Ordinanza di rimozione di rifiuti sversati a seguito di occupazione abusiva

26 Gen 2021 | giurisprudenza, amministrativo

di Ada Lucia De Cesaris ed Elena Serra

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV – 3 dicembre 2020, n.  7657 – Pres. Greco, Est. Lamberti – P. S.r.l. (avv.ti Geraci, Naccarato e Torrese) c. Ministero dell’Interno (Avvocatura generale dello Stato) e altri.

L’ordine di ripristino dello stato dei luoghi a carico del proprietario non responsabile dello sversamento dei rifiuti richiede l’accertamento dell’elemento soggettivo (dolo o colpa) in capo al medesimo.

L’omessa recinzione del suolo non costituisce ex se un indice di negligenza nella vigilanza sul fondo da parte del proprietario la cui area è stata oggetto di sversamento a causa di chi la occupava abusivamente.

La mancata implementazione di un sistema di video-sorveglianza, connotato da alti costi di acquisto e manutenzione, non rientra nell’onere di tutela della res esigibile dal proprietario.

Con la pronuncia in commento, il Consiglio di Stato è ritornato sui limiti dell’obbligo di diligenza gravante sul proprietario di un’area, al fine di prevenire lo sversamento di rifiuti da parte di terzi sulla medesima.

Nella specie si aveva riguardo ad un terreno, sito nel Comune di Roma, occupato abusivamente da un gruppo di nomadi che vi avevano depositato rifiuti di varia natura.

L’Amministrazione comunale aveva ordinato la rimozione dei rifiuti alla società proprietaria dell’area interessata dallo sversamento, ai sensi dell’art. 14, comma 3, D.lgs. 22/1997, applicabile ratione temporis. Tale disposizione – oggi sostanzialmente riprodotta nell’art. 192, comma 3, D.lgs. 152/2006 – prescriveva il divieto di abbandono di rifiuti sancendo, in caso di trasgressione, l’obbligo di ripristino dello stato dei luoghi sia in capo all’autore della condotta sia, in via solidale, al proprietario cui la violazione fosse imputabile a titolo di dolo o colpa.

La società ha impugnato l’ordinanza innanzi al TAR Lazio-Roma, deducendone l’illegittimità per l’impossibilità di ravvisare la sua colpevolezza in ordine all’accumulo dei rifiuti e richiedendo il risarcimento dei danni subiti.

Il Giudice di prime cure – dichiarata l’improcedibilità della domanda di annullamento in ragione della spontanea esecuzione del provvedimento – ha respinto anche l’istanza risarcitoria.

Il TAR, aderendo ad un orientamento giurisprudenziale minoritario[i], ha ritenuto sussistere la colpa della proprietà per la mancata adozione di accorgimenti volti a realizzare un’efficace custodia e protezione dell’area, come l’installazione di un’idonea recinzione.

Il TAR ha inoltre osservato che, in presenza di fatti illeciti commessi da terzi, la pubblica amministrazione non può rispondere dei danni cagionati al proprietario; escludendo anche che l’attività di pulizia del terreno, effettuata dalla società in ottemperanza dell’ordinanza impugnata, potesse configurare un danno risarcibile poiché la ricorrente avrebbe conseguito un arricchimento dalla bonifica del fondo.

Il Consiglio di Stato ha riformato la sentenza di primo grado e, rilevata la procedibilità della domanda di annullamento a fini risarcitori, ha affermato l’illegittimità dell’ordinanza emessa nei confronti della proprietà, in quanto priva dell’effettivo accertamento della colpevolezza della stessa.

Il Collegio ha così riaffermato i principi propri dell’orientamento giurisprudenziale maggioritario[ii] che limita – secondo criteri di ragionevole esigibilità – l’obbligo di diligenza gravante in capo al proprietario di un’area al fine di impedire lo sversamento di rifiuti da parte di terzi.

Secondo tale indirizzo, l’omessa recinzione del suolo non costituisce ex se un indice di negligenza nella vigilanza sul fondo. Ciò perché la chiusura del fondo costituisce una mera facoltà del proprietario ed è sovente una misura poco dissuasiva. Analogamente, non si reputa doverosa l’implementazione di un sistema di video-sorveglianza, connotato da ingenti costi di acquisto e manutenzione.

La pronuncia in commento ha escluso altresì che la negligenza della proprietaria potesse desumersi dal mancato esercizio di un’azione di spoglio nei confronti degli usurpatori. Invero, la società si era adeguatamente adoperata per la tutela della sua proprietà, richiedendo ripetutamente l’intervento delle amministrazioni competenti.

Sul piano risarcitorio, il Collegio ha riconosciuto il diritto alla rifusione delle spese sostenute per la riduzione in pristino del fondo ritenendo che il comportamento dell’Amministrazione comunale – che era rimasta inerte nonostante le ripetute segnalazioni della società e aveva, infine, scaricato su quest’ultima il costo della bonifica – fosse concausa del danno subito dall’appellante.

Per il testo della sentenza cliccare sul pdf allegato

Cons. Stato, sez. IV, 3 dicembre 2020, n. 7657

Scarica articolo in PDF

Cons. Stato n. 7657

NOTE

[i] Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 1° dicembre 2017, n. 5632 e Cons. Stato, sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 84.

[ii] Cfr. ex multis Cons. Stato, sez. IV, 15 dicembre 2017, n. 5911.

Scritto da