Principio di precauzione e gestione del rischio ambientale

01 Gen 2024 | giurisprudenza, amministrativo

di Luciano Butti

T.A.R. Lazio – Latina, Sez. I – 11 ottobre 2023, n. 697 – Pres. Savoia, Est. Torano – OMISSIS (avv. Cristiano) c. Provincia di OMISSIS (avv. Iadecola)

L’applicazione del principio di precauzione concerne il rischio che comunque possa essere individuato a seguito di una preliminare valutazione scientifica obiettiva, che deve essere preceduta, logicamente e cronologicamente, dall’identificazione di effetti potenzialmente negativi derivanti da un fenomeno e comprende, essenzialmente, quattro componenti: l’identificazione del pericolo, la caratterizzazione del pericolo, la valutazione dell’esposizione e la caratterizzazione del rischio; essa consiste, dunque, in un processo scientifico che deve necessariamente spettare a esperti della materia.

La questione posta all’attenzione del giudice amministrativo riguardava un gestore del servizio idrico integrato che, in tale veste, esercitava le attività di un impianto di depurazione munito di autorizzazione allo scarico in corpo idrico superficiale.

L’Amministrazione provinciale competente aveva prescritto all’impianto, in modo generalizzato e senza eccezioni, gli assai rigidi limiti tabellari per lo scarico su suolo previsti dalla tab. 4, all. 5, parte III, d.lgs. n. 152 del 2006, ciò in diretta applicazione del principio di precauzione.

Di qui l’impugnativa del provvedimento, con la quale parte ricorrente ha fra l’altro contestato che l’amministrazione abbia fatto corretta applicazione del principio di precauzione.

Nel dichiarare il ricorso fondato, il Tribunale amministrativo ha in primo luogo ricostruito la disciplina nazionale, regionale e di pianificazione ambientale vigente per il tipo di scarico in questione, che non prescrive incondizionatamente l’applicazione dei limiti per lo scarico su suolo in presenza di un corpo d’acqua nel quale sia accertata una portata naturale nulla per oltre centoventi giorni annui, oppure che sia non significativo, dovendo l’Amministrazione individuare prescrizioni e limiti che garantiscano le capacità autodepurative del corpo stesso e la difesa delle acque sotterranee.  Più in particolare, tale disciplina, se da un lato, prescrive, in generale, l’applicazione dei limiti tabellari previsti per lo scarico su suolo (tab. 4), dall’altro lato, prevede come eccezione le sostanze di cui al punto 2.1, all. 5, parte III, d.lgs. n. 152 cit., per le quali dispone invece esplicitamente il rispetto dei (meno rigorosi) limiti per lo scarico in corpo idrico superficiale (tab. 3).

Pertanto, sostiene il Tribunale amministrativo, vanno accolte le censure di parte ricorrente “intorno al fatto che l’autorizzazione allo scarico impugnata si riferisca in modo indiscriminato ai soli limiti allo scarico nel suolo di cui alla tab. 4, all. V, parte III, d.lgs. n. 152”.

Esattamente a questo punto viene in gioco il principio di precauzione, in quanto la Provincia resistente aveva sostenuto, già nel provvedimento impugnato e poi in giudizio, che la prescrizione di rispettare i limiti per lo scarico sul suolo, se pure non fosse imposta dalla normativa vigente, si giustificava sulla base del principio di precauzione.

Ricorda al riguardo il Tribunale che l’applicazione del principio di precauzione (art. 301, d.lgs. n. 152/2006) deve necessariamente riguardare rischi individuati a seguito di una preliminare valutazione scientifica obiettiva. Tale valutazione, secondo una giurisprudenza abbastanza consolidata [1], deve essere “preceduta, logicamente e cronologicamente, dall’identificazione di effetti potenzialmente negativi derivanti da un fenomeno e comprende, essenzialmente, quattro componenti: l’identificazione del pericolo, la caratterizzazione del pericolo, la valutazione dell’esposizione e la caratterizzazione del rischio; essa consiste, dunque, in un processo scientifico che deve necessariamente spettare a esperti della materia”.

Il principio di precauzione, quindi, se consente di adottare, anche sulla base di conoscenze scientifiche ancora in parte lacunose, misure di protezione che possono andare a ledere posizioni giuridiche soggettive, sia pure nel rispetto del principio di proporzionalità inteso nella sua triplice dimensione di idoneità, necessarietà e proporzionalità in senso stretto, “non può legittimare un’interpretazione delle disposizioni normative, tecniche ed amministrative vigenti in un dato settore che ne dilati il senso fino a ricomprendervi vicende non significativamente pregiudizievoli”.

Nella vicenda in questione, secondo il Tribunale, era avvenuta, da parte della Provincia resistente, proprio questa inammissibile dilatazione del principio di precauzione, “sulla base della percezione di un ipotetico rischio, non oggetto di una preliminare valutazione scientifica obiettiva”.

La sentenza in commento merita attenzione sotto un duplice punto di vista.

In primo luogo, infatti, la decisione ricostruisce in modo preciso il contenuto del principio di precauzione [2]. Esso infatti, correttamente inteso, non comporta che qualunque restrizione imposta al privato sia legittima, se favorevole – anche solo in ipotesi – alla tutela ambientale. Al contrario, di norma le prescrizioni ed i limiti espressamente previsti dalla disciplina di settore sono necessari e sufficienti per l’ottenimento del livello di protezione deciso dal legislatore. Prescrizioni più severe sono possibili, anche in nome del principio di precauzione, ma soltanto ove sia contestualmente rispettato il principio di proporzionalità, in base al quale la precauzione imposta deve essere, insieme, indispensabile e realistica (anche nei suoi oneri), rispetto ad un rischio anche non esattamente conosciuto, ma comunque individuato e significativo.  A questo riguardo, una recentissima decisione della Corte di Giustizia UE (sentenza 9 novembre 2023, n. C-558/21P) ha tuttavia precisato che “il principio di precauzione non esige la determinazione precisa del limite di rischio accettabile”. Nel complesso, la considerazione unitaria e olistica del principio di precauzione e del principio di proporzionalità consente – come richiesto dalla Consulta [3] – di evitare che nessun diritto costituzionale possa divenire “tiranno” rispetto ad altri diritti costituzionali.

In secondo luogo, è particolarmente rilevante la precisazione, contenuta nella sentenza, per la quale la valutazione scientifica richiesta per poter applicare il principio di precauzione deve prevedere fra l’altro una vera e propria “caratterizzazione del rischio”, condotta da “esperti della materia”. Da un lato, ciò presuppone la consapevolezza – tanto fondamentale quanto poco diffusa – che i rischi non possono essere azzerati, ma, proprio per questo, devono essere gestiti in modo efficiente e moderno. Mentre pretendere un rischio zero costituisce spesso l’anticamera di una gestione carente del rischio. Dall’altro, l’esplicito richiamo alla necessità di un giudizio degli esperti riporta opportunamente la valutazione dei rischi nel campo che le è proprio: non quello della politica, ma quello della scienza. Una volta poi che il rischio è stato correttamente valutato (da parte di esperti riconosciuti), spetta alla politica ed all’amministrazione gestirlo in modo equilibrato [4].

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Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

Tar Lazio, Latina, I, 11 ottobre 2023, n. 697

NOTE:

[1] Cfr. per esempio: Cons. Stato, sez. IV, 31 agosto 2023 nn. 8094 e 8098; sez. IV, 31 maggio 2023 n. 5377.
[2] Per una ricostruzione del significato del principio di precauzione, anche nei suoi rapporti con il principio di proporzionalità, sia consentito rinviare a Butti L., The Precautionary Principle in Environmental Law, Giuffré, 2007.
[3] Corte cost. n. 85/2013, sulla quale v. Butti L., Non esistono diritti tiranni. Come orientarsi fra diritti in conflitto, Mimesis, 2023.
[4] Cfr., su questi temi, Biondi, Cecchetti, Grassi e Lee (a cura di), Scientific Evidence in Environmental Rule-Making, Kluwer Law International, 2003.

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