Nave rigassificatrice di Piombino: il TAR Lazio conferma la legittimità di AU e AIA e dell’esenzione dalla VIA

02 Mar 2024 | giurisprudenza, amministrativo, in evidenza 4

di Eva Maschietto

TAR Lazio, Sez. III, 23 gennaio 2024 n. 1279 – Pres. G. Sapone – Est. M. Scalise – Comune di Piombino (Avv. M.R.L. Lioi e M. Greco) contro Regione Toscana (Avv. L. Bora, A. Delfino e S. Fienga), Commissario per Rigassificazione Nazionale alla rete da Allacciare alla rete esistente nella Regione Toscana, Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero dell’Interno, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero delle Imprese e del Made in Italy e Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avvocatura Generale Stato) e altri nei confronti di omissis s.r.l. e di omissis s.p.a., (avv.ti P. Clarizia, G. Morbidelli, F. Todarello e G. Napolitano), omissis (avv.ti A. e P. Clarizia) e altri non costituiti, con intervento ad adiuvandum di omissis (Avv. V. Perticaro) e omissis (A. Filippini)

Le associazioni sindacali sono legittimate attivamente, anche in caso di intervento ad adiuvandum, solo quando venga invocata la lesione di un interesse omogeneo comune all’intera categoria e non quando si controverta di questioni capaci di dividere la categoria in posizioni contrastanti, posto che l’interesse collettivo dell’associazione sindacale deve identificarsi con l’interesse di tutti gli appartenenti alla categoria unitariamente considerata e non con interessi di singoli associati o di gruppi di associati.

L’art. 5, comma 3, del Decreto Aiuti che, rinviando all’art. 6 comma 11 del D. Lgs. 152/2006, prevede un caso di esenzione dalla procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA), non ha introdotto una deroga di portata generale e indiscriminata e non si pone in violazione dell’art. 2 par. 4 della Dir. 2014/52/UE, così come interpretato dalla Comunicazione della Commissione UE C 386/05 del 14 novembre 2019

In materia di esenzione dalla procedura di VIA, l’immanente urgenza di dare corso al progetto, da un lato, legittima lo Stato membro all’approvazione del medesimo una volta data mera informazione alla Commissione, dall’altro lato, espone il medesimo Stato ad eventuali conseguenze (sino all’avvio del procedimento d’infrazione), ove l’esenzione sia stata disposta in assenza dei presupposti fissati dalla normativa sovranazionale.

L’apposizione di prescrizioni a una autorizzazione amministrativa di carattere ambientale resa ad esito di una conferenza di servizi costituisce il riflesso in chiave effettuale della natura discrezionale delle valutazioni condotte dalle varie Amministrazioni intervenute nel procedimento, nonché dell’accuratezza e del grado di approfondimento dell’istruttoria condotta.  La numerosità delle prescrizioni, poste a tutela di tutti i beni che possono essere incisi dalla realizzazione di un’opera, non determina una modifica progettuale né, tanto meno, è sintomatica dell’inidoneità del progetto, dovendo essere tenuta in considerazione anche la particolare complessità dell’opera.

Nelle materie a elevato contenuto tecnico (quali, per esempio, quelle relative a valutazioni previste dalla normativa sui rischi di incidente rilevante) il parere tecnico redatto da un soggetto terzo e depositato in giudizio dal ricorrente non risulta dotato di efficacia probatoria nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato, potendo valere solo a fini indiziari come qualsiasi altro documento proveniente da un terzo e il cui apprezzamento risulta affidato alla valutazione discrezionale del giudice.  In tali materie si applica il principio per cui le valutazioni delle Autorità preposte sono ampiamente discrezionali e quindi possono essere sindacate in sede di giurisdizione di legittimità nei soli casi di risultati abnormi o evidentemente illogici e contraddittori; non è invece consentito chiedere al Giudice di sostituirsi alle valutazioni riservate alle Amministrazioni, giungendo ad esiti diversi fondati sulle perizie tecniche di parte o con il richiamo a studi predisposti da propri esperti.

Tra il rapporto definitivo di sicurezza di cui al D. Lgs. 105/2015 (Seveso III) e l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) non sussiste alcun rapporto di pregiudizialità necessaria e i due procedimenti non devono necessariamente svolgersi contestualmente: con la conseguenza che il rilascio del rapporto di sicurezza definitivo non richiede un nuovo passaggio in conferenza dei servizi per il rilascio dell’AIA (salvo ovviamente da tale rapporto scaturiscano previsioni incompatibili con le assunzioni precedentemente inserite nell’Autorizzazione).

Con la sentenza 1279 del 2024 pubblicata il 23 gennaio 2024, in commento, la terza sezione del TAR Lazio ha respinto decisamente il ricorso del Comune di Piombino diretto contro diversi provvedimenti autorizzativi rilasciati da diverse autorità e relativi alla realizzazione del terminale di rigassificazione nel porto di Piombino tramite l’ormeggio permanente di un mezzo navale di tipo RSRU (Floating Storage and Regasification Unit), la c.d. Nave Rigassificatrice, e per la realizzazione delle connesse infrastrutture per l’allacciamento alla rete di trasporto esistente (di seguito, per semplicità anche più semplicemente la “Nave” o l’“Opera” o il “Rigassificatore”). 

La sentenza è imponente (225 pagine di decisione fittissima) sia per il numero di questioni affrontate, articolate in 65 paragrafi a loro volta suddivisi in sottoparagrafi, in modo da chiarire e raggruppare le numerosissime censure sollevate dal Comune nel ricorso introduttivo e nei sei ricorsi per motivi aggiunti.

Si percepisce molto bene la strenua battaglia portata avanti dal Comune contro ogni singolo atto amministrativo che sostiene l’imponente progetto, ma la conclusione, raggiunta appunto dopo lo scrutinio tecnico e giuridico di tutti i motivi e sottomotivi presentati (e reiterati) dal Comune contro ogni provvedimento, ma anche contro ogni singolo parere tecnico a supporto, è che il Tar conferma nella sostanza la legittimità dell’intero iter amministrativo che, per la maggior parte, riguarda la materia ambientale, infliggendo una gravosa condanna al Comune ricorrente anche in punto di spese non solo a carico della ricorrente ma anche a carico degli intervenienti ad adiuvandum (uno dei quali, il sindacato, viene anche ritenuto privo di legittimazione).

In particolare e in estrema sintesi, il TAR valuta che l’esenzione dalla procedura di valutazione di impatto ambientale sia stata disposta legittimamente, in conformità alla normativa nazionale ed europea; così il rilascio dell’autorizzazione unica (che ha riguardato soltanto la fase di realizzazione della nave in porto per la durata di tre anni e non l’intera operatività di 25 anni, come censurato dal Comune, con stazionamento off-shore) per la quale il TAR non ravvisa l’esistenza di alcun artificioso frazionamento del progetto.  E ancora, il procedimento svolto in conferenza di servizi è stato condotto correttamente, consentendo il pieno contraddittorio all’amministrazione locale (e cioè al Comune ricorrente) che, insieme alle altre amministrazioni, ha potuto partecipare in ogni fase, e tale procedimento è stato svolto sulla base di presupposti non erronei; anche la delibera della giunta regionale Toscana di approvazione dell’autorizzazione unica non è viziata. Le valutazioni sulla sicurezza anche nella materia del rischio di incidente rilevante sono coerenti e congruenti, nonché conformi alla normativa di settore anche tecnica. La valutazione di impatto sanitario-VIS è conforme alla normativa applicabile e corrisponde al principio di precauzione. L’Opera non contrasta con lo strumento urbanistico comunale. Per quanto riguarda, poi, l’autorizzazione integrata ambientale questa non è stata rilasciata “alla cieca” ma, anzi, sulla base di documentazione ritenuta più che idonea in quanto resa sulla gemella Golar Tundra, un’opera del tutto assimilabile alla Nave; anche per tale provvedimento non risulta vi sia stata carenza di istruttoria da parte del Comune e il contraddittorio è stato pieno. Sempre in relazione all’AIA, le BAT previste per i grandi impianti di combustione non sono applicabili, perché, in condizioni normali di funzionamento, la Nave non raggiunge i 50MW di potenza termica nominale e – come per il caso dell’AUA – non sussistono le denunciate violazioni della normativa sul rischio di incidente rilevante neppure in questo caso.

L’interesse della sentenza è determinato, quindi, sia dalla straordinaria rilevanza della fattispecie in commento, sia dal numero di questioni trattate che, per la maggior parte, sono risolte in punto di fatto in un periodo relativamente breve, a partire dall’autunno del 2022 sino a metà dell’anno successivo. Il ricorso introduttivo è infatti indirizzato contro i tre atti dell’autunno del 2022 che hanno dato avvio all’autorizzazione dell’Opera: il primo è l’ordinanza del Commissario Straordinario[i] n. 140 del 25 ottobre 2022 sul rilascio dell’AU (l’autorizzazione unica ex art. 5 co. 2 del d.l. n. 50/2022, il c.d. “Decreto Aiuti” recante misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina, convertito dalla l. 91/2022) per la realizzazione dell’opera e delle infrastrutture alla stessa connesse; il secondo è il provvedimento del Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale n. 169/2022, in pubblicazione dal 18 novembre 2022, sempre relativo alla costruzione e all’esercizio dell’opera; il terzo è l’ordinanza commissariale n. 155 del 15 novembre 2022, che ha autorizzato la voltura alla società controinteressata dell’autorizzazione relativamente all’allacciamento al gasdotto di collegamento alla Rete Nazionale Gasdotti per violazione dell’obbligo di sottoposizione a VIA dell’infrastruttura e per altri motivi. In totale il solo ricorso introduttivo presentava nove motivi di impugnazione dei diversi atti.  Il ricorso veniva presentato con domanda cautelare, già questa rigettata per difetto sia del fumus boni juris sia del periculum in mora nella camera di consiglio del 21 dicembre 2022.

Come già accennato sopra, al ricorso introduttivo sono seguiti altri sei ricorsi per motivi aggiunti, il primo dei quali indirizzato principalmente contro lo stesso Commissario Straordinario che, nel frattempo, aveva portato avanti il procedimento per la realizzazione della Nave (un progetto articolatissimo che prevedeva tutte le fasi di realizzazione e dismissione dell’Opera), e ad atti conseguenti o comunque collegati ed emessi da diverse autorità in relazione allo stato delle aree interessate dal progetto (anche sulla base del fatto che il sito di Piombino è un sito di interesse nazionale ai fini della normativa sulle bonifiche).  In tale fase processuale il Comune, a seguito di richiesta istruttoria al TAR, acquisiva documentazione ulteriore.

Il secondo ricorso per motivi aggiunti si è poi concentrato contro il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) relativa al terminale dell’Opera da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) e a tutti i singoli pareri rilasciati dalle diverse autorità competenti in sede di conferenza dei servizi. Il terzo ricorso e il quarto ricorso per motivi aggiunti hanno sostanzialmente impugnato tutti gli atti procedimentali seguiti a quelli impugnati con gli altri ricorsi, nei confronti di ciascuna amministrazione per tutti i pareri rilasciati e pure – espressamente – per non aver tenuto in considerazioni le ferme ragioni di opposizione del Comune di Piombino. Il quinto ricorso per motivi aggiunti ha avuto ad oggetto, poi, i pareri e i nulla osta rilasciati in materia di sicurezza dell’Opera in particolare in applicazione della disciplina in materia di incidente rilevante e si è quindi scagliato principalmente contro le amministrazioni facenti parte della sezione toscana del Ministero dell’Interno, Dipartimento dei Vigili del Fuoco del Pubblico e della Difesa Civile.  Il sesto ricorso per motivi aggiunti ha, infine, impugnato l’ordinanza commissariale relativa all’ottimizzazione progettuale dell’impianto di correzione dell’Indice di Wobbe e tutti i relativi presupposti pareri che ne hanno sostanzialmente dato autorizzazione.

Tutti i motivi aggiunti, con una pervicacia evidente – hanno sottolineato la rinnovata impugnazione – anche in ragione dei nuovi vizi e/o delle nuove ragioni proposte con ciascun ricorso di motivi aggiunti – di tutti gli atti censurati con il ricorso introduttivo nonché con le precedenti impugnazioni, sulla base di pretesi vizi scoperti successivamente, in una sorta di impugnazione “a formazione progressiva” o comunque “continuata” che evidentemente, anche in ragione della reiterazione delle medesime censura, avendo riguardo alla pesante condanna alle spese e comunque al tenore della decisione, non è risultata gradita al collegio.  Così come il collegio non ha taciuto il proprio disappunto rispetto alla mancata osservanza dei criteri redazionali di cui al decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. 167/2016 con particolare riguardo alla violazione del principio di sinteticità degli atti, precisando comunque di aver esaminato tutti i motivi di ricorso (anche in relazione alle difese di tutte le altre parti).

L’andamento processuale, quindi, dalla prima decisione cautelare del 21 dicembre 2022, svolto in modo serrato, con udienze istruttorie e di merito, queste ultime rinviate per consentire la proposizione dei motivi aggiunti e il relativo contraddittorio, ha visto la discussione finale a distanza solo di un anno, il 20 dicembre 2023.

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L’analisi di tutte le diverse parti della sentenza esula certamente dallo scopo del presente lavoro: ci si limiterà, quindi, a una rassegna di alcuni punti rilevanti per le questioni ambientali trattate, invitando i lettori ad approfondire tutte le tematiche tramite la lettura della decisione.

Il primo punto di interesse riguarda una questione di legittimazione ad agire rispetto a uno degli intervenienti ad adiuvandum, un sindacato che si è fatto paladino dei diritti dei lavoratori di una impresa che sarebbero stati pregiudicati in conseguenza dell’Opera, per la limitazione dell’utilizzo della banchina nord del porto di Piombino: tale sindacato, tra le proprie finalità statutarie ha la tutela dei diritti “dei lavoratori, dei disoccupati e dei pensionati, i loro interessi economici e sociali, la loro dignità morale e professionale”.  Tale intervento, tuttavia, non è stato ritenuto ammissibile perché esponenziale non degli interessi di tutti i soggetti rappresentati, ma solo di una parte di essi, stante il carattere non omogeneo dei rappresentati (la decisione ha fatto rilevare come gli interessi degli occupati dell’impresa potrebbero ben confliggere, ad esempio, con quelli dei disoccupati).

La decisione ha quindi abbracciato l’orientamento consolidato in giurisprudenza per cui “la legittimazione attiva di associazioni rappresentative di interessi collettivi deve corrispondere ai limiti delle finalità statutarie dell’associazione …. il che vuole anche dire che l’interesse tutelato con l’azione giurisdizionale sia comune a tutti gli associati, per questo riuniti in un’associazione, aprendosi altrimenti conflitti interni all’associazione stessa, il che implicherebbe automaticamente il difetto del carattere generale e rappresentativo della posizione azionata in giudizio” (Cons. Stato, Ad. Plen., n. 9/2015).  Ove non ricorra un interesse collettivo unitario, l’azione risulta inammissibile (Cons. Stato, sez. V, n. 4480/2010, C.G.A. in sede consultiva, Adunanza delle Sezioni riunite del 13 marzo 2018, parere n. 167/2018; T.A.R. Sicilia, III, n. 277/2019), ricordando, rispetto all’intervento ad adiuvandum di un’associazione sindacale, che “Costituisce, infatti, orientamento consolidato quello secondo cui le associazioni sindacali (e, più in generale, le associazioni di categoria) sono legittimate a stare (locus standi) in sede giurisdizionale (mediante la proposizione del ricorso o l’intervento in giudizio) solo quando venga invocata la lesione di un interesse omogeneo comune all’intera categoria, e non anche quando si verta su questioni concernenti singoli iscritti ovvero su questioni capaci di dividere la categoria in posizioni contrastanti, atteso che l’interesse collettivo dell’associazione sindacale deve identificarsi con l’interesse di tutti gli appartenenti alla categoria unitariamente considerata e non con interessi di singoli associati o di gruppi di associati. Se, infatti, si riconoscesse all’associazione di categoria la legittimazione ad agire anche in questi ultimi casi, si avrebbe una vera e propria sostituzione processuale in violazione dell’art. 81 cod. proc. civ., secondo cui nessuno può far valere in giudizio in nome proprio un diritto altrui, fuori dei casi espressamente previsti dalla legge” (Cons. Stato, Ad. plen. , n. 9 del 2015 cit.; sez. III, nn. 2150 del 2015, 3164, 2682, 1787 e 97 del 2014; sez. V, n. 3033 del 2013 e sez. IV, n. 2150 del 2011; Sez. VI, n. 1712 del 2017, Ad. Plen. n. 4/2019, punto 16, T.A.R. Sicilia, Palermo, III, n. 633/2021).

Nel merito, il TAR si è dichiaratamente ispirato al principio della “ragione più liquida”, senza soffermarsi su ogni singola eccezione, ragione che ha comunque ha portato al rigetto di tutti i motivi di ricorso (e dei motivi aggiunti).

La questione dell’esenzione della VIA è uno dei punti cardine sui quali il Comune di Piombino si è scagliato in tutti gli atti di impugnazione.

Sotto un primo profilo il ricorrente ha sostenuto che la norma nazionale di esonero (l’art. 5, comma 3, del Decreto Aiuti che rinvia all’esenzione di cui all’art. 6, comma 11, del D. Lgs. 152/2006) avrebbe introdotto una deroga alla valutazione di impatto ambientale di portata generale e indiscriminata, essendo applicabile a una intera categoria di progetti (e a ogni relativa modifica) e, in quanto tale, si sarebbe posta in chiara e diretta violazione dell’art. 2, par. 4, della Dir. 2014/52/UE, così come interpretato dalla Comunicazione della Commissione UE C 386/05 del 14 novembre 2019.  Sotto un secondo profilo, tale esenzione comunque non sarebbe stata concedibile da parte del Commissario, essendo di esclusiva spettanza del Ministero (in allora della transizione Ecologica), previo parere del Ministero della Cultura. Le altre censure in materia di VIA riguardano l’applicazione in concreto dell’esenzione che – tra l’altro – sarebbe stata caratterizzata da un artificioso frazionamento che ne avrebbe sostanzialmente distorto il presupposto applicativo.

Il TAR, dopo aver inquadrato la disposizione nell’ambito dei casi eccezionali casi in cui si intenda esentare un determinato progetto dalla procedura di VIA, ricorda come tale disposizione (l’art. 6, comma 11, del Codice dell’Ambiente appunto) sia perfettamente coerente con la Direttiva 2011/92/UE e che la procedura seguita dal Ministero sia stata corretta e che la fattispecie corrispondesse a uno di quei casi in cui “l’urgenza del progetto era tale che l’impossibilità di portarlo avanti sarebbe stata contraria all’interesse dei cittadini e avrebbe rappresentato una minaccia alla stabilità politica, amministrativa o economica e alla sicurezza”: di modo che “l’immanente urgenza di dare corso al progetto, da un lato, legittima lo Stato membro all’approvazione del medesimo una volta data mera informazione alla Commissione, dall’altro, ovviamente, espone il medesimo Stato ad eventuali conseguenze (financo l’avvio del procedimento d’infrazione), ove l’esenzione sia stata disposta in assenza dei presupposti fissati dalla normativa sovranazionale”.

Diversamente dalla disciplina prevista per gli aiuti di Stato, il vaglio operato dagli organi della Commissione Europea in questo caso non ha carattere “bloccante”.

La normativa di esonero del Decreto Aiuti, poi, non si riferisce a una generalità di progetti, ma riguarda in maniera selettiva e puntuale una singola e specifica tipologia progettuale (in altri termini, la norma ha inteso riferirsi a ben identificati progetti: quello di Piombino e di Ravenna) e per questo si apprezza il chiaro contenuto emergenziale degli interventi che, già nella declaratoria di legge, appaiono connotati da uno spiccato grado di specificità, collocandosi, dunque, all’interno dell’ambito applicativo dell’art. 2, comma 4, della Direttiva UE 2011/92 e ss.mm. e del documento di orientamento C/2019/8014, GU C 386 del 14 novembre 2019.

Il TAR conclude poi per la legittimità procedimentale e pure rigetta la censura relativa al preteso “artificioso frazionamento” del progetto operato, a dire del Comune, per evitare la procedura di VIA, anche sulla base della considerazione che l’autorizzazione unica ha avuto ad oggetto unicamente la fase “in porto” della durata di tre anni e non la fase offshore (di esercizio di 25 anni), in relazione alla quale ultima – peraltro – il Comune difetta di legittimazione e di interesse all’impugnazione.

Un’altra delle censure ricorrenti sollevate dal Comune di Piombino riguarda la conduzione del procedimento autorizzativo, criticato nella sintesi della conferenza dei servizi e, per quanto qui interessa, nel fatto che il medesimo contenesse diverse prescrizioni che, a giudizio del ricorrente, avrebbero – di fatto – modificato il progetto o comunque dato il segno di criticità insormontabili. Anche a questa censura il TAR risponde con nettezza ricordando come le autorizzazioni con prescrizioni costituiscano, in realtà, la normalità dei casi e che “la numerosità delle prescrizioni, poste a tutela di tutti i beni che possono essere incisi dalla realizzazione di un’opera, non determina una modifica progettuale né, tanto meno, è sintomatica dell’inidoneità del progetto, dovendo essere tenuta in considerazione anche la particolare complessità dell’opera”, citando Cons. Stato, IV n. 7884/2020, n. 2062/2022; id., n. 1392/2017.

E anzi, sottolineando come “l’apposizione di prescrizioni costituisce, allora, il riflesso in chiave effettuale della natura discrezionale delle valutazioni condotte dalle varie Amministrazioni intervenute nel procedimento, nonché dell’accuratezza e del grado di approfondimento dell’istruttoria condotta (come indicato in Cons. Stato, n. 1392/2017).

Il TAR riconosce la complessità del progetto e il fatto che le prescrizioni impartite risultano fisiologiche e non ne modificano i connotati caratterizzanti, mirando esclusivamente a modifiche migliorative e mitigative degli impatti in fase di esercizio dell’impianto, e ciò in accoglimento delle osservazioni formulate dal Comune di Piombino e del pubblico e, quindi, garantita la partecipazione di tutti i soggetti, in un’istruttoria ritenuta adeguata.

Un altro tema fondamentale della decisione ha riguardato il rispetto della normativa in materia di incidente rilevante, dove si sono fronteggiate diverse questioni tecniche sulle quali non ci si soffermerà in questa sede. 

Ciò che rileva è, piuttosto, l’approccio metodologico del TAR che conferma l’orientamento giurisprudenziale consolidato nella materia, per cui (i) “il parere tecnico redatto per conto della parte ricorrente da un soggetto terzo e depositato in giudizio a supporto delle censure articolate avverso i quesiti contestati, non risulta dotato di efficacia probatoria nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato, potendo valere solo a fini indiziari come qualsiasi altro documento proveniente da un terzo e il cui apprezzamento risulta affidato alla valutazione discrezionale del giudice che, pertanto, non è vincolato alle risultanze contenute negli stessi” (cfr., in argomento, Tar Lazio, Roma, III, n. 16899/2022; Cons. St., IV, n. 2579/2009)ii) in materie tecnico-scientifiche, quale è indubbiamente quella in esame, si applica il principio per cui le valutazioni delle Autorità preposte sono ampiamente discrezionali, e quindi possono essere sindacate in sede di giurisdizione di legittimità nei soli casi di risultati abnormi o evidentemente illogici e contraddittori; non è invece consentito chiedere al Giudice di sostituirsi alle valutazioni riservate alle Amministrazioni, giungendo ad esiti diversi fondati sulle perizie tecniche di parte o con il richiamo a studi predisposti da propri esperti (cfr. sul principio Cons. St., V, n. 2524/2021, e per il caso particolare del parere di un esperto di parte, id., IV, n. 4331/2021).

L’ultima delle questioni che si ritiene utile commentare in questo lavoro, e che certamente non esaurisce gli innumerevoli spunti forniti da una sentenza tanto complessa, riguarda il rapporto tra la normativa sui rischi di incidente rilevante e l’AIA – l’Autorizzazione Integrata Ambientale.  In particolare, tra le numerosissime censure sollevate dal Comune di Piombino e reiterate nei vari atti di impugnazione, vi sono quelle in materia di AIA contro il parere istruttorio conclusivo (il c.d. “PIC”), contro i pareri endoprocedimentali e il verbale della conferenza dei servizi che ha approvato il PIC.

Tra queste censure, con il quarto mezzo dei secondi motivi aggiunti, riproposto dal motivo 2.2.1 dei quarti motivi aggiunti, il Comune di Piombino ha censurato il decreto AIA sulla base del fatto che il parere favorevole e appunto il decreto non fossero stati preceduti dal parere del Comitato tecnico regionale (CTR) sul Rapporto definitivo sulla sicurezza in materia di incidenti rilevanti, sostenendo quindi il Comune che sussista un rapporto di necessaria pregiudizialità del parere tecnico conclusivo del CTR rispetto al rilascio dell’AIA. 

Il TAR risolve il dubbio sulla base dell’esegesi delle disposizioni rilevanti ricordando in particolare che le installazioni soggette a Rapporto di Sicurezza (ex D.Lgs. 105/2015 di attuazione della Direttiva denominata “Seveso III” e cioè la Direttiva 2012/18/UE sul controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose) e assoggettata ad AIA sono disciplinate dall’art. 29-sexies, comma 8, del D.Lgs n. 152/2006 che prevede che “l’autorità competente ai sensi di tale decreto trasmette all’autorità competente per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale le più recenti valutazioni assunte e i provvedimenti adottati, alle cui prescrizioni ai fini della sicurezza e della prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti, citate nella autorizzazione, sono armonizzate le condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale.” E dall’art. 17 del d.lgs n. 105/2015, per cui “il CTR di cui all’articolo 10 effettua le istruttorie per gli stabilimenti soggetti alla presentazione del rapporto di sicurezza ai sensi dell’articolo 15, con oneri a carico dei gestori, e adotta altresì il provvedimento conclusivo. Ove lo stabilimento sia in possesso di autorizzazioni ambientali, il CTR esprime le proprie determinazioni tenendo conto delle prescrizioni ambientali”. 

Il TAR osserva che nessuna delle due disposizioni richiede la contestualità tra i due procedimenti né impone la pregiudizialità del rilascio del parere conclusivo sulla sicurezza sull’AIA, ma prevede che l’AIA venga armonizzata alle “più recenti valutazioni assunte e i provvedimenti adottati” in materia di sicurezza vigenti al momento dell’adozione della autorizzazione ambientale (in quel caso, il TAR nota, che tali valutazioni erano rappresentate dal NOF, il Nulla Osta di Fattibilità).  A ulteriore conferma del fatto che il rapporto definitivo sulla sicurezza non sia propedeutico all’AIA l’art. 17 del d.lgs n. 105/2015 disciplina il rilascio del rapporto definitivo sulla sicurezza nel caso di impianti per i quali l’autorizzazione ambientale sia stata già rilasciata.  Il TAR conclude quindi che, al di là del necessario coordinamento e della dovuta armonizzazione fra le prescrizioni autorizzative dell’AIA e quelle in tema di sicurezza previste dalla legge Seveso, non vi sia una necessaria contestualità né la pregiudizialità della seconda rispetto alla prima, con la conseguenza che il rilascio del rapporto di sicurezza definitivo non richiede un nuovo passaggio in conferenza dei servizi per il rilascio dell’AIA (salvo ovviamente da tale rapporto scaturiscano previsioni incompatibili con le assunzioni precedenti).

La sentenza si conclude con una dichiarazione del TAR che – come una sintesi a volo d’uccello – dà la misura del lavoro svolto dal Tribunale (confermando che tutte le questioni sono state esaminate appunto secondo il principio della ragione più liquida) e dalla numerosità delle censure esaminate e conferma che “l’azione amministrativa del Commissario e delle varie Istituzioni coinvolte si è esplicata in modo corretto e conforme alla legittimità procedurale e sostanziale nell’ambito di procedimenti: i) articolati e complessi, che hanno visto il coinvolgimento di numerosi soggetti, ciascuno dei quali ha avuto modo di dare il suo apporto e di essere adeguatamente ascoltato; ii) caratterizzati da valutazioni tecnicamente complesse, assunte in modo immune da mende; iii) sfociati nella realizzazione, sostanzialmente in linea con la tempistica pianificata, di un progetto di rilevanza strategica per la politica energetica del Paese e quindi per gli interessi degli italiani.

E tanto in considerazione del perdurare della guerra Ucraino-Russa, della costante e impellente necessità per l’Italia di rendersi sempre più indipendente dalla Russia e del rilievo per cui il terminale di Piombino copre oggi circa il 20% della capacità di rigassificazione italiana”.

A fronte di detta chiusura e proprio in considerazione dell’enorme lavoro svolto per escludere la bontà di ogni motivo di ricorso e doglianza proposto dal Comune di Piombino, il TAR ha inflitto una condanna alle spese al Comune e agli intervenienti, che può ritenersi esemplare.

In sintesi, una sentenza che ad avviso di chi scrive merita di essere letta per comprendere le straordinarie complessità amministrative e tecniche di un progetto di fondamentale importanza per l’industria nazionale e che merita un plauso per la capacità di coniugare un approccio pratico e tecnico con l’aderenza alla norma ambientale e al suo spirito.

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Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

NOTE:

[i] Il Commissario fu nominato con il d.P.C.M. dell’8 giugno 2022 con lo scopo di gestire la realizzazione delle opere di cui all’art. 5 del d.l.n. 50/2022, finalizzate all’incremento della capacità di rigassificazione nazionale mediante unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione da allacciare alla rete di trasporto esistente, con relative infrastrutture.

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