Obbligo di bonifica e contaminazioni storiche

02 Apr 2023 | giurisprudenza, amministrativo

di Ada Lucia De Cesaris

Consiglio di Stato, Sez. IV, 8 febbraio 2023, n.1397 – Pres. Gambato Spisani, Est. Zeuli – S.I.G. S.p.a. – (Avv.ti Liberati e Canuti), Provincia di Lucca – (Avv. Corsi), Comune di Lucca – (Avv. Pignatelli), G. S.p.a. (non costituita), P. S.p.a. (non costituita), Servizio ambiente (non costituito), Ufficio rifiuti e bonifica dei siti inquinati della Provincia di Lucca e della Regione Toscana (non costituiti)

Quanto disposto dal comma 11 dell’art 242 del D. Lgs. 152/2006, che prevede l’attivazione del soggetto interessato per le contaminazioni avvenute anteriormente all’entrata in vigore della parte IV del Decreto Legislativo stesso, non fa venir meno gli obblighi di bonifica in capo al soggetto responsabile della contaminazione.

L’obbligo di bonifica per una contaminazione storica in capo al soggetto individuato quale responsabile non viola il principio di legalità inerente all’irretroattività dell’applicazione di una norma sanzionatoria. Ciò in quanto, come riconosciuto dall’Adunanza Plenaria n.10 del 2019, l’obbligo di bonifica ha natura riparatoria e non sanzionatoria e la responsabilità per danno ambientale, in quanto fatto illecito, era già presente nella giurisprudenza ancor prima che il D.Lgs. 22/1997 introducesse all’art.17 l’istituto della bonifica.

In assenza di una norma espressa, l’esclusione dell’applicazione delle norme in materia di danno ambientale, relativa alle ipotesi di danno per cui siano trascorsi più di trent’anni dall’emissione, dall’evento o dall’incidente che l’hanno causato, di cui all’art. 303 del D. Lgs.152/2006, non si può ritenere applicabile anche alla disciplina dei siti contaminati regolati nella parte IV del medesimo Decreto Legislativo.

La sentenza in commento rappresenta l’occasione per tornare ad affrontare il tema della responsabilità nelle ipotesi di contaminazioni storiche.

Il Consiglio di Stato è stato chiamato ad esprimersi in merito ad una decisione del T.A.R. Toscana, che aveva rigettato il ricorso promosso avverso un’ordinanza provinciale, che imputava alla Società ricorrente la responsabilità dell’inquinamento di un sito e, dunque, la intimava a provvedere all’esecuzione delle opere di bonifica previste dal Titolo V, parte IV del D.Lgs. 152/2006.

La vicenda ha ad oggetto un’area contaminata, divenuta nel tempo di proprietà di una azienda controllata dal Comune, in cui è stata riscontrata una contaminazione ascrivibile a una Società che sino agli anni Settanta vi aveva svolto una attività di produzione e distribuzione di gas.

Con l’ordinanza impugnata, la Provincia individuava quali soggetti responsabili della contaminazione, e quindi obbligati al ripristino ambientale, la Società appellante e il Comune, proprietario dell’area prima di trasferirla alla sua controllata.

Contrariamente a quanto affermato dalla Provincia, il T.A.R. Toscana, nel giudizio di impugnazione avverso la suddetta ordinanza, riconosce quale responsabile della contaminazione esclusivamente la Società, la quale quindi propone appello.

Nella sentenza in commento, il Consiglio di Stato, ha confermato la responsabilità della Società respingendo tutti i motivi di appello.

Il Collegio ha innanzitutto respinto  una curiosa interpretazione del comma 11 dell’art. 242 del D.Lgs. 152/2006 prospettata dalla Società appellante, secondo la quale, nell’ipotesi in cui si tratti di eventi anteriori all’entrata in vigore della parte IV del D.Lgs. 152/2006, solamente il soggetto interessato dovrebbe attivarsi anche negli interventi di bonifica, escludendo, quindi, ogni partecipazione da parte del soggetto responsabile. Una ricostruzione che attribuirebbe alla norma sopra richiamata un contenuto più ampio rispetto a quello letterale, in base al quale  per gli eventi anteriori all’entrata in vigore della specifica disciplina in materia di bonifiche, seppur scoperti successivamente, verrebbe meno l’obbligo del responsabile della contaminazione.

Un’interpretazione in evidente contrasto con il principio “chi inquina paga”, su cui si fonda la responsabilità di chi ha contaminato, respinta dal giudice d’appello che giustamente ha riconosciuto che gli obblighi di bonifica, anche nel caso di contaminazioni storiche, rimangono comunque in capo al responsabile della contaminazione.

Il Consiglio di Stato rigetta anche l’ulteriore doglianza, inerente alla violazione del principio di legalità, in quanto l’obbligo di bonifica nei confronti della Società sarebbe stato applicato in modo retroattivo, richiamando sul punto quanto già ampiamente affermato dall’Adunanza Plenaria con la sentenza n.10 del 2019.

L’Adunanza Plenaria, infatti, oltre ad aver affermato che l’obbligo di bonifica ha natura riparatoria e non sanzionatoria, ha chiarito che la responsabilità per danno ambientale, in quanto fatto illecito, era già presente nella giurisprudenza ancor prima che il D.Lgs. 22/1997 introducesse all’art.17 l’istituto della bonifica. Quest’ultimo intervento normativo, quindi, non ha esteso l’area dell’illiceità rispetto a condotte in precedenza conformi al diritto, bensì, ha ampliato i rimedi esperibili a tutela dell’ambiente.

Il Collegio non ha condiviso neppure l’ultimo motivo di gravame, secondo cui l’intervenuta abrogazione della lettera i) dell’art. 303 del D. Lgs.152/2006 – che ha fatto venir meno l’applicabilità della disciplina sul danno ambientale alle situazioni di inquinamento successive al 2013, per le quali erano effettivamente state avviate le procedure di bonifica – si estenderebbe anche alla fattispecie delle bonifiche. La sentenza ribadisce che si tratta di due fattispecie diverse, regolate in modo autonomo. Secondo il Collegio, infatti, la nozione di danno ambientale di cui all’art. 298 e ss. del D. Lgs.152/2006 comprende sicuramente anche la nozione di contaminazione di cui all’art. 242 del Codice ambiente, ma non si esaurisce in quest’ultima, essendo la disciplina sul danno ambientale molto più estesa.

A riprova di quanto sopra, si legge nella sentenza, vi è proprio il dettato dell’art. 303 del D. Lgs.152/2006 laddove dichiara in modo espresso che al “danno in relazione al quale siano trascorsi più di trent’anni dall’emissione, dall’evento o dall’incidente che l’hanno causato” non si applica la parte VI del Codice, esprimendo in tal modo l’impossibilità di un’interpretazione analogica della disposizione. Ne potrebbe essere diversamente. Una disposizione così importante, inerente alla deroga all’applicazione del principio sopra richiamato del “chi inquina paga”, di carattere sovraordinato e natura generale, richiederebbe infatti, come riconosciuto dal Consiglio di Stato,  un intervento normativo espresso.

In conclusione, il Consiglio di Stato, sulla base delle valutazioni sopra esposte, valutando seri e fondati i presupposti in base ai quali è stata dimostrata e motivata la responsabilità addebitabile esclusivamente in capo alla Società appellante, ha confermato il giudizio di primo grado rigettando l’appello, ribadendo che la Società, individuata quale autore dell’inquinamento – indipendentemente dal momento in cui è avvenuta la contaminazione – rimane soggetta agli obblighi conseguenti la sua condotta illecita.

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nota a sentenza Aprile 2023

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

De Cesaris sentenza

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