggistica.

Il rilascio dell’accertamento di compatibilità paesaggistica, infatti, è sempre condizionato al rilascio del parere positivo dell’autorità competente.

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CdS 3352_2021

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

CdS 3352_2021

Note:

[1]Le altre due ipotesi previste dall’art. 167, comma, 4 , del Codice sono:

“b) per l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica; c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

[2] Si veda T.A.R. Campania, sede di Salerno, sez. II, 3 marzo 2021, n.549 e T.A.R. Lombardia, sede di Milano, sez. II, 8 maggio 2019, n.1033.

[3] Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici 23 luglio 1960, n. 1820; artt. 5 e 5 del D.M: 2 agosto 1969; art. 3 D.M. 10 maggio 1977; art. 1, D.M. 26 aprile 1991; art. 6 D.M. 5 agosto 1994.

[4] T.A.R. Liguria, sede di Genova, sez. I, 12 maggio 2020, n.287

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