Obbligo di bonifica e gestione d’affari altrui

01 Apr 2024 | giurisprudenza, amministrativo, in evidenza 1

CONSIGLIO DI STATO – SEZ. IV, SENT. N. 1110 DEL 02.02.2024

L’obbligo di bonifica e ripristino ambientale sussiste in capo al proprietario che, pur non essendo responsabile, ha attivato volontariamente gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale. Egli, infatti, deve ritenersi gravato da un’obbligazione la cui fonte va rinvenuta nell’istituto della gestione di affari non rappresentativa ex art. 2028 c.c. talché l’attività utilmente iniziata dal proprietario incolpevole deve essere proseguita fin quando perduri l’absentia domini e dunque fino a quando l’Amministrazione non individui e faccia subentrare l’autore dell’inquinamento.

Il Consiglio di Stato conferma la sentenza di primo grado[i] e nell’affrontare il tema specifico che qui interessa, dà conto, in apertura di motivazione, della giurisprudenza secondo la quale il proprietario incolpevole non può essere obbligato alla bonifica[ii]. Precisa però che tale principio non vale nel caso in cui il proprietario abbia assunto in modo spontaneo l’impegno a bonificare; infatti, in tale ipotesi, troverebbe applicazione l’art 2028 del codice civile sulla c.d. gestione di affari altrui, a mente del quale «Chi, senza esservi obbligato, assume scientemente la gestione di un affare altrui, è tenuto a continuarla e a condurla a termine finché l’interessato non sia in grado di provvedervi da se stesso» (nello stesso senso Tar Brescia, n. 831/2019, in senso contrario Tar Milano, n. 1768/2014).

Di questo istituto i Giudici di Palazzo Spada richiamano, innanzitutto, gli elementi essenziali, vale a dire (i) absentia domini, (ii) altruità dell’affare, (iii) spontaneità dell’intervento del gestore, (iv) consapevolezza dell’alienità dell’affare e (v) utiliter coeptum. Di conseguenza, secondo i Giudici, dall’applicazione dell’art. 2028 c.c. deriverebbero due conseguenze: in primo luogo, l’attività di bonifica intrapresa spontaneamente dal proprietario deve proseguire fin quando sussista l’ absentia domini, ossia l’assenza del titolare della situazione giuridica che cesserebbe solo con l’individuazione, da parte dell’Amministrazione, del responsabile dell’inquinamento con conseguente suo subentro nelle attività in corso; in secondo luogo, in caso di mala gestio, il proprietario dovrà rispondere verso il responsabile dell’inquinamento, fermo, in ogni caso, il diritto di rivalsa previsto dall’art. 253 del d.lgs. n. 152/2006[iii].

È necessario soffermarsi su questo istituto, tuttavia, poiché il tema è la sua applicabilità al caso del proprietario non responsabile che abbia spontaneamente attivato la bonifica (così come l’art. 245 d.lgs. n. 152/2006 gli consente[iv]), occorre innanzitutto comprendere per quale ragione il proprietario eserciti spesso questa facoltà. Con una precisazione: benché l’art. 245 metta sullo stesso piano il proprietario e gli altri soggetti interessati, questa breve analisi si concentrerà sull’attivazione spontanea da parte del solo proprietario perché questo è il caso deciso dal Consiglio di Stato e perché, nella pratica, è questa la situazione in assoluto più frequente.

Orbene, la ragione (principale ma non unica) dell’attivazione volontaria del proprietario incolpevole è di immediata comprensione: egli vuole liberare l’immobile dall’onere reale che lo affliggerebbe ove la bonifica venisse eseguita d’ufficio dal Comune[v]. La giurisprudenza amministrativa lo ha già precisato più volte: «in questo caso, il proprietario, seppur non obbligato, assume spontaneamente l’impegno di eseguire un complessivo intervento di bonifica, presumibilmente motivato dalla necessità di evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che gravano sull’area sub specie di onere reale e di privilegio speciale immobiliare ovvero, più in generale, di tutelarsi contro una situazione di incertezza giuridica, prevenendo eventuali responsabilità penali o risarcitorie» (Cons. St. 5372/2020; in senso conforme Cons. St. 5447/2020, 5542/2021, 5742/2021).

Emerge evidente l’inapplicabilità dell’art. 2028 c.c. difettando, alla radice, uno dei requisiti essenziali, ovvero l’altruità dell’affare. La Corte di Cassazione ha, infatti, avuto occasione di ribadire  «richiamando pacifici principi in tema […] che l’istituto della negotiorum gestio, quale disciplinato dagli art. 2028 e seguenti cod. civ., postula uno svolgimento di attività, da parte del gestore, diretta al conseguimento dell’esclusivo interesse dell’altro soggetto, e non è, pertanto, configurabile in tutte le ipotesi in cui ricorra, invece, una contrapposizione dei rispettivi interessi di cui risultino portatori, rispettivamente, il negotiorum gestor ed il negotiorum gestus (Cass., n. 7278/97)»[vi] (Cass. Civ. 23823/2004). Ciò non significa che non può esistere un concorso dell’interesse del gestore, ma questo non deve essere tale da entrare in conflitto o da prevalere sull’interesse altrui (Cass. civ. 2577/1985, 2002/1980, 667/1978).

Venendo alla bonifica è chiaro che nel caso previsto dall’art. 245 il conflitto certamente esiste, al punto tale da essere regolato dall’art. 253[vii] che riconosce al proprietario il diritto di rivalersi verso il responsabile non solo per le spese – anche nella negotiorum gestio è previsto il rimborso spese – ma per il risarcimento dei danni subiti (v. nota v) e questo diritto sicuramente non appartiene a chi spontaneamente decide di ingerirsi in un affare altrui.

Per inciso, anche se questa specifica azione di rivalsa non fosse stata espressamente introdotta dal legislatore, il proprietario danneggiato avrebbe comunque avuto il diritto di agire nei confronti dell’inquinatore ex art. 2043 c.c. facendo leva sul reato di omessa bonifica, il che conferma la contrapposizione tra il gestore e il dominus. Senza considerare, in ultimo, che quando il responsabile è l’ex proprietario che ha ceduto l’immobile o le partecipazioni sociali, la contrapposizione, in questo caso contrattuale, con il gestore è in re ipsa.

Quanto sostenuto dalla giurisprudenza trova conferma anche muovendo da un altro requisito, ovvero dall’absentia domini, elemento che la giurisprudenza ha dilatato «giungendo a formulare il principio in virtù del quale sarebbe sufficiente la mancata opposizione del dominus; il che equivale a dire che può configurarsi un valido atto di gestione purché non vi sia prohibitio»[viii]. Calando nel concreto, un responsabile che non si ritenesse tale, dovrebbe, per evitare di rimborsare il gestore delle spese sostenute, proibirgli di intervenire, ma una siffatta prohibitio difficilmente sarebbe legittima, poiché – come detto – il proprietario incolpevole ha certamente un interesse proprio, diretto ed esclusivo a bonificare.

Ciò detto, anche la sentenza in commento riconosce che l’attivazione spontanea del proprietario «è presumibilmente motivata dalla necessità di evitare, nel caso di realizzazione delle operazioni di bonifica da parte dell’amministrazione, il rimborso a quest’ultima del costo delle spese affrontate, sia pure nei limiti del valore di mercato del sito (c.d. onere reale)», ma non attribuisce a questo suo interesse esclusivo quella rilevanza decisiva che, al contrario, la giurisprudenza civile univocamente gli riconosce.

A ben vedere, non sembra sussistere nemmeno il requisito dell’utiliter coeptum sul quale la sentenza del Consiglio di Stato ricorda che una parte della dottrina lo considera condicio iuris di efficacia di una fattispecie già strutturalmente perfetta e altra parte lo ritiene un presupposto dei soli effetti a carico del dominus. In disparte del dibattito dottrinale, la giurisprudenza, univocamente, lo considera un requisito di legge e ne tratteggia come segue i connotati:  «Ma è altrettanto vero che per aversi gestione di affari ex art. 2082 c.c., non è sufficiente il solo requisito dell’impossibilità del dominus di gestire l’affare (absentia domini), occorrendo anche l’utilità della gestione (utiliter coeptum), la quale sussiste quando sia stata esplicata un’attività che, producendo un incremento patrimoniale o risolvendosi in una evitata diminuzione patrimoniale, sarebbe stata esercitata dallo stesso interessato quale buon padre di  famiglia se avesse dovuto provvedere efficacemente da sé alla gestione dell’affare. (Cass. 1365/89)» (Cass Civ. 12280/2007).

Ebbene, poiché nel caso della bonifica il responsabile si sottrae all’obbligo (che su di lui grava ex lege) perché non può o non intende sostenere i costi di bonifica, anche la sussistenza di questo requisito come è stato declinato dalla sentenza di cui sopra, lascia profondi dubbi, avvalorati vieppiù da quella giurisprudenza che traduce l’absentia domini in una impossibilità («Presupposti inderogabili perché si abbia gestione d’affari è infatti, fra l’altro, il requisito dell’impossibilità del “dominus” di gestire l’affare (“absentia domini”), (cfr. Cass. 25.7/80, n. 4821 e Cass. 18.3/89, n. 1.365)» Corte d’Appello Napoli, Sez. III, Sent., 21.11.2008, n. 4024).

In ultima analisi, rispetto al proprietario incolpevole sembra davvero difficile invocare la gestione di affari altrui stante l’evidente conflitto di interessi e rispetto ad altro soggetto interessato la verifica dei requisiti andrà condotta in modo rigoroso, per evitare – come già sottolineato in dottrina in termini generali – utilizzazioni anomale che possono tradursi in mera finzione[ix].

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Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

NOTE:

[i] Tar Campania 22.04.2022 n. 2785.

[ii] Il richiamo al principio, cui fa seguito però la precisazione della non applicabilità al caso concreto, costituisce un obiter dictum. Va tuttavia segnalata l’incongruità dell’affermazione secondo la quale la “costante giurisprudenza” avrebbe ritenuto il proprietario obbligato ad adottare sia le misure di prevenzione (Mipre) e che le misure di messa in sicurezza d’emergenza (Mise). In realtà, la giurisprudenza, su questo tema, non è mai stata costante; un orientamento inziale riteneva il proprietario incolpevole obbligato alle sole (Mipre), mentre un altro aveva esteso l’obbligo anche alle Mise. Per qualche anno c’è stata un’alternanza, fino al 2023 quando la sentenza n. 3077 delle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione ha, con congrua ed esaustiva motivazione, confermato il primo orientamento e superato il secondo.

[iii] Cass. Civ. ord. n. 1573/2019

[iv] Art. 245 co. 1-2: «1. Le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale disciplinate dal presente titolo possono essere comunque attivate su iniziativa degli interessati non responsabili. 2. Fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di cui all’articolo 242, il proprietario o il gestore dell’area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione secondo la procedura di cui all’articolo 242. La provincia, una volta ricevute le comunicazioni di cui sopra, si attiva, sentito il comune, per l’identificazione del soggetto responsabile al fine di dar corso agli interventi di bonifica. Il procedimento è interrotto qualora il soggetto non responsabile della contaminazione esegua volontariamente il piano di caratterizzazione nel termine perentorio di sei mesi dall’approvazione o comunicazione ai sensi dell’articolo 252, comma 4. In tal caso, il procedimento per l’identificazione del responsabile della contaminazione deve concludersi nel termine perentorio di sessanta giorni dal ricevimento delle risultanze della caratterizzazione validate dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente competente. È comunque riconosciuta al proprietario o ad altro soggetto interessato la facoltà di intervenire in qualunque momento volontariamente per la realizzazione degli interventi di bonifica necessari nell’ambito del sito in proprietà o disponibilità».

[v] Art. 253 co. 1: «Gli interventi di cui al presente titolo costituiscono onere reale sui siti contaminati qualora effettuati d’ufficio dall’autorità competente ai sensi degli articoli 250 e 252, comma 5. L’onere reale viene iscritto nei registri immobiliari tenuti dagli uffici dell’Agenzia del territorio a seguito della approvazione del progetto di bonifica e deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica». Art. 253 co. 4 «In ogni caso, il proprietario non responsabile dell’inquinamento può essere tenuto a rimborsare, sulla base di provvedimento motivato e con l’osservanza delle disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, le spese degli interventi adottati dall’autorità competente soltanto nei limiti del valore di mercato del sito determinato a seguito dell’esecuzione degli interventi medesimi. Nel caso in cui il proprietario non responsabile dell’inquinamento abbia spontaneamente provveduto alla bonifica del sito inquinato, ha diritto di rivalersi nei confronti del responsabile dell’inquinamento per le spese sostenute e per l’eventuale maggior danno subito».

[vi]  «L’istituto della negotiorum gestio … postula uno svolgimento di attività, da parte del gestore, diretta al conseguimento dell’esclusivo interesse dell’altro soggetto, e non è, pertanto, configurabile in tutte le ipotesi in cui ricorra, invece, una contrapposizione dei rispettivi interessi di cui risultino portatori, rispettivamente, il negotiorum gestor ed il negotiorum gestus»(Cass. civ. n. 7278/1997).

[vii]  Art. 253 co. 4 «Nel caso in cui il proprietario non responsabile dell’inquinamento abbia spontaneamente provveduto alla bonifica del sito inquinato, ha diritto di rivalersi nei confronti del responsabile dell’inquinamento per le spese sostenute e per l’eventuale maggior danno subito»

[viii]  Paolo Gallo, Digesto delle discipline privatistiche, sezione civile, vol. VIII, UTET, 1992, Torino, p. 702 che richiama Cass. civ. 3143/1984 e Cass. civ. 35/1970.

[ix] «A volte si assiste infatti ad utilizzazioni veramente anomale del nostro istituto, in casi nei quali mancano la maggior parte dei requisiti tradizionali della n.g. come per esempio l’animus, l’absentia, l’urgenza e così via. Nei casi di questo genere, a prescindere dall’eventuale equità sostanziale delle decisioni in questione, continuare a parlare di gestione d’affari nel senso tradizionale dell’espressione si risolve in una mera finzione» (Paolo Gallo, op. cit. p. 703).

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