Procedure di autorizzazione con effetto di variante urbanistica ed esclusione della VAS: un binomio da verificare

01 Lug 2022 | giurisprudenza, amministrativo, in evidenza 1

di Federico Vanetti e Carla Piccitto

Consiglio di Stato, Sez. Quarta, n. 2368 del 31 marzo 2022 – Pres. Luca Lamberti, Est. Alessandro Verrico, Cons. Silvia Martino, Cons. Michele Pizzi, Cons. Claudio Tucciarelli – per la riforma (i) quanto al ricorso n. 8742 del 2020 della sentenza del TAR per l’Abruzzo (sezione Prima) n. 269/2020, resa tra le parti[i]; (ii) quanto al ricorso n. 2376 del 2021 della sentenza del TAR per l’Abruzzo (sezione Prima) n. 553/2020[ii]

Dall’applicazione del procedimento autorizzatorio unico ex art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 387 del 2003 discende altresì l’esclusione del progetto dalla valutazione ambientale strategica (VAS), secondo la previsione espressa di cui all’articolo 6, comma 12, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, a mente del quale non necessitano di essere sottoposte a VAS le modifiche dei piani e dei programmi elaborati per la pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli conseguenti a provvedimenti di autorizzazione di opere singole che hanno per legge l’effetto di variante.

Il Consiglio di Stato si è pronunciato ancora una volta su un’ipotesi di procedura di autorizzazione semplificata. In particolare, la decisione si incentra sulla procedura, prevista dall’art. 12 del D. Lgs. 387/2003[iii], per l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto per la produzione di energia rinnovabile sotto forma di biocarburante (biometano).

Partendo dalla descrizione della disciplina menzionata, precipuamente rivolta alla razionalizzazione delle procedure autorizzative in materia di fonti energetiche rinnovabili, la decisione offre due interessanti spunti di riflessione, invero comuni a molte altre procedure semplificate di autorizzazione.

Ai sensi dell’art. 12 del D. Lgs. 387/2003, in effetti, per le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi impianti, considerate dalla legge quali opere di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti, è prevista una procedura di autorizzazione unica, rilasciata dalla Regione o dalle Province delegate dalla Regione, che – ove occorra – ha anche effetti di variante allo strumento urbanistico[iv].  L’autorizzazione regionale è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241.

La procedura in commento, dunque, avocando a livello legislativo la valutazione di prevalenza tra l’interesse alla realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e il rispetto dell’assetto del territorio previsto dagli strumenti urbanistici comunali, finisce per spostare sull’autorità procedente la competenza – altrimenti squisitamente comunale – rispetto alla compatibilità urbanistica dell’intervento.

Nel caso di specie, peraltro, il Consiglio di Stato ne dà atto chiaramente, sottolineando la preminenza dell’interesse alla realizzazione dell’impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili e, per suo tramite, alla tutela dell’ambiente, tale da rendere recessiva la competenza comunale rispetto alla compatibilità con l’assetto urbanistico[v] e, dunque, a governare in via esclusiva l’uso del territorio.

Tanto è vero che – e lo dice inequivocabilmente la lettera dell’art. 12, co. 3 più vote richiamato – è la stessa autorizzazione unica regionale che “ove occorre, costituisce variante urbanistica”. Le istanze, i dissensi, le opinioni delle amministrazioni coinvolte trovano spazio nella cornice della conferenza di servizi, condotta – specifica l’art. 12, co. 4 – “nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241” e, pur sempre, avendo riguardo al preminente interesse ambientale alla promozione di fonti di energia rinnovabile.

Ne deriva, per usare le parole del Consiglio di Stato, che “non è pertanto richiesta una motivazione rafforzata al riguardo, avendo già il legislatore stabilito la prevalenza dell’interesse ambientale, rivolto alla realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, rispetto al potere di pianificazione di competenza comunale. Il procedimento de quo, per finalità semplificatoria ed acceleratoria realizzata seguendo il modulo della conferenza di servizi, prescinde pertanto dalla regola della competenza del Comune in materia urbanistica, sebbene non costituendo una deroga ad essa, e potendosi giungere a conseguire l’autorizzazione, anche in assenza di adesione o in presenza di parere contrario dell’Amministrazione comunale circa la compatibilità urbanistica dell’impianto[vi].

D’altra parte, però, la pronuncia del Consiglio di Stato offre anche un secondo argomento di riflessione, ove evidenzia come per le varianti urbanistiche correlate a processi autorizzativi di pubblica utilità, il progetto non richiede l’assoggettamento a VAS.

La decisione in commento, invero, conferma l’applicabilità al caso di specie della previsione di cui all’articolo 6, comma 12, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, a mente del quale non necessitano di essere sottoposte a VAS le modifiche dei piani e dei programmi elaborati per la pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli conseguenti a provvedimenti di autorizzazione di opere singole che hanno per legge l’effetto di variante[vii].

Dunque, ove la variante urbanistica disposta in sede di autorizzazione sia rivolta alla localizzazione dell’opera, la VAS può essere legittimamente esclusa.

Resta da capire se l’assioma variante ex lege – esclusione della VAS sia generalizzabile e, dunque, se tale principio possa essere mutuato anche per altre procedure di autorizzazione, le quali per legge comportano un effetto di variante urbanistica, oppure se vada circoscritto solo ad alcuni casi.

Il nostro ordinamento, in effetti, conosce molteplici istituti procedimentali in cui – a fini evidentemente semplificatori dell’altrimenti ipertrofica natura dei procedimenti – l’autorizzazione di un’opera ha per legge effetti di variante urbanistica.

Solo per citarne alcuni, si veda il caso della apposizione di un vincolo preordinato all’esproprio per opere non già individuate negli strumenti urbanistici generali, ai sensi dell’art. 10, comma 1 del D.P.R. 327/2001: “Se la realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità non è prevista dal piano urbanistico generale, il vincolo preordinato all’esproprio può essere disposto, ove espressamente se ne dia atto, su richiesta dell’interessato ai sensi dell’articolo 14, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero su iniziativa dell’amministrazione competente all’approvazione del progetto, mediante una conferenza di servizi, un accordo di programma, una intesa ovvero un altro atto, anche di natura territoriale, che in base alla legislazione vigente comporti la variante al piano urbanistico”.

Parimenti, si può richiamare il caso dell’approvazione del progetto operativo di bonifica da parte della Regione ai sensi dell’art. 242, comma 7 del D. Lgs 152/2006, la quale autorizzazione costituisce effetto di variante urbanistica[viii].

Negli esempi richiamati – così come per il caso trattato dal Consiglio di Stato – la valutazione degli interessi in gioco è demandata alla conferenza dei servizi, con il che gli effetti di variante vengono acquisiti automaticamente con il rilascio dell’autorizzazione.

Tuttavia, il nostro ordinamento prevede altri casi di autorizzazione a realizzare un’opera con effetti di variante urbanistica, che potrebbero destare maggiori perplessità.

Si pensi, ad esempio, al caso dello strumento dello sportello unico attività produttive (cd. SUAP), di cui all’art. 8, comma 1 del D.P.R. n. 160/2010, per cui “Nei comuni in cui lo strumento urbanistico non individua aree destinate all’insediamento di impianti produttivi o individua aree insufficienti, fatta salva l’applicazione della relativa disciplina regionale, l’interessato può richiedere al responsabile del SUAP la convocazione della conferenza di servizi di cui agli articoli da 14 a 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, e alle altre normative di settore, in seduta pubblica. Qualora l’esito della conferenza di servizi comporti la variazione dello strumento urbanistico, ove sussista l’assenso della Regione espresso in quella sede, il verbale è trasmesso al Sindaco ovvero al Presidente del Consiglio comunale, ove esistente, che lo sottopone alla votazione del Consiglio nella prima seduta utile. Gli interventi relativi al progetto, approvato secondo le modalità previste dal presente comma, sono avviati e conclusi dal richiedente secondo le modalità previste all’articolo 15 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, di cui al d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380”.

In tale ultimo caso, sebbene la variante urbanistica rappresenti una conseguenza dell’autorizzazione di un progetto da parte del SUAP, è pur vero che essa non è automatica, in quanto è prevista la ratifica da parte del Consiglio comunale, così come avviene per gli accordi di programma ai sensi dell’art. 34 del d.lgs. n. 267/2000.

Il Comune, quindi, resta titolare delle scelte urbanistiche legate al proprio territorio, con il che l’interesse pubblico sotteso alla realizzazione dell’opera è recessivo rispetto all’interesse pubblico sotteso all’uso del territorio.

Ciò non significa automaticamente che il progetto da autorizzare con SUAP debba essere assoggettato a VAS, ma occorrerà comprendere e verificare i contenuti della variante urbanistica.

Laddove, analogamente alle autorizzazioni ex art. 12 del D. Lgs. 387/2003, la modifica del piano è dettata da esigenze principalmente localizzative, l’esclusione prevista dall’art. 6, comma 12 del D. Lgs. 152/2206 potrebbe comunque operare, fermo comunque l’eventuale esperimento della VIA sul progetto.

Di contro, ove detta variante riguardasse altri aspetti correlati allo sviluppo del territorio (es. riconoscimento di volumetrie compensative, perequazione urbanistica, ecc.), l’assoggettamento del progetto a VAS – al pari delle altre varianti al piano – risulterebbe invece necessario.

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Articolo RGA_ Esclusione VAS

Per il testo della sentenza cliccare sul pdf allegato.

Consiglio di Stato sez. IV , 31 marzo 2022, n. 2368

NOTE

[i] Per il ricorso n.R.G. 8742/2020 Comune di Mosciano Sant’Angelo (Avvocati Fabio Nieddu e Lorenzo Sabatini) contro Regione Abruzzo (Avvocatura generale dello Stato) e nei confronti di ARTA Abruzzo (Avvocato Pierluigi Marramiero), CBS.r.l. (Avvocato Fabrizio Rulli), CCS.r.l., ES.r.l., CSAS.r.l., non costituiti in giudizio

[ii] Per il ricorso n.R.G. 2376 del 2021, proposto dalle società CCS.r.l., ES.r.l., CSAS.r.. (Avvocati Pierluigi Mantini e Giovanni Govi) contro Regione Abruzzo e Autorità di Bacino Distrettuale (Avvocatura generale dello Stato) e contro Azienda Sanitaria di Teramo ASL Azienda sanitaria di Teramo Asl Teramo, Provincia di Teramo, Comitato di coordinamento regionale per la valutazione di impatto  ambientale, Comune di Mosciano S. Angelo, Ruzzo Reti Spa, Consorzio bonifica nord Teramo bacino del Tronto, Tordino e Vomano, Comando  provinciale  dei vigili del fuoco di Teramo, Edma  Reti  Gas  S.r.l.,  Anas  Spa,  non costituiti in giudizio; nei confronti di Arta Abruzzo – Agenzia regionale  per  la  tutela  dell’ambiente (Avvocato Pierluigi Marramiero) e della società Ctip Blu S.r.l. (Avvocato  Fabrizio  Rulli)

[iii] Decreto Legislativo 29 dicembre 2003 n. 387 (in Suppl. ordinario n. 17 alla Gazz. Uff., 31 gennaio, n. 25). – Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità

[iv] Inoltre, il rilascio dell’autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l’impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere l’obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell’impianto o, per gli impianti idroelettrici, l’obbligo alla esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale.

[v] Vale la pena notare, peraltro, come la possibilità di prescindere dalla valutazione di compatibilità urbanistica sia proprio il tratto distintivo della procedura di cui all’art. 12 più volte menzionato dalla procedura di autorizzazione semplificata (PAS), prevista invece dall’art. 6 del D. Lgs. 28/2011 (Decreto Legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (in Suppl. ordinario n. 81 alla Gazz. Uff., 28 marzo 2011, n. 71). – Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE) . Tale alternativa procedura autorizzativa, invero, è condizionata alla presentazione al Comune da parte del proprietario dell’immobile o chi abbia la disponibilità sugli immobili interessati dall’impianto e dalle opere connesse “almeno trenta giorni prima dell’effettivo inizio dei lavori, una dichiarazione accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che attesti la compatibilità del progetto con gli strumenti urbanistici approvati e i regolamenti edilizi vigenti e la non contrarietà agli strumenti urbanistici adottati, nonché’ il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie”. Anche in ragione della non compatibilità dell’intervento con la destinazione prevista per l’area dal PRG di Mosciano e, dunque, della necessità che venisse svolta una valutazione specifica in merito, gli istanti avevano correttamente optato per la procedura di cui all’art. 12[v], che avrebbe dato spazio alla valutazione di compatibilità e, autorizzando l’impianto, inciso sulla destinazione urbanistica dell’area.

[vi] La pronuncia in commento si inserisce nel solco di una ormai costante giurisprudenza dei tribunali amministrativi e dello stesso Consiglio di Stato, che non ha mancato di sottolineare come la semplificazione procedurale garantita dall’art. 12 sia frutto della sintesi delle posizioni di tutte le amministrazioni coinvolte ottenuta con lo strumento della conferenza di servizi.

Proprio a proposito del funzionamento della conferenza di servizi in seno alla procedura autorizzativa di cui all’art. 12 – e peraltro in un caso analogo in cui si era trattato di superare la contrarietà del Comune rispetto all’insediamento sul territorio di un impianto di produzione di energia – il Consiglio di Stato ha chiarito “La conferenza di servizi risulta caratterizzata, dunque, da una struttura dicotomica, articolata in una fase che si conclude con la determinazione della conferenza con valenza endoprocedimentale, ed in una successiva fase che si conclude con l’adozione del provvedimento finale, con valenza esoprocedimentale ed esterna, riservata all’Autorità procedente previa valorizzazione delle risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti ivi espresse, regola, quest’ultima, dal contenuto flessibile, in quanto resta ferma l’autonomia del potere provvedimentale dell’Autorità, purché dotato di adeguata motivazione” (Consiglio di Stato sez. V, 29 aprile 2020, n.2724).

A riprova, poi, del fatto che la valutazione di compatibilità urbanistica dell’intervento non sia elisa dal D. Lgs. n. 387/2003, ma semplicemente devoluta all’ente procedente, il quale – pur nella dovuta e motivata considerazione delle posizioni endo-procedimentali espresse dal Comune in conferenza di servizi – mantiene ferma la competenza ad assumere la decisione finale di accoglimento o diniego dell’istanza di autorizzazione, ancor più di recente, il Consiglio di Stato ha ritenuto legittima anche la delibera regionale che negava l’autorizzazione ex art. 12, ritenendo le aree prescelte non idonee all’insediamento (così Consiglio di Stato sez. IV, 31 dicembre 2021, n.8754, secondo cui “È legittima la delibera della giunta regionale della Sardegna che, in attuazione della competenza legislativa primaria, statutariamente prevista, in tema di tutela paesistico -ambientale e senza porre alcun vincolo né preclusione di carattere generale, ha indicato le aree non idonee all’installazione degli impianti eolici, all’esito di un’approfondita istruttoria su ogni singolo sito di interesse, nella quale si è tenuto conto anche delle ragioni di tutela dell’identità culturale della popolazione insediata sul territorio”).

[vii] La Previsione in commento è stata inserita dall’articolo 50, comma 1, lettera b), n. 3), del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 settembre 2020, n. 120, e rubricato “Razionalizzazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale

[viii]7. Qualora gli esiti della procedura dell’analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è superiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR), il soggetto responsabile sottopone alla regione, nei successivi sei mesi dall’approvazione del documento di analisi di rischio, il progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente, e, ove necessario, le ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, al fine di minimizzare e ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito. Per la selezione delle tecnologie di bonifica in situ più idonee, la regione può autorizzare l’applicazione a scala pilota, in campo, di tecnologie di bonifica innovative, anche finalizzata all’individuazione dei parametri di progetto necessari per l’applicazione a piena scala, a condizione che tale applicazione avvenga in condizioni di sicurezza con riguardo ai rischi sanitari e ambientali. Nel caso di interventi di bonifica o di messa in sicurezza di cui al primo periodo, che presentino particolari complessità a causa della natura della contaminazione, degli interventi, delle dotazioni impiantistiche necessarie o dell’estensione dell’area interessata dagli interventi medesimi, il progetto può essere articolato per fasi progettuali distinte al fine di rendere possibile la realizzazione degli interventi per singole aree o per fasi temporali successive. Nell’ambito dell’articolazione temporale potrà essere valutata l’adozione di tecnologie innovative, di dimostrata efficienza ed efficacia, a costi sopportabili, resesi disponibili a seguito dello sviluppo tecnico-scientifico del settore. La regione, acquisito il parere del comune e della provincia interessati mediante apposita conferenza di servizi e sentito il soggetto responsabile, approva il progetto, con eventuali prescrizioni ed integrazioni entro sessanta giorni dal suo ricevimento. Tale termine può essere sospeso una sola volta, qualora la regione ravvisi la necessità di richiedere, mediante atto adeguatamente motivato, integrazioni documentali o approfondimenti al progetto, assegnando un congruo termine per l’adempimento. In questa ipotesi il termine per l’approvazione del progetto decorre dalla presentazione del progetto integrato. Ai soli fini della realizzazione e dell’esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie all’attuazione del progetto operativo e per il tempo strettamente necessario all’attuazione medesima, l’autorizzazione regionale di cui al presente comma sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente compresi, in particolare, quelli relativi alla valutazione di impatto ambientale, ove necessaria, alla gestione delle terre e rocce da scavo all’interno dell’area oggetto dell’intervento ed allo scarico delle acque emunte dalle falde. L’autorizzazione costituisce, altresì, variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza ed indifferibilità dei lavori. Con il provvedimento di approvazione del progetto sono stabiliti anche i tempi di esecuzione, indicando altresì le eventuali prescrizioni necessarie per l’esecuzione dei lavori, le verifiche intermedie per la valutazione dell’efficacia delle tecnologie di bonifica adottate e le attività di verifica in corso d’opera necessarie per la certificazione di cui all’articolo 248, comma 2, con oneri a carico del proponente, ed è fissata l’entità delle garanzie finanziarie, in misura non superiore al cinquanta per cento del costo stimato dell’intervento, che devono essere prestate in favore della regione per la corretta esecuzione ed il completamento degli interventi medesimi”

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