Qualità dell’aria: al giudice nazionale l’ardua sentenza

01 Mar 2023 | giurisprudenza, altro

di Chiara Maria Lorenzin

SENTENZA DELLA CORTE UE, Grande Sezione, 22 dicembre 2022 nella causa C-61/21 K. Lenaerts presidente, L. Bay Larsen vicepersidente, A. Arabadjiwv, A. Prechal, E. Regan e  L.S. Rossi, presidenti di Sezione, M. Ilešič, J.-C. Bonichot, N. Piçarra, I. Jarukaitis, A. Kumin, N.  Jääskinen, N. Wahl, J. Passer  (relatore) e O. Spineanu-Matei, giudici – Avvocato Generale J- Kokott

Norme concernenti valori limite, valori guida e piani per la qualità dell’aria di cui alle Dir. 80/779/CEE, 85/203/CEE, 96/62/CE, 1999/30/CE, 2008/50/CE devono essere interpretate nel senso che le stesse  non sono preordinate a conferire diritti individuali ai singoli che possono attribuire loro un diritto al risarcimento nei confronti di uno Stato membro, a titolo del principio della responsabilità dello Stato per i danni causati ai singoli da violazioni del diritto dell’Unione ad esso imputabili (la questione sottoposta alla Corte riguardava in particolare gli articoli 3 e 7 della direttiva 80/779/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1980, concernente valori limite e valori guida di qualità atmosferica per l’anidride solforosa e per le particelle in sospensione, gli articoli 3 e 7 della direttiva 85/203/CEE del Consiglio, del 7 marzo 1985, concernente le norme di qualità atmosferica per il biossido di azoto, gli articoli 7 e 8 della direttiva 96/62/CE del Consiglio, del 27 settembre 1996, in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente, l’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 1999/30/CE del Consiglio, del 22 aprile 1999, concernente i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo, nonché l’articolo 13, paragrafo 1, e l’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa) 

Nell’ambito di una controversia francese, tra un cittadino e la Repubblica, relativamente ad un diniego di misure per il contenimento dell’inquinamento atmosferico e di risarcimento del danno alla salute lamentato dall’istante, è stata sollevata domanda di pronuncia pregiudiziale relativamente all’interpretazione dell’art. 13, paragrafo 1 e dell’art. 23, paragrafo 1 Dir. 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa.

Il cittadino francese chiedeva il risarcimento di “un danno derivante dal deterioramento del suo stato di salute, che gli sarebbe stato causato dal degrado della qualità dell’aria … nell’agglomerato di Parigi”, degrado che veniva identificato quale “risultato della violazione, da parte delle autorità francesi, degli obblighi … imposti in forza della direttiva 2008/50”. La Corte amministrativa di primo grado respingeva le domande formulate ritenendo che “gli articoli 13 e 23 della direttiva 2008/50/CE non attribuirebbero alcun diritto ai singoli ad ottenere il risarcimento di un eventuale danno subito a causa del deterioramento della qualità dell’aria”. In sede d’appello, la Corte amministrativa decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia una questione pregiudiziale che quest’ultima, applicando consolidati principi giurisprudenziali, ha riformulato considerando sia l’articolo 13, paragrafo 1 e l’articolo 23, paragrafo 1 Dir. 2008/50, sia gli articoli 7 e 8 Dir. 96/62, l’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 5, paragrafo 1, Dir. 1999/30 nonché gli articoli 3 e 7 Dir. 80/779 e 85/203 e domandandosi se tali previsioni conferiscano “diritti individuali ai singoli, che possono far sorgere loro un diritto al risarcimento da parte di uno Stato membro, in applicazione del principio della responsabilità dello Stato per danni causati ai singoli da violazioni del diritto dell’Unione ad esso imputabili”.

Come precisa la stessa sentenza in commento, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di danni causati ai singoli per effetto della violazione del diritto dell’Unione da parte dello Stato membro la responsabilità dello Stato medesimo può sussistere se sono soddisfatte tre condizioni: 1) “che la norma giuridica dell’Unione violata sia preordinata a conferire loro diritti”, 2) “che la violazione di tale norma sia sufficientemente qualificata” e 3) “che esista un nesso causale diretto tra tale violazione e il danno subito da detti soggetti” (in tal senso, si segnalano la storica sentenza della Corte di Giustizia del 19 novembre 1991 “Francovich” e Cons. Stato, Sez. IV, Sentenza 31 gennaio 2012, n.482).

Ebbene, nel caso di specie, ad avviso della Corte, le norme invocate prevedono obblighi “abbastanza chiari e precisi quanto al risultato che gli Stati membri devono assicurare” e infatti prevedono concentrazioni limite per gli inquinanti dell’aria, cui gli Stati debbono uniformarsi, nonché l’obbligo di adottare piani e misure adeguate affinchè tali limiti siano rispettati in modo tale che il periodo di superamento dei valori limite fissati per l’inquinante interessato sia il più breve possibile.

Tuttavia, conclude la Corte, “tali obblighi perseguono … un obiettivo generale di protezione della salute umana e dell’ambiente nel suo complesso” e non conferiscono diritti ai singoli. In altri termini, le norme di cui alle direttive europee in materia di qualità dell’aria non possono, di per sé, costituire il fondamento per una possibile azione risarcitoria da parte di un cittadino che lamenti danni alla propria salute per effetto di livelli di inquinamento non rispettosi dei limiti di legge.

La Corte non ha accolto le argomentazioni svolte dall’Avvocatura generale la quale aveva, ad avviso di scrive, ben evidenziato come gli scopi delle Direttive di interesse siano da indentificare nella tutela non collettiva ma personale e individuale della salute posto che “le norme relative alla protezione della qualità dell’aria sono state fondate sulla competenza dell’Unione in materia ambientale ed hanno quindi necessariamente come obiettivo, ai sensi dell’articolo 191 TFUE, un livello elevato di protezione della salute umana”. E, in proposito, l’Avvocatura aveva anche richiamato la giurisprudenza consolidata della Corte in materia di valutazione ambientale, giurisprudenza secondo la quale gli Stati membri sono tenuti a risarcire tutti i danni causati dall’omissione di una valutazione dell’impatto ambientale (Sentenze 7 gennaio 2004, Wells C‑201/02, punto 66 e del 17 novembre 2016, Stadt Wiener Neustadt C‑348/15 punto 45).

L’Avvocatura generale non aveva poi trascurato di esaminare le possibili ricadute in termini di contenziosi nei singoli Stati qualificando tale eventualità in termini di “onere considerevole per i giudici degli Stati membri”. Ma aveva altresì evidenziato come ciò non potesse incidere sulla valutazione giuridica di riconoscimento di diritti stante che “il gran numero di persone potenzialmente interessate dimostra innanzitutto l’importanza di un’adeguata qualità dell’aria” e gli “sforzi connessi alle domande di risarcimento non appaiono neppure manifestamente sproporzionati rispetto al peso di tale problema. I valori limite per la qualità dell’aria non riguardano impedimenti minori, ma danni gravi alla salute che possono andare fino alla mortalità precoce”. Dall’altra parte, aveva evidenziato l’Avvocatura, la platea dei potenziali interessati “riguarda soprattutto determinate categorie che vivono o lavorano in zone particolarmente inquinate” e da una siffatta interpretazione non discende comunque una automatica responsabilità dello Stato poiché, se è pur vero che i limiti di legge per gli inquinanti dell’aria si basano su dati scientifici consolidati quanto ai possibili danni alla salute, “un comportamento, o come nel caso di misure di miglioramento della qualità dell’aria insufficienti, un’omissione, ha carattere causale solo quando è possibile stabilire un nesso di causalità diretto tra tale comportamento e il danno subìto” e per stabilire l’esistenza di siffatto nesso eziologico l’Avvocatura aveva evidenziato la necessità di un corredo probatorio consistente e basato su evidenze medico-scientifiche.

Come sopra anticipato, la Corte non ha però condiviso tali deduzioni e per tale decisione -forse- non indifferenti sono state proprio le considerazioni citate in merito alla possibile proliferazione di contenziosi.

Il richiamo al principio di effettività del diritto dell’Unione e alla facoltà per i singoli interessati di avviare procedimenti amministrativi o giurisdizionali a motivo della propria necessità di tutela è, comunque, presente anche nella sentenza in commento e, del resto, non si può non evidenziare che le direttive citate sono state trasposte negli ordinamenti dei singoli Stati e che, dunque, in relazione a tali norme e al generale principio del neminem laedere, saranno chiamati a pronunciarsi i giudici nazionali. Non è del resto estranea all’ordinamento giuridico italiano la previsione di poteri discrezionali in capo all’autorità amministrativa per l’individuazione concreta delle misure idonee a garantire la tutela e l’esercizio di un diritto fondamentale quale quello alla salute, ma ciò non impedisce la risarcibilità di tale posizione giuridica primaria laddove pregiudicata, considerando tra l’altro -per quanto di interesse- che tale diritto è composto anche dalla dimensione della prevenzione. Il bilanciamento di interessi individuato da norme e da provvedimenti amministrativi ad esse coerenti, in altri termini, non degrada tale diritto la cui tutela rimane affidata al giudice ordinario (cfr. Corte Cass. civ., Sez. Unite, Ordinanza 12 ottobre 2020, n. 21993).  E, come osservato dall’Avvocatura generale, la predisposizione dei piani per la qualità dell’aria implica l’esercizio di un potere discrezionale connesso alla ponderazione degli interessi, ma ciò non rileva al fine di stabilire se la normativa di cui trattasi sia sufficientemente precisa da conferire diritti ai singoli. “È sufficiente, al contrario, che i singoli possano far valere dinanzi ai giudici nazionali il rispetto dei limiti di tale potere discrezionale” (così le conclusioni dell’Avvocatura generale punto 71).

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Chiara Maria Lorenzin febbraio 2023 2

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato

sentena CG 61-21

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