Responsabilità del proprietario per l’abbandono dei rifiuti da parte del conduttore

28 Nov 2021 | giurisprudenza, amministrativo

di Carlo Luca Coppini

Cons. Stato Sez. IV, Sent., 22-09-2021, n. 6427 – Pres. Maruotti, Est. Lamberti – Comune di Caivano, (Avv. L. Milone), c. A. S.r.l., (Avv.  D. Visone), P. S.r.l., (n.c.).

La proprietà è corresponsabile, a titolo di colpa, degli sversamenti operati in situ, quand’anche dovuti alla conduttrice: a prescindere dalle facoltà dominicali, la proprietà, nell’esercizio dei rimedi contrattuali, può esperire azione di risoluzione del contratto di locazione a propria tutela, se l’inquinamento prodotto dalla conduttrice riveste un carattere notorio della condizione dei luoghi.

Cons. Stato Sez. IV, Sent., 12-08-2021, n. 5869 – Pres. Giovagnoli, Est. Spagnoletti, – OMISSIS S.r.l., (avv.ti L. M. Martellato, S. Cadeddu e F. Marini Balestra),  c. Comune di Mira, (avv. V. Domenichelli), Città Metropolitana di Venezia, (avv.ti F.Francario, R. Brusegan e K. Maretto), -OMISSIS-S.r.l., (avv.ti M. Lucchetta e A. Pagnoscin), -OMISSIS-. (n.c.)

Sussiste la responsabilità del proprietario, ai sensi dell’art. 192 d.lgs. n. 152/2006, che ometta la generale vigilanza sul proprio immobile e quindi consenta, attraverso condotta commissiva mediante omissione, l’abbandono incontrollato di rifiuti da parte di terzi    

I casi sottoposti al vaglio del Consiglio di Stato e da questo risolti con le decisioni qui richiamate, riguardano una vicenda che riveste l’analoga problematica delle ipotesi di responsabilità ascrivibile al proprietario di un’area che, quale parte locatrice, omette di eseguire i prescritti controlli sull’attività gestita al suo interno dalla parte conduttrice.

In questa attenta valutazione, il giudici di secondo grado hanno dimostrato di esaminare scrupolosamente le varie condotte contrattualmente tenute dalla parte locatrice e di confermare che, nel contesto del complessivo panorama normativo, il proprietario o i titolari di diritti reali o personali di godimento nei sensi e nei limiti dell’art. 192 del Codice dell’Ambiente, possono essere tenuti alle attività ripristinatorie del sito per ordinanza sindacale e/o altri provvedimenti adottati in una fase emergenziale da soggetti a ciò abilitati, unicamente ove l’incontrollato accumulo di rifiuti, siano essi speciali non pericolosi o pericolosi, sia loro imputabile in violazione dell’art. 192 Codice dell’Ambiente «per dolo o colpa».

Le ragioni del Consiglio di Stato che giustificano  la legittimità dei provvedimenti assunti dalle amministrazioni pubbliche nei confronti del proprietario per la rimozione dei rifiuti abbandonati dal terzo conduttore, sono scaturite dall’applicazione di un comune e indiscutibile principio.

I giudici hanno chiaramente sottolineato che concedere a terzi l’utilizzo di uno spazio, nel rispetto dei diversi diritti reali di godimento, pone il proprietario concedente nella posizione di garanzia al fine di assicurare la salute pubblica sull’indefettibile presupposto che, in coerenza all’art. 177, c. 3 del D.lgs 3 aprile 2006, n° 152: “La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse” con il conseguente obbligo di verificare il corretto utilizzo dell’immobile da parte del conduttore. Il Consiglio di Stato, quindi, ha correttamente ritenuto di respingere ogni giustificazione difensiva assunta nell’interesse della proprietà circa “l’inesistenza di un obbligo giuridico di garanzia e condotta meramente omissiva”, per la mancanza di colpevolezza ascrivibile alla stessa per il solo fatto di essere a conoscenza dell’uso illecito da parte i terzi del terreno concesso loro in locazione.

Tale collegamento, sicuramente, consente di accertare anche l’elemento soggettivo  in capo al proprietario (per tutti, Cons. Stato, sez. VI, 21 marzo 2017, n. 1260), chiarendo le dinamiche che evidentemente connotano le interrelazioni con gli altri responsabili e, soprattutto, ogni  rapporto di causalità  tra la mancata attivazione nell’impedimento dell’evento determinato da altri e la violazione dei doveri di diligenza per la mancata adozione di tutte le misure necessarie per evitare illeciti nella predetta gestione.

La più recente giurisprudenza amministrativa in argomento ha inoltre ritenuto che, in relazione ai soggetti passivi dell’ordine di rimozione di rifiuti previsto dall’art. 192, comma 3, cit., va ribadito come lo stesso possa essere indirizzato anche nei confronti del proprietario dell’area, pur non essendo lo stesso l’autore materiale delle condotte di abbandono dei rifiuti (Cons. Stato, sez. V, 15 marzo 2021, n. 2171; Cons. Stato, sez. V, 2 agosto 2018 n. 4781).

L’interpretazione prestata alla norma in parola dalla succitata giurisprudenza, pertanto, attribuisce rilevanza esimente alla diligenza del proprietario, che abbia fatto quanto possa risultare  concretamente esigibile da un lato, e impone  all’amministrazione di disporre le misure ivi previste nei confronti del proprietario che – per trascuratezza, superficialità o anche indifferenza  – nulla abbia fatto e non abbia adottato alcuna cautela volta ad evitare che vi sia in concreto l’abbandono dei rifiuti, dall’altro.

Dalle disposizioni e dai principi richiamati, quindi, si desume agevolmente che si rivela legittimo l’ordine che la competente amministrazione impone al locatore di provvedere alla rimozione di rifiuti abbandonati dal conduttore (rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, nel primo caso  e residui da pavimentazioni industriali, manufatti in cemento e calcestruzzo e altri prodotti per l’edilizia, nell’altro) e ciò indipendentemente dall’intitolazione che deve essere civilisticamente utilizzata per descrivere la disponibilità quale possesso vero e proprio o detenzione. A tale riguardo, i giudici di secondo grado richiamano una recente puntualizzazione dell’Adunanza Plenaria (Cons. Stato, Ad Plen., 26 gennaio 2021, n. 3) che, infatti, ha chiaramente evidenziato come, ai fini di determinare l’obbligatorietà dell’attività di vigilanza e controllo da parte di chi dispone dello spazio: “…Non sono pertanto in materia rilevanti le nozioni nazionali sulla distinzione tra il possesso e la detenzione: ciò che conta è la disponibilità materiale dei beni, la titolarità di un titolo giuridico che consenta (o imponga) l’amministrazione di un patrimonio nel quale sono compresi i beni immobili inquinati” .

Il contributo che corrobora il principio di legittimità dell’obbligo imposto al concedente/proprietario di verificare il corretto utilizzo dell’immobile concesso in locazione a terzi e da questi destinati alla gestione di rifiuti per conto terzi, si è fatto strada anche nella giurisprudenza di legittimità penale, secondo cui “…incombe sul proprietario l’obbligo di verificare che l’utilizzazione dell’immobile avvenga nel rispetto della legalità, e, quindi, che il terzo, cui ha concesso in uso il terreno, sia in possesso dell’autorizzazione necessaria per l’attività di gestione di rifiuti che su detto terreno viene effettuata e rispetti le prescrizioni in esse contenute.”

In sede civile comunque la Suprema Corte di Cassazione è intervenuta con la sentenza 6525/2011, per stabilire la responsabilità del locatore per danni da inquinamento prodotti dal conduttore, causati dall’abbandono di rifiuti tossici e nocivi, responsabilità riscontrata ai sensi degli artt. 2043 e 2051 Cod. Civ. , “per aver omesso di vigilare  sui due conduttori, e non aver attuato alcun intervento pur essendo consapevole della presenza dei rifiuti e per non aver ottemperato alle ordinanze sindacali”.  La tesi della Corte di Cassazione è sorretta dall’art. 2050 del Cod. Civ. nel cui ambito, il proprietario concedente è obbligato a controllare che del terreno o edificio si faccia un uso conforme alla legge, “che pur non estrinsecandosi esso in un potere di controllo e vigilanza sul rispetto delle norme ambientali e sanitarie, si configurerebbe un dovere di attivazione, allorquando l’esistenza di una situazione potenzialmente riconducibile all’art. 14 citato (del D.Lgs. 22/97 oggi trasposto nell’art. 192 D.lgs. 152/2006 – Divieto di abbandono) risulti, per le attività compiute sul fondo, percepibile con la media diligenza”.

Di tale orientamento è anche la sentenza resa dalla Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. Civ. SS. UU., 25.02.2009, n. 4472), nella quale, è riscontrabile la colpevolezza per dolo o colpa ex art. 192, comma 3, D.Lgs. 152/2006, per corresponsabilità solidale del proprietario o dei titolari di diritti personali o reali di godimento sull’area ove sono stati abusivamente abbandonati i rifiuti, quando, “per esigenze di tutela ambientale, in senso lato, qualunque soggetto si trovi in un rapporto, anche di mero fatto, in grado di consentirgli una funzione di protezione e custodia finalizzata ad evitare che l’area medesima possa essere adibita a discarica abusiva di rifiuti”, pertanto, l’omissione di cautele e accorgimenti che la norma impone ai fini di una efficace custodia del bene, configura la compartecipazione (per condotta omissiva) al reato di realizzazione ed esercizio di discarica abusiva di rifiuti.

Non deve essere sottovalutato, peraltro, che la prima delle sentenze in commento doveva affrontare una problematica di ampia portata, visto e considerato che, sin da prima del 2013, l’area posta a oggetto del contratto di locazione e della connessa controversia si trova nella c.d. “terra dei fuochi”. La realtà ambientale di questo territorio era caratterizzata dall’inarrestabile incendio dei rifiuti urbani, speciali pericolosi e non, che venivano abbandonati e di cui, quindi, si rendeva necessaria l’eliminazione. Sul presupposto della vigente normativa in materia di tutela ambientale, in generale e dei rifiuti in particolare, nonché delle determinazioni assunte dagli enti competenti maggiormente coinvolti, venne sottoscritto il cosiddetto “Patto Terra dei Fuochi” cui parteciparono i Sindaci mediante la sottoscrizione di un preciso documento con cui s’impegnavano ad adottare misure di contrasto al fenomeno dei roghi dei rifiuti abbandonati su strade e aree pubbliche o soggette a uso pubblico; con lo stesso documento i sindaci si sono impegnati ad attivarsi per la tempestiva rimozione rifiuti, seguendo anche le linee guida appositamente elaborate da ARPAC nell’ambito del suddetto Patto.

I Sindaci, in ogni caso,  potevano adottare provvedimenti di interesse pubblico anche nei confronti dei privati mediante l’esercizio del potere ordinatorio contingibile e urgente sull’indefettibile presupposto che, per dirla con il Consiglio di Stato: “ il “Patto per la Terra dei fuochi”, richiamato dalla proprietà, non priva certo il Comune delle facoltà (recte, delle potestà, quali forme di potere/dovere) stabilite dalla legge, considerato che tale “Patto” costituisce un mero protocollo di intesa fra Amministrazioni.”

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Contributo Carlo Luca Coppini-2

Per i testi delle sentenze cliccare sui pdf allegati (estratti dal sito di Giustizia Amministrativa).

s.5869 del 2021 in PDF

s 6427 del 2021 in PDF