Misure di prevenzione e interventi di messa in sicurezza d’emergenza

21 Apr 2021 | giurisprudenza, amministrativo, in evidenza 3

di Federico Peres

Consiglio di Stato, Sez. IV, 26 febbraio 2021, n. 172 Pres. Poli, Est. Gambato Pisani – S. S.p.a. in amministrazione straordinaria e S. S.p.a. (Avv.ti Colagrande, Giuri, Veronese e Vianello) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero della Salute (Avv. Generale dello Stato), Regione Veneto (Avv.ti Cusin, Manzi e Zanon), Comune di Venezia, A.R.P.A.V. – Direzione centrale, l’A.R.P.A.V. – Dipartimento provinciale di Venezia, I.S.P.R.A., l’E.N.E.A., Istituto Superiore di Sanità, Città Metropolitana di Venezia (n.c.)

L’Amministrazione può legittimamente imporre al proprietario non responsabile dell’inquinamento la messa in sicurezza di emergenza del sito contaminato. Queste misure, così come le misure di prevenzione, a differenza della bonifica, non hanno finalità sanzionatoria, ma costituiscono prevenzione dei danni. Pertanto, conformemente al principio di precauzione e al correlato principio dell’azione preventiva, queste misure gravano anche sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all’ambiente, senza necessità di accertarne il dolo o la colpa.

  1. La sentenza

In tema di bonifiche il Consiglio di Stato, con la sentenza in commento, ha affermato che tanto le Mipre (Misure di prevenzione) quanto le Mise (misure di messa in sicurezza d’emergenza) gravano, oltre che sull’inquinatore, anche sul proprietario incolpevole. Secondo il Consiglio di Stato esse, infatti, «sono imposte dal principio di precauzione e dal correlato principio dell’azione preventiva, e quindi gravano sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all’ambiente solo perché egli è tale, senza necessità di accertarne il dolo o la colpa: in questo termini, la costante giurisprudenza, per tutte C.d.S. IV 7 settembre 2020 n.5372; VI 3 gennaio 2019 n. 81; V 8 marzo 2017 n.1089 e 14 aprile 2016 n.1509». Quello della equiparazione delle misure di messa in sicurezza d’emergenza alle misure di prevenzione e di conseguenza l’imposizione di entrambe (non solo delle seconde, come prevede la legge) a carico anche del proprietario non responsabile dell’inquinamento, è un tema già affrontato dalla giurisprudenza senza raggiungere posizioni univoche. Per illustrare i diversi orientamenti occorre, preliminarmente, richiamare le disposizioni normative di riferimento.

  1. Il dato normativo

Ai sensi dell’art. 240 lettera i), si definiscono misure di prevenzione (Mipre) le «iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia». Alla lettera m), si definisce poi intervento di messa in sicurezza d’emergenza (Mise) ogni intervento «immediato o a breve termine» realizzato in condizioni di emergenza, che sia «atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente». Infine, alla lettera p), si definisce bonifica il complesso «degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio».

Per completare il quadro e soprattutto per capire dove si collocano temporalmente le Mipre e dove le Mise, vanno richiamati anche gli stralci – qui rilevanti – dei primi tre commi dell’art. 242 relativo all’iter procedimentale: «1. Al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell’inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione e ne dà immediata comunicazione ai sensi e con le modalità di cui all’articolo 304, comma 2. […] 2. Il responsabile dell’inquinamento, attuate le necessarie misure di prevenzione, svolge, nelle zone interessate dalla contaminazione, un’indagine preliminare sui parametri oggetto dell’inquinamento […] 3. Qualora l’indagine preliminare di cui al comma 2 accerti l’avvenuto superamento delle CSC anche per un solo parametro, il responsabile dell’inquinamento ne dà immediata notizia al comune ed alle province competenti per territorio con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adottate. Nei successivi trenta giorni, presenta alle predette amministrazioni, nonché alla regione territorialmente competente il piano di caratterizzazione con i requisiti di cui all’Allegato 2 alla parte quarta del presente decreto. […]

Pertanto, alla luce delle richiamate disposizioni, la sentenza del Consiglio di Stato non è condivisibile quando, nel primo passaggio del ragionamento, afferma che «Preliminare alle misure di prevenzione, come risulta dal successivo art. 242, in particolare al comma 4, è la caratterizzazione del sito». In realtà, come risulta dall’art. 242, la scansione temporale è inversa: entro 24 ore vanno realizzate le Mipre e dopo 30 giorni va presentato il Piano della Caratterizzazione. La ritenuta sovrapposizione tra Mipre e Mise non dipende però solo da questo. Essa trova fondamento in una non condivisibile lettura degli obblighi gravanti sul proprietario non responsabile dell’inquinamento offerta da parte della giurisprudenza amministrativa. 

  1. Gli obblighi del proprietario incolpevole ex art. 245

Il punto centrale della questione riguarda, dunque, gli obblighi del proprietario incolpevole. È pacifico, infatti, che egli debba effettuare la comunicazione informativa agli Enti e attuare le misure di prevenzione. Lo prevede espressamente l’art. 245 comma 2: «Fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di cui all’articolo 242, il proprietario o il gestore dell’area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione secondo la procedura di cui all’articolo 242». In buona sostanza, stando al dato letterale delle norme fino a qui richiamate, emergono le seguenti differenze tra le Mipre e le Mise:

(i) sul piano oggettivo: le Mipre sono ontologicamente diverse dalle Mise perché hanno diversi obiettivi cristallizzati nelle due diverse definizioni, segnatamente le prime fronteggiano una minaccia di danno, le seconde un danno già verificatosi;

(ii) sul piano soggettivo: ai sensi dell’art. 245 le Mipre sono a carico anche del proprietario non responsabile, mentre le Mise no.

(ii) sul piano procedimentale: la loro attivazione è prevista in momenti diversi del procedimento di bonifica; ed invero, le Mipre vanno attuate immediatamente, come detto, anche solo in caso di pericolo, a prescindere dalla verifica del superamento delle CSC, le Mise invece solo dopo aver accertato il superamento delle CSC e a patto che sussistano le condizioni di emergenza previste dalla lettera t) dell’art. 240.

Il dato testuale normativo è chiaro, tuttavia, diverse sentenze del giudice amministrativo, prescindendo dal dato letterale, hanno equiparato le Mipre alle Mise e ricondotto le seconde nell’orbita delle prime. Si sono delineati due orientamenti, uno dei quali si basa però su un’errata lettura della prima pronuncia.

  1. I due orientamenti

Dal 2005 al 2014 l’orientamento era unanime nel ritenere che il proprietario incolpevole fosse obbligato esclusivamente alla realizzazione delle Mipre, non delle Mise[i]. Vi fu un’eccezione nell’anno 2011; una sentenza del TAR Lazio (n. 2263) si mosse in direzione diversa ipotizzando a carico del proprietario incolpevole una responsabilità da posizione. Richiamando quella pronuncia e il testo di legge di segno opposto, come sin ad allora era stato interpretato dalla prevalente giurisprudenza, con ordinanza n. 21/2013 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato si rivolse alla Corte di Giustizia UE[ii] che, due anni più tardi, con sentenza 4 marzo 2015, confermò la conformità della legislazione italiana alla direttiva 2004/35/Ce sul risarcimento del danno all’ambiente e dunque la correttezza dell’orientamento prevalente secondo il quale nessuna attività di bonifica (dalle Mise, al Piano della caratterizzazione, all’Analisi di rischio, alla messa in sicurezza operativa o permanente, fatta eccezione per le sole Mipre) poteva essere ordinata al proprietario incolpevole. Alla luce della sentenza della CGUE, negli anni che seguirono (2015-2017), l’orientamento si consolidò ulteriormente[iii]. Di segno opposto fu, nel 2016, una sentenza del Consiglio di Stato che, leggendo in modo errato una precedente pronuncia del 2015, dello stesso giudice ed alla quale dichiarava di aderire, fece ricadere sul proprietario incolpevole anche gli obblighi di Mise. La sentenza n. 1509 del 2016 precisava, infatti:  «È stato d’altra parte puntualizzato che, se è vero, per un verso, che l’Amministrazione non può imporre, ai privati che non abbiano alcuna responsabilità diretta sull’origine del fenomeno contestato, lo svolgimento di attività di recupero e di risanamento, secondo il principio cui si ispira anche la normativa comunitaria, la quale impone al soggetto che fa correre un rischio di inquinamento di sostenere i costi della prevenzione o della riparazione, per altro verso la messa in sicurezza del sito costituisce una misura di correzione dei danni e rientra pertanto nel genus delle precauzioni, unitamente al principio di precauzione vero e proprio e al principio dell’azione preventiva, che gravano sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all’ambiente e, non avendo finalità sanzionatoria o ripristinatoria, non presuppone affatto l’individuazione dell’eventuale responsabile (Cons. Stato, sez. VI, 15 luglio 2015, n. 3544)». In realtà, la sentenza n. 3544/2015, richiamata e fatta propria dalla n. 1509/2016, non conteneva tale puntualizzazione, ma solo ricordava, in primo luogo, la norma che pone le Mise a carico del solo responsabile e richiamava, a conferma, la sentenza della CGUE che dichiarava di condividere[iv]. È dunque corretto affermare che nel 2016 il Consiglio di Stato fondò la propria decisione su un precedente del 2015 che sosteneva, però, il contrario di quanto ritenuto. L’errore fu reiterato con la sentenza n. 1089/2017; anche questa poggiava infatti – per richiamo espresso e testuale – sulle due precedenti del 2016 e del 2015. Nel 2018 però, con la sentenza n. 502, il Consiglio di Stato richiamò in modo corretto la pronuncia 3544/2015, giustamente inserendola nell’orientamento maggioritario che escludeva obblighi sul proprietario incolpevole[v]. A quel punto l’orientamento prevalente si consolidò ulteriormente.[vi] Ciò nonostante, nel 2019, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 81, tornò ad aderire all’orientamento minoritario, sempre richiamando i precedenti del 2016 (n. 1509) e del 2017 (n. 1089) che – come visto – poggiavano sull’errata lettura della pronuncia 2015.[vii] Lo stesso accadde con la sentenza n. 1759/2020 che consolidò ulteriormente l’equivoco richiamando testualmente la n. 81/2019. Pochi mesi dopo un altro ripensamento: con la n. 4248/2020, il Consiglio di Stato ritornò sull’orientamento prevalente ribadendo quanto affermato con le tre sentenze del 2018. E ancora pochi mesi dopo sposava nuovamente la tesi minoritaria dando conto dei due orientamenti (7 settembre 2020 n. 5372[viii]). In ultima analisi, esaminando in successione cronologica le sentenze del Consiglio di Stato delle Sezioni II, IV, V e VI, l’orientamento minoritario appare il frutto di un errore iniziale di lettura compiuto dalla sentenza n. 1509/2016 (rispetto al contenuto della n. 3544/2015), errore reiterato nel 2017 (n. 1089) e che sembrava risolto nel 2018 (nn. 502, 7121 e 5604), ma che tuttavia riapparve negli stessi termini nel 2019 (n. 81) e nel marzo 2020 (n. 1759), nuovamente risolto nel luglio 2020 (n. 4248), ancora reiterato nel settembre 2020 (n. 5372) e da ultimo nel febbraio 2021 (n. 1658) con la sentenza in commento. Questa ricostruzione consente di affermare che quest’ultima sentenza non appare condivisibile quando afferma che l’equiparazione delle Mise alle Mipre sarebbe stata affermata dalla «costante giurisprudenza, per tutte C.d.S. IV 7 settembre 2020 n.5372; VI 3 gennaio 2019 n. 81; V 8 marzo 2017 n.1089 e 14 aprile 2016 n.1509». Come qui ricostruita, la giurisprudenza continua, infatti, a mostrare un orientamento prevalente che esclude le Mise a carico del proprietario incolpevole e uno minoritario, avviato da una sentenza che offrì una lettura errata di una precedente pronuncia.

5. Conclusioni

Si ritiene che l’orientamento prevalente (ultima citata Cons. St. n. 4248/2020), dal quale si discosta la sentenza in commento, sia da condividere innanzitutto perché, applicando i criteri interpretativi di cui alle disposizioni sulla legge in generale, e ricorrendo pertanto, in primo luogo, all’interpretazione letterale (escludendo l’interpretazione logica[ix] e l’applicazione analogica[x]) mantiene distinte le due misure che di conseguenza, sul piano soggettivo, incombono su soggetti diversi. Inoltre, a conferma, il chiaro dato letterale è coerente con la ratio legis che vede a monte il principio chi inquina paga; ed invero, una cosa è chiedere al proprietario di reagire, nell’immediato, per stoppare una minaccia proveniente da un incidente in corso o dalla scoperta di una contaminazione storica con pericolo di aggravamento, un’altra – e in contrasto con il richiamato principio – è pretendere da lui interventi di Mise che – come noto – possono essere incompatibili, sul piano temporale, con un’azione immediata, durare diversi anni e avere costi elevatissimi che debbono essere posti a carico del responsabile (o, in subordine, del proprietario nei limiti dell’onere reale e previa bonifica realizzata d’ufficio dalla P.A.). Ultimo, non per importanza, la correttezza dell’orientamento prevalente è già stato sottoposto al vaglio della Corte di Giustizia e questa lo ha riconosciuto conforme al diritto dell’Unione Europea; ciò rileva vieppiù in quanto, come si legge nella ordinanza n. 19598 (ud. 07.07.2020) 18.09.2020 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione Civile, le statuizioni della Corte di Giustizia hanno, al pari delle norme comunitarie direttamente applicabili cui ineriscono, operatività immediata negli ordinamenti interni (in tal senso, Corte costituzionale, 13 luglio 2007, n. 284) ed obbligano gli Stati membri ad adottare tutte le misure idonee ad adeguare il proprio ordinamento alle norme del diritto dell’Unione. Ora, se il principio chi inquina paga è pacifico e univocamente applicato dalla giurisprudenza, lo stesso non sempre si può dire per il corollario chi non inquina non paga.

Per il testo della sentenza cliccare sul pdf allegato (estratto dal sito di Giustizia Amministrativa).

2021.02.26 n. 1658 CdS su mise e mipre per contaminazioni storiche

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RGA Online_Apr.2021_Cons.Stato_1658_2021

Note:

[i] Cons. St. nn. 3885/2009 e 6055/2008; TAR Milano nn. 1373 e 507 del 2014, 791/2008 e 5286/2007; TAR Brescia nn. 1313/2010 e 1038/2009; TAR Friuli Venezia Giulia nn. 188/2014, 227/2013, 6/2011, 837/2009 e 300/2008; TAR Lecce nn. 2363/2013 e 5290/2005; TAR Napoli nn. 3374/2013 e 1824/2010; TAR Catanzaro nn. 954/2012, 2556/2010 e 1068/2008; TAR Toscana nn. 1104/2012, 225, 565 e 1438 del 2011, 1397, 1398 e 2316 del 2010, 665/2009; TAR Pescara n. 318/2011; TAR Sardegna n. 1239/2011; TAR Piemonte n. 1575/2010; T.A.R. Catania nn. 1188/2008 e 1254/2007; T.A.R. Latina n. 599/2006; Cassazione penale n. 18503/2011).

[ii] Chiedendo di chiarire: «se i principi dell’Unione Europea in materia ambientale […] in particolare, il principio per cui “chi inquina paga”, il principio di precauzione, il principio dell’azione preventiva, il principio della correzione prioritaria, alla fonte, dei danni causati all’ambiente – ostino ad una normativa nazionale, quale quella delineata dagli articoli 244, 245 e 253 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, che, in caso di accertata contaminazione di un sito e d’impossibilità d’individuare il soggetto responsabile della contaminazione o di ottenere da quest’ultimo gli interventi di riparazione, non consenta all’autorità amministrativa d’imporre l’esecuzione delle misure di sicurezza d’emergenza e bonifica al proprietario non responsabile dell’inquinamento, prevedendo, a carico di quest’ultimo, soltanto una responsabilità patrimoniale limitata al valore del sito dopo l’esecuzione degli interventi di bonifica».

[iii] TAR Milano n. 2088/2017; TAR Parma n. 346/2017; TAR Roma n. 3579/2016; Cons. St. n. 4119/206 (secondo il quale «La giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. Cons. Stato, V, 30-7-2015, n. 3756) ha avuto modo di chiarire che, ai sensi degli artt. 242, comma 1, e 244, comma 2, del Testo Unico dell’ambiente, una volta riscontrato un fenomeno di potenziale contaminazione di un sito, gli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza d’emergenza o definitiva, di bonifica e di ripristino ambientale possono essere imposti dalla Pubblica Amministrazione solamente ai soggetti responsabili dell’inquinamento») TAR Milano n. 1529/2015; Cons. St. n. 4466/2015; TAR Friuli Venezia Giulia n. 206/2015; TAR Veneto n. 493/2015.

[iv] Si legge, infatti, nella sentenza n. 3544/2015: «In particolare, può dirsi in estrema sintesi, che dalle disposizioni contenute nel d.lgs. n. 152/2006 (in particolare, nel Titolo V della Parte IV) possono ricavarsi le seguenti regole: 1) il proprietario, ai sensi dell’art. 245, comma 2, è tenuto soltanto ad adottare le misure di prevenzione di cui all’art. 240, comma 1, lett. 1), ovvero “le iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia”; 2) gli interventi di riparazione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino gravano esclusivamente sul responsabile della contaminazione, cioè sul soggetto al quale sia imputabile, almeno sotto il profilo oggettivo, l’inquinamento (art. 244, comma 2)» (Consiglio Stato n. 3544/2015).

[v] «costituisce jus receptum l’orientamento a mente del quale, quando un fenomeno di inquinamento non è ascrivibile alla sfera di azione del proprietario medesimo, va escluso il coinvolgimento coattivo del proprietario dell’area inquinata, nelle attività di rimozione, prevenzione e messa in sicurezza di emergenza: al più tale soggetto potrà essere chiamato, nel caso, a rispondere sul piano patrimoniale e a tale titolo potrà essere tenuto al rimborso delle spese relative agli interventi effettuati dall’autorità competente nel limite del valore di mercato del sito, determinato dopo l’esecuzione di tali interventi, secondo quanto desumibile dal contenuto dell’art. 253 del codice dell’ambiente (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 7 novembre 2016, n. 4647 e 16 luglio 2015, n. 3544)».

[vi] Con le sentenze del Consiglio di Stato nn. 7121/2018 e 5604/2018 (espressamente sulle Mise), nonché TRGA Trento n. 154/2019, TAR Abruzzo 557/2020, TAR Brescia n. 202/2020; TAR Milano n. 57/2018; TAR Friuli Venezia Giulia n. 247/2019, TAR Catanzaro n. 174/2018, TAR Toscana n. 291/2018, TAR Veneto n. 1125/2018). Per completezza, nello stesso senso anche Cassazione civile, sez. III, n. 17045/2018.

[vii] A ben vedere in merito alla sentenza n. 81/2019 andrebbero aggiunte per completezza due considerazioni. La prima attiene a un ulteriore richiamo improprio ivi contenuto quando annovera tra le sentenze che pongono le Mise a carico del proprietario incolpevole anche la n. 4119/2016 che sposa, invece, la tesi opposta (v. stralcio alla nota n. 5). La seconda quando dopo aver affermato di condividere l’orientamento minoritario che impone al proprietario la messa in sicurezza d’emergenza, precisa che restano sull’inquinatore la bonifica, il ripristino e la messa in sicurezza “definitiva” che però, come nozione, l’ordinamento non conosce (conosce invece la “permanente” e la “operativa”).

[viii] Il Consiglio di Stato innanzitutto richiama l’orientamento che esclude le Mise a carico del proprietario incolpevole (richiamando Cons. St. n. 502/2018 e n. 5604/2018) e poi riporta l’orientamento opposto che dichiara di condividere (Cons. St., n. 1509/2016, n. 4119/2016, n. 1089/2017, richiamate da Cons. St. n. 81/2019). Per inciso: riportando la giurisprudenza richiamata dalla sentenza n. 81/2019 si reitera anche l’ulteriore errore di annoverare la sentenza n. 4119/2016 tra quelle che pongono le Mise a carico del proprietario incolpevole. La sentenza n. 4119/2016 dice l’esatto contrario (v. nota 9 e stralcio in nota 5).

[ix] Sul tema si veda Cons. St. nn. 3298/2020; 6129/2017; 3585/2012; Cass. civ. Sez. Unite n. 8091/2020 (che rimanda alle precedenti Cass. Civ. nn. 5128/2001; 24165/2018). In materia si segnalano altresì i seguenti contributi Corvaglia, Less is more: l’interpretazione letterale prevale. Modelli deduttivi e induttivi di giustizia predittiva, La nuova procedura civile n. 3/2020; Velluzzi V. Le Preleggi e l’interpretazione Un’introduzione critica, Edizioni ETS, 2013, pg. 57 e ss.

[x] Cfr. Cons. St. n. 8100/2020; Cons. St. parere n. 1519/2020; Cons. St. n. 5903/2011. Sul tema si veda anche Torrente-Schlesinger, Manuale di diritto privato, Giuffrè Editore, pg. 58.

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