Presenza di amianto negli edifici: il decorso del tempo non consuma il potere di ordinanza

02 Mag 2024 | giurisprudenza, amministrativo

T.A.R. UMBRIA, Sez. I – 16 gennaio 2024, n. 12 – Pres. Ungari, Est. Daniele – G. S.a.s. e S.A.T. S.s. (avv.ti M. Busiri Vici, M. Frenguelli) c. Comune di Perugia (avv.ti L. Zetti, R. Martinelli, S. Mosconi) e nei confronti di Usl Umbria 1, n.c.

La sorveglianza sui manufatti in amianto o contenenti amianto va svolta di continuo, non potendosi mai escludere del tutto che nel corso del tempo i fenomeni atmosferici e naturali rendano pericolosi per la salute pubblica manufatti che fino a quel momento potevano definirsi sicuri ai sensi della l. n. 257/1992. Pertanto, il presupposto circa l’esistenza di una situazione eccezionale e imprevedibile che giustifica l’emissione di un’ordinanza contingibile e urgente va interpretato nel senso che non rileva la circostanza che il pericolo sia correlato a una situazione preesistente ovvero a un evento nuovo e imprevedibile, bensì la sussistenza della necessità e urgenza attuali di intervenire a difesa degli interessi pubblici coinvolti, a prescindere dalla prevedibilità della situazione di pericolo che il provvedimento è volto a rimuovere. In definitiva, il decorso del tempo non consuma il potere di ordinanza, perché ciò che rileva è esclusivamente la dimostrazione dell’attualità del pericolo e della idoneità del provvedimento a porvi rimedio, sicché l’immediatezza dell’intervento urgente del Sindaco va rapportata all’effettiva esistenza di una situazione di pericolo al momento di adozione dell’ordinanza; cosicché, la circostanza che la situazione di pericolo perduri da tempo può addirittura aggravare la situazione di pericolo.

Mediante la decisione in commento il T.A.R. Umbria interviene per precisare l’ambito di legittimità dell’intervento dell’autorità amministrativa in caso di esercizio dei poteri di ordinanza sindacale contingibile e urgente ai sensi dell’art. 50 del T.U.E.L utilizzati per imporre al proprietario dell’immobile la rimozione dell’amianto ivi presente a fronte della reiterata inattività di quest’ultimo.

Il caso sottoposto all’attenzione del tribunale amministrativo umbro vede una società proprietaria di alcuni immobili adibiti ad attività di allevamento impugnare due ordinanze sindacali emesse a distanza di breve tempo mediante le quali l’autorità le aveva intimato, rispettivamente, di provvedere immediatamente alla bonifica, rimozione e smaltimento delle coperture dei fabbricati contenenti amianto, nonché di consentire al gestore dell’allevamento di reintrodurre gli animali all’interno dei fabbricati solo al termine delle operazioni di bonifica. Tali ordinanze erano state emesse a seguito di un sopralluogo dell’ASL presso gli immobili di cui sopra, ove era stata accertata la mancata rimozione e bonifica delle coperture in cemento amianto imposta dalla stessa ASL quattro anni prima in occasione di un’ispezione; attività di bonifica per la quale la società proprietaria degli immobili aveva peraltro chiesto e ottenuto una proroga degli obblighi giustificata dall’elevato costo degli interventi con programmazione nel tempo dei lavori da realizzare. Occorre al riguardo precisare che nella relazione tecnica contenente gli esiti della verifica dello stato dei luoghi presentata dal proprietario per la programmazione degli interventi (DUVRI), per tutti gli edifici in questione sottoposti alla valutazione dell’indice di degradoi (stato di danneggiamento, vetustà e friabilità) il risultato era di “pessimo stato” con necessità di un intervento di bonifica da effettuarsi entro dodici mesi, privilegiando la soluzione della rimozione.

Impugnate entrambe le ordinanze innanzi al T.A.R. da parte della società interessata, i giudici hanno rigettato dapprima l’istanza cautelare, tenuto conto “dell’eccessivo protrarsi della situazione di rischio per la salute pubblica” (decisione peraltro ribadita anche nel successivo giudizio di appello dal Consiglio di Stato considerato, tra l’altro, che “l’urgenza va apprezzata in relazione al pericolo in atto”), e successivamente anche il ricorso, confermando la piena legittimità degli atti gravati.

Innanzitutto, i giudici amministrativi ricordano come la possibilità di ricorrere allo strumento dell’ordinanza contingibile e urgente sia per legge subordinata alla presenza di stringenti presupposti, la cui sussistenza deve essere suffragata da istruttoria adeguata e da congrua motivazione, posto che solo a tali condizioni si può giustificare la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi; occorre, cioè, essere in presenza di un pericolo concreto, che imponga di provvedere in via d’urgenza per fronteggiare emergenze sanitarie o porre rimedio a situazioni di natura eccezionale e imprevedibile di pericolo attuale e imminente per l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana, non fronteggiabili con gli strumenti ordinari apprestati dall’ordinamentoii.

A giudizio della società ricorrente, tuttavia, le ordinanze in questione sarebbero state adottate in violazione dei suddetti presupposti, dal momento che, da un lato, la relazione tecnica depositata in giudizio dalla ricorrente stessa a dimostrazione del pieno rispetto dei livelli di emissione in aria di particelle di amianto escluderebbe in radice la sussistenza di situazioni di pericolo per la salute e l’incolumità pubblica da poter fronteggiare con l’emanazione dell’ordinanza sindacale, e, dall’altro, l’accertamento della presenza di amianto risalente a ben quattro anni prima, unito alla concessione da parte dell’ASL della proroga degli obblighi di bonifica, escluderebbe altresì qualsivoglia urgenza di provvedere.

Proprio con riferimento alla pretesa mancanza, nel caso di specie, dei presupposti di legittimità dell’esercizio dei poteri di ordinanza il T.A.R. Umbria mostra invece di non condividere le tesi della ricorrente.

Quanto alla sussistenza di una situazione di pericolo concreto da fronteggiare con l’ordine di bonifica de quo i giudici ricordano come sia stato ampiamente chiarito in giurisprudenza che “anche il riscontro di uno stato dei luoghi che potrebbe divenire potenzialmente pericoloso per l’incolumità pubblica può legittimare il ricorso al potere extra ordinem da parte del Sindaco, non essendo necessario attendere l’attualizzarsi della minaccia”iii. Sotto tale profilo è stato ritenuto decisivo l’esito negativo della valutazione dell’indice di degrado dei manufatti contenenti amiantoiii, come risultante dal DUVRI presentato dal proprietario degli edifici in questione in esecuzione della prima richiesta dell’ASL, dal quale si evinceva uno stato “pessimo” del materiale con conseguente necessità di intervento di bonifica da attuarsi in un arco temporale di dodici mesi (a fronte dei quarantotto poi in concreto trascorsi senza che fosse stato avviato alcun intervento). Tale accertamento tecnico del degrado del materiale evidenzia di per sé una situazione di potenziale pericolo da dover fronteggiare, che non può essere messa in discussione, a giudizio del T.A.R., neppure dalle analisi aria ambiente che, effettuate dalla società a seguito delle ordinanze e poi depositate in giudizio, avevano dimostrato il pieno rispetto dei livelli di emissione in aria di particelle di amianto. In particolare, osservano i giudici “nel caso di specie (…) visti i potenziali e noti rischi per la salute pubblica derivanti dall’amianto (…) è indubitabile la sussistenza di un potenziale pericolo per la salute pubblica, derivante dalle coperture in cemento amianto site sulle stalle e sugli altri fabbricati interessati, che quindi poteva legittimamente essere affrontato in via contingibile e urgente con le ordinanze impugnate”. Del resto, come già statuito in precedenza da differente tribunale, “la potenziale pericolosità dei materiali di amianto dipende dall’eventualità che siano rilasciate fibre aerodisperse nell’ambiente che possono venire inalate dagli occupanti. Segnatamente, il decreto ministeriale specifica che, “se il materiale è in cattive condizioni, o se è altamente friabile, le vibrazioni dell’edificio, i movimenti di persone o macchine, le correnti d’aria possono causare il distacco di fibre legate debolmente al resto del materiale”, sicché il rischio di aerodispersione è correlato in via presuntiva allo stato di degrado del materiale”iv.

Quanto poi al requisito dell’attualità della minaccia e dell’urgenza di provvedere, contrastato dalla difesa della ricorrente facendo leva sulla consistenza del tempo trascorso dall’accertamento e sulla proroga inizialmente concessa per l’esecuzione degli interventi di bonifica, ricordano i giudici che, in base a consolidata giurisprudenza, “la potenzialità di un pericolo grave per l’incolumità pubblica è sufficiente a giustificare il ricorso all’ordinanza contingibile e urgente, anche qualora essa sia nota da tempo o si protragga per un periodo senza cagionare il fatto temuto, posto che il ritardo nell’agire potrebbe sempre aggravare la situazione, nonché persino allorquando il pericolo stesso non sia imminente, sussistendo, comunque, una ragionevole probabilità che possa divenirlo, ove non si intervenga prontamente in seguito al riscontrato deterioramento dello stato dei luoghi”v.

Su tale presupposto, il T.A.R. osserva, con riferimento al caso di specie, che “allorché l’ASL nel 2021 accertava l’inadempimento a tali incombenti, erano trascorsi ben quattro anni dal primo sopralluogo; pertanto, l’attualità del pericolo per la salute pubblica si era sicuramente aggravato, inducendo l’autorità a richiedere al Comune un intervento immediato. (…) Se anche è decorso del tempo dall’insorgenza della situazione di pericolo ciò non esclude l’attualità della stessa e l’urgenza di provvedere con ordinanza extra ordinem, perché proprio la reiterata inottemperanza all’ordine della P.A. rendeva ancora più stringenti e indifferibili le necessità di bonifica accertate per la prima volta anni addietro e mai soddisfatte”.

In definitiva, la decisione in commento, attribuendo rilievo alla mera potenzialità del pericolo da dover fronteggiare con l’emissione dell’ordinanza sindacale (i monitoraggi aria ambiente avevano infatti dato esito nella norma), sembra rientrare a pieno titolo nel novero degli esempi di applicazione più estensiva del principio di precauzione (che infatti era stato invocato dalla ASL a sostegno della propria richiesta di intervento all’autorità comunale) nello specifico contesto delle ordinanze extra ordinemvi, che, anche solo in considerazione della perdurante inerzia del soggetto chiamato da anni all’esecuzione degli interventi di bonifica, pare nel caso di specie senz’altro condivisibile.

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Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

NOTE:

i Al riguardo, si ricorda che, in attuazione dell’art. 6, comma 3 e dell’art. 12, comma 2 della l. 257/1992, il D.M. 6 settembre 1994 (che riporta le “Normative e metodologie tecniche relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto”) costituisce lo strumento normativo per fornire indicazioni sulla gestione e il mantenimento in sicurezza dei manufatti contenenti amianto. Per quanto riguarda le coperture in lastre di cemento-amianto, tale decreto, oltre a citare le varie soluzioni di bonifica e i criteri di conduzione della stessa, contiene anche una scheda tecnica di accertamento della presenza di materiali contenenti amianto negli edifici (Scheda E) riportante gli elementi per la stima della possibile aerodispersione di fibre dalle superfici esterne. Le regioni, in coerenza con i criteri fissati dal predetto decreto, hanno a loro volta adottato provvedimenti a vario titolo per semplificare e uniformare il giudizio sullo stato di conservazione delle coperture (i cd. indici di degrado) e per fornire indicazioni sulle azioni conseguenti da adottare.

ii Cfr., ex plurimis, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 7 aprile 2023, n. 2160; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 17 gennaio 2023, n. 167, in questa Rivista, Aprile 2023, n. 41; T.A.R. Trentino-Alto Adige, Trento, Sez. I, 4 marzo 2022, n. 52; T.A.R. Liguria, Sez. I, 8 luglio 2019, n. 603; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, Sez. I, 5 novembre 2018, n. 339; T.A.R. Piemonte, Sez. II, 26 luglio 2018, n. 903; Cons. Stato, Sez. V, 21 febbraio 2017, n. 774; Cons. Stato, Sez. V, 22 marzo 2016, n. 1189; Cons. Stato, Sez. III, 29 maggio 2015, n. 2697; Cons. Stato, Sez. V, 23 settembre 2015, n. 4466.

iii Così T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 11 luglio 2022, n. 4653; in senso conforme, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 22 marzo 2023, n. 2895; T.A.R. Toscana, Sez. III, 8 aprile 2023, n. 362.

iv Così, T.A.R. Piemonte, Sez. I, 2 novembre 2020, n. 660 (fattispecie relativa a capannoni industriali dismessi interessati dalla presenza di coperture in cemento-amianto). Anche in questo caso è stato quindi ritenuto che un acclarato stato di degrado, determinato all’esito degli accertamenti relativi alla quantificazione del relativo indice, possa costituire il logico presupposto giuridico per definire la presenza di una situazione di pericolo con conseguente obbligo per l’amministrazione di intervenire per imporre gli opportuni interventi di bonifica nel caso in cui il soggetto interessato non provveda spontaneamente. A conferma del predetto principio si rinvia anche a T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 1° giugno 2020, n. 2087, la quale ha statuito l’illegittimità dell’ordinanza sindacale adottata a seguito di un mero sopralluogo ove era stata rilevata la presenza di coperture in eternit, ma senza effettuare le necessarie valutazioni in merito all’indice di degrado dei materiali o quanto meno alla presenza di fibre di amianto in aria ambiente.

v Così, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-bis, 6 dicembre 2022, n. 16291; nello stesso senso, cfr., tra le altre, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 2 novembre 2023, n. 5937; T.A.R. Toscana, Sez. III, 8 aprile 2023, n. 362; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II-bis, 24 aprile 2019, n. 5237.

vi Per un paio di esempi in senso difforme, pur se riferiti a contesti differenti dall’amianto, cfr. lo stesso tribunale con una decisione resa in precedenza in materia di emissioni odorigene (T.A.R. Umbria, Sez. I, 4 maggio 2022, n. 262, in questa Rivista, Agosto 2022, n. 34), nonché T.A.R. Veneto, Sez. IV, 12 ottobre 2023, n. 1428, in questa Rivista, Dicembre 2023, n. 48.

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